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impianto tecnico che le mantenga costanti. Risulta che in caso di edifici senza impianto, in cui le percezioni di benessere degli occupanti diventano più flessibili, il metodo di Fanger non risulti attendibile, in quanto poco sensibile ai fattori di adattamento comportamentale o psicologico che influenzano la sensibilità dei soggetti nella definizione del proprio benessere termico nell’ambiente.

Ciò è ben visibile nei grafici qui riportati, in cui la temperatura interna ottimale, pronosticata attraverso il modello di Fanger e poi registrata tramite sondaggio, è rapportata alla temperatura esterna.

Nel primo caso, in cui l’edificio è climatizzato, il modello basato sul PMV (la linea continua) prevede in modo preciso le aspettative degli utenti, le condizioni di benessere ipotizzate coincidono con

quelle rilevate in sito (linea a quadretti).Nel secondo caso invece, le aspettative degli utenti sono più flessibili e i limiti delle condizioni di benessere si estendono oltre quelli definiti dal PMV.

(fonte delle tabelle: Prestazioni estive degli edifici, Guide ANIT, volume 5)

Comfort adattivo

Il modello di comfort adattivo, a differenza di quello di Fanger, considera l’occupante come soggetto attivo, in grado di interagire con l’ambiente in cui si trova per raggiungere la sensazione di benessere.

Il metodo di valutazione del comfort adattivo si basa sull’individuazione di una temperatura di comfort legata alle condizioni climatiche esterne e di un intervallo di temperature accettabili tra tale valore di comfort e quelli rilevati nell’ambiente non climatizzato.

Questa relazione viene definita secondo la norma europea UNI EN 15251:2008 attraverso la formula:

θ

co = a+(

θ

out * b)

Dove:

θco: temperatura interna di comfort;

θout: temperatura esterna;

a: costante che rappresenta la temperatura minima accettabile = 18,8°C b: costante che rappresenta la correlazione tra θco e θout = 0,33

L’intervallo di accettabilità delle condizioni interne invece è suddiviso in tre categorie diverse a seconda della variazione di temperatura rispetto a quella di comfort:

• categoria I:

Δθ

co = ± 2°C

• categoria II:

Δθ

co = ± 3°C

• categoria III:

Δθ

co = ± 4°C

L’analisi del comfort termico all’interno degli ambienti dell’edificio quindi si pone come un passaggio importante nella scelta degli interventi da realizzare. Questo procedimento è articolato seguendo i passaggi già esposti nello schema generale del metodo:

• Individuazione e ricostruzione delle stratigrafie esistenti dello stato di fatto.

• Costruzione di un modello energetico attraverso un software di diagnosi energetica che permetta il calcolo dinamico orario (ad esempio il software Termolog).

• Determinazione delle temperature operanti medie interne all’interno degli ambienti, attraverso una simulazione dinamica in grado di ricavare la distribuzione ora per ora della temperatura operante.

• Valutazione del comfort adattivo attraverso la temperatura operante: costruzione di un grafico che visualizzi la fascia di comfort all’interno della quale i risultati devono cadere per poter verificare la condizione di benessere.

La natura del grafico e la visualizzazione dei risultati varia a seconda degli obiettivi prefissati. Infatti se la necessità è quella di individuare a colpo d’occhio le ore di comfort all’interno di un’unica giornata, il grafico metterà in relazione tra loro la temperatura operante interna e le temperature esterne. La condizione di benessere è verificata se il risultato cade all’interno della fascia definita dall’equazione:

θ

co = 18,8+(

θ

out * 0,33)

rientrano all’interno dell’area di comfort, ciò significa quindi che per diverse ore nell’arco della giornata in periodo estivo gli utenti proveranno sensazioni di discomfort all’interno dell’ambiente.

Se invece l’obiettivo è quello di capire in che momenti della giornata si verificano le condizioni di discomfort (figura 2), il grafico dovrà mettere in relazione la temperatura operante e il periodo di tempo

Figura 1

Figura 2

meccanicamente (in presenza di impianto) il comfort viene valutato attraverso il modello di Fanger. Questa valutazione deve essere fatta quindi negli scenari che prevedano un uso anche invernale dell’edificio.

• Una volta determinato il discomfort dell’ambiente sarà utile effettuare, attraverso il software per la diagnosi energetica, il calcolo degli scambi termici dell’involucro, al fine di determinare quali saranno gli elementi del sistema edilizio più disperdenti (nel caso invernale) e quali quelli che invece subiranno di più le rientrate di calore per trasmissione (nel caso estivo).

Queste saranno quindi le parti sulle quali sarà necessario intervenire per la risoluzione più efficiente delle problematiche riscontrate.

• Una volta determinate le parti dell’edificio sulle quali è necessario intervenire e a seconda di quanto le condizioni verificate nell’analisi precedente si discostano da quelle di comfort (visibili sul grafico attraverso il discostamento dei punti individuati rispetto alla fascia di comfort adattivo) si potranno successivamente fare delle ipotesi di interventi per la risoluzione delle problematiche.

• Il procedimento viene ripetuto per ogni intervento ipotizzato fino a quando tutti i punti individuati si troveranno all’interno della fascia di comfort adattivo, garantendo quindi il comfort termico degli ambienti in ogni ora della giornata.

Nel valutare il comfort termico degli edifici, occorre quindi scegliere se usare:

• Il modello che tiene conto della capacità degli occupanti degli edifici di adattarsi al clima prevalente (modello di comfort adattivo),

• Il modello di comfort originariamente proposto da Fanger o modello del Predicted Mean Vote (PMV).

La scelta deve essere fatta a seconda degli scenari d’uso che vengono considerati (confronta paragrafo 3.3.2), dal momento che i due modelli sono applicabili in diverse condizioni:

• Se l’edificio non ha nessun tipo di impianto di climatizzazione, in presenza di ventilazione naturale, il modello che meglio descriverà il comfort interno è quello del comfort adattivo.

Questa valutazione risulterà più opportuna negli scenari d’uso esclusivamente estivo.

• Nel caso in cui si faccia una valutazione in un ambiente condizionato

ART. 2.3.3.2 Indirizzi per le componenti idrologiche

(rif. art. 43 NTA PPTR)

1. Gli interventi che interessano le componenti idrologiche devono tendere a:

a. coniugare il miglioramento della qualità chimico-fisica e biologica delle risorse idriche, l’equilibrio idraulico e il pareggio del bilancio idrologico regionale con il miglioramento della qualità ecologica e paesaggistica dei paesaggi dell’acqua;

b. salvaguardare i caratteri identitari e le unicità dei paesaggi dell’acqua locali al fine di contrastare la tendenza alla loro cancellazione, omologazione e banalizzazione;

c. limitare e ridurre le trasformazioni e l’artificializzazione della fascia costiera, delle sponde dei laghi e del reticolo idrografico; migliorare le condizioni idrauliche nel rispetto del naturale deflusso delle acque e assicurando il deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua;

d. conservare e incrementare gli elementi di naturalità delle componenti idrologiche riducendo i processi di frammentazione degli habitat e degli ecosistemi costieri e fluviali, promuovendo l’inclusione degli tessi in un sistema di corridoi di connessione ecologica;

e. garantire l’accessibilità e la fruibilità delle componenti idrologiche (costa, laghi, elementi del reticolo idrografico) anche attraverso interventi di promozione della mobilità dolce (ciclo-pedonale etc.).

2. I caratteri storico-identitari delle componenti idrologiche come le aree costiere di maggior pregio naturalistico, i paesaggi rurali costieri storici, i paesaggi fluviali del carsismo, devono essere salvaguardati e valorizzati.

3. Gli insediamenti costieri a prevalente specializzazione turistico-balneare devono essere riqualificati, migliorandone la qualità ecologica, paesaggistica, urbana e architettonica al fine di migliorare la qualità dell’offerta ricettiva e degli spazi e servizi per il turismo e per il tempo libero.