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1. INTRODUZIONE

1.3 COMPOSTI FENOLICI DELL’UVA

1.3.4 ACIDI FENOLICI

Sono composti fenolici non flavonoidi che nell’uva si accumulano nei vacuoli delle cellule della polpa e della buccia dell’acino. Pertanto, la loro concentrazione è maggiore nei vini rossi per effetto della macerazione, dove possono raggiungere concentrazioni di 100-200 mg/L, mentre nei vini ottenuti dalla vinificazione in bianco di uve bianche raggiungono concentrazioni decisamente inferiori, attorno a 10-20 mg/L. Le soluzioni idroalcoliche di di acidi fenolici sono incolori, ma gli esteri degli acidi fenolici con l’acido tartarico (in particolare l’acido caftarico) sono i substrati delle PPO (Polifenolossidasi) e diventano gialli a seguito dell’ossidazione cusando l’imbrunimento dei mosti.

Gli acidi fenolici possono essere di tipo benzoico o cinnamico (figura 1.26).

Gli acidi di tipo benzoico presenti nell’uva sono sette, ma l’acido salicilico e l’acido gentisico sono presenti solo in tracce. I tannini gallici ed ellagici sono esteri degli acidi benzoici. Gli acidi di tipo cinnamico si trovano prevalentemente in forma esterificata con l’acido tartarico o come eterosidi del glucosio. Gli acidi di tipo cinnamico sono gli acidi coinvolti nell’acilazione delle antocianine.

Il tirosolo e le cumarine sono due composti che si possono associare alla classe degli acidi fenolici. Solo il tirosolo è sempre presente sia nei vini rossi che nei vini bianchi essendo prodotto durante la fermentazione alcolica a partire dalla tirosina. Le cumarine sono derivati degli acidi cinnamici presenti nel legno di quercia e sono i vini affinati a contatto con questo legno possono contenerne in tracce. Si trovano sottoforma glicosilata (esculina e scopolina) nel legno verde e anche allo stato di agliconi nel legno stagionato naturalmente (esculetina e scopoletina).

Agli acidi fenolici non sono attribuibili sensazioni gustative e olfattive, ad eccezione delle cumarine che sono amare in forma glicosilata e acide allo stato di agliconi (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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Si osserva una maggiore variabilità del contenuto totale di acidi fenolici nei genomi selvatici di specie americane rispetto alle varietà di V. vinifera (Ruocco et al., 2017).

Figura 1.26 – Acidi fenolici delle uve e dei vini (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

1.3.5 GLI STILBENI

Sono composti fenolici non flavonoidi la cui struttura è formata da due anelli benzenici uniti da una catena etilenica etanica (Ribereau-Gayon). Gli stilbeni sono fitoalessine, ovvero sono composti sintetizzati dalla pianta di vite in risposta agli attacchi biotici, ad esempio di P. viticola e B. cinerea oppure stess abiotici (Ruocco et al., 2017). In particolare, il trans-resveratrolo o 3,5,4’-triidrossistilbene (figura 1.27) è riconosciuto come composto prodotto dalla pianta in seguito all’attacco di parassiti fungini (Ribéreau-Gayon et al., 2018). A questi composti sono state riconosciute proprietà benefiche per la salute dell’uomo per il loro effetto antitumorale, antiossidante, antinfiammatorio e cardioprotettivo (Flamini et al., 2013). I principali stilbeni che si trovano nel vino sono il trans- e il cis-resveratrolo, e i suoi dimeri (detti viniferine) e trimeri e la sua forma glucosidica detta piceide (Flamini et al., 2013). Molti oligomeri del resveratrolo sono presenti in V. vinifera. Il contenuto di resveratrolo nel vino è variabile da 1 a 3 mg/L, essendo contenuto nella buccia viene maggiormente estratto nella vinificazione in rosso e il contenuto nel vino varia in funzione della macerazione (Ribéreau-Gayon et al., 2018). Si osservano differenze significative del contenuto di stilbeni nell’uva tra le varietà di V. vinifera (Flamini et al., 2013).

Accumulandosi nell’uva dall’invaiatura alla maturazione (Flamini et al., 2013) il contenuto nell’uva presumibilmente dipende dal livello di maturazione raggiunto. Ragionevolmente, la concentrazione nel vino dipende a sua volta, dal contenuto iniziale dell’uva dipendente a sua volta dall’esposizione a stress biotici ed abiotici.

Figura 1.27 – Strutture del trans-resveratrolo (A) e cis-resveratrolo (B).

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1.4 PROFILO DEGLI ANTOCIANI DELL’UVA

Il contenuto totale di antociani dell’uva risente sensibilmente delle condizioni ambientali, dell’annata e delle pratiche agronomiche (Mattivi et al., 2006; Karoglan Kontic et al., 2015; Bénédicte et al., 2011). La composizione antocianica dell’uva è invece sotto stretto controllo genetico (Mattivi et al., 2006), motivo per cui il profilo degli antociani, che rappresenta la determinazione quantitativa e qualitativa dei diversi antociani presenti nell’uva, è relativamente stabile per ogni genotipo ed è un parametro chemiotassonomico per classificare e distinguere le varietà rosse di V. vinifera (Mattivi et al., 2006, Flamini e Favretto, 2000) e in alcuni casi anche il singolo clone (He et al., 2012).

La determinazione del profilo degli antociani avviene dall’analisi degli estratti dell’uva, poiché la composizione nel vino risente delle pratiche enologiche e inizialmente varia molto rapidamente a causa dell’instabilità delle antocianine monomeriche. Gli antociani acilati, inoltre, nel vino spariscono qualche mese dopo la vinificazione. Pertanto, l’impiego del profilo antocianico dei vini non è un mezzo altrettanto valido per distinguere la varietà (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Il contenuto medio dei singoli antociani nelle uve di V. vinifera è così ripartito: 49% di malvidina-3-O-glucoside, 10% di peonidina-3-O-malvidina-3-O-glucoside, 6% di petunidina-3-O-glucoside e 6% di delfinidina-3-O-malvidina-3-O-glucoside, mentre i derivati della cianidina sono presenti in quantità inferiori (Karoglan Kontic et al., 2015). Il contenuto di antociani monoglucosi-acilati è invece molto variabile in funzione della varietà (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Nelle varietà ibride euro-americane il contenuto di antocianine è superiore a quello di V. vinifera in termini sia quantitativi che qualitativi. Il Seibel 8357 (5291 mg/kg uva), il Burdin 4077 (3372 mg/kg uva) e il Bacò 30-12 (2994 mg/kg uva) hanno un contenuto totale di antociani superiore a quello delle varietà di V. vinifera più ricche di polifenoli come il Raboso (1300-2300 mg/kg uva) o il Cabernet Sauvignon (1800-1900 mg/kg uva) (De Rosso et al., 2012). Dal punto di vista qualitativo le varietà ibride possono contenere un maggior numero di diverse antocianine rispetto le varietà di V. vinifera, nelle quali, se si considerano i derivati acilati e monoglicosilati delle cinque antocianidine e la presenza in tracce delle antocianine derivate dalla pelargonidina (di solito non rilevate), si potrebbero avere fino a venticinque diverse antocianine (tabella 1.16) (He et al., 2012). Nelle varietà ibride euro-americane sono stati individuati 24 diversi antociani nel Baco 30-12 [(V. vinifera cv. Folle Blanch × V.

riparia) x (V.vinifera cv. Chasselas rose × V. rupestris)] (De Rosso et al., 2012), 25 nel Clinton (V. riparia x V.

rupestris) (Favretto e Flamini, 2000) e fino a 31 nella varietà Concord [(V. labrusca x V. vinifera cv. Semillon) × V.

labrusca] (Wu e Prior, 2005).

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Tabella 1.16 – Antocianine identificate in V. vinifera (He et al., 2012)

La composizione in antociani delle uve consente la distinzione tra le varietà di V. vinifera dalle specie di vite americane (Mazzuca et al., 2005; Karoglan Kontic et al., 2015). Notevole importanza ha assunto nel secolo scorso in Francia l’utilizzo del profilo antocianico per distinguere i vini di V. vinifera da quelli ottenuti dagli ibridi, con lo scopo di garantire il rispetto dei metodi tradizionali d’impianto di certe denominazioni d’origine e per il controllo della loro qualità (Ribéreau-Gayon et al., 2018). La distinzione principale tra la V. vinifera e le specie americane riguarda in particolare il contenuto di antociani monoglucosidi e di antociani diglucosidi. In V. vinifera sono presenti solo antociani monoglucosidi (Ribéreau-Gayont et al., 2018; Favretto e Flamini, 2000; Ruocco et al., 2017; De Rosso et al., 2012) mentre la presenza di antociani 3,5-O-diglucosidi in quantità importante è specifica di certe specie come V. riparia e V. rupestris (Ribéreau-Gayon et al., 2018) ma anche V. coignetiae, V. amurensis (specie asiatica), V. rotundifolia (He et al., 2012), V. labrusca e V. berlandieri. Nel sottogenere Muscadinia gli antociani 3,5-O-diglucosidi della delfinidina, della cianidina e della petunidina ammontano a circa il 90% degli antociani totali e in V. rotundifolia ci sono solo antociani diglucosidi. In altre specie americane e asiatiche sono presenti entrambi (Karoglan Kontic et al., 2015) con l’eccezione di V. cinerea in cui è stata riportata l’assenza delle forme diglucosidiche o comunque una concentrazione limitata all’1% degli antociani totali (Ruocco et al., 2017). Nei vini ottenuti da uve di specie non-V. vinifera possono essere presenti sia gli antociani monoglucosidi, sia le forme diglucosidiche delle sei antocianidine e le corrispondenti forme acilate di entrambe (He et al., 2012).

Il carattere «assenza di diglucosidi» è recessivo. Questo fatto comporta che l’incrocio fra una varietà di V. vinifera e una varietà di V. riparia o V. rupestris, conduca ad una popolazione di ibridi di prima generazione che possiedono tutti gli antociani diglucosidi. L’assenza di antociani diglucosidi si può ritrovare nel prodotto di un

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reincrocio fra un ibrido di prima generazione con V. vinifera (Ribéreau-Gayon et al., 2018), come ad esempio nel caso del Seibel 5455 (Plantet) (He et al., 2012), del Cabino e del portainnesto 41B (Ruocco et al 2017) o ancora del Seibel 10878, mentre alcune varietà ibride, come il Galibert 238-35 (3%) e il Burdin 4077 (5,5%) hanno una percentuale molto bassa di antociani diglucosidi (De Rosso et al., 2012). Una limitata concentrazione di antocianidine-3,5-O-diglucosidi è stata documentata in passato anche in certi frutti di V. vinifera (Ribéreau-Gayon, et al. 2018) e recentemente la loro presenza in tracce è stata riportata anche nelle uve di Cabernet Sauvignon (Xing et al., 2015).

È stata suggerita anche la presenza di antocianine 2,7-O-diglucosidi nell’uva, mentre non è ancora stata testimoniata quella delle antocianine triglucosidi (He et al., 2012).

Uno degli aspetti di cui si tiene conto nel profilo degli antociani è la composizione nelle forme acilate. La proporzione tra le varie antocianine acilate è infatti caratteristica della varietà (Ribereau- Gayont et al 2018) e una caratteristica che differenzia la specie V. rotundifolia è l’assenza di antocianine acilate nell’uva (He et al., 2012).

Negli ultimi anni le specie selvatiche americane e asiatiche hanno acquisito una notevole importanza per i nuovi programmi di ibridazione e per la crescente diffusione di ibridi classificati per la produzione di vino in Europa e anche in Italia. Tuttavia, uno dei limiti attuali dello studio del profilo degli antociani è legato al fatto che la composizione metabolica delle uve delle specie selvatiche americane non è stata ancora ampiamente indagata, a differenza di quanto è già avvenuto per le diverse varietà di V. vinifera (Ruocco et al., 2017; Karoglan Kontic et al., 2015). Questo limite assume ancora maggiore importanza se si considera che nel continente americano e in quello asiatico sono presenti una moltitudine di specie, al contrario dell’Europa dove è sopravvissuta all’ultima era glaciale solo la specie vinifera.

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1.5 REAZIONI DEGLI ANTOCIANI

Gli antociani monomeri non sono molto stabili e la loro concentrazione nel vino diminuisce progressivamente dopo la fermentazione fino alla scomparsa totale entro qualche anno a causa di reazioni di degradazione, di stabilizzazione e di modifica strutturale alcune delle quali avvengono già durante la fermentazione alcolica, mentre altre avvengono durante l’affinamento e l’invecchiamento. Contestualmente avviene la formazione di nuovi pigmenti derivati dagli antociani. A queste reazioni, si aggiungono le reazioni di combinazione degli antociani con l’anidride solforosa sottoforma di ione bisolfito che portano alla formazione di un addotto incolore. Le reazioni di condensazione diretta o indiretta degli antociani con i tannini intervengono in modo preponderante nella stabilizzazione del colore per via della stabilità dei pigmenti formati e soprattutto per l’abbondanza di tannini nel vino rosso (Ribéreau-Gayon et al., 2018). Le reazioni di modificazione strutturale conducono altresì alla formazione di pigmenti stabili tipici di vini molto invecchiati (piranoantocianine e piranoantocianine derivati) ma la loro concentrazione è inferiore ai composti antociani-tannini (Marquez et al., 2013).

Gli antociani possono partecipare anche a reazioni di copigmentazione e auto-associazione con cationi metallici, altri antociani e composti fenolici, attraverso interazioni a debole energia e legami idrogeno che conducono ad uno spostamento del colore verso il blu, ma durante l’affinamento del vino l’effetto della copigmentazione diminuisce fino ad annullarsi nei vini invecchiati, a causa della diminuzione degli antociani e dei composti che agiscono da copigmenti, nonchè della rottura dei legami deboli che intervengono fra questi, causata dall’etanolo (Escribano e Santos Buelga, 2012; Fernandes et al., 2017; Ribéreau-Gayon et al., 2018).

1.5.1 REAZIONI DI DEGRADAZIONE

Gli antociani una volta estratti dall’uva, nel mosto o nel vino possono degradarsi a causa di reazioni di degradazione termica e ossidativa. Le prime sono dovute a temperature di conservazione o di affinamento troppo alte o anche alla esposizione a temperature elevate anche se per breve tempo (termovinificazione); le seconde, ad un’ossidazione violenta oppure all’ossidazione degli acidi fenolici con formazione di chinoni che reagiscono con gli antociani.

Un adeguato rapporto fra la concentrazione molare di tannini e di antociani (T/A ≥ 2), una temperatura inferiore a 20 °C e un’ossidazione controllata contrastano queste reazioni (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

1. Degradazione termica. Si verifica con l’idrolisi delle forme glicosidiche degli antociani e con lo spostamento delll’equilibrio dinamico verso il calcone con la successiva rottura della catena carboniosa. Le reazioni di degradazione termica avvengono tanto più intensamente quanto maggiore è la temperatura e la concentrazione delle antocianine nel mezzo. L’effetto è una perdita di colore rapida e irreversibile. La malvidina-3-O-glucoside è più sensibile delle altre antocianine alla degradazione termica (He et al., 2012;

Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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2. Degradazione ossidativa. Avviene tra le strutture calcone e pseudobase carbinolo delle antocianine e gli orto-dichinoni generati dall’ossidazione enzimatica (polifenol-ossidasi) e non enzimatica degli ortodifenoli come l’acido caftarico. I chinoni possono reagire con il calcone formando composti antociani-chinoni instabili, oppure reagire con la base carbinolo per dare un prodotto di addizione incolore che forma uno ione flavilio dopo disidratazione. La luce e l’ossigeno sono catalizzatori della reazione. Vini con valori di pH alti sono più soggetti alla perdita di colore per ossidazione degli antociani, ma la reazione dipende anche dalla concentrazione dell’etanolo. La malvidina-3-O-glucoside e la peonidina-3-O-glucoside sono più resistenti all’ossidazione perché non presentano gruppi idrossilici in posizione orto che sono più sensibili all’ossidazione e possono essere il substrato delle polifenol-ossidasi (He et al., 2012; Ribéreau-Gayon et al., 2018).

1.5.2 REAZIONI DI STABILIZZAZIONE

Le reazioni di stabilizzazione consistono nella condensazione delle antocianine con i tannini e portano alla formazione di pigmenti caratterizzati da maggiore stabilità alle variazioni di pH, alla decolorazione causata dall’SO2 e più resistenti alle reazioni di degradazione, rispetto le antocianine monomere. Comprendono tre tipologie di reazioni:

1. Reazione diretta di condensazione Antociani → Tannini. Avviene anche in assenza di ossigeno ed è favorita da alte temperature di conservazione del vino con effetti marcati a partire dai 20 °C. La reazione avviene tra lo ione flavilio e le posizioni negative 6 o 8 delle procianidine, con formazione di un flavene che si ricolora in presenza di ossigeno nelle due forme di equilibrio A+-P (forma A+ flavilio-procianidina) di colore rosso, e AO-P (forma AO base chinonica-procianidina) color malva.

2. Reazione diretta di condensazione Tannini → Antociani. Avviene anche in assenza di ossigeno e conduce alla formazione di pigmenti rosso aranciato senza il bisogno di reazioni di ossidazione, motivo per cui questa reazione tipicamente avviene durante la conservazione del vino in vasca o in bottiglia. È favorita da temperature di conservazione alte che promouovono la formazione di carbocationi da una procianidina, i quali reagiscono con le posizioni 6 o 8 di un antociano sotto forma di base carbinolo.

3. Reazione indiretta di condensazione con un ponte etile tra antociani e tannini. Avviene tra un composto flavanolo-etanale e un antociano sottoforma di pseudobase carbinolo. L’ossigeno è richiesto per la formazione di acetaldeide dall’ossidazione dell’etanolo, motivo per cui questa reazione avviene durante l’affinamento del vino in fusti di legno. Il colore varia tra i composti a seconda dell’antociano e del flavanolo da cui si sono formati. Tipicamente il colore è malva, ma si sposta verso l’arancio quando sono coinvolte procianidine dimere. Si verifica sempre un aumento di intensità del colore (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

53 1.5.3 REAZIONI DI MODIFICA STRUTTURALE

Sono le reazioni di cicloaddizione fra il gruppo idrossile del carbonio 5 e il carbonio 4 dello ione flavilio con una molecola a legame etilenico (doppio legame polarizzato) come l’acido piruvico, il 4-vinilfenolo, l’acido gliossilico, il vinilcatecolo, l’acido α-ketoglutarico, l’acetone e il 4-vinilguaiacolo. Molte delle molecole coinvolte provengono dal metabolismo dei lieviti.

Queste reazioni avvengono durante la fermentazione alcolica e l’invecchiamento e portano alla formazione delle piranoantocianine, una famiglia che comprende diversi gruppi di composti come le vitisine, le metilpiranoantocianine, le flavanilpiranoantocianine, le pinotine e le piranoantocianine derivate dall’acido gliossilico, dall’acido α-chetoglutarico, dall’acetoino e dal diacetile. Sebbene le piranoantocianine siano presenti nel vino a concentrazioni inferiori rispetto ad altri pigmenti derivati dalle antocianine, sono coinvolte nel colore dei vini invecchiati per la maggiore intensità colorante rispetto le antocianine monomere e per la loro stabilità nel tempo alle variazioni di pH, alla decolorazione dell’SO2 e alle degradazioni termiche e ossidative. Il loro colore varia dall’arancione al rosso-aranciato, in quanto hanno un massimo assorbimento a valori di lunghezza d’onda compresi tra 495-520 nm e un ulteriore picco di assorbimento attorno a 420 nm.

A partire dalle piranoantocianine si possono formare dei composti derivati, come le oxovitisine, le vinilpiranoantocianine, le piranoantocianine legate da ponte butadiene e le piranoantocianine dimere. Con l’eccezione delle oxovitisine che sono gialle, i derivati delle piranoantocianine hanno colore blu. Le piranoantocianine dimere sono blu turchese, ma essendo poco solubili in soluzione idroalcolica precipitano e contribuiscono poco al colore (Marquez et al., 2013).

Gli antociani possono reagire con il diacetile per generare un altro gruppo di composti, i castavinoli, che sono incolore, ma possono generare uno ione flavilio in mezzo acido durante la conservazione del vino, costituendo una riserva di materia colorante (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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1.6 EVOLUZIONE DEL COLORE DEI VINI ROSSI

Il colore è una delle caratteristiche organolettiche principali dei vini. Essendo la prima caratteristica percepita all’atto di una degustazione o di un’analisi sensoriale. Fornendo informazioni del prodotto, come l’età del vino, la ricchezza polifenolica e il metodo di produzione, esercita un’influenza sulla percezione degli altri organi di senso.

L’evoluzione del colore che si verifica durante l’invecchiamento del vino rosso è dovuta all’insieme delle reazioni che coivolgono gli antociani. La velocità e il risultato finale dipendono: da un lato dalle condizioni esterne, come la temperatura, il tempo, l’esposizione all’ossigeno, la quantità di anidride solforosa aggiunta al vino; dall’altro dalla composizione fenolica del vino (quantità totale di fenoli, rapporto tannini/antociani, composizione in tannini, composizione in antociani) e alla presenza di polisaccaridi (di origine vegetale e dei lieviti).

Mentre le reazioni di combinazione (con SO2) e di degradazione (termica e ossidativa) sono prevalentemente responsabili di una perdita di colore, le reazioni di stabilizzazione e di modifica strutturale portano alla modifica del colore che nel complesso, a causa dei nuovi pigmenti formati, evolve progresivamente verso l’arancio (tabella 1.17). Con l’eccezione dei composti di condensazione indiretta tannini-antociani il cui colore varia dal malva al rosso-arancio e dei derivati delle piranoantocianine con colorazione blu, peraltro presenti a concentrazioni inferiori, i pigmenti formati durante l’invecchiamento hanno una colorazione compresa tra il rosso e l’arancio. Si formano anche pigmenti gialli di struttura xantilio a partire dai composti antociani-tannini e dai composti formati da due unità di flavanoli legati da acetaldeide, acido gliossilico, furfurale o idrossimetilfurfurale (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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Un vino con una struttura idonea all’invecchiamento ed un’evoluzione armonica, subisce una modificazione del colore da rosso ciliegia a rosso scuro, poi a rosso mattone, infine ad aranciato nei vini più vecchi. Oltre ad una modificazione della tonalità, successivamente alla fermentazione malolattica si modifica

Famiglia

(vitisina A + ac. idrossicinnamici) Viola (540 nm) Antociani + diacetile Castavinoli Incolore/(rosso) 1) Derivati

antociani-tannini 2)

(flavanolo-etile-flavanolo)

Sali xantilio Giallo

Tabella 1.17 – Pigmenti derivati dalle antocianine durante la vinificazione, l’affinamento e l’invecchiamento dei vini (Marquez et al., 2013; Ribéreau.Gayon et al., 2018).

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anche l’intensità colorante che nei primi mesi di affinamento aumenta, contestualmente alla stabilizzazione del colore e, successivamente, con l’invecchiamento diminuisce. Se il vino dopo la fermentazione malolattica è conservato in vasche chiuse ermeticamente e non è sottoposto a travasi o altre occasioni di arieggiamento, l’intensità colorante invece diminuisce. L’aumento dell’intensità del colore è dovuto all’aumento della quantità di molecole allo stato colorato, anche se complessivamente si verifica una progessiva diminuzione degli antociani totali (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Il colore dei vini rossi giovani dipende soprattutto dalle antocianine monomere, le quali sono presenti in equilibrio dinamico tra cinque forme principali: il catione flavilio, l’addotto bisolfitico, la base chinonica, la pseudobase carbinolo ed il calcone. Solo gli antociani in forma flavilio, di colore rosso, e quelli in forma di base chinonica, di colore blu, contribuiscono al colore, che risultando dalla combinazione di queste due forme di equilibrio e dipendendo in buona parte anche dagli effetti della copigmentazione, varia dal rosso al porpora o fino al rosso-violaceo, con un massimo di assorbimento nel visibile mediamente a λ≈520 nm. Il pH, la temperatura e la concentrazione di anidride solforosa libera, influenzando l’equilibrio dinamico tra queste forme, determinano la tonalità e l’intensità del colore. La tinta delle antocianine in forma di ione flavilio e base chinonica può variare anche in relazione all’acilazione, alla glicosilazione e alla sostituzione dell’anello B: i gruppi idrossile determinano uno spostamento del colore verso il blu; maggiore è il grado di metilazione, più il colore si sposta verso il rosso (He et al., 2012).

Il colore dei vini rossi giovani risente anche delle reazioni di autoassociazione e copigmentazione delle antocianine, anche se molto meno rispetto i mosti perché l’alcol che si forma durante la fermentazione progressivamente destabilizza i legami idrogeno e le interazioni deboli che intervengono nella copigmentazione e parallelamente il mezzo di reazione prende una tinta rosso vivo (Ribéreau-Gayon et al., 2018). Le reazioni di autoassociazione possono essere responsabili di un effetto ipsocromico con spostamento del colore verso tonalità arancioni-brunastre. La copigmentazione invece provoca uno spostamento del colore verso il blu (effetto batocromico) (He et al., 2012). Al termine della vinificazione in rosso a causa della quantità di composti fenolici estratti con la macerazione, in particolare acidi fenolici, flavonoli, flavanoli e tannini, che agiscono da copigmenti, la copigmentazione può ristabilirsi con un nuovo viraggio del colore verso tonalità più bluastre (Ribéreau-Gayon et al., 2018) sicchè da essa può dipendere dal 30 al 50% del colore dei vini rossi giovani (Fernandes et al., 2017;

Il colore dei vini rossi giovani risente anche delle reazioni di autoassociazione e copigmentazione delle antocianine, anche se molto meno rispetto i mosti perché l’alcol che si forma durante la fermentazione progressivamente destabilizza i legami idrogeno e le interazioni deboli che intervengono nella copigmentazione e parallelamente il mezzo di reazione prende una tinta rosso vivo (Ribéreau-Gayon et al., 2018). Le reazioni di autoassociazione possono essere responsabili di un effetto ipsocromico con spostamento del colore verso tonalità arancioni-brunastre. La copigmentazione invece provoca uno spostamento del colore verso il blu (effetto batocromico) (He et al., 2012). Al termine della vinificazione in rosso a causa della quantità di composti fenolici estratti con la macerazione, in particolare acidi fenolici, flavonoli, flavanoli e tannini, che agiscono da copigmenti, la copigmentazione può ristabilirsi con un nuovo viraggio del colore verso tonalità più bluastre (Ribéreau-Gayon et al., 2018) sicchè da essa può dipendere dal 30 al 50% del colore dei vini rossi giovani (Fernandes et al., 2017;