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Caratterizzazione meccanica avanzata: il test di ormaiamento Il comportamento viscoelastico e termoplastico proprio dei conglomerati

I materiali legati con bitume: il ruolo del legante nel conglomerato bituminoso

3.2. Materiali e analisi sperimentale

3.2.4. Caratterizzazione meccanica avanzata: il test di ormaiamento Il comportamento viscoelastico e termoplastico proprio dei conglomerati

Il confronto tra i due conglomerati mette in luce alcuni aspetti fondamentali:

• il conglomerato realizzato con bitume ad alta modifica presenta una maggiore resistenza a fatica: la retta è infatti traslata verso l’alto, ossia verso tensioni significativamente più elevate, rispetto a quella del conglomerato tal quale;

• a parità di cicli di carico, ossia, estendendo il concetto alle pavimentazioni stradali, a parità di vita utile, il conglomerato modificato riesce a sopportare una tensione a fatica maggiore rispetto a quello tal quale;

• a parità di carico imposto e quindi di tensione sollecitante, la miscela confezionata con bitume modificato resiste per un numero di cicli notevolmente maggiore (circa 10 volte di più) rispetto a quella confezionata con bitume tal quale.

Ulteriore aspetto da considerare è la pendenza delle due curve di fatica: nel passare dal bitume tal quale a bitume modificato la pendenza della curva diminuisce, evidenziando che, in termini relativi, all’aumentare del numero di cicli N l’incremento di resistenza a fatica del conglomerato realizzato con bitume modificato rispetto al tal quale aumenta ulteriormente.

L’elevata resistenza alla fatica, maggiore di circa 10 volte nel caso di bitume modificato di tipo hard rispetto al bitume tradizionale, evidenzia pertanto l’apporto decisivo di questo legante alla realizzazione di sovrastrutture durevoli, intrinsecamente pensate per garantire nel tempo la necessaria resistenza alle più severe azioni indotte dalle temperature e dal traffico veicolare giustificandone appieno l’utilizzo non solo nella realizzazione di strati drenanti ma anche per conglomerati di tipo chiuso.

3.2.4. Caratterizzazione meccanica avanzata: il test di ormaiamento

presenti in letteratura (Sousa et al., 1991; Cerni, 2003) evidenziano che una quota parte delle deformazioni, di limitata entità, è imputabile ad effetti di post-compattazione del conglomerato bituminoso, e si matura rapidamente. Il meccanismo in esame, quindi, si basa prevalentemente sulla successiva deformazione a taglio del conglomerato, elemento che giustifica il confinamento del fenomeno agli strati superficiali della pavimentazione (13-25 cm) e a situazioni particolari in cui gli sforzi di taglio sono massimi: piazzole di sosta per gli autobus, incroci e intersezioni stradali.

La tipologia di legante risulta avere un’influenza fondamentale sui fattori intrinseci ed estrinseci che contribuiscono allo sviluppo dell’ormaiamento (Gerhkoff et al., 1996).

Test meccanici di laboratorio permettono di determinare parametri fisici della miscela indirettamente correlati al fenomeno in esame. Brown e Gibb (1996) hanno fissato un criterio di accettazione delle miscele di conglomerato bituminoso legato alla prova di creep statico monoassiale, con un approccio più completo rispetto agli attuali riferimenti nazionali (CNR 106/85), comunque ricondotto alla limitazione della deformazione plastica nel tempo di campioni di conglomerato che deve essere inferiore all’1%. Analogamente prove di creep dinamico consentono lo studio della resistenza dei conglomerati all’accumulo di deformazioni plastiche. Una nuova generazione di test, sviluppati a partire dagli anni settanta, si propone invece di dare una risposta alla difficoltà di un approccio esclusivamente analitico del problema: le prove cosiddette di tipo simulativo, effettuate tramite apposite macchine, permettono di sottoporre il conglomerato bituminoso a condizioni ambientali e di sollecitazione analoghe a quelle in opera, riproducendo, in scala ridotta e sotto determinate condizioni ambientali, l’azione ripetuta dovuta al traffico veicolare. Il principio di funzionamento è il medesimo per tutte le macchine “ormaiole”: una ruota opportunamente caricata si muove di moto armonico sulla superficie del provino da testare. Il risultato del test è dato dalla misura della profondità dell’ormaia in funzione del numero di cicli, ovvero della durata della sollecitazione.

Numerosi studi supportano la validità dei test simulativi nella previsione della suscettività all’ormaiamento delle miscele di conglomerato bituminoso. Cooley et al. (2001) hanno confrontato i risultati ottenuti da tre diversi simulatori di traffico (Asphalt Pavement Analyzer, French Rutting Tester e Hamburg Wheel Tracking Device), trovando buone correlazioni con misure di ormaiamento eseguite su circuiti sperimentali e su tratti pilota.

Figura 3.23 – Apparato di prova per il test di ormaiamento (A) e modalità di misura (B) In linea con l’attualità di tali approcci, si è stabilito di valutare le prestazioni delle due miscele in esame attraverso il Loaded Wheel Tester (LWT, Figura 3.23-A):

una ruota rigida in gomma, di diametro di 10 cm e larghezza d’impronta di 5 cm, transita alternativamente su un provino prismatico di conglomerato bituminoso, gravata del carico di 50 kg.

Il macchinario, concepito prevalentemente per lo studio dei trattamenti superficiali, è stato appositamente modificato per poter alloggiare porzioni di strati di pavimentazione stradale.

I provini utilizzati hanno forma prismatica, di base 50x8 cm ed altezza determinata con riferimento alla proposta di normativa CEN prEN 12697-22, che prevede un valore minimo di 40 mm per aggregati di diametro nominale massimo compreso fra 8 e 16 mm. Le dimensioni dei provini sono tali da essere al contempo rappresentative del materiale in opera e facilmente manovrabili in laboratorio, permettendone il corretto posizionamento nell’apparecchiatura di prova. I travetti sono stati tagliati da una piastra di conglomerato bituminoso di dimensioni 50x50 cm confezionata attraverso un apposito compattatore pesante, ideato e realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Parma, e in grado di simulare la compattazione che avviene in opera mediante rullo.

La densità delle piastre così ottenute è pari a 2.20 g/cm3, corrispondente a una percentuale dei vuoti compresa tra 8 e 10%.

Il test è stato condotto a temperatura ambiente (25°C). La durata della prova è stata fissata in 40.000 cicli, durante i quali sono state monitorate la temperatura e la profondità dell’ormaia.

In particolare, le deformazioni verticali della superficie del provino sono state misurate mediante un calibro millesimale, fissato a un riferimento esterno, lungo tutta la fascia di carico (35 centimetri), in undici punti, posizionati a interasse di circa 4 cm (Figura 3.23-B).

I risultati delle prove di ormaiamento permettono un significativo confronto fra i conglomerati confezionati con diverso tipo di bitume (Figura 3.24). È possibile infatti rappresentare l’andamento delle quote della superficie del provino lette lungo l’asse longitudinale al variare dei numero di passaggi di carico.

Figura 3.24 – test di ormaiamento: abbassamento del provino durante il test Dal grafico si evince che i punti maggiormente sollecitati nel corso della prova sono quelli in cui la ruota subisce il cambio di direzione ovvero nei punti di estremità dove i carichi tangenziali sono amplificati da effetti inerziali. Per questo motivo, il calcolo della profondità dell’ormaia è stato effettuato mediando i soli 3 punti centrali, dove i suddetti effetti risultano trascurabili.

y = 0.8309Ln(x) - 6.4606 R2 = 0.99

y = 0.3107Ln(x) - 2.2362 R2 = 0.86

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0

0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000 40000 N cicli

abbassamenti verticali (mm)

TRADIZIONALE HARD

Figura 3.25 – Evoluzione dell’ormaia in funzione del numero di cicli

La Figura 3.25 mostra l’evoluzione della profondità dell’ormaia in funzione del numero di cicli.

In entrambe le miscele, i punti registrati si dispongono con ottima approssimazione secondo un andamento logaritmico (R2=0.86÷0.99) fino a 30.000 cicli di prova.

Oltrepassato tale limite, mentre la miscela realizzata con bitume modificato mantiene l’andamento riscontrato nella prima parte del test con una profondità di ormaia di 0,95 mm, il conglomerato tradizionale mostra valori circa doppi di ormaiamento (1,88 mm) con manifesti fenomeni di spanciamento del campione che di fatto è risultato completamente deformato, soprattutto all’estremità, dove i citati fenomeni inerziali sono maggiori. Da questo punto in poi la prova di ormaiamento per il conglomerato confezionato con bitume tradizionale perde di

significato (Figura 3.26). Il conglomerato confezionato con bitume modificato presenta una velocità di deformazione estremamente bassa: la medesima profondità di ormaia rilevata nel campione con bitume tradizionale verrebbe maturata dal campione con bitume modificato dopo un numero di cicli di carico superiore di circa 20 volte.

Figura 3.26 - Spanciamento del campione in prossimità del termine della corsa della ruota La sostanziale diversità del comportamento del conglomerato realizzato con bitume modificato nei confronti della resistenza alle deformazioni permanenti, palesa l’enorme risorsa in termini di durabilità delle pavimentazioni nei confronti dell’ormaiamento che solo il bitume modificato è in grado di garantire. È lecito attendersi un potenziale incremento del numero di passaggi di carico significativamente più elevato rispetto ai conglomerati realizzati con bitume tradizionale. Nell’allestimento sperimentale si sono osservati comportamenti dei due bitumi notevolmente differenti, con previsione di un medesimo livello di deformazione dopo un numero di applicazioni di carico di circa 20 volte superiore utilizzando bitume ad alta modifica con polimeri SBS.

3.3. La modellazione numerica del conglomerato