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L’azione del governo italiano all’indomani del conflitto

2. GLI ANNI SESSANTA

2.4 L’azione del governo italiano all’indomani del conflitto

conflitto

Verso la metà di giugno il Segretario Generale della Nazioni Unite, U Thant, propose la convocazione straordinaria dell’Assemblea Generale per cercare di trovare una soluzione al conflitto arabo-israeliano. Il governo italiano decise, nonostante le riserve, di appoggiare la richiesta. Al rappresentante permanente all’Onu fu chiesto di comunicare tale decisione solo dopo che fosse stato raggiunto il quorum necessario per arrivare ad una convocazione161, per non risultare determinanti alla formazione

della maggioranza.

Moro, incaricato dal Consiglio dei Ministri di guidare la delegazione all’Onu162, chiese al Segretario Generale di aggiungere

un punto all’ordine del giorno intitolato “Ricerca di ragionevoli, pacifiche ed eque soluzioni all’attuale crisi nel Medio Oriente”163. Il

testo presentato dall’Italia non conteneva importanti novità, ma ripercorreva le questioni che stavano più a cuore alla diplomazia italiana: l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti gli Stati dell’area, il problema dei profughi palestinesi, il riconoscimento

161

L. Riccardi, Il “problema Israele”.., op. cit., p. 223-224

162

Alcune ricostruzioni parlano di un rifiuto di Fanfani a guidare la delegazione, e la sua sostituzione con Moro, che accettò “con riluttanza”. Il politico aretino avrebbe preso questa decisione a seguito di un forte scontro, registratosi nel Consiglio dei Ministri del 17 giugno, durante il quale si trovò completamente isolato. Cfr. D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia

italiana.., op. cit., p. 21

163

della libertà di navigazione attraverso le vie d’acqua internazionali164. Gli obiettivi che la politica dell’equidistanza si

prefiggeva erano contraddetti dalla situazione che si era venuta a creare, con i paesi arabi fermamente contrari ad un riconoscimento di Israele, e quest’ultimo per niente disposto ad accettare una mediazione internazionale e un possibile reinsediamento dei profughi palestinesi sul suo territorio.

Aldo Moro parlò all’Assemblea Generale il 21 giugno, affrontando gli argomenti contenuti nel testo proposto in aggiunta all’ordine del giorno165. Espresse il suo sostegno incondizionato

all’azione dell’Onu, definì il ritiro delle truppe una misura necessaria ma non sufficiente, si soffermò sul problema dei “profughi arabi palestinesi” definendolo “uno dei fattori della instabilità e della tensione esistenti nella regione”166. Da quel momento la questione

palestinese fu inserita “nell’agenda della politica estera italiana in maniera permanente “167.

Una delle preoccupazioni maggiori della Farnesina in quel momento era evitare di apparire come un sostenitore di Israele, soprattutto dal momento in cui i paesi mediterranei della Nato – Francia, Grecia, Turchia e Spagna – avevano appoggiato la proposta dei paesi non allineati, che condannava esplicitamente Israele e ordinava il suo ritiro immediato e incondizionato. Il

164

L. Riccardi, Il “Problema Israele”.., op. cit., p. 225

165 Ivi, p. 226-227 166 Ibidem 167 Ibidem

governo italiano mostrò interesse per il progetto di risoluzione presentato dai membri latino-americani, simile alla mozione occidentale, ma con un riferimento all’internazionalizzazione dei Luoghi Santi e l’aggiunta che “l’occupazione militare non crea[va] titolo giuridico”168. L’Italia ricevette pressioni sia da parte di

Israele, che dei paesi arabi, e alla fine decise di votare a favore della mozione latino-americana e contro quella dei paesi non allineati. Il 5 luglio, in sede di votazione, nessuna delle risoluzione ottenne il quorum previsto. La questione tornò al Consiglio di Sicurezza, che il 22 novembre 1967 adottò il testo proposto dalla delegazione britannica. La risoluzione 242169, definita da alcuni “un

capolavoro di deliberata ambiguità”170, fu immediatamente

sostenuta dal governo italiano. L’elemento più controverso della risoluzione riguardava una differenza nel testo francese rispetto a quello inglese: nel primo si chiedeva il ritiro “des territoires occupés” (dai territori occupati), mentre nel testo inglese si parlava di ritiro “ from occupied territories” (da territori occupati), lasciando intravedere la possibilità che Israele mantenesse il controllo su parte dei territori occupati nel giugno precedente.

168

L. Riccardi, Il “problema Israele”.., op. cit., p. 232

169

La risoluzione esordiva sottolineando” l’inammissibilità dell’acquisizione di territori con la guerra”, richiedeva il “ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati” e il “riconoscimento della sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di ogni Stato della regione”. Affermava la necessità di “garantire la libertà di navigazione lungo le rotte internazionali nel zona” e di “raggiungere una giusta soluzione del problema dei profughi”. Inoltre veniva richiesto al Segretario generale di nominare un rappresentante speciale con il compito di mantenere i rapporti con gli Stati interessati al fine di raggiungere una soluzione pacifica. Il Segretario generale nominò l’ambasciatore svedese in Unione Sovietica, Gunnar Jarring. Per il testo della risoluzione:

http://unispal.un.org/UNISPAL.NSF/0/7D35E1F729DF491C85256EE700686136

170

L’avvicinarsi delle elezioni politiche diminuì ulteriormente il peso della politica estera, e la politica mediorientale dell’Italia entrò in una fase di stagnazione. Le uniche due iniziative messe in campo dal governo furono la visita ad Algeri di Fanfani nel febbraio 1968171 e il viaggio del ministro degli Esteri israeliano Eban a Roma

in aprile172. Le elezioni premiarono la DC, ma non il PSU173, che

vide ridursi notevolmente i propri consensi. Giovanni Leone fu chiamato, per la seconda volta, a presiedere un governo “balneare”, monocolore DC. Il governo di transizione riprese la politica dell’equidistanza portata avanti dai precedenti governi, e in più occasioni espresse il proprio appoggio alla missione portata avanti dal rappresentante speciale dell’Onu Jarring. La Farnesina, appena insediatosi il governo, agì da mediatore tra Israele e i governi arabi al fine di riportare nello Stato ebraico un aereo israeliano che era stato dirottato174.

Durante una visita a Roma, in novembre, il ministro degli Esteri egiziano Riad affermò chiaramente che “la crisi in Medio Oriente non mostrava segni di miglioramento”175. La “guerra di

attrito”176, o a bassa intensità, portata avanti da Nasser faceva

171

La sconfitta dei paesi arabi rappresentava un pericolo per l’equilibrio strategico nel Mediterraneo: il radicalismo e l’influenza sovietica rischiavano di travolgere anche regimi moderati, vicini alle posizioni occidentali. Fanfani nel suo viaggio in Algeri fu rassicurato dal ministro degli Esteri Bouteflika riguardo la volontà del suo governo di impedire che la basi navali di Mers-el-Khebir fosse utilizzata dai sovietici. D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia

italiana.., op. cit., p. 36

172 L. Riccardi, Il “problema Israele”.., op. cit., p. 311 173

S. Romano, Guida alla politica estera.., op. cit., p. 125

174

L. Riccardi, Il “problema Israele”.., op. cit., p. 314

175

D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia italiana.., op. cit., p. 38

176

temere un rapido deterioramento della situazione. L’Italia prese l’iniziativa e presentò agli Stati Uniti e ai paesi dell’UEO un memorandum contenente le linee d’azione che il governo italiano proponeva di seguire177. Veniva prospettata una “duplice iniziativa

diplomatica: da un lato verso gli Arabi e gli Israeliani, al fine di ottenere una reciproca flessibilità in merito alle loro posizioni; dall’altro verso Jarring, allo scopo di convincerlo a interpretare la sua missione in modo meno restrittivo178”. Il documento non

incontrò aperta ostilità, ma non riuscì a convincere i maggiori paesi coinvolti, e il progetto fu abbandonato. Il governo italiano continuò a cercare di ritagliarsi un ruolo nella risoluzione della crisi e, a tal fine, nel mese di novembre Bozzini, responsabile dell’ufficio per il Medio Oriente del Ministero degli Esteri, e Perrone Capano, direttore aggiunto degli Affari Politici, furono incaricati di svolgere una serie di visite nella regione. I due diplomatici italiani ebbero “un’impressione nell’insieme negativa” 179 dei colloqui avuti in

Egitto, Giordania e Arabia Saudita. I Paesi arabi, infatti, rifiutavano qualsiasi accordo bilaterale con Israele e ponevano come conditio sine qua non all’accettazione degli obblighi derivanti dalla risoluzione 242 il ritiro incondizionato israeliano. Anche Israele era vista come poco incline al compromesso. Nel complesso, Bozzini era estremamente pessimista circa le prospettive di pace, e

177

D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia italiana.., op. cit., p. 39

178

Ibidem

179

riteneva, in assenza di un intervento esterno, che la ripresa di uno scontro armato fosse inevitabile180.

Il 12 dicembre del 1968, in assenza di alternative181, fu

costituito un governo di centro-sinistra, la cui guida fu affidata a Mariano Rumor. Il ministero degli Esteri fu assegnato a Nenni, il quale portò avanti la stessa politica dell’equidistanza che aveva causato tanti attriti, se non veri e propri scontri, con Fanfani. In occasione della rappresaglia condotta dall’esercito israeliano nel dicembre 1968 a Beirut182, in risposta ad un attentato subito da un

aereo di linea israeliano ad Atene, il titolare della Farnesina non prese le parti di Israele, considerando l’azione non solo sproporzionata, ma anche potenzialmente molto negativa per il governo di Tel Aviv183. In occasione di un’audizione alla

Commissione Esteri della Camera il 9 gennaio ribadì l’impianto della politica estera portata avanti dai precedenti governi, aggiungendo un elemento di novità: espresse “comprensione […] delle cause della esasperazione delle popolazioni palestinesi”184 e mise sullo

stesso piano le azioni terroristiche e le conseguenti rappresaglie. La svolta fu favorita dalle pressioni esercitate dai diplomatici italiani affinché Nenni prendesse in maggior considerazione le esigenze arabe185. Inoltre, influì il cambiamento dell’orientamento

180

D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia italiana.., op. cit., p. 45

181 A. Varsori, L’Italia nelle relazioni internazionali.., op. cit., p. 172 182

B. Morris, Vittime.., op. cit., p.

183

L. Riccardi, Il “problema Israele”.., op. cit., p. 318

184

D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia italiana.., op. cit., p. 49

185

dell’opinione pubblica, che dalla fine del 1968 si era spostata su posizioni filo-arabe186.

L’elezione di Nixon alla Casa Bianca nel mese di novembre fu accolta positivamente dall’Italia, che apprezzò il fatto che il neo Presidente intendesse svolgere un ruolo più attivo in Medio Oriente, abbandonando la politica di disimpegno portata avanti da Johnson. Nelle prime settimane del 1969 l’ambasciata americana a Roma sollecitò il Dipartimento di Stato a “consultare gli italiani più frequentemente rispetto al passato”187, e, durante un colloquio con

Saragat, avvenuto il 28 febbraio, Nixon chiese se il nostro paese ritesse utile, al fine di risolvere la crisi, l’avvio di consultazioni tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica nel quadro delle Nazioni Unite188.

Il Presidente della Repubblica espresse il proprio assenso ad un’idea da sempre appoggiata dall’Italia. Nei mesi seguenti l’Italia, scettica sulla reale volontà di Israele di raggiungere un accordo, spingerà Washington a fare pressioni su Tel Aviv affinché accettasse una soluzione di compromesso.

La ripresa degli scontri armati lungo il Canale di Suez189 fece

temere che potesse scoppiare un conflitto ben più ampio. Per scongiurare il peggio, l’Italia propose l’invio di una forza di interposizione Onu da concordare preventivamente con Usa e

186

D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia italiana.., op. cit., p. 50

187

Ivi, p. 53

188

Ivi, p. 53-54

189

Urss190. Il Dipartimento di Stato si disse favorevole ad esplorare la

proposta, e il governo italiano presentò ai governi interessati un promemoria in cui veniva esposto il piano. La proposta fu abbandonata in seguito all’opposizione della Gran Bretagna e alle perplessità espresse dagli altri alleati191.

La scissione dei socialisti unitari e la nascita di due diversi partiti di ispirazione socialista ebbe ripercussioni sul governo, con le dimissioni di Nenni. Il 5 agosto 1969 fu formato un nuovo governo, guidato sempre da Rumor, ma composto solo da esponenti della DC. La guida del ministero degli Esteri fu affidata ad Aldo Moro. Qualche settimana più tardi la Farnesina apprese, “con evidente inquietudine”192, del colpo di Stato in Libia che aveva

portato al potere Gheddafi193. Il nuovo regime venne percepito

subito come una minaccia alla consistente comunità italiana nel paese, come si approfondirà più avanti.

L’Italia, durante il secondo governo Rumor, cercò di sensibilizzare gli alleati sulla necessità di mantenere la stabilità nel Mediterraneo194. In particolare il governo cercò, senza successo, di

riportare in auge la commissione per il controllo degli armamenti in Medio Oriente195. Proprio su questo tema si registrarono frizioni con

190

D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia italiana.., op. cit., p. 60

191 Ivi, p. 61 192

Ivi, p. 62

193

E. Di Nolfo, Dagli imperi militari.., op. cit., p. 328

194

D. Caviglia-M. Cricco, La diplomazia italiana.., op. cit., p. 63

195

l’amministrazione statunitense, che avrebbe dovuto rifornire militarmente Israele196.