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La città e le sue fabbriche nel “biennio rosso”

come centro motore del lavoro di fabbrica e della concentrazione d’impresa a vantaggio della sua area, o almeno di una sua parte.

Firenze città, che nel 1951 assommava su di sé il 46% di tutti gli addetti industriali della provincia (comprensiva di Prato all’epoca), nel 1961 era già scesa al 42% e nel 1971 era ormai solo al 30%, a tut-to vantaggio dell’area fiorentina il cui peso relativo – senza Firenze – nello stesso periodo raddoppiava da circa il 10% fra 1951 e 1961 fino al 19% del 1971. Tutta l’area fiorentina, compreso il capoluogo, quindi pesava sulla provincia industriale per un 56% nel 1951, per un 52% nel 1961, ancora per un 49% nel 197151. Dagli anni ’70-‘80 i metalmeccanici si sarebbero concentrati sempre più nella piana, a Calenzano, Campi e Scandicci, diventando residuali a Firenze52.

competitivi verso la grande città e le sue grandi fabbriche, ormai mature con i loro stili conflittuali. La complessa e stratificata ri-articolazione che abbiamo visto realizzarsi nel passaggio fra gli anni ’60 e ’70 (rapida industrializzazione della cintura, rafforza-mento terziario del capoluogo che nel contempo vede deperire quelle porzioni del suo territorio comunale che – a ovest – erano le più vocate industrialmente, tendenza poi acceleratasi nel decen-nio successivo anche nell’area) ci dice forse qualcosa sulla rimo-zione della memoria e sulla scarsa considerarimo-zione con cui il 1969 cittadino è visto e sulla marginalità che la questione industriale conserva, per molti versi, anche nel dibattito attuale sull’area me-tropolitana. Del resto, fra 1971 e 2001, gli addetti alla sola industria manifatturiera di Firenze città caleranno ancora di quasi il 55%

(mentre nell’area fiorentina solo del 26%, ma a Bagno a Ripoli, Campi, Scandicci e Sesto i saldi saranno ancora variamente positi-vi nello stesso periodo). Se si considera la cintura fiorentina senza il capoluogo, infatti gli addetti alla sola industria manifatturiera fra 1971 e 2001 cresceranno ancora del 16%; il peso di Firenze città sul totale d’area degli addetti manifatturieri scenderà infatti nello stesso periodo dal 60% del 1971 al 37% del 200153.

Tutto questo, di nuovo, non basta però a spiegare, da solo, la disattenzione da cui siamo partiti. C’è anche forse qualcosa di intrinseco al “secondo biennio rosso” cittadino. Non è mia in-tenzione ripercorrere le vicende dell’Autunno caldo fiorentino (per altro in parte già studiate) e del ciclo di lotte apertosi fra 1968 e 1972 e chiuso con la svolta contrattuale del 1973-74 che legittimava e istituzionalizzava il movimento del “sindacato dei consigli”54. A causa dell’emergenza per il Covid-19 non è stato infatti possibile operare le eventuali necessarie ulteriori verifi-che negli archivi della Fiom e della Camera del lavoro fiorentine,

53.  F. Paolini, Firenze, 1946-2005, cit., p. 278.

54.  Su cui mi permetto di rimandare a Pietro Causarano (a cura di), Una concreta utopia. La costruzione sociale del lavoro fra conflitto industriale e contrattazione sindacale, 1968-1974, in “Italia contemporanea”, 2015, 278.

conservati presso il centro di Documentazione della Cgil regio-nale toscana, al momento ancora chiuso al pubblico (estate 2020).

Mi limiterò quindi a tratteggiare alcune grandi linee interpreta-tive senza andare oltre a quanto già conosciuto e dissodato55. Ma qualcosa va comunque detto.

Come in molte altre parti d’Italia il 1969 fiorentino iniziò in realtà nel 1968 e non coinvolse immediatamente le principali aziende in-dustriali della città, ma fluì attraverso fabbriche più piccole e meno significative, meno tutelate e integrate, mostrando da una parte la grande articolazione strutturale e merceologica dell’area e dall’al-tra il diffuso, profondo e pesante disagio del lavoro manuale alla fine della fase ascendente del “miracolo economico”56. All’inizio del 1968 siamo di fronte a vertenze legate a crisi o conflitti aziendali più o meno gravi, spesso legati all’affermazione o tutela dei diritti sin-dacali, ben distribuiti nel territorio cittadino e dell’area, accompa-gnati da manifestazioni e scioperi di crescente intensità e ricorrenza che investono i settori e le imprese più disparati e poi anche la città:

Officine Grafiche, vetreria Quentin (gruppo Saint-Gobain), Aba (ar-redamenti), ditte appaltatrici dell’Enel, Gover (gomma)57, Capan-nuccia (piastrelle, laterizi) a Grassina, Arsol (mangimi), Bellini e Flo-rence (confezioni), Veraci (macchine olearie), Pucci (abbigliamento).

55.  Oltre alla letteratura già richiamata, sono stati utilizzati come riferimen-ti cronologici Fabio Berriferimen-tini, La Camera del Lavoro di Firenze: cronologia del secondo dopoguerra (1944-1969), in Z. Ciuffoletti, M.G. Rossi, A. Varni (a cura di), La Came-ra del Lavoro di Firenze, cit., pp. 392-402, e Toni Fibbi, CameCame-ra del Lavoro e movimento sindacale a Firenze: cronologia 1970-2000, a cura di Associazione Biondi Bartolini, mimeo, inedito. Queste informazioni sono state confrontate con la pagina locale fiorentina de “L’Unità”: https://archivio.unita.news/.

56.  In generale: Giuseppe Maione, L’autunno operaio, Roma, manifestolibri, 2019.

57.  Lo scontro alla Gover, particolarmente duro per tutto l’anno anche per la minaccia di 130 esuberi allo stabilimento di Rufina a maggio, porterà fra l’altro al licenziamento per rappresaglia politica del prete-operaio don Bruno Borghi alla fine del 1968; «L’Unità», pagina locale, 24 maggio 1968; p. 2 e pagina locale, 10 novembre 1968. Su questa figura, Don Borghi nella germinazione fiorentina, a cura di Renzo Fanfani, in “Preti operai”, 2007, 72-73 (supplemento al n. 120 di

“Qualevita”).

Le vertenze crebbero ancora dalla primavera-estate: Italcementi, il cementificio Marchino a Settimello, Superpila (batterie elettriche) a Scandicci, Siette (impianti elettrici), Alfa-Columbus (gomma) a La-stra a Signa58, Fila (grafica) al Gignoro, Scac (cemento), F.lli Franchi (tessile) a Varlungo, Luisa (confezioni)59, Koerner (chimica), Etru-ria (chimica) a Compiobbi, Menarini (farmaceutica), Saivo (ottica, vetreria), IdealStandard (arredamento, sanitari), Principe (abbiglia-mento)60. Alcune lotte del 1968, figlie delle prime prove della con-trattazione articolata ottenuta dal 1966, investirono l’organizzazio-ne del lavoro e la rappresentanza come al calzaturificio Rangoni fra febbraio e marzo e alla Manetti & Roberts (cosmetici, saponi) che riuscì a strappare un accordo a giugno61.

Solo fra aprile e i primi di maggio 1968 entrarono in campo le grandi fabbriche metalmeccaniche, prima avvisaglia del ruolo che il settore svolgerà in quegli anni: lo stabilimento Fiat nell’ambito della contrattazione di gruppo su orari, cottimi e paghe “di piazza”, e il Nuovo Pignone (impiantistica del gruppo Eni) nell’ambito delle trattative sui cottimi62. A luglio le Officine Galileo (meccanica tessile, meccanica di precisione, ottica militare) scioperarono per le retribu-zioni, poi la Stice (elettrodomestici) di fronte all’assorbimento nel gruppo Zanussi dopo il duro colpo dell’alluvione63, mentre alla Su-perpila venne firmato un accordo su salari e relazioni sindacali64. A settembre la Pasquali (macchine agricole) di Calenzano si mobilitò 58.  A fine giugno i lavoratori delle Signe scioperarono in solidarietà con la Columbus.

59.  “L’Unità”, pagina locale, 19 settembre 1968.

60.  Luigi Nono a giugno dirige un concerto gratuito di solidarietà con le lotte operaie al Teatro comunale; “L’Unità”, pagina locale, 13 giugno 1968.

61.  Nelle vertenze Superpila e Manetti & Roberts vengono sperimentate forme di lotta flessibile, meno onerose per i lavoratori; “L’Unità”, pagina locale, 13 e 21 giugno 1968.

62.  “L’Unità”, pagina locale, 1 e 5 maggio 1968; 11 maggio 1968, p. 4.

63.  Sul rapido inserimento in una logica aziendale pienamente fordista, cfr.

L. Falossi, G. Silei, “Qui STICE libera”, cit., pp. 35-42.

64.  “L’Unità”, 12 luglio 1968, p. 4.

per cottimi e diritti sindacali, ottenendo un accordo alla fine dell’an-no dopo una durissima vertenza65. Nell’estate-autunno entrarono in agitazione pure i servizi pubblici (dagli autotrasporti locali con l’Ataf ai dipendenti del Teatro comunale, in precedenza l’Enel, in autunno gli ospedalieri del Cto). In autunno alcune dure vertenze aziendali, in particolare quelle della Pasquali (rottura delle tratta-tive) e della Targetti (illuminazione per interni e esterni, oggetto di una serrata padronale), portarono a una grande manifestazione operaia di solidarietà, con comizio finale nel piazzale degli Uffizi66.

Contemporaneamente, già nel 1968, si sviluppò l’azione sin-dacale, confederale e federale, sempre più caratterizzata da ini-ziative unitarie che andavano dalla graduale convergenza nella lotta per la riforma delle pensioni a quella contro le “gabbie sa-lariali”, nonché dalle lunghe vertenze di categorie che per tutto il dopoguerra erano state al centro di dure battaglie sindacali (braccianti, mezzadri, edili)67 e dai primi tentativi di intervenire sulle questioni dell’edilizia popolare degli affitti e dei servizi68. Inoltre, già fra febbraio e marzo 1968, ci furono i primi contatti fra le commissioni interne cittadine e gli studenti del movimen-to che poi proseguiranno – seppur tra crescenti incomprensioni reciproche – nei mesi successivi ampliando le tematiche, che an-davano dal movimento per la pace all’attenzione al “maggio”

parigino, dalle questioni legate alla scuola e all’università al so-stegno studentesco alle lotte operaie in città69.

65.  “L’Unità”, pagina locale, 26 settembre 1968.

66.  “L’Unità”, pagina locale, 22, 23 e 25 ottobre 1968.

67.  Due casi di studio specifici (Pistoia e Livorno) ci danno però anche conto delle prospettive generali e delle diverse complessità rispetto al conflit-to industriale dominante: Stefano Barconflit-tolini, La mezzadria nel Novecenconflit-to. Sconflit-toria del movimento mezzadrile tra lavoro e organizzazione, Pistoia, FVL, 2015; Stefano Gallo, Costruire insieme. La bilateralità nelle costruzioni a Livorno: storia dell’Ente Livornese Cassa Edile (1962-2012), Pisa, ETS, 2012.

68.  F. Taddei, L’unità sindacale nelle lotte, cit., pp. 232-265.

69.  L. Baldini, Il “68” fiorentino, cit., pp. 3-19; cfr. anche Adriana Dadà. L’e-mergere di nuovi soggetti sociali: studenti, giovani, donne, in Z. Ciuffoletti, M.G.

Ros-Il 1969 si aprì con una delle più dure vertenze che, di nuovo, mostrò la varietà del tessuto industriale fiorentino: quella con il gruppo Montedison per la Vittadello (abbigliamento), la cui mano d’opera sia nello stabilimento di produzione sia nei negozi era in gran parte femminile. All’inizio dell’anno la Montedison (che aveva acquisito nei mesi precedenti l’azienda attraverso la sua controllata Chatillon) decise unilateralmente di intervenire sul diritto d’assemblea, sui minimi contrattuali delle neo-assun-te e sulle parti variabili del salario, comprimendo gli incentivi e l’indennità di mensa. La lotta sarà durissima (210 ore di sciopero, 20 giorni di occupazione), vedrà protagoniste le donne, susciterà l’appoggio solidale della città e non solo della sua classe opera-ia, coinvolgerà studenti e reticolo associativo anche con manife-stazioni simboliche, risulterà alla fine in primavera vittoriosa70. Sempre nella primavera 1969 si mobilitarono di nuovo le mae-stranze femminili della Manetti & Roberts, con un scontro duro a maggio, serrata e sciopero unitario di tre giorni. Contempora-neamente altre tensioni e scioperi si ebbero all’azienda del gas, al calzaturificio Rangoni, all’Imperial (confezioni).

Nella primavera 1969 i metalmeccanici delle grandi impre-se fiorentine arrivano definitivamente e in maniera continuativa al centro della scena. Decollò allora la vertenza di gruppo alla Zanussi, che avrebbe portato a un accordo a giugno su aumenti salariali eguali per tutti e revisione dei cottimi attraverso la nuo-va figura dei “delegati di cottimo”. Nello stabilimento di Firenze della Stice si verificò una spaccatura generazionale, che avrebbe portato alla fine dell’anno a un ricambio, fra i giovani presen-ti nella sezione sindacale Fiom, che puntavano ad allargare la conflittualità senza attendere il rinnovo contrattuale nazionale, come ipotizzato invece dai vecchi della commissione interna.

Questo passaggio avrebbe portato nel 1970 a una delle

verten-si, A. Varni (a cura di), La Camera del Lavoro di Firenze, cit., pp. 269-319.

70.  Felice Bifulco, La forza delle donne, 1970-2014, Firenze, Cgil Firenze, 2015, pp. 13-17.

ze pionieristiche sugli ambienti di lavoro, attorno alla questione dei poliuretani (e subito dopo dell’organizzazione produttiva), gestita con originali strumenti di indagine e coinvolgimento dei lavoratori che richiamavano il “modello sindacale di prevenzio-ne” in via di definizione a Torino71. Questa esperienza interna alla fabbrica venne preceduta – già nel 1968 – dalla questione ambientale esplosa a Compiobbi di fronte alla ristrutturazione della fabbrica chimica Etruria (fertilizzanti sintetici), in cui era stata coinvolta la comunità dei residenti insieme ai lavoratori, portando i sindacati a perorare la causa della delocalizzazione dello stabilimento in modo da contemperare diritto al lavoro e diritto alla salute72.

Negli stessi mesi al Nuovo Pignone, una della fabbriche stori-che di Firenze, fin da febbraio 1969 montò un conflitto durissimo che, partendo dal mancato rispetto dell’accordo sui cottimi del 1968, investì poi i diritti sindacali, il diritto d’assemblea, i delega-ti di reparto, premessa per l’affermazione del modello consiliare all’inizio del 197073. Anche al Pignone la questione della salute en-trò in gioco precocemente, in primo luogo per via della fonderia, già a giugno74. Sempre nel 1969 alla Fiat di Firenze, sulla scorta dell’esperienza torinese, la questione della salute, della sicurezza e della prevenzione divenne centrale75. Le Officine Galileo,

impela-71.  Nel 1970 si avrà la definitiva istituzionalizzazione del comitato sui cot-timi con delegati di linea, base del consiglio di fabbrica; L. Falossi, G. Silei, “Qui STICE libera”, cit., pp. 43-56. Sul modello sindacale, Elena Davigo, Il movimento italiano per la tutela della salute negli ambienti di lavoro (1961-1978), tesi di dottorato di ricerca in Studi storici, Università di Firenze-Università di Siena, 2017.

72.  Il 19 novembre l’Etruria fu pure occupata dai lavoratori per contrastare l’ipotesi di licenziamenti; “L’Unità”, pagina locale, 27 settembre, 2 ottobre, 20, 27 e 29 novembre 1968.

73.  P. Causarano, La professionalità contesa, cit., pp. 156-161.

74.  Id., “Lavorare fa male alla salute”. Organizzazione del lavoro e salute nella contrattazione aziendale al Nuovo Pignone di Firenze (1969-1972), in “Rassegna di Medicina dei lavoratori”, 1995, 28, 38, pp. 106-116, e 39, pp. 101-111.

75.  Id., Verso una nuova costruzione sociale del lavoro a Firenze: Nuovo Pignone e FIAT fra anni Sessanta e Settanta, in L. Falossi (a cura di), Metalmeccanici fiorentini, cit., p. 153.

gate in ricorrenti crisi aziendali di prospettiva, nello spostamento dal settore civile al militare e in una ricorrente instabilità proprie-taria, restarono più defilate, accontentandosi spesso di concentrar-si sugli aspetti salariali, su orari e condizioni di lavoro76.

In provincia di Firenze, nel 1968 oltre 34 mila lavoratori furo-no coinvolti nelle vertenze contrattuali aziendali o di gruppo e nei conflitti, ma oltre il doppio avrebbe scioperato nel 1969. L’au-tunno del 1969 – durante le generalizzate lotte sempre più unita-rie per il rinnovo dei contratti – fu particolarmente caldo anche a Firenze, come mostrano i numeri dei denunciati alla magistra-tura e gli interventi repressivi delle forze dell’ordine, soprattutto per picchettaggi77.