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ritenere, che senza nessuno

aumento

si trovasse nell’an-no della ruina della chiesa; e perciò

non

vi eran fondi per riedificarla

appena

atterrata (*).

2. Questi fondi vi poteano, e

doveano

essere

dopo un

circa

30

anni dalla ruina della chiesa; poiché non do-vendosi impiegare i frutti del censo a restaurarla, questi ogni cinque anni

formavano

una

somma competente

da potersi rinvestire; e cosi

dopo

un

30

anni si avea un

500

scudi da potersi

spendere

nella ricostruzione della chiesa. E se

500

scudi eran bastati a fabbricarla per

la prima volta, poiché gli esecutori testamentari del Cor-radi più non ne somministrarono,

come

risulta dal lo-ro rendiconto (10), molto più

doveano

bastare per rie-dificarla; poiché allora restava quasi tutto il materiale laterizio, il quadro di S. Settimio per l’altare, la

cam-pana

e simiglianti. Difatti sul principio del corrente se-colo,

appunto

un

50

anni circa

dopo

la ruina della chiesa,

non

so per impulso di chi, si volea riedificare. Ecco le

parole dell'

Anonimo

scrittore delle ammirabili gesta di S. Settimio, il quale ci attesta che nel

1807

si volea ricostrurre quella Chiesa , ed ogni cosa parea bene in-caminata. « Per divina pietà

incamminato

ogni possibile ristabilimento culto e condecorazione di quel luogo be-nedetto,

dove

mori Settimio, l’istessa divina

clemen-za

conduca

al fine

bramato

quanto è necessario olla sua gloria e

memoria permanente

del nostro Santo

Protetto-(*) Il libro di amministrazione del censo costituito da Mons. Ve-scovo Giattini abeneficio della chiesa di S.Settimioalfiume,in con-seguenza della legge 3 Gen. 1861 di Lorenzo Valerio Commissario straordinario delle Marche, presentemente deve trovarsi presso 1’ uf-ficio del Bollo e Registro di Jesi. L' autore della Monografia per os-servarlo vi accedette più volte

;

ma

del poterlo vedere, o accertace-ne l’esistenza, fu nulla.

90

re e gran Martire (52) ».

Ma

ad onta di questa appa-rente facilità di ricostrurre quella chiesa, non fu rico-strutta nè al principio di questo secolo, nè poscia giam-mai. Sarà

bene

dare una spiegazione di questo quasi in-credibile abbandono, rilevando le cause principali , che

lo produssero; la ricerca di queste cause però non

può

estendersi oltre ai primi

40

anni successivi alla ruina della chiesa,

perchè dopo

il corso di questi la prescrizio-ne entrata in contrario da sé sola basta a dare una suf-ficiente spiegazione del non essersi riedificata la chiesa.

5. Nel principio di questi

quarantanni

oltre alla

man-canza de’ fondi si aggiunse la invasione del fiume.

Que-sto in quella straordinaria alluvione sotto il ponte

cor-rodendo

la

sponda

destra, allargando il suo letto si era internato in

forma

di semicerchio

con

un raggio di

al-meno m. 40

oltre il sito,

ove

sorgeva la chiesa di S.

Settimio; il qual sito per quest’annessione fluviatile ve-niva a trovarsi in

mezzo

al letto dell’Esino, e per sopra-più era

ingombro

di

melma

e di ghiaja , e nel cadere delle piogge era invaso di

nuovo

dalla corrente del

fiu-me

(35). Per ricostrurre la chiesa

adunque

subito la sua rovina

bisognavano

non solo i fondi per la fabbrica;

ma

ancora per l’infrenamento del fiume con una robusta ar-ginatura lunga

due

o trecento metri: bisognava

metter-si

d’accordo

col proprietario del fondo, e spendervi

una buona somma. Ma dove

trovarla? Se

anche

qualcuno

l’a-vesse voluta piamente somministrare, n’era distolto dal timore di qualche altra violenta alluvione. Questa causa

si dileguò circa il

1820; ma

ne sorse un’ altra più po-derosa. Il proprietario del fondo,

ove

sorgeva la chiesa di S. Settimio, arginò il fiume in linea retta dal ponte verso il mare, e riconquistò alla coltivazione tutto quel tratto già invaso dal fiume per

un

semicerchio avente

un

91 raggio di più di

80

metri; per riempire di terriccio vegetale l’area racquistata , che era

ingombra

di

nuda

arena e di biancheggiante ghiaja, vi diè per l’arginatu-ra accesso al fiume, il quale, specialmente in occasione delle dirotte piogge, vi lasciava depositi terrosi, innal-zava il livello del suolo, ricopriva le macerie della chie-sa distrutta, chiudeva e

sperdeva

il pozzetto dell’acqua prodigiosa, facea pianura, che attendeva la coltivazio-ne (35) : questa

non

tardò a venirvi, e distolse i fedeli dal frequentare quel luogo,

dove aveano

odorato Iddio, venerata la

memoria

di S. Settimio e attinto le

acque

salutifere: colla dispersione delle quali si spense la di-vozione , cessò la frequenza, e quasi interamente svanì

anche

la reminiscenza del sito,

ove

S. Settimio fu

mar-tirizzato. Di fatti ai nostri giorni chi mai parlava più di quella chiesa e di riedificarla? chi del pozzetto dell’

ac-que

prodigiose? chi

pensò

d’ impedire al proprietario del fondo, che Io disperdesse e coprisse co’ depositi del

fiu-me?

chi di rivendicare quel luogo, che il

Marchese

Gior-gini avea ceduto in perpetuo per la fabbrica della chie-sa? chi mai si diè cura di eseguire la pia volontà del

Vescovo

Mons. Giattini, che avea intraveduta la rovina della chiesa, e avea somministrato il

modo

di ripararla?

Diciamo

francamente la verità: nessuno.

E

di questo a

nessuno vogliamo

far colpa. Quattro eran le persone

,

che

aveano

ingerenza diretta o indiretta sulla chiesa di S. Settimio; il

Vescovo prò

tempore, il Capitolo Catte-drale, il Cappellano, il Conservatorio della Purificazione;

il

primo

non solo

come Vescovo

e curatore delle cose sacre,

ma

ancora

come

arbitro e

donno

del fondo crea-to da Mons. Giattini; il

secondo come

patrono della

Cap-pellania di S. Settimio; il terzo

come

colui che ne’ gior-ni festivi

dovea

celebrare in quella chiesa; il quarto

co-92

me

amministratore del fondo per la

manutenzione

della chiesa , i cui frutti

dovea

tenere a disposizione del Ve*

scovo prò

tempore a beneficio della

medesima.

A parlar vero pertanto il solo

Vescovo

prò tempore avea il diritto e il

dovere

e

come

curatore delle cose sacre, e

some

arbitro e

donno

del fondo Giattini, di

provvedere

alla ricostruzione di quella chiesa,

ma

nessuno

prima

che en-trasse la prescrizione, potè provvedervi

; poiché oltre le

cause addotte, ve ne furono altre per i Vescovi tutte

spe-ciali. Cinque essi furono nel corso de’

quarantanni

che seguirono alla ruina di quella chiesa; il Baldassini Jesi-no, il De-pretis Urbinate, il Caprara

Bolognese,

l'

Ode-scalchi

Romano

, il Cesarei Leoni Perugino. I primi

due come

vissuti ne’ primi

20

anni

dopo

la ruina della chie-sa,

anche

tacendo della lunga

vacanza

fra l’uno e l’al-tro,

aveano

contro la

mancanza

de’ fondi e la invasio-ne del fiume; gli altri tre furono coinvolti nelle turbo-lenze civili e religiose, che

avvennero

in Italia in con-seguenza della rivoluzione ed invasione francese, e

in-vece

di potere ricostrurre i sacri edifìci distrutti,

non

po-tevano spesso

neppure

impedire, che sotto i colpi

del-l’ empietà repubblicana e della prepotenza cesarea

non

perissero gli esistenti. Per questa istessa cagione e per-chè forastieri

non

poterono

prendere

esatte notizie del-le cose della nostra Diocesi , nè fare regolarmente le Vi-site triennali.

Le

Visite Vescovili in questi

40

anni fu-ron poche, le

poche

incompiute, e le incompiute

super-ficiali, per

non

dire inesatte. Que’ Vescovi,

quantunque

piissimi, per le deplorevoli circostanze del

tempo, non ebbero modo

ed agio di rintracciar le

memorie

opportu-ne, e di piantar su di esse i loro ordini e decreti.

4. E qui

parmi

acconcio di

raccomandare, anche

a co-sto di apparir presontuoso, che gli Archivi pubblici e

93

privati sian gelosamente custoditi, ordinati e

provvedu-ti di pazienti e coscienziosi Archivisti, i quali conver-rebbe che si facessero alcuni allievi e successori ,

affin-chè la tradizione delle notizie non fosse mai

bruscamen-te interi'otta ed alterata. Gli Archivi pubblici e privati so-no i fedeli depositari de’ diritti e de’ doveri degli uo-mini, le fonti delle notizie, e perciò la sorgente delle storie delle città, de’ regni, delle nazioni, e delle chie-se.

Ho

pochissima esperienza,

eppure

per questa poca esperienza mi sono dovuto convincere, che colla cono-scenza esatta degli Archivi si eviterebbero infinite

que-stioni, molte che si

perdono

si vincerebbero, i diritti re-ciproci sarebbero rispettati, mantenuti i doveri, si evi-terebbero le sorprese e i dispiaceri, che si destano al-la produzione di un

documento

inaspettato: le cose

uma-ne

insomma

procederebbero assai meglio. Io sono

pie-namente

convinto che se si fossero

sempre

osservate le disposizioni sugli Archivi fatte da Papa Benedetto XIII e dal nostro

Vescovo

Fonseca, si sarebbero

sempre

con chiarezza conosciuti il testamento del Corradi, l’ istromen-to del Giorgini, e l’altro del Giattini ; e nel corso or-mai di un secolo, da che

cadde

ruinata la chiesa di S.

Settimio, si sarebbe trovata l’opportunità di ricostruirla;

ed ora sarebbe in piedi ed officiata,

come

ne’ 59 anni successivi alla sua fondazione: invece la chiesa

non

fu ricostrutta, era quasi interamente perduta la

memoria

di essa; quel luogo da

50

a

60

anni

non

ha più culto di sorta ; e il fondo destinato alla manutenzione, e ricostru-zione di quel sacro edficio fu assorbito, or è 12 anni, dal-la voragine rivoluzionaria, che infesta la patria nostra.

94

CAPO XII.

Del

pozzetto

di S. Settimio

1.

Sua origine e conservazione. —

2.

Suo