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Beni in pubblico dominio collocati in spazi chiusi

2. L’ampiezza della libertà di panorama: diverse tipologie di beni a confronto

2.1 Beni in pubblico dominio collocati in spazi chiusi

Nel dibattito sul regime applicabile alla riproduzione di beni in pubblico dominio collocati in spazi chiusi centrale è il ruolo ricoperto dai musei, quali luoghi custodi della cultura. In particolare, vi sono alcune attività svolte dai musei in cui l’utilizzo delle immagini delle opere riveste un ruolo essenziale. Si tratta di nuove forme di comunicazione con il pubblico, rese possibili dallo sviluppo tecnologico e dalla diffusione di Internet. In particolare, la creazione di un sito web per il museo rappresenta un importante strumento attraverso cui comunicare le attività e le collezioni al pubblico. In tale ottica, la realizzazione di immagini di alta qualità delle opere museali rappresenta il fondamento per la creazione di siti web che rappresentino adeguatamente il museo, la sua collezione, la sua storia e le sue attività. Talvolta, attraverso il sito stesso, il museo mette a disposizione degli utenti registrati una banca dati di immagini della collezione, permettendo – attraverso un contratto di licenza d’uso in formato elettronico e dietro pagamento di un corrispettivo366 – l’estrazione di alcune immagini.

Fenomeno diverso è invece quello rappresentato dai musei virtuali, definiti come “a logically related collection of digital objects composed in a variety of media which, because of its capacity to provide connectedness and various points of access, lends itself to trascending traditional methods of communicating and interacting with visitors”.367 I musei virtuali rappresentano uno sviluppo inevitabile in considerazione della tendenza alla digitalizzazione del patrimonio culturale. Si tratta di uno strumento che non è posto in concorrenza con vere e proprie collezioni di opere e che permette una modalità di accesso alternativa ad opere che altrimenti taluni visitatori non potrebbero raggiungere di persona.368

L’evoluzione delle tecnologie digitali rende quindi possibile la realizzazione di immagini delle opere di alta qualità, così fornendo ai musei un importante strumento per valorizzare le loro collezioni, sia in senso economico369 – in quanto potenziale fonte di entrate per l’istituzione museale – che culturale370 – in quanto strumento capace di aumentare, a vantaggio della collettività, la disponibilità delle immagini delle opere, con effetti positivi sulla diffusione della cultura e della conoscenza, nonché sull’attività creativa successiva.

Nonostante gli effetti positivi derivanti dalla realizzazione delle riproduzioni digitali, non si

366 L’articolo 5 della Direttiva Infosoc include tra le libere utilizzazione un’eccezione concernente le riproduzioni effettuate dai musei, nel caso in cui tali riproduzioni non tendano ad alcun vantaggio economico o commerciale, diretto o indiretto. Sul punto, STABILE S., Beni culturali e proprietà intellettuale dei musei: nuovi scenari, in Dir. ind., 3/2002, 304, osserva che: “La facoltà dei musei di riprodurre e di diffondere all’interno dei propri siti web istituzionali i beni oggetto dei propri patrimoni, anche qualora questi siano protetti dal diritto d’autore, per scopi d’informazione, culturali e di istruzione dovrà, dunque, essere assicurata dal legislatore italiano”.

367 SCHWEIBENZ W., The Development of Virtual Museums, in ICOMNews, 3, che riporta la definizione data in ANDREWS J., SCHWEIBENZ W., Art Documentation, Spring Issue, 1998.

368 MAGNANI P., op. cit.. Sulla diffusione dei musei virtuali in epoca Covid-19 si veda GIARDINI G., Coronavirus, i musei italiani che resistono e vanno online, cit.

369 Sul punto STABILE S., op. cit., 304, evidenzia come lo sfruttamento delle immagini delle opere e, specialmente, la digitalizzazione delle collezioni da parte dei musei rappresentino una grande opportunità commerciale per le istituzioni culturali.

370 Sul punto GUERZONI G., STABILE S., I contenuti museali digitali, in NEGRI CLEMENTI G. e STABILE S. (a cura di), Il diritto dell’Arte, vol. II, La circolazione delle opere d’arte, Skira, Milano, 2013, 228-230, osservano che

“la digitalizzazione rappresenta un mezzo importante per garantire un accesso più ampio al materiale culturale e garantire il materiale per le future generazioni. Per tale motivo sono state avviate numerose iniziative di digitalizzazione in campo culturale. La digitalizzazione delle collezioni del mondo analogico ha creato nuove opportunità per lo scambio e il riutilizzo creativo, consentendo alla collettività di esplorare e di interagire con il patrimonio culturale in modo innovativo. Le istituzioni culturali si trasformano così da custodi delle collezioni analogiche in fornitori di servizi digitali.”

possono ignorare gli elevati costi dovuti alla produzione di immagini ad alta risoluzione.

Proprio la necessità di recuperare tali elevati costi sostenuti costituisce uno dei motivi che porta i musei a scegliere di fornire le immagini a soggetti terzi solamente dietro pagamento di un corrispettivo.371 Per quanto la diffusione di immagini contribuisca ad una più ampia conoscenza delle opere detenute dal museo e rappresenti inoltre uno strumento utile a generare profitti, la stessa diffusione delle immagini dà luogo a un sistema che, essendo fondato su un diritto di esclusiva sulle riproduzioni fotografiche, pone limitazioni eccessive all’accesso e all’utilizzo delle stesse.372

Nonostante le immagini – nonché le opere in essere riprodotte – non siano necessariamente protette dal diritto d’autore, sono diffuse tra i musei politiche di licensing che subordinando l’uso delle immagini delle opere da parte di terzi a numerose restrizioni.373 Così, a fronte dell’autorizzazione, i musei spesso impongono il pagamento di un corrispettivo, che varia in base al tipo di utilizzo e all’utilizzatore. È così che viene mantenuto il controllo sulle immagini delle opere, anche ove queste siano cadute in pubblico dominio, e quindi non siano più protette dal diritto d’autore.

La prassi del licensing per la realizzazione e lo sfruttamento di immagini di opere detenute da un museo e, in particolare, l’imposizione di restrizioni all’uso delle immagini, pone numerosi problemi privi di soluzione a livello normativo. Le restrizioni all’utilizzo delle immagini potrebbero infatti porsi in contrasto con la principale missione delle istituzioni culturali, ovvero la divulgazione delle loro collezioni al più ampio pubblico possibile.374 Un altro problema riguarda, più nello specifico, gli accordi di licenza, capaci di rendere molto più complesso e dispendioso il procedimento per ottenere l’autorizzazione ad utilizzare le immagini, sia in termini di costi che in termini di tempo.375

Le situazioni di maggior incertezza giuridica sono quelle in cui ad essere oggetto di raffigurazione nell’immagine sono beni in pubblico dominio. Infatti, nonostante nella prospettiva della disciplina del diritto d’autore la riproduzione dell’opera sia in questi casi

371 Il costo legato alla creazione di una collezione digitale ricomprende più tipologie di costi: strutturali, di avviamento, di gestione, inerenti la pianificazione iniziale, le tecnologie adottate, il monitoraggio e la documentazione, i costi di formazione del personale, i costi legati all’impiego delle risorse umane, quelli per le infrastrutture, i costi operativi, tra cui quelli per la preparazione del materiale, la catalogazione attraverso metadati, i costi relativi agli hardware e software utilizzati e per la loro manutenzione, e i costi per il controllo qualitativo effettuato dagli specialisti del settore o dal supporto tecnico. Per approfondire sul punto si veda PEROCCO N., Digitalizzazione del patrimonio culturale: un’analisi filosofica, giuridica ed economica. Le Gallerie degli Uffizi e la loro politica culturale digitale, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, 2019/2020, http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/19221/865077-1250336.pdf?sequence=2.

372 MAGNANI P., op. cit.

373 CREWS K.D., Museum Policies and Art Images: Conflicting Objectives and Copyright Overreaching, in Fordham Intellectual Property, Media and Entertainment Law Journal, vol. 22, 2012, 826-827. L’autore evidenzia come le restrizioni abbiano talvolta ad oggetto limitazioni relative ad aspetti tecnologici (a titolo esemplificativo, la richiesta che le riproduzioni siano a bassa risoluzione o la limitazione delle dimensioni dell’immagine). In altri casi, invece, vengono fatte richieste che riguardano il riconoscimento del ruolo del museo, oppure viene limitata la possibilità di usare l’immagine per opere derivate o, ancora, viene consentita la riproduzione solo dell’immagine intera, e non di dettagli di essa.

374 Tra le varie questioni sollevate rispetto alle licenze per l’uso delle immagini, PANTALONY R.E., Managing Intellectual Property for Museums, WIPO, 2013, 47, osserva che i modelli basati sul licensing, specialmente quelli basati sul pagamento di corrispettivi, possono “ergere” delle barriere che consentono la visibilità dell’immagine solo a chi sia disposto ad accettare le condizioni e il pagamento del corrispettivo. L’autore suggerisce che il miglior modo per raggiungere gli obiettivi dell’accesso e della promozione del museo e della sua collezione sarebbe quello del libero accesso alle immagini del museo senza il filtro delle licenze. Infatti, ritiene che il libero accesso alle immagini possa essere un valido mezzo per attirare il pubblico e i partner commerciali.

375 MAGNANI P., op. cit.

libera, molti musei rendono comunque necessaria un’autorizzazione sia per la realizzazione delle immagini dell’opera che per il successivo utilizzo di tali immagini. Tale prassi diffusa tra i musei – che consente a questi di controllare se e come le immagini messe a disposizione vengano utilizzate – trova fondamento, talvolta, nel diritto di proprietà sull’oggetto raffigurato, talaltra in un diritto di esclusiva sull’immagine in sé.376

La tendenza sviluppata da parte dei musei di far valere il diritto di esclusiva sulle immagini di opere cadute in pubblico dominio trova fondamento nel diritto di proprietà sul bene riprodotto.377 In quest’ottica, la possibilità di sottoporre a restrizioni la realizzazione e l’uso di immagini di opere in pubblico dominio deriva dal controllo fisico sull’opera o sull’oggetto. Sulla base delle prerogative riconosciute al museo, si è diffuso l’orientamento che ritiene che si configuri un illecito qualora venga divulgata senza autorizzazione una riproduzione dell’immagine di un’opera.378 Così molti musei vantano la titolarità di un diritto di esclusiva sulle riproduzioni digitali di opere in pubblico dominio di cui siano proprietari.

Continua quindi ad essere prevista l’imposizione di termini e condizioni per le attività, tra cui la riproduzione, aventi ad oggetto le immagini stesse.379

Problematiche analoghe si riscontrano quando le opere di appartenenza pubblica sono tutelate secondo la disciplina dei beni culturali, che spinge verso un’estensione del controllo sulle riproduzioni e sul loro utilizzo. Il Codice dei beni culturali all’articolo 107 prevede infatti che la fruizione di tali beni sia riservata – nel senso che occorre accedere, pagando un biglietto o meno, al luogo in cui questi vengono fisicamente conservati. L’articolo 108 prevede per l’autorità avente il bene in consegna – ovvero il soggetto legittimato a regolamentare l’accesso al luogo, e cioè la singola istituzione museale, la singola biblioteca ecc. – la possibilità di fissare canoni e corrispettivi in caso di utilizzo commerciale della foto ritraente l’opera. Tali canoni e corrispettivi, da pagare di regola in via anticipata, non sono dovuti in caso di utilizzazione per scopi strettamente personali ovvero per motivi di studio o, ancora, ma solamente nel caso di soggetti pubblici, per finalità di valorizzazione dei beni stessi.380 Pertanto, uno sfruttamento commerciale della riproduzione realizzato in mancanza di autorizzazione e di versamento del corrispettivo giustificherà il ricorso ai rimedi risarcitori, inibitori e, ove possibile, alla retroversione dei profitti illegittimamente lucrati.381

376 MAGNANI P., ibidem

377 Sul punto RESTA G., Nuovi beni immateriali e numerus clausus dei diritti esclusivi, in RESTA G. (a cura di), Diritti esclusivi e nuovi beni immateriali, cit., 41, osserva che “Uno schema frequentemente usato dalla giurisprudenza è quello della “disponibilità materiale” del bene, derivante dall’esercizio di un diritto di proprietà o di altro diritto reale, da cui vien fatta discendere una specifica posizione di vantaggio in ordine al godimento delle relative utilità incorporali. In almeno due casi si è fatto ricorso ad un siffatto procedimento argomentativo al fine di sottrarre le relative entità incorporali al regime di libera appropriabilità ed affermare un potere di controllo individuale sul loro sfruttamento. Il che, com’è noto, rappresenta il primo passo verso l’instaurazione di uno specifico regime di riserva dotato del carattere dell’assolutezza e dell’opponibilità erga omnes”.

378 RESTA G., L’immagine dei beni, cit., 565 ss. L’autore critica l’orientamento che riconosce al proprietario una facoltà di interdizione: “La presenza di uno spazio fisico giuridicamente riservato al titolare sembra così operare come indiretto fondamento di un monopolio sulla fruizione visiva di tutto ciò che si trovi al suo interno. Il dominio fisico sulle cose si tramuta così silenziosamente in una “riserva” sulla loro dimensione incorporale, in deroga al principio della libera circolazione delle informazioni.”

379 MAGNANI P., op. cit.

380 CARDARELLI A.A., PISANI A., SIGNORELLI A., op. cit., 4. Si veda anche RICCIO G.M., op. cit.. Sulle limitazioni alla riproduzione dei beni siti in luogo non accessibile al pubblico si veda l’intervento di RESTA G., La riproduzione di opere delle arti visive di dominio pubblico e l’attuazione della Direttiva europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, cit.

381 RESTA G., Chi è proprietario delle Piramidi?, cit., 603

Diversamente da quanto accade nell’ambito della tutela autorale, l’interesse tutelato nella disciplina dei beni culturali viene identificato “nell’esigenza di non disincentivare, ed anzi di promuovere, l’attività di conservazione, catalogazione e “sistemazione” dei beni museali (come attività intrinsecamente idonea a realizzare altresì una finalità di rilevanza pubblica), consentendo al titolare della proprietà museale di fare proprie quelle utilità del bene non incompatibili con la fruizione culturale del medesimo da parte del pubblico e, sotto questo profilo, comprimendo gli interessi antagonisti di chi voglia eseguire riproduzioni del bene museale non qualificate dalle finalità di studio o culturali [...]”.382 Così delineata, la disciplina si dimostra di incerta applicazione, determinando il sorgere di situazioni controverse nella valutazione delle riproduzioni di beni culturali in pubblico dominio.383