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Complessità delle dinamiche di interazione organizzativa

7 Conclusioni

7.1 Complessità delle dinamiche di interazione organizzativa

alcuni aspetti di progettazione organizzativa. Innanzitutto la struttura assunta dal dipartimento ministeriale e dagli organi presenti al suo interno é centrale per l’impatto che essa ha sull’autonomia effettiva dell’agenzia e sulle relazioni fra questa ed eventuali altre agenzie.

Limitando l’analisi al primo livello sono possibili diverse strutture relazionali: da un lato soluzioni che vedono il dipartimento come vertice quasi gerarchico di un insieme di agenzie omogenee non in relazione fra loro. Dall’altro, soluzioni organizzative che pongono il ministero al centro di una rete di relazioni fra agenzie operative, agenzie di servizio e vertice politico in una sorta di ragnatela. Il modo in cui il dipartimento ministeriale interpreta il ruolo ad esso affidato nell’ambito del modello è molto importante: l’organizzazione ministeriale tende progressivamente a ridurre le sue dimensioni a fronte dell’esternalizzazione delle attività affidate all’agenzie ma contemporaneamente possono restare affidate ad essa altre attività che richiedono comunque il mantenimento di una certa capacità amministrativa, si pensi in particolare alla dimensione territoriale e alla necessità di mantenere sedi periferiche con i costi che questo può determinare.

Nella scelta di procedere alla creazione di agenzie risulta centrale la valutazione di quali caratteristiche debba assumere l’organizzazione ministeriale per così dire residua al processo di separazione. Il rischio che questa, mantenendo molti dei tratti precedenti alla riforma, non riesca a modificare il suo modo di operare e non assuma quel ruolo di vigilanza, negoziazione e supervisione che le è richiesto, è molto alto. La situazione ideale vede un dipartimento snello, svolgente esclusivamente funzioni di staff per il ministro e attività di monitoraggio, non coinvolto in attività di tipo operativo e impegnato ad operare quale fonte di coordinamento con gli altri dipartimenti e la complessiva struttura dell’esecutivo (Talbot, 2004).

E’ inevitabile che fra dipartimento ed agenzie si venga a determinare una forte interdipendenza funzionale e ciò anche per la complementarietà dei ruoli: l’agenzia non è un soggetto indipendente e necessità dell’intervento del dipartimento per inquadrare la sua azione.

Laddove non fosse possibile realizzare una struttura di questo tipo, risulterebbe opportuno procedere ad una riconfigurazione dell’intera organizzazione ministeriale, al fine di ricondurre l’insieme delle agenzie ad uno o più dipartimenti coerenti al modello, magari anche a discapito dell’omogeneità nell’attività svolta dalle stesse. Ciò rafforzerebbe indubbiamente la percezione del modello senza peraltro produrre maggiore complessità di quanto accadrebbe se le agenzie fossero afferenti ciascuna ad un dipartimento di ampie dimensioni e potenzialmente in grado di reintegrarsi verticalmente alla prima occasione favorevole.

I rapporti tra ministero ed agenzia sono influenzati peraltro anche dalla presenza di altre agenzie, poiché tale condizione normalizza questo tipo di relazione all’interno del ministero e consente di evitare l’attribuzione di caratteri di eccezionalità che possono giustificare

un’interpretazione particolaristica e quindi una deviazione dalle componenti indicate. Importante per la diffusione del modello non è solo che la sua introduzione trovi ampia portata ma anche che rimanga operativo un numero consistente di agenzie nell’ambito di diversi ministeri: in tal modo si evita l’associazione di questa soluzione organizzativa esclusivamente ad un determinato insieme di attività e soprattutto si ottiene una varietà di esperienze in grado di rendere maggiormente prevedibile l’efficacia che il ricorso allo stesso può produrre in nuove aree. Il numero di agenzie e la loro diffusione in aree diverse influenzerebbero dunque l’ulteriore ricorso allo stesso (Greve, 2002).

Chiaramente non ci sono solo vantaggi legati alla crescita del numero delle agenzie, tale fenomeno può determinare anche dei problemi (Bardach, 1998). Innanzitutto tanto più vasto è l’ambito di applicazione, in termini di eterogeneità di funzioni svolte, tanto più il modello va incontro ad un processo di differenziazione delle dimensioni, degli stili di management, delle modalità di trattamento del pubblico impiego, delle pratiche negoziali che lo contraddistinguono.

C’è la possibilità che questo processo generi una certa confusione e che si continui a parlare di agenzie come di un fenomeno omogeneo anche quando ormai, impostato il sistema, i tratti sono tanto distinti da richiedere iniziative ed interventi specifici: se è vero che il modello è unico, non è altrettanto vero che le soluzioni organizzative devono essere le medesime in ogni caso, ciò che altrimenti si ottiene è un ritorno alla rigidità, il che è particolarmente probabile laddove sia prevalente una cultura burocratica che interpreta il modello in termini rigidi e procedurali.

Un altro problema di carattere organizzativo può essere legato alla presenza di un numero eccessivamente elevato di agenzie o di agenzie di grande dimensione poiché in tali situazioni può venirsi a configurare un cosiddetto effetto di budget balkanisation (Koppel, 2003). Si tratta di una situazione in cui la frammentazione delle risorse disponibili fra un certo numero di soggetti dotati di autonomia nell’impiego delle medesime produce una certa rigidità poiché le risorse negoziate non possono essere sottratte in corso di esercizio ed il trasferimento di risorse da un’area all’altra, come da un’agenzia all’altra, diventa difficoltoso. D’altra parte la predisposizione di fondi a garanzia di una maggiore flessibilità costituisce un costo/opportunità poiché c’è il rischio che essi non siano sufficienti o che al contrario restino inutilizzati. Tale problema è particolarmente evidente quando l’agenzia ha dimensioni tali da impegnare somme ingenti del bilancio pubblico. Rimanendo nell’ambito dei problemi che un numero elevato di agenzie potrebbe comportare, è possibile riflettere sull’effetto che tale dimensione può avere sul processo di definizione delle politiche pubbliche. Ferma restando la centralità della rilevanza politica nel determinare l’attenzione che la componente ministeriale attribuirà ad una determinata materia, resta la possibilità che la frammentazione delle competenze si accompagni

ad una distrazione rispetto a determinate aree di attività: laddove sussista una molteplicità di agenzie con le quali occorre definire ed instaurare operativamente un percorso informativo che renda il dipartimento ministeriale in grado di avere una perfetta conoscenza dell’attività svolta e soprattutto una costante disponibilità di dati aggiornati e veritieri, tale molteplicità produce complessità e ciò invariabilmente richiede risorse, finanziarie e gestionali.

Nelle prime fasi di applicazione del modello, quando ancora non sussiste un’esperienza rilevante in merito all’impiego pratico dello stesso in una determinata area di attività, così come laddove il modello sia ormai applicato da molto tempo, e quindi abbia trovato realizzazione un processo di routinizzazione, il rischio è che l’agenzia sviluppi dei propri interessi ed operi per indurre l’amministrazione ministeriale a definire politiche in linea con quest’ultimi. In questo caso l’agenzia definisce di fatto la politica pubblica e ciò ha maggiori probabilità di verificarsi quando la complessità è incrementata dalla molteplicità delle interazioni. Spetta al dipartimento sviluppare quelle competenze che lo rendano sensibile nel percepire, nella rete di relazioni istituzionali che la creazione di agenzie viene a determinare, deviazioni rispetto allo schema di relazione che deve contraddistinguere il rapporto tra agenzia e ministero, ovvero un rapporto fra principale ed agente (Longo, 2005).