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3. la concezione differenziata dei ruoli familiari. Le rappresentazioni sociali relative ai ruoli di genere all’interno delle mura domestiche possono influenzare le aspettative

5.3 L’analisi del discorso

l’atteggiamento incoerente può essere conservato, venendo giudicato irrilevante per la specifica situazione in questione” (Billig, 1987, trad. it 1999, p. 313).

2. Discussione su atteggiamenti generali: si tratta della messa in discussione dell’essenza dell’atteggiamento. Interpretando in modi differenti lo stesso atteggia-mento è possibile giustificare azioni diverse. Per esempio i ragazzi intervistati da Edley gestiscono il dilemma ideologico tentando di alleviare la tensione tra ideali contrappo-sti, screditando l’immagine del “nuovo padre” che non soltanto desidera condividere i lavori di cura con la partner, ma vorrebbe partorire o allattare (Edley, Wetherell, 1999).

3. Discussione delle discussioni su atteggiamenti: in questo caso l’oggetto della contro-versia è l’essenza stessa della contraddizione tra l’atteggiamento e l’azione “che due cose siano coerenti l’una con l’altra è una questione d’opinione” (Salancik, 1982, p.56).

Sono soprattutto gli psicologi a discutere tra loro delle discussioni. Il disaccordo tra i due psicologi non è di tipo logico o empirico, ma retorico, poiché riguarda l’individuazione di un’essenza (ciò che per uno è pseudo-incoerenza, per l’altro è in-coerenza genuina). Essi sono in disaccordo sul disaccordo (Billig, 1987).

In conclusione, l’analisi dei discorsi prodotti quotidianamente dimostra che la conce-zione tradizionale degli atteggiamenti per cui alla parola corrisponde l’oggetto risulta impraticabile, mentre ne evidenzia la natura ambivalente e molteplice. La prospettiva retorica riconosce l’importanza dello svelamento dei dilemmi ideologici e del divario tra opinioni e tra atteggiamento generale e azione specifica. Attraverso la discussione, è possibile riconoscere la natura molteplice della realtà quotidiana difficilmente ricon-ducibile a un unico resoconto.

pro-spettiva etica si limita a fornire regole generali ascrivibili a qualunque gruppo sociale e culturale sulla base di criteri formulati dal ricercatore/osservatore. La prospettiva emi-ca, invece, predilige il punto di vista dei membri del gruppo e quindi gli approcci che si focalizzano sul significato che tali persone attribuiscono all’oggetto di studio (Duranti, 1997). Partendo da tali premesse, la psicologia discorsiva si impegna per rilevare i di-scorsi quotidiani, nel modo più fedele possibile, senza interferenze o preconcetti del/della ricercatore/ricercatrice, e attraverso l’interpretazione evidenzia ciò che è più interessante.

L’analisi discorsiva individua come oggetto di studio l’azione volta alla costruzione so-ciale di significati. Tale funzione è assolta dal linguaggio, in primis dal discorso, che as-sume potere costruttivo nei confronti di qualunque oggetto del mondo (Antaki, 1994).

In quanto azione il discorso ha particolari funzioni sociali da assolvere, giustificare, ac-cusare, mettere in discussione … “Se linguaggio e discorso vengono considerati azioni, la loro variabilità e inconsistenza non va più intesa nei termini di «errore» da eliminare, ma come aspetto degno d’analisi alla luce di una logica interattiva e secondo principi di pragmatica sociale” (De Grada, Bonaiuto, 2002, p. 132). In quest’ottica il linguaggio non può più essere inteso come finestra della mente, poiché è evidente che un fatto può essere descritto in molteplici modi, tutti validi (Heritage, 1984). Le persone, di fronte a temi ritenuti rilevanti, pensano in modo interessato e retorico e usano il lin-guaggio per sostenere o contrastare determinate posizioni. Ritenere che le persone esprimano le proprie opinioni, pensieri o stati interni in modo del tutto neutrale è con-siderato dagli/dalle psicologi/psicologhe discorsivist* un’ingenuità poiché ogni proces-so cognitivo ha luogo nelle interazioni discorsive e ha natura retorica, che mira all’accettazione o critica di specifiche argomentazioni. In quest’ottica il discorso non sarà più inteso come semplice mezzo attraverso il quale descrivere il mondo e i suoi oggetti, ma come strumento di costruzione della realtà.

“L’A.D., perciò analizza la scelta e l’organizzazione degli argomenti nel parlato - o nello scritto - per indi-viduare quale versione del mondo sia proposta, quali affermazioni siano fatte sulla realtà e come esse vengano motivate e sostenute, quali persone o gruppi possano, eventualmente, trarne vantaggio o dan-no, quali siadan-no, cioè, le conseguenze sociali e materiali che esse comportano” (De Grada, Bonaiuto, 2002, p.138).

L’analisi del discorso si presenta quindi come uno strumento utile per identificare i di-scorsi culturalmente disponibili in specifici contesti; la scelta di determinati temi ope-rata dai/dalle parlanti tra le alternative culturalmente proposte; la conseguente co-struzione della realtà sociale attraverso il “linguaggio in azione” (Bonaiuto, Fasulo, 1998). Lo studio delle funzioni svolte dal materiale linguistico e le modalità attraverso le quali tali funzioni sono perseguite avviene mediante l’analisi degli aspetti formali e di contenuto del linguaggio, concentrandosi rispettivamente sui dispositivi retorici (Edwards, Potter, 1992) e sui repertori interpretativi (Potter, Wetherell, 1987).

L’A.D. basata sull’organizzazione del testo, partendo dal presupposto che il discorso sia costruito retoricamente per convincere gli altri della bontà delle proprie dichiarazioni e contemporaneamente per difendere tali posizioni da eventuali critiche e obiezioni, si focalizza sui dispositivi retorici utilizzati dagli individui per dare fattualità alle descrizio-ni offerte (Edwards, Potter, 1992, cfr. Scheda 1). Attraverso vari dispositivi il/la parlan-te costruisce retoricamenparlan-te una versione giustificata da “fatti” per cui il dichiarato è proposto in modo disinteressato ed “esterno” rispetto al/alla parlante, al fine di offrir-ne una “maggiore credibilità”. Tale presunta oggettività del discorso dovrebbe allonta-nare il sospetto che le dichiarazioni proposte mirino al raggiungimento di desideri e in-teressi personali, rendendo più difficile la loro confutazione (De Grada, Bonaiuto, 2002).

SCHEDA 1 I dispositivi retorici (Edwards, Potter, 1992)

1) Etichettamento categoriale fare riferimento a se stess* o ad altr* mediante il ricorso a categorie, alle quali sono associate particolari visioni stereotipate e attribuzioni di valore. L’obiettivo è quello di indurre inferenze favorevoli o sfavorevoli.

2) Descrizione vivida il dichiarato è arricchito con dettagli, al fine di sottolineare la qualità del ricordo o l’accuratezza del/della parlante.

3) Narrazione descrivere un evento inserendolo in una particolare sequenza narrativa, aumentando la plausibilità dell’evento stesso.

4) Vaghezza sistematica opposto retorico delle due precedenti, offrire molti dettagli può determina-re anche smentite; formulazioni vaghe e generiche invece promuovono le infedetermina-renze desiderate e sono meno facilmente attaccabili.

5) Spiegazioni su basi empiriche tipico delle relazioni scientifiche, consiste nel proporre lo specifico fenomeno come del tutto indipendente da chi lo ha osservato.

6) Resoconto retoricamente orientato ciò che viene riferito è presentato come obiettivamente deri-vante da fatti o azioni specifiche, al fine di fornire all’inferenza proposta razionalità impersonale.

7) Formulazione estrema sottolineare il carattere estremo (max o min) dell’oggetto del discorso. Ad es. utilizzando espressioni come “tutti”, “nessuno”; “mai”; “sempre”; “moltissimo”; “pochissimo”; “bel-lissimo”; “bruttissimo”; “scandaloso”; “eccezionale”… Si intende così offrire autorevolezza e legittimità

all’affermazione; presentare il/la parlante come disinteressat* e attendibile.

8) Consensualità e corroborazione l’affermazione è presentata come condivisa da più persone o avvalorata da osservatori/osservatrici indipendenti (espert*). Si intende presentare l’informazione co-me “obiettiva”.

9) Liste o liste tripartite elencare due o più punti o argomentazioni a sostegno di una tesi, con l’obiettivo di segnalare esaustività e completezza; contrastare le critiche e persuadere.

10) Contrasti proporre la versione opposta a quella rifiutata o problematica per marcare la differenza tra le due.

11) Diniego (Potter, Wetherell, 1987) Indica un dispositivo verbale utilizzato per evitare attribuzioni potenzialmente spiacevoli e indesiderate. Consiste nel “[…] sostenere che l’azione specifica, in realtà, o essenzialmente, non dovrebbe essere classificata come un caso del genere di azioni coperte da quell’atteggiamento” (Billig, 1996, p. 310) es. “Non sono razzista, però …”.

12) Strategie di giustificazione (Antaki, 1985) definibili come dispositivi atti a fornire sostegno alla tesi del/della parlante che, sulla base di una previsione della reazione dell’interlocutore/interlocutrici, ha la funzione discorsiva di mitigare le eventuali (previste) repliche e reazioni. La persona offre una descrizione socialmente accettabile di un’azione che altrimenti sarebbe stata percepita come strana, fallimentare, senza significato, cattiva, immorale, non conforme all’etica o inaspettata dagli/dalle altr*.

Tale dispositivo può avvenire attraverso scuse (“Non intendevo …”; “Non sono stato io”; “L’ho fatto per

…”) o giustificazioni (“Mi è stato ordinato”; “È una questione di giustizia”; “Anche gli/le altr* lo fanno”).

L’A.D. basata sul contenuto del discorso si concentra più nello specifico sulla presenza di temi coerenti o ricorrenti definiti repertori linguistici (Gilbert, Mulkay, 1984) o reper-tori interpretativi (Potter, Wetherell, 1987). I reperreper-tori non sono definiti attraverso pa-role o frasi specifiche, sono piuttosto una costellazione testuale variegata riferita, in modo esplicito o implicito, a uno specifico argomento. Spesso si tratta di cluster coe-renti di parole che ruotano intorno a metafore centrali (Hepburn, 2003). I repertori in-terpretativi possono perciò essere intesi come:

“insiemi di termini, descrizioni e figure linguistiche spesso articolate attorno a metafore o immagini vivi-de. In termini più strutturali potremmo definirli come sistemi di significazione e come mattoni impiegati per costruire linguisticamente delle versioni di azioni, di sé e di strutture sociali. Sono risorse disponibili per fare valutazioni, per costruire versioni fattuali e per realizzare azioni particolari (Potter, Wetherell, 1995, p. 89).

La sensibilità e l’attenzione rivolta alla variabilità con cui un tema può essere discusso, rende da una parte necessario il ricorso all’interpretazione e dall’altra impossibile l’ausilio di tecniche d’analisi automatizzate. L’A.D. non prevede delle regole specifiche di interpretazione: i repertori sono individuati prendendo in considerazione il testo nel-la sua interezza e nell’insieme di termini, frasi, metafore presenti anche a livelli struttu-rali diversi, ma pur sempre riferito a uno stesso oggetto. “A.D., in sostanza, non è

gui-data dalla scelta a priori di particolari unità d’analisi, ma dall’obiettivo di evidenziare le funzioni psicologiche-sociali che il parlante o lo scrivente hanno perseguito, consape-volmente o meno, con il loro testo” (De Grada, Bonaiuto, 2002, p.140).

Sebbene l’A.D. non sia caratterizzata da una prassi specifica, possiamo individuare cin-que momenti fondamentali sia per lo studio dei dispositivi retorici sia per l’analisi dei repertori interpretativi (Bonaiuto, Fasulo, 1998).

1) Esplicitazione dei quesiti della ricerca. I quesiti saranno orientati principalmente a definire le funzioni dei testi prodotti e le costruzioni linguistiche agite dai/dalle parlanti per realizzare tali funzioni.

2) Raccolta dei dati testuali. Il focus posto sulle produzioni discorsive e non sulle per-sone fa sì che la bontà del materiale non sia data dal numero dei/delle partecipanti, ma dal contesto in cui la produzione dei dati ha luogo. Spesso si predilige l’intervista semistrutturata per sollecitare discussioni su argomenti specifici.

3) Trascrizione. I testi prodotti oralmente saranno interamente trascritti. Il sistema di codifica più diffuso è quello proposto da Gail Jefferson (1973), tuttavia ogni ricercato-re/ricercatrice lo adatta in modo flessibile alle proprie necessità. Duranti (1997, p. 155) sottolinea che “non esiste […] una trascrizione perfetta, ma solo trascrizioni più fun-zionali di altre a raggiungere certi obiettivi”. Sebbene la trascrizione richieda tempo e pazienza, rappresenta un lavoro indispensabile per poter procedere all’analisi dei fe-nomeni discorsivi.

4) Selezione degli estratti da analizzare. Attraverso una ripetuta e attenta lettura del-le trascrizioni si procederà alla sedel-lezioni deldel-le parti del testo centrate sull’argomento o sul fenomeno che si vuole analizzare. Non esistono categorie d’analisi precostituite.

Ciò permetterà di conservare gli aspetti contestuali e sequenziali e di cogliere tesi e an-titesi (Billig, 1987) che si sviluppano nel corso dell’interazione discorsiva. “I repertori diversi tendono a comparire separatamente in differenti parti del testo e, se compaio-no insieme, socompaio-no organizzati per rispondere a funzioni diverse, come difendersi da possibili attribuzioni negative dell’interlocutore e promuovere una data posizione ideo-logica” (De Grada, Bonaiuto, 2002, p. 145).

5) Interpretazione e commenti analitici. Quest’ultima fase rappresenta il fulcro dell’A.D. ed è orientata a cogliere le modalità discorsive ricorrenti o repertori interpre-tativi e/o i dispositivi retorici presenti nelle sequenze precedentemente selezionate.

Tale processo non è guidato da regole o “ricette” fisse, ma richiede il ricorso a “schemi

interpretativi provvisori che potrebbero essere riveduti e abbandonati più e più volte”

(Wetherell, Potter, 1988, p. 177). L’obiettivo fondamentale sarà quindi identificare le azioni sociali svolte attraverso l’uso di specifici dispositivi retorici e di differenti reper-tori interpretativi.

Attraverso tali fasi è possibile, prendendo atto delle possibili contrapposizioni, stabilire come le persone legittimino la propria versione dei fatti e come la sostengano all’interno del discorso. In questo modo, l’A.D. cerca di svelare la natura retorica e ar-gomentativa dei discorsi offerti dai/dalle parlanti che si concentrano da una parte sulla costanza e ricorrenza dei temi offerti dallo status quo e dall’altra sulla variabilità delle versioni proposte (De Grada, Bonaiuto, 2002).

Infine, l’A.D. è stata spesso critica proprio per la sua dimensione fortemente interpre-tativa che ne minerebbe la validazione dei risultati. Secondo Potter e Wetherell (1987) tali critiche possono essere superate attraverso diversi criteri:

1) la coerenza interpretativa intesa come la possibilità di utilizzare la stessa interpre-tazione per l’intero corpus discorsivo o per alcune sue parti;

2) l’orientamento dei/delle partecipanti o pertinenza osservabile. Il/la ricercato-re/ricercatrice deve essere in grado di dimostrare che la sua interpretazione del discorso è la stessa dei/delle partecipanti;

3) l’apertura di nuovi problemi a seguito delle interpretazioni proposte, che una volta risolti rafforzano ulteriormente l’interpretazione iniziale;

4) l’utilità empirica. L’interpretazione offerta a uno specifico discorso deve offrire la possibilità di dare nuove spiegazioni ad altri discorsi;

5) la valutazione del/della lettore/lettrice. Attraverso la trascrizione dei discorsi più interessanti, il/la lettore/lettrice può valutare tutte le fasi di interpretazione ed eventualmente proporne di differenti.