• Non ci sono risultati.

Capitolo III La Scuola popolare per adulti nel Subappennino Dauno (1947-1982)

2. La Scuola popolare nel Subappennino Dauno: analisi quantitativa

2.3. Gli alunni della Scuola popolare

89

90 questa emigrazione si [aggiunse] quella stagionale, che [portò], nel solo Subappennino Dauno settentrionale, ol-tre diecimila lavoratori all‟estero per otto mesi l‟anno. Il blocco della spesa pubblica, poi, [impedì] a questi co-muni ogni spiraglio d‟iniziativa e la stessa possibilità di far fronte ai compiti più ordinari previsti per le loro fun-zioni. Ad aggravare ulteriormente la situazione di questo territorio vanno aggiunti due fattori, entrambi negativi:

l‟esclusione della montagna, e, quindi, del Subappennino Dauno, dagli interventi previsti dalla programmazione nazionale, perché considerata zona non suscettibile di sviluppo; la destinazione dei finanziamenti, da parte della legge proroga della Cassa per il Mezzogiorno, esclusivamente per lo sviluppo dell‟industria, secondo i cosiddetti poli di sviluppo.

Per questi motivi non ci [furono] incentivi per l‟agricoltura e si [dovette] abbandonare l‟idea del rimboschimento su colline perpetuamente minacciate da frane68.

I dati provinciali Istat69, inoltre, confermano che dei 30 Comuni del Subappennino Dauno, 26 subi-rono un calo demografico, ad eccezione di 4 Comuni, quali Alberona, Ascoli Satriano, Castelluccio dei Sauri e Lucera, dove invece la popolazione aumentò di poco.

Per quanto riguarda la distribuzione dell‟emigrazione agricola italiana nel periodo compreso tra il 1957 e il 1960, si stima che il 24,60% fosse costituito da lavoratori pugliesi e che solo nell‟anno 1955-1956 l‟emigrazione italiana meridionale avesse raggiunto il 54%70.

Le significative trasformazioni avvenute a livello scolastico a partire dal 1956 grazie all‟industrializzazione71, infatti, non coinvolsero il vasto settore dei contadini in condizione di estrema povertà, causando un netto divario tra le zone arretrate e le zone sviluppate, soprattutto del Mezzogiorno stesso72. Tale situazione mutò a partire dall‟anno scolastico 1960-1961, durante il quale si iscrissero ai corsi popolari locali in 423, dunque, 205 adulti in più rispetto all‟anno prece-dente. E nel 1961-1962 il numero degli iscritti arrivò perfino a 602.

Siamo negli anni del cosiddetto “miracolo economico” italiano e dello sviluppo economico e socia-le del Mezzogiorno, che produsse un effetto positivo anche a livello culturasocia-le. In passato, infatti,

«alla base dell‟imponente analfabetismo nel Mezzogiorno c‟era […] una sorta di indifferenza rispet-to alla scuola di larghi strati della popolazione, particolarmente contadina. Costretta in gran parte ad

68 G. F. Novelli, Neanche se mi uccidi! Vita di Peppino Papa, cit., pp. 185-186.

69 Cfr. ISTAT-URP, Censimenti della popolazione dai sei anni in su residente in Capitanata negli anni 1951 e 1961, cit.

70 Cfr. U. Cassinis (a cura di), L‟emigrazione agricola nel secondo dopoguerra e la sua incidenza sul movimento gene-rale emigratorio dal 1946 al 1960. Atti della Conferenza nazionale del mondo rugene-rale e dell‟agricoltura, Roma 8 giugno 1961, pp. 10-11.

71 Cfr. A. Mangano, Le cause della questione meridionale, cit., p. 68.

72 Ivi, p. 71.

120000 130000 140000 150000

1951 1961

Popolazione del Subappennino Dauno

Residenti

Grafico 18: censimenti della popolazione da sei anni in su residente nel Subap-pennino Dauno dal 1951 al 1961.

Fonte: Istat, Ufficio regionale Puglia – CIS – Bari.

91 un tipo di vita nel quale l‟uso continuativo degli strumenti del sapere non aveva alcun posto e la vita di relazione era ridottissima, l‟indifferenza e lo scarso interesse della popolazione contadina meri-dionale per la scuola erano di fatto inevitabili»73.

Negli anni Sessanta, invece, la situazione mutò radicalmente perché «il bisogno della scuola [si fe-ce] vivo d‟ovunque»74. E lo stesso accadde nel Subappennino.

Ritornando al numero degli iscritti, occorre sottolineare che non sempre venne rispettato l‟art. 5 del Decreto Legge della Scuola popolare. Secondo quest‟ultimo gli alunni affidati ad un solo insegnante non potevano essere meno di 10 e più di 30. Dall‟analisi dei registri, invece, emerge che 4 corsi funzionarono con soli 8 o 9 iscritti, mentre molto più elevato fu il numero dei corsi con più di 30 alunni. Nel primo anno (1947-1948) ben 9 corsi registrarono un numero di iscrizioni maggiore di quello consentito. In un corso si contarono addirittura 78 alunni e fino all‟anno 1959-1960 molte classi furono composte da circa 40 studenti75.

Per quanto riguarda il sesso degli iscritti, dai dati analizzati risulta una maggiore quantità di uomini (67%) rispetto alle donne (33%), come esemplificato nel Grafico 19.

Nel tempo la situazione restò invariata, ad eccezione degli anni 1964-1965, 1978-1979, 1980-1981 e 1981-1982, durante i quali le iscrizioni femminili superarono quelle maschili.

La minoranza femminile, come sottolineato dai maestri76, era dovuta sia all‟intransigenza di alcuni datori di lavoro, che non permettevano alle donne la frequenza scolastica e che non si preoccupava-no di stimolare la frequenza77, sia all‟arretratezza culturale locale.

73 M. Rossi Doria, La scuola e lo sviluppo del Mezzogiorno, Opere nuove, Roma 1960, pp. 41-42.

74 Ivi, p. 42.

75 Cfr. ASL, Registri di Scuola popolare, 1947-1982, cit.

76 Ibidem.

77 AA. VV., Atti. II Convegno sull‟Educazione Popolare in Capitanata, Quaderni del lavoro sociale, Roma 1962, p. 40.

67%

33%

Iscritti per sesso

Uomini Donne

0 100 200 300 400 500

1947-1948 1948-1949 1949-1950 1950-1951 1951-1952 1952-1953 1953-1954 1954-1955 1955-1956 1956-1957 1957-1958 1958-1959 1959-1960 1960-1961 1961-1962 1962-1963 1963-1964 1964-1965 1965-1966 1966-1967 1967-1968 1968-1969 1969-1970 1970-1971 1971-1972 1972-1973 1973-1974 1974-1975 1975-1976 1976-1977 1977-1978 1978-1979 1979-1980 1980-1981 1981-1982

M F

Grafico 20: iscrizioni maschili e femminili per anno.

Grafico 19: iscritti per sesso.

92 Il destino delle donne del popolo, almeno di quelle appartenenti alle famiglie povere – e lo sono quasi tutte in quella realtà contadina [del Subappennino] –, è quello di imparare, tra le mura domestiche, tutto quello che ser-viva per essere una buona donna madre di famiglia. Imparavano a cucinare, a preparare i vari tipi di pancotto e a dosare e variegare le varie specie di verdure per renderlo più saporito […]. Le ragazze apprendono la cura dei bambini piccoli, che spesso sono affidati loro dai genitori che si recano in campagna a lavorare, e imparano subi-to dalla madre a infasciarli come piccole mummie fino a quando non compiono un anno […]. Quasi nessuna va a scuola, perché contribuire al lavoro in casa e nei campi è più importante dell‟apprendimento scolastico. Ai ge-nitori analfabeti manca quel briciolo di cultura per intravedere, nella frequenza della scuola, la possibilità di co-struire un futuro migliore per loro. C‟è poi qualche madre che, pur potendo, non manda ugualmente la figlia a scuola, per tema che possa poi scrivere, di nascosto, le lettere al fidanzato.

È questa la condizione che, da secoli, vivono le donne del mondo rurale78.

Per secoli l‟unico ruolo riservato alla donna fu quello di sposa e madre, a cui veniva educata fin da bambina. Secondo Simonetta Ulivieri «si può definire “pedagogia dell‟ignoranza” la scissione che storicamente è stata operata tra educazione e istruzione nella formazione femminile, ovvero sulla necessità, […] accettata come “naturale”, di educarla al ruolo di […] moglie e madre […] e d‟altro canto sul rifiuto di darle una qualsiasi istruzione formale che non fosse utile in ambito domestico o religioso»79. Nel secondo dopoguerra, ancora lontane dal fenomeno della scolarizzazione di massa, avvenuto alla fine degli anni Cinquanta, le donne ricevevano una formazione pratica, ristretta al

“saper fare” e trasmessa mediante gesti e silenzi80. La “pratica del silenzio”81 e la “pedagogia del gesto”82, infatti, hanno da sempre caratterizzato l‟educazione femminile, che vedeva nell‟esempio e nell‟imitazione gli unici canali trasmissivi del sapere83. L‟istruzione era riservata solo ai primogeniti maschi, anche perché il saper leggere e scrivere rappresentava una minaccia per l‟onore e la morali-tà femminile. «Il motivo della scelta, per le bambine, di un modello pedagogico privato, tramandato oralmente di generazione in generazione e anche per questo motivo inferiore e marginale, poiché considerato l‟unico modello conforme ad una natura perennemente infantile e immatura, va rappor-tato alla necessità di controllare quotidianamente i loro comportamenti perché non degenerassero e non cedessero alla frivolezza e alla volubilità»84.

Prima degli anni Sessanta l‟istruzione femminile veniva considerata inutile da molte famiglie italia-ne e quel ristretto numero di donitalia-ne che iniziò a frequentare le prime classi elementari a partire dagli anni Sessanta rifiutava di continuare gli studi85. In questo modo il genere femminile sembrava non solo accettare, ma adagiarsi autonomamente in una posizione subordinata rispetto a quella maschi-le86. Margaret Durst, non a caso, individua nell‟“invisibilità” e nell‟“assenza” i «tratti che hanno

78 G. F. Novelli, Neanche se mi uccidi! Vita di Peppino Papa, cit., pp. 42-44.

79 S. Ulivieri, Il silenzio e la parola delle donne, in Id. (a cura di), Educazione al femminile. Una storia da scoprire, Guerini scientifica, Milano 2007, p. 12.

80 Cfr. S. Biondi, Essere donna in un‟Italia che cambia. Tre generazioni a confronto, in S. Ulivieri (a cura di), Educa-zione al femminile. Una storia da scoprire, cit., p. 337.

81 B. De Serio, Il sapere femminile tra cura degli altri e cura di sé, in D. Dato, B. De Serio, A. G. Lopez, Dimensioni della cura al femminile. Percorso pedagogico-letterario sull‟identità di genere, Mario Adda Editore, Bari 2007, p. 34.

82 Ivi, p. 35.

83 Cfr. B. De Serio, Abbandoni e solitudini. Storie di infanzie e di maternità negate, Aracne, Roma 2009, pp. 51-53.

84 B. De Serio, Introduzione. Due secoli di storia. Per ripercorrere la nascita di un nuovo modello di donna, in Id. (a cura di), Cura e formazione nella storia delle donne. Madri, maestre, educatrici, Progedit, Bari 2012, p. XII.

85 Cfr. S. Ulivieri, Il silenzio e la parola delle donne, cit.; S. Biondi, Essere donna in un‟Italia che cambia. Tre genera-zioni a confronto, cit.

86 Cfr. B. De Serio, Il sapere femminile tra cura degli altri e cura di sé, cit., p. 37.

93 49%

26%

18%

7%

Donne iscritte alle varie tipologie dei corsi

A B C C speciali 44%

37%

13%

6%

Uomini iscritti alle varie tipologie dei corsi

A B C C speciali

ratterizzato nel corso del tempo il rapporto donna-cultura»87. Tratti, questi, che se spesso erano il frutto di un‟imposizione, talvolta risultavano come l‟esito di una libera scelta.

Queste teorie risultano confermate anche dalla suddivisione dei frequentati nelle varie tipologie di corsi.

La percentuale delle donne iscritte ai corsi di tipo A era maggiore rispetto a quella degli uomini, mentre minore era quella delle donne iscritte ai corsi di tipo B. Tuttavia, vi era una presenza più elevata di donne nei corsi C di aggiornamento e C speciali, a partire però dagli anni Sessanta.

87 M. Durst, Sessualità, sublimazione e creatività femminile. Un approccio formativo, in S. Ulivieri (a cura di), Educa-zione al femminile. Una storia da scoprire, cit., p. 216.

Grafico 21: percentuale degli uomini iscritti alle varie tipologie dei corsi.

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500

1947-1948 1948-1949 1949-1950 1950-1951 1951-1952 1952-1953 1953-1954 1954-1955 1955-1956 1956-1957 1957-1958 1958-1959 1959-1960 1960-1961 1961-1962 1962-1963 1963-1964 1964-1965 1965-1966 1966-1967 1967-1968 1968-1969 1969-1970 1970-1971 1971-1972 1972-1973 1973-1974 1974-1975 1975-1976 1976-1977 1977-1978 1978-1979 1979-1980 1980-1981 1981-1982

Uomini iscritti negli anni alle varie tipologie dei corsi

C speciali C B A

Grafico 23: uomini iscritti negli anni alle varie tipologie dei corsi.

Grafico 22: percentuale delle donne iscritte alle varie tipologie dei corsi.

94 Come emerge dal Grafico 24, dal 1947 al 1960 le donne risultarono iscritte esclusivamente ai corsi per analfabeti e semianalfabeti, ad eccezione di sole 4 donne, iscritte ad un corso di tipo C nell‟anno 1955-1956. Nei primi tre anni, addirittura, quasi il totale delle iscritte era composto da analfabete.

Dal 1950-1951 il genere femminile inziò ad acquisire un livello minimo di cultura che gli permise il passaggio ai corsi di tipo B e solo dal 1959-1960 iniziò ad essere presente nei corsi di tipo C, che richiedevano, a coloro che li frequentavano, il possesso della licenza elementare.

Gli uomini, invece, sebbene il primo anno fossero tutti analfabeti, già dal secondo anno iniziarono a frequentare i corsi di tipo B e dal 1953-1954, dunque sei anni prima delle donne, ebbero la possibilità di iscriversi ai corsi di tipo C in quanto in possesso di licenza.

Per quanto riguarda l‟età degli iscritti88 emerge un‟ampia eterogeneità: essa andava dagli 8 ai 79 anni per gli uomini e dai 7 agli 86 anni per le donne. Si noti dunque la maggiore anzianità di queste ultime.

88 L‟età nei registri non è stata indicata per tutti gli 8351 iscritti, pertanto le cifre qui presenti fanno riferimento solo a quelle trascritte dai maestri.

11 12 12 14 14 13 12 13 12 13 8 9 12 12 12 9 12 14 14 14 14 12 14 13 11 12 11 10 10 11 14 15 20 19 42

26 35 38 34 32 47

59

49 50 51 52 71

79 66

75 69 66 67 52

18 47

72 68 52 46

62 76

62 54 59

75

34 63

Età degli uomini

età min. età max.

0 50 100 150 200 250 300

Donne iscritte negli anni alle varie tipologie dei corsi

C speciali C B A

Grafico 24: donne iscritte negli anni alle varie tipologie di corsi.

Grafico 25: età minima e massima degli uomini.

95 Nonostante la Scuola popolare, secondo l‟art. 2 del D. L.89, fosse destinata solo a coloro che avevano compiuto il dodicesimo anno di età, nei registri ritroviamo bambini dagli 8 agli 11 anni e bambine dai 7 agli 11 anni. Il primo anno tra gli iscritti rientrarono 7 minori di 12 anni, tra il 1957 e il 1963 se ne contarono 28, e 13 tra il 1972 e il 197890. I primi 7 frequentarono corsi di tipo A, quindi erano completamente analfabeti. Tra loro vi era uno spazzino, uno ortolano, uno agricoltore, un venditore ambulante, mentre per gli altri 3 non è indicata la condizione91. Dei seguenti 28 minori di 12 anni, uno era iscritto ad un corso A+B, uno ad un corso B+C, 17 ai corsi C speciali e 9 ai corsi C di aggiornamento. Gli ultimi 13, infine, frequentarono tutti i corsi C speciali92. Si trattava nella maggior parte dei casi di studenti, soprattutto per quanto riguarda gli iscritti ai corsi C speciali di orientamento musicale. Paradossalmente questo tipo di corsi, finalizzato a promuovere e migliorare le competenze professionali, da tale analisi sembra assumere caratteristiche simili ad un‟attività exstrascolastica per studenti che desideravano acquisire un‟abilità artistica.

Dunque, come accadeva per le scuole serali dell‟Opera contro l‟Analfabetismo, i genitori iscrivevano i propri figli alle scuole popolari per non doversene privare di giorno nel lavoro e per velocizzare la loro carriera scolastica. E nonostante tale divieto fosse ribadito perfino nei programmi amministritivi né i docenti né le autorità contrastarono o denunciarono gli inadempimenti, se non in pochissimi casi.

Col passare del tempo la media dell‟età degli iscritti aumentò. Quella degli uomini passò dai 16 anni nel 1947-1948 ai 39 anni nel 1981-1982, mentre quella delle donne dai 15 anni nel 1947-1948 giunse ai 39 anni nel 1980-1981.

89 Cfr. Decreto Legislativo del capo provvisorio dello Stato 17 dicembre 1947, n. 1599, Istituzione della Scuola popola-re contro l‟analfabetismo. GU Serie Generale n. 21 del 27-1-1948, in:

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1948/01/27/047U1599/sg consultato il 20/01/2015; Archivio di Stato di Foggia, Legge 16 aprile 1953, n. 326. Ratifica, con modificazioni del decreto legislativo 17 dicembre 1947, n. 1599, concernen-te l‟istituzione della scuola popolare contro l‟analfabetismo. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 107, 11-5-1953, p. 1785.

90 Cfr. ASL, Registri di Scuola popolare, 1947-1982, cit.

91 Ibidem.

92 Ibidem.

7 13 12 13 13 12 13 12 12 12 14 13 11 12 11 11 14 13 14 14 25

12 12 14 14 13 12 14 11 11 14 15 29

18 43

20 38

57 73

59 61 55 63 64 64 56

46 86 80

65 66 44

30 50

25 30

62 71 66 41

59 70 77

55 59 54 49 48

Età delle donne

età min. età max.

Grafico 26: età minima e massima delle donne.

96 È interessante sofferemarsi sull‟ampia eterogeneità anagrafica degli iscritti riscontrata in molti corsi. Riportiamo solo due esempi: nell‟anno 1951-1952 un corso di tipo A femminile in cui l‟età delle frequentanti andava dai 14 ai 73 anni93, e un altro corso di tipo A misto, frequentato da donne tra i 17 e i 45 anni e da un unico ragazzino di 13 anni94. Anche se, come vedremo più avanti, quasi tutti i maestri adottarono una strategia didattica individualizzata, non è difficile immaginare quanta fatica costasse riuscire a coinciliare le esigenze di ogni allievo.

La Scuola popolare, a tal proposito, rappresentò un‟esperienza unica e irripetibile. Sempre più spesso oggi si parla di individualizzazione e personalizzazione e, sebbene risulti ancora molto complesso soddisfare le esigenze degli studenti, si tratta pur sempre di classi formate da persone che rientrano in una fascia d‟età piuttosto omogenea. In tutti i gradi scolastici, infatti, dalla scuola dell‟infanzia alla scuola secondaria e perfino negli attuali corsi serali per adulti, a mutare sono le esigenze, gli interessi, i ritmi di apprendimento, le esperienze pregresse e il bagaglio culturale di ognuno. Fattori, questi, di fondamentale importanza. Raramente però ci si trova dinnanzi ad una classe così eterogeneea anche per fascia d‟età.

93 Cfr. ASL, Registro di classe della maestra R. C., corso A femminile, Lucera, anno scolastico 1951-1952.

94 Cfr. ASL, Registro di classe della maestra F. R., corso A misto, Lucera, anno scolastico 1953-1954.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

1947-1948 1948-1949 1949-1950 1950-1951 1951-1952 1952-1953 1953-1954 1954-1955 1955-1956 1956-1957 1957-1958 1958-1959 1959-1960 1960-1961 1961-1962 1962-1963 1963-1964 1964-1965 1965-1966 1966-1967 1967-1968 1968-1969 1969-1970 1970-1971 1971-1972 1972-1973 1973-1974 1974-1975 1975-1976 1976-1977 1977-1978 1978-1979 1979-1980 1980-1981 1981-1982

Età media degli uomini

età media

Grafico 27: età media degli uomini per anno.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

1947-1948 1948-1949 1949-1950 1950-1951 1951-1952 1952-1953 1953-1954 1954-1955 1955-1956 1956-1957 1957-1958 1958-1959 1959-1960 1960-1961 1961-1962 1962-1963 1963-1964 1964-1965 1965-1966 1966-1967 1967-1968 1968-1969 1969-1970 1970-1971 1971-1972 1972-1973 1973-1974 1974-1975 1975-1976 1976-1977 1977-1978 1978-1979 1979-1980 1980-1981 1981-1982

Età media delle donne

età media

Grafico 28: età media delle donne per anno.

97 Nella Scuola popolare i fattori che differenziavano gli iscritti erano di granlunga maggiori: età;

sesso; condizione lavorativa; condizione familiare; conoscenze ed esperienze pregresse; livello culturale; ritmi di apprendimento; motivazioni; esigenze e bisogni; contesto d‟appartenenza (campagna-città).

Inoltre nei corsi plurimi (A+B; B+C, ecc.) a differire erano perfino gli obiettivi dell‟appredimento.

Pertanto l‟insegnante era chiamato ad utilizzare contemporaneamente procedure didattiche che andassero dall‟individualizzazione alla personalizzazione e doveva necessariamente possedere capacità empatiche in grado di supportare i discenti nell‟inserimento del gruppo-classe.

Pensiamo al caso sopra citato, nel quale un ragazzino di 13 anni si ritrovò in una classe di donne dai 17 ai 45 anni. Sebbene possa apparire come un contesto protetto, quasi materno, non sono da escludere lo sforzo, la fatica e l‟imbarazzo che il bambino, probabilmente, dovette affrontare prima di inserirsi nel gruppo.

Figura 4: pagina interna di un registro.

Fonte: ASL, Registro di classe della maestra R. C., anno scolastico 1951-1952.

Figura 5: pagina interna di un registro.

Fonte: ASL, Registro di classe della maestra F. R., anno scolastico 1953-1954.

98