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bombardamenti, dal terrorismo. Un mondo che condanna alla morte per fame e malnutrizione

Nel documento PERCHE QUESTO OPUSCOLO? (pagine 49-52)

centinaia di milioni di persone. Un mondo basato

sullo sfruttamento del lavoro minorile, dove ancora

esistono lo schiavismo e la vendita dei corpi e degli

organi dei poveri ai ricchi.

50 In altri termini, e ragionando in maniera concreta, se ci troviamo a manifestare contro un presidio di neofascisti, magari in un quartiere popolare pieno di problemi, non basta urlare ai quattro venti alla presenza dei fascisti, ma occorre spiegare alle persone che ci vivono come e perché i fascisti rappresentino un pericolo per la gente comune che vive quei quartieri. Se non lo si fa, il rischio è quello di non essere compresi o peggio di venire visti non come la soluzione al problema, ma come il problema stesso. Inoltre, in un paese in cui il 75 % della popolazione ha un’opinione positiva della polizia e delle forze dell’ordine, occorre essere molto cauti e sensibili nell’approcciare le situazioni potenzialmente critiche.

La credibilità di un militante antifascista va costruita con un lavoro paziente di radicamento di quartiere. Nessuna scorciatoia è possibile. Non basta arrivare una volta all’anno in un quartiere difficile con qualche bandiera rossa per essere accolti come dei liberatori. Inoltre, non possiamo dimenticare che i fascisti nascondono la loro propaganda di odio dietro iniziative di beneficenza come la distribuzione di generi alimentari, che possono essere viste di buon occhio da chi abita il quartiere.

Di fronte alla crescita di queste organizzazioni alcuni giovani possono essere sedotti dall’idea di regolare i conti con i fascisti giocando alle loro regole. In linea generale, l’assalto ad una sede di neofascisti, l’agguato al militante isolato o l’organizzazione di spedizioni punitive sono metodi pericolosi che rischiano di alienarci le simpatie popolari, perché non appartengono al movimento dei lavoratori.

Alle azioni isolate di singoli o gruppettini dobbiamo rispondere con manifestazioni radicali ben preparate e organizzate. Spesso però la predominanza dell’elemento anarchico o autonomo del movimento, fa sì che le manifestazioni antifasciste degenerino in scaramucce rituali con la polizia.

Queste brevi scaramucce, che magari producono in chi le vive una piccola eccitazione, si risolvono con violente cariche nelle quali ad avere la peggio sono i 'meno attrezzati', vale a dire i più giovani o i meno abituati a manifestare.

51 I reparti antisommossa dello stato italiano, siano essi della polizia, dei carabinieri o della guardia di finanza, non hanno il cuore tenero. Piccoli assembramenti di studenti sono spesso caricati con brutalità da uomini corazzati, armati di tutto punto e addestrati a colpire in faccia chiunque gli si pari davanti con i loro 'tonfa da difesa'. Pestaggi, aggressioni, umiliazioni e sevizie sono il pane quotidiano di molti agenti. Molte manifestazioni e situazioni di piazza sono delle vere e proprie trappole studiate a tavolino da questura e prefettura per inchiodare i manifestanti, magari caricandoli pesantemente in un vicolo cieco.

Oltre a ciò, gli scontri con la polizia portano quasi inevitabilmente all'identificazione dei manifestanti e alla loro iscrizione nel registro degli indagati. I manifestanti indagati possono essere accusati di tutto: devastazione, rapina, saccheggio, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, turbativa di ordine pubblico, manifestazione non autorizzata, interruzione di pubblico servizio, e la lista è ancora lunga.

Come dimostra la cronaca politica e giudiziaria di questi anni, queste accuse possono risolversi in pesanti condanne magari inflitte a pochi giorni dai fatti anche a ragazzi incensurati. Le condanne possono portare ad arresti domiciliari, obblighi di firma, divieti o obblighi di dimora, pesanti sanzioni pecuniarie, oltre alla detenzione vera e propria.

Purtroppo per l’ordinamento giudiziario attualmente in vigore, non basta ricevere una condanna definitiva dallo stato italiano per essere sottoposti a misure cautelari. Queste misure, particolarmente odiose poiché colpiscono prima di una sentenza di un tribunale, sono utilizzate sempre più spesso contro manifestanti e militanti di movimento. Le misure cautelari possono andare fino alla carcerazione preventiva. I militanti No Tav, gli attivisti No Borders di Ventimiglia, i militanti No Muos o ancora gli attivisti dei movimenti di Napoli, Torino e Bologna, per prendere solo alcuni esempi, sono stati tutti colpiti da misure cautelari che vanno dall’obbligo di firma, al divieto di dimora, passando per gli arresti domiciliari senza che nessuna istituzione, se non la polizia di stato, abbia prodotto alcun elemento di prova per incolparli. Come se ciò non bastasse, la polizia italiana e più in generale tutti i corpi di uomini armati che difendono gli interessi dei ricchi nei vari paesi del mondo, perfezionano i loro strumenti di controllo e repressione politica. Lo sviluppo della tecnologia dell’informazione e della comunicazione li aiuta nel loro solerte lavoro.

52 Lo stato borghese dispone di zelanti funzionari ben pagati, che maturano ottime pensioni con vent'anni di servizio, la cui unica funzione è quella di 'vigilare' sugli ambienti 'sovversivi'. La Direzione Investigativa Generale delle Operazioni Speciali, meglio nota come DIGOS, partecipa con discrezione ad ogni manifestazione/presidio/iniziativa di cui viene a conoscenza. Il suo scopo è chiaro, raccogliere preziose informazioni e identificare i presenti a partire dai responsabili del movimento, per poter poi inoltrare queste informazioni alle varie Procure che aprono i fascicoli sui vari manifestanti.

Ovviamente l’esistenza e la brutalità della repressione di stato non può essere un argomento sufficiente a giustificare la propria passività e la propria ignavia. Vogliamo rovesciare questa società e questo stato iniquo basato sull’oppressione della maggioranza della popolazione da parte di una minoranza di ultraricchi e sappiamo che nel farlo ci esponiamo a numerosi rischi. È noto inoltre che non si fanno frittate senza rompere le uova. Ma occorre sviluppare la capacità di comprendere quando vale la pena rischiare la denuncia o la manganellata e quando invece questa può essere tranquillamente evitata con un briciolo di furbizia o esperienza. Non dobbiamo lasciare nessuno spazio ai neofascisti, questo significa riuscire a limitare la loro visibilità e i loro spazi di agibilità politica nei quartieri, evitando però di accettare uno scontro dove a dettare le regole del gioco sono i nostri nemici.

Resistenze Internazionali fa parte di una rete di organizzazioni di giovani anticapitalisti e antirazzisti coordinati attorno al Comitato per un’Internazionale dei Lavoratori (CWI), attiva in tutto il mondo. Per decenni siamo stati impegnati in campagne antifasciste di massa come: Youth Against Racism in Europe, (YRE), giovani contro il razzismo in Europa.

Nel lontano 1992, YRE riuscì il giorno dopo il primo trionfo elettorale del partito di destra radicale Vlaams Block, l’attuale Vlaams Belang, a costruire la più grande manifestazione

antifascista internazionale della storia del Belgio.

Portammo in piazza oltre 40mila antifascisti, protetti da un servizio d’ordine organizzato da portuali inglesi, che sfilarono ordinati e

composti per le strade di Bruxelles.

Ma il successo di questa manifestazione non

cadde dal cielo. Nella preparazione di questa, ci appoggiammo su un diffuso sentimento di rifiuto del neofascismo da parte di settori di classe lavoratrice belga e lavorammo intensamente nei quartieri popolari della capitale per spiegare cosa fosse il Vlaams Block e perché rappresentasse un pericolo per i lavoratori poveri e gli immigrati. Ovviamente, all’indomani della manifestazione non ci sedemmo sugli allori, ma lanciammo la campagna antifascista BlokBuster che divenne rapidamente un punto di riferimento per centinaia di studenti in tutto il paese.

Resistenze Internazionali fa parte di

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