• Non ci sono risultati.

2. GLI ANNI SESSANTA

2.2 Il centro-sinistra

I risultati delle elezioni del 1963 furono deludenti sia per la Democrazia Cristiana che per il Partito Socialista, mentre ottenne

119

A. Varsori, L’Italia nelle relazioni internazionali.., op. cit., p. 149

120 Vedi par 1.3 121

S. Romano, Guida alla politica estera.., op. cit., p. 104

122

Sulla crisi di Cuba si veda: E. Di Nolfo, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici. La

politica internazionale del XX secolo, Editori Laterza, Bari 2003, p. 285-289

123

un buon risultato il Partito Comunista che raggiunse il 25%124.

Moro tentò di formare un governo, ma senza risultati. Nacque così il primo “governo balneare” della storia repubblicana, consistente in un monocolore DC affidato alla guida di Giovanni Leone.

Il 4 dicembre 1963 venne formato il “primo governo di centro-sinistra organico”125, cioè con la partecipazione diretta dei

socialisti. La guida dell’esecutivo fu affidata ad Aldo Moro, già segretario politico della DC, e Giuseppe Saragat fu nominato ministro degli Esteri. Poche settimane prima era stato assassinato a Dallas Kennedy: il suo vice Johnson, che subentrò al suo posto, prestò meno attenzione alla situazione italiana. Il primo contatto del governo con il Medio Oriente fu rappresentato dalla visita del ministro degli Esteri israeliano Golda Meir nel febbraio 1964126. Il

viaggio, che prevedeva tappe a Roma e Parigi, doveva servire ad accelerare i negoziati tra la CEE e Israele per stabilire speciali rapporti commerciali127. La Farnesina non era favorevole alla

posizione di Tel Aviv e non solo per motivi politici: si temeva una pericolosa concorrenza alle esportazioni italiane, soprattutto in campo agricolo. Il ministero degli Esteri proponeva una politica di basso profilo e prudente per non turbare il complesso della situazione mediorientale. Le relazioni economiche con i paesi arabi

124 A. Varsori, L’Italia nelle relazioni.., op. cit., p. 155 125

L. Riccardi, Il “problema Israele”. Diplomazia italiana e PCI di fronte allo Stato ebraico

(1948-1973), Edizioni Guerini, Milano 2006, P. 186

126

Ivi, p. 187

127

erano troppo importanti per essere messe in discussione128. Il

colloquio tra Golda Meir e Moro si mantenne infatti sul vago e non venne neanche avanzata nessuna richiesta nel campo dei rapporti economici da parte israeliana. Il 3 aprile Saragat si recò in visita in Egitto. Le maggiori differenze di opinioni tra il titolare della Farnesina e Nasser sorsero sulla politica da adottare nei confronti di Israele. In ogni caso il ministro ne trasse una interpretazione ottimista, riferendo a Moro di aver colto “un atteggiamento più moderato nei confronti di Israele”129. Questa interpretazione fu

fatta propria dal Presidente del Consiglio, che la espose al Primo Ministro britannico durante un colloquio il 19 aprile. Douglas Home fece presente di non essere d’accordo, anzi poneva l’accento sulla pericolosità di Nasser e di un eventuale espansionismo egiziano. Moro tornò sui suoi passi e disse che il governo era comunque consapevole della pericolosità della situazione130.

In questo periodo diventarono molto stretti i rapporti tra Tel Aviv e Washington, con la visita negli Stati Uniti del nuovo premier israeliano Levi Eshkol nel giugno del 1964. L’amministrazione Johnson, però, non voleva fornire pretesti all’URSS per penetrare ulteriormente in Medio Oriente, e per questo motivo, fu messo a punto un piano per rifornire militarmente Israele, ma senza che gli

128

Per comprendere meglio la posizione dei paesi arabi al riguardo è esaustivo il comunicato finale della conferenza dei capi di Stato arabi tenutasi al Cairo nel Gennaio 1964: “Gli arabi, nel loro giusto atteggiamento difensivo, organizzano le loro relazioni politiche ed economiche con gli altri stati in funzione della loro presa di posizione nella lotta legittima degli arabi contro le ambizioni sioniste nel mondo arabo”. L. Riccardi, Il “problema Israele”.., op. cit. p. 190

129

Ivi, p. 193

130

USA figurassero: i rifornimenti sarebbero passati per altri paesi, tra cui l’Italia. Al riguardo il viceministro alla Difesa Shimon Peres sottolineò la necessità di mantenere l’operazione assolutamente riservata, richiedendo che solo tre persone conoscessero la destinazione ultima dei tank: il ministro della Difesa Giulio Andreotti, il capo e il vice capo dei servizi segreti131. Andreotti

acconsentì, chiedendo che 15-20 tank rimanessero a disposizione dell’esercito italiano. Questo particolare dimostra come la diffidenza tra i due paesi fosse reciproca132.

Nell’agosto 1964 il Presidente della Repubblica Segni fu colpito da una grave infermità e successivamente si dimise. Nel dicembre venne eletto Giuseppe Saragat, il quale, “anche dopo essere stato eletto al Quirinale, si considerò garante della scelta occidentale dell’Italia”133. Al suo posto al ministero degli Esteri fece

ritorno Amintore Fanfani, che guidò la Farnesina dal marzo 1965 al maggio 1968, tranne che per una breve parentesi di due mesi134.

131

L. Riccardi, Il “problema Israele”.., op. cit., p. 194-195

132

Nel 1965 ci fu un altro episodio che confermava questo stato di cose. Italia e Israele avevano raggiunto un accordo, nel dicembre del 1964, per costruire un cavo telefonico per convogliare, attraverso l’Italia, le comunicazioni dello stato ebraico con l’Europa occidentale. Il ministro degli Esteri Fanfani, da poco tornato agli Esteri, iniziò a tergiversare per il timore di un boicottaggio arabo. Anche Moro finì per assumere una posizione simile. Ivi, p. 196

133

A. Varsori, L’Italia nelle relazioni internazionali.., op. cit., p. 163

134 Nel dicembre 1965 Giorgio La Pira, molto vicino a Fanfani, rilasciò un’intervista a “Il

borghese”, settimanale di destra con simpatie neofasciste. Il contenuto dell’intervista fu esplosivo. L’ex sindaco di Firenze criticò Moro, i socialisti, gli americani e il segretario di Stato Rusk. Gli unici che meritano le sue lodi sono De Gaulle e Fanfani, il quale, secondo lui, era “appoggiato da tutti”, compresi comunisti e neofascisti del MSI. Ad aggravare la situazione fu la circostanza in cui fu concessa l’intervista: fu la moglie di Fanfani ad organizzare l’incontro che ebbe luogo nella loro casa. Fanfani si dimise il 28 dicembre e tornò alla Farnesina nel terzo governo Moro, varato nel febbraio 1966. Cfr. S. Romano, Guida alla politica estera.., op. cit., p. 120; http://www.fondazionefanfani.it/index.php?id=461

L’instabilità della situazione mediorientale preoccupava il governo italiano. In particolare si temeva “la possibilità dello scoppio di un conflitto causato dal riarmo eccessivo di una delle due parti in causa”135. Era ben percepibile “uno slittamento verso la

belligeranza”136: nel 1964 era nata l’Organizzazione per la

Liberazione della Palestina con l’obiettivo statutario di cancellare l’”entità sionista”137. Nel 1965 iniziarono le prime operazioni militari

della principale componente dell’OLP, Al-Fatah, che era armato, consigliato e addestrato dallo Stato Maggiore siriano138. Moro

affrontò la questione dello squilibrio delle forniture di armamenti in una serie di colloqui con i rappresentanti di Francia e Stati Uniti. Secondo la Farnesina bisognava tutelare l’equilibrio tra Israele e paesi arabi, e quello tra gli stessi paesi arabi: “Gli stati arabi filo- sovietici non dovevano essere militarmente più efficienti di quelli amici dell’Occidente”139.