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3. la concezione differenziata dei ruoli familiari. Le rappresentazioni sociali relative ai ruoli di genere all’interno delle mura domestiche possono influenzare le aspettative

5.4 L’analisi critica del discorso

interpretativi provvisori che potrebbero essere riveduti e abbandonati più e più volte”

(Wetherell, Potter, 1988, p. 177). L’obiettivo fondamentale sarà quindi identificare le azioni sociali svolte attraverso l’uso di specifici dispositivi retorici e di differenti reper-tori interpretativi.

Attraverso tali fasi è possibile, prendendo atto delle possibili contrapposizioni, stabilire come le persone legittimino la propria versione dei fatti e come la sostengano all’interno del discorso. In questo modo, l’A.D. cerca di svelare la natura retorica e ar-gomentativa dei discorsi offerti dai/dalle parlanti che si concentrano da una parte sulla costanza e ricorrenza dei temi offerti dallo status quo e dall’altra sulla variabilità delle versioni proposte (De Grada, Bonaiuto, 2002).

Infine, l’A.D. è stata spesso critica proprio per la sua dimensione fortemente interpre-tativa che ne minerebbe la validazione dei risultati. Secondo Potter e Wetherell (1987) tali critiche possono essere superate attraverso diversi criteri:

1) la coerenza interpretativa intesa come la possibilità di utilizzare la stessa interpre-tazione per l’intero corpus discorsivo o per alcune sue parti;

2) l’orientamento dei/delle partecipanti o pertinenza osservabile. Il/la ricercato-re/ricercatrice deve essere in grado di dimostrare che la sua interpretazione del discorso è la stessa dei/delle partecipanti;

3) l’apertura di nuovi problemi a seguito delle interpretazioni proposte, che una volta risolti rafforzano ulteriormente l’interpretazione iniziale;

4) l’utilità empirica. L’interpretazione offerta a uno specifico discorso deve offrire la possibilità di dare nuove spiegazioni ad altri discorsi;

5) la valutazione del/della lettore/lettrice. Attraverso la trascrizione dei discorsi più interessanti, il/la lettore/lettrice può valutare tutte le fasi di interpretazione ed eventualmente proporne di differenti.

un potere sociale da parte di élite, istituzioni o gruppi che abbia come effetto l’aumentare delle diseguaglianze sociale, politica, culturale, di classe, di etnia, o di ge-nere” (van Dijk, 1993, p. 249). La dominanza può essere prodotta dalla routine e dalla quotidianità dei discorso che la rendono naturale e accettabile (van Dijk, 1993;

Fairclough, 1995). Gli/Le esponenti dalla CDA, quindi, sostengono la presenza ancora attuale di “una distribuzione non equa delle opportunità di dare senso fra i diversi gruppi sociali” (Iedema, 2003, p. 41). Tale ipotesi sembra essere avvalorata dall’idea che attualmente le diseguaglianze siano abilmente mascherate e perciò ancora più for-ti rispetto al passato: “mentre i marcatori esplicifor-ti delle asimmetrie di potere diventa-no mediventa-no evidenti, i marcatori nascosti di queste asimmetrie diventadiventa-no più forti, e così le asimmetrie di potere non scompaiono, ma diventano più sottili“ (Fairclough, 1992, p. 203).

La CDA si schiera a favore di coloro che hanno poco o nessun potere e lo fa cercando di comprendere e di mostrare i modi in cui i sistemi di dominio esistenti sono reiterati o messi in discussione mediante diverse forme di produzioni discorsive (Fairclough, 1989). Per assolvere a tale obiettivo si presenta la necessità di studiare qualsiasi testo sempre in relazione con l’analisi delle istituzioni e delle pratiche discorsive in cui essi sono stati prodotti; riconoscendo una relazione dialettica tra discorso e società (van Dijk, 1988; Fairclough, 1995).

Quando le persone parlano, scrivono, ascoltano, leggono, lo fanno in un modo social-mente determinato, poiché dipende dal contesto socio-economico, politico e culturale di appartenenza. Contemporaneamente il discorso rappresenta una pratica sociale che ha degli effetti sulla società stessa (Fairclough, 1992). Ciò avviene poiché il discorso dà un significato al mondo: le cose hanno senso solo in relazione ai concetti che sono a lo-ro associati. Esiste un’infinita varietà di discorsi e di pratiche che possono essere assun-ti all’interno delle convenzioni e ciò implica un certo grado di creaassun-tività. Tuttavia, sono le istituzione e la società a proporre il contenuto e l’ordine dei discorsi (Foucault, 1976), mediante convenzioni sociali che agiscono sia a livello del discorso sia delle pra-tiche (Fairclough, 1995).

In virtù della sua capacità di imporre una certa visione del mondo sociale, piuttosto che altre, il discorso assume quindi un ruolo significativo per la produzione, il mantenimen-to o il cambiamenmantenimen-to delle relazioni di potere (Fairclough, 1989).

L’attenzione si concentra sia sulle strutture del discorso sia sulle strutture di potere espresse attraverso le ideologie egemoniche, in grado di rendere naturali e perciò so-cialmente condivise le ideologie stesse e di trasformare le azioni sociali in vere e pro-prie convenzioni (Holmes, Meyerhoff, 2003). Il processo di naturalizzazione delle ideo-logie, favorito dall’ideologia egemonica, generando consenso sociale, permette al gruppo dominante di esercitare il suo potere sul gruppo subordinato, senza per questo fare uso della coercizione (Fairclough, 1992). Attraverso la costruzione di credenze condivise e di pratiche quotidiane, l’ideologia egemonica facilita l’interiorizzazione di modelli di pensiero che sostengono lo status quo (Gramsci, 1948). “[…] l’egemonia produce distorsioni cognitive (bias) nelle modalità con cui il gruppo minoritario consi-dera se stesso a favore delle rappresentazioni che il gruppo dominante promuove co-me universali e che invece sono sostanzialco-mente funzionali al suo interesse specifico”

(Testoni, 2012, p. 288). Il processo di naturalizzazione alla base della costruzione del senso comune può contribuire a sostenere le iniquità di potere, spostando l’attenzione dai discorsi che potrebbero sfidare lo status quo (Fairclough, 1989).

Fairclough (1995) sostiene tuttavia che le pratiche discorsive, caratterizzate ideologi-camente, possano allo stesso modo contribuire a mettere in discussione le relazioni di potere. Ogni individuo può, attraverso i propri discorsi, reiterare o decostruire lo status quo in quanto “[…] gli elementi stessi del senso comune possono essere usati per criti-care il senso comune. In questo senso l’ideologia non impedisce per forza l’argomentazione, può anzi fornire i mezzi per la critica” (Billig, 1991, p. 27).

La possibilità di operare un cambiamento sociale deriva dalla presenza di contraddizio-ni sul piano delle ideologie e delle pratiche sociali che generano dilemmi negli individui (Billig, 1987), i quali tentano di risolverli combinando le diverse convenzioni discorsive disponibili nel proprio contesto socio-culturale e politico. Poiché “le convenzioni di-scorsive naturalizzate rappresentano gli strumenti più efficaci per sostenere e ripro-durre la dimensione culturale e ideologica dell’egemonia” (Fairclough, 1995, p. 94), la lotta allo status quo sarà guidata dal processo di denaturalizzazione delle convenzioni e dalla loro sostituzione con altre. Compito della CDA è quindi svelare come le strutture sociali determinino le caratteristiche del discorso e come il discorso a sua volta deter-mini le strutture sociali (Fairclough, 1995).

Per questo motivo, la ricerca secondo la CDA deve essere teorica e multi-metodologica (Wodak, 1989). Fairclough (1992; 1995) propone un approccio critico

all’analisi del discorso basato su una metodologia tridimensionale che tenga conto:

del contenuto, della struttura e del significato del testo in esame; della pratica discor-siva, intesa come la forma di interazione discorsiva agita per comunicare messaggi e credenze; della pratica sociale in cui l’evento discorsivo ha avuto luogo.

Per concludere, l’analisi critica del discorso, svelando le strategie discorsive attraverso le quali il potere lavora per sostenere strutture e relazioni sociali oppressive, è una forma di resistenza analitica (van Dijk, 1991) che contribuisce a sostenere le lotte di contestazione e il cambiamento sociale.

5.4.1 La CDA femminista

La CDA propone al suo interno una prospettiva femminista che focalizza le sue analisi e teorizzazioni sulla natura insidiosa e oppressiva del genere, in quanto categoria onni-presente in tutte le partiche sociali (Lazar, 2007) che caratterizza l’intero ciclo di vita di ogni individuo (Eckert, 1989; Wodak, 1997). Il focus della CDA femminista è posto sulle modalità attraverso le quali l’ideologia di genere e le relazioni di potere sono (ri)prodotte, negoziate e contestate nei discorsi, nelle rappresentazioni delle pratiche sociali, nelle relazioni sociali tra le persone e nelle identità sociali e personali (Lazar, 2005). Obiettivo fondamentale della critica femminista alle pratiche e alle relazioni so-ciali basate sul genere e sull’ordine sociale patriarcale è l’attuazione di una trasforma-zione sociale, che metta in discussione lo status quo a favore di una visione umanista-femminista di una società giusta, nella quale il genere non predetermina le relazioni con gli altri o il nostro senso di chi siamo e di chi potremmo diventare (Wodak, 1997;

Lazar, 2007).

Gli/le studios* della CDA femminista si impegnano perciò a svelare come le pratiche sociali, lontane dall’essere naturali, sono dettate dal genere (gendered) (Holmes, Mar-ra, 2010). Nello specifico, il genere rappresenta una categoria interpretativa che sente ai membri di una comunità di dare senso e struttura alle pratiche sociali e, con-temporaneamente, esprime le relazioni sociali e di potere che costituiscono la società (Eckert, McConnell-Ginet, 2003). In questo modo attraverso le proprie performance donne e uomini possono reificare o sfidare il sistema di relazioni e privilegi di genere (Holmes, Marra, 2010). Al contempo la costruzione del genere e dell’identità di genere è fortemente influenzata dal contesto sociale, culturale e politico che offre alle

perso-ne “un ordiperso-ne di geperso-nere” (Conperso-nell, 1987; Eckert, McConperso-nell-Giperso-net, 2003). Sebbeperso-ne esi-stano molteplici modi di pensare, di discutere e di agire il genere, l’ideologia patriarca-le appare dominante (Wodak, 1997). Essa divide patriarca-le persone in due classi, uomini e donne, secondo una relazione gerarchica di dominanza e sottomissione che vincola gli individui a specifiche pratiche sociali (Lazar, 2007). La cultura patriarcale rappresenta un’ideologia egemonica (Gramsci, 1948) poiché non appare affatto come una relazione di dominanza-sottomissione; piuttosto, godendo di ampio consenso sociale, è reiterata nelle produzioni discorsive fondate sul senso comune e sulla naturalizzazione che misti-ficano la diversità nella distribuzione del potere e l’ineguaglianza tra donne e uomini (Fairclough, 1995; Bucholtz, 2003; Lazar, 2005). L’efficacia del potere egemonico è principalmente cognitiva basata sull’interiorizzazione delle norme di genere e agita, in modo consuetudinario dunque inconsapevole, nelle routine quotidiane (Testoni, 2012). Questo fa sì che il potere sia invisibile, non riconosciuto in quanto tale o inteso come legittimo e naturale (Bourdieau, 1991).

Il linguaggio gioca un ruolo importante nella costruzione dell’ordine del genere: sia il potere sia le relazioni di genere possono essere costruite in modo non intrusivo attra-verso le strategie conversazionali fondate sulla naturalizzazione rinforzate quotidia-namente nelle interazioni (Holmes, Marra, 2010). In particolare, la naturalità dell’esistenza di soli due generi, fondati sulla diversità sessuale, implica la necessità che essi siano complementari, o intrinsecamente contrastanti, sia nelle caratteristiche di personalità possedute sia nei ruoli sociali assunti (ruolo strumentale vs. ruolo espressivo; sfera pubblica vs. sfera privata) (Cameron, 1998; Bucholtz, 2003). Da ciò deriva che le differenze di genere non sono solo discorsive, ma sono agite anche nelle pratiche quotidiane; basti pensare alle dicotomie sociali insite nella distribuzione del lavoro retribuito e familiare, il primo maggiormente associato alla mascolinità e il se-condo alla femminilità (Wodak, 1997; Lazar, 2007).

In questo senso l’ideologia di genere patriarcale, agita e reiterata nelle istituzioni e nel-le pratiche sociali, diventa strutturanel-le sebbene siano gli individui stessi, uomini e don-ne, con le loro abitudini che assumono il ruolo di agenti di oppressione (Weedon, 1997).

In particolare, il sovraccarico femminile nella gestione dei lavori familiari che influisce sulla posizione della donna nel lavoro retribuito (Delphy, 1980; Walby, 1990) diventa espressione diretta della relazione di potere tra uomini e donne. I primi, infatti, non

svolgerebbero la stessa mole di lavoro interno alla casa poiché possono decidere di non farlo e in caso di partecipazione hanno la possibilità di scegliere i compiti meno sgradevoli o impegnativi (Burr, 1998). Allo stesso modo, le donne continuano a rappre-sentare la cura della casa e della prole come una propria responsabilità esclusiva, men-tre l’intervento del partner è inteso come un supporto o un aiuto di cui essere grate, ciò permette di vivere l’illusione di agire una distribuzione egualitaria dei ruoli interni alla casa (Croghan, 1991; Coward, 1993; Peace, 2003). “In questa prospettiva, la resi-stenza maschile al cambiamento e il rifiuto di cooperare alle fatiche domestiche […]

sono perfettamente prevedibili. Le dispute sulle pulizie non sono soltanto querelle in-dividuali, ma fanno parte di una più estesa lotta di potere” (Bryson, 1992, p. 198).

Alle relazioni di potere e di dominanza si può resistere discorsivamente in una sfida agli interessi in gioco: il linguaggio, scritto e parlato, contribuisce alla riproduzione e al mantenimento dell’ordine sociale o, al contrario, alla resistenza e alla trasformazione di questo ordine (Fairclough, 1992; 1995).

Nonostante l’ideologia di genere sia egemonica e agita quotidianamente in diverse pratiche sociali, essa può essere contestata e combattuta. Il cambiamento tuttavia è comunque determinato in base ai contenuti discorsivi alternativi offerti dalle stesse strutture e relazioni sociali (Fairclough, 1995; Chouliaraki, Fairclough, 1999).

La critica femminista intende contribuire alla trasformazione sociale esaminando le produzioni discorsive e le pratiche sociali che sostengono o mettono in crisi le relazioni di potere che indicano sistematicamente gli uomini come gruppo sociale privilegiato e mettono in una condizione di svantaggio le donne (Lazar, 2007; Holmes, Marra, 2010).

Diventa però fondamentale studiare il rapporto tra linguaggio e genere localmente, tenendo conto delle specifiche comunità di pratiche (Eckert, McConnell-Ginet, 1992;

1995), poiché, come precedentemente affermato, le produzioni discorsive danno sen-so alla realtà sen-sociale ma allo stessen-so tempo sen-sono sen-soggette alla costrizione del contesto socio-culturale di appartenenza.

5.5 Gli studi sul genere e sulla distribuzione del carico familiare in un’ottica