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1. INTRODUZIONE

1.2 CABERNET CORTIS

1.2.3 CARATTERI AGRONOMICI

1.2.3.3 Parametri vegeto-produttivi

Il Cabernet Cortis presenta una vigoria simile al Pinot nero, con portamento assurgente dei tralci (www.vitifera.it). La resa per ettaro è costante e soddisfacente con valori indicativi di 11 t/Ha (tabella 1.8) con un sistema di allevamento a pergola (3.00 × 0.77 m) situato a Rovereto (220 m.s.l.m) e viti di 2-3 anni (Stefano Pedò et al. 2018). Il grappolo è mediamente spargolo e di medie dimensioni, con un peso mediamente poco superiore a 100 g (tabelle 1.9, 1.11) (Stefanini et al., 2017; Pedò et al., 2019; Gelmetti et al., 2019).

La resa e l’efficienza della pianta espressa dagli indici vegeto produttivi e dall’analisi Point quadrat (tabelle 1.9, 1.10), aldilà dei risvolti puramente economici, è un aspetto di notevole importanza nel contesto dello studio

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dei vitigni resistenti. Varietà caratterizzate da basse rese, da uno sviluppo vegeto produttivo squilibrato a favore del rigoglio vegetativo, e da composizione chimica del mosto squilibrata non sono compatibili con viticoltura sostenibile, perché richiedono un maggiore impegno di risorse, con le relative conseguenze in termini di iquinamento e impatto ambientale.

Tabella 1.9– Dati vegeto-produttivi (Pedò et al., 2019).

Tabella 1.10 – Point Quadrat Analysis (2017) del Cabernet Cortis con sistema di allevamento a pergola e sesto d’impianto 3,00x0,77m (Rovereto, 220 m.s.l.m) (Pedò et al., 2019).

Varietà Produzione media per ceppo

[kg]

Peso medio

grappolo [kg] Fertilità reale Peso del legno di potatura [kg]

Cabernet Cortis 2.0 0.10 2.0-2.5 0.3-0.4

Tabella 1.11 – Valori medi triennali (2015-2017) di alcuni parametri vegeto-produttivi del Cabernet Cortis (Navicello 200 m.s.l.m – Pergola) (Gelmetti et al., 2019).

35 1.2.3.4 Parametri chimico-compositivi dei mosti

In riferimento alla composizione chimica dei mosti, i risultati finora ottenuti sono promettenti. Coltivato in ambienti pedoclimatici idonei (come le zone di pianura e i fondovalle prealpini del nord Italia), i mosti del Cabernet Cortis sono contraddistinti da un tenore in zucchero medio e una buona acidità (tabelle 1.12, 1.13, 1.14, 1.15) (Gelmetti et al., 2019; Pedò et al., 2019; Stefanini et al., 2017; Pedri e Terleth, 2011);

Tabella 1.12– Dati compositivi del mosto e del vino di Cabernet Cortis (Caldaro loc. Lavardi - Bolzano) (Pedri e Terleth, 2011).

Tabella 1.13 – Dati vegeto-produttivi e compositivi del mosto di Cabernet Cortis (San Michele all’Adige – Trento. Guyot 2,00 x 0,80m) (Stefanini et al., 2017).

Varietà ° Brix pH Ac. Titolabile [g/] YAN [mg/l]

C. Cortis 22.5 3.14 6.20 63

Tabella 1.14 – Dati compositivi del mosto di Cabernet Cortis nel triennio 2015-2017 (Vallagarina –Rovereto 220 m.s.l.m – Pergola 3.00 x 0.77 m) (Pedò et al., 2019).

Varietà ° Brix Ac. tartarico

[g/l] pH Ac. malico

[g/l]

Ac. titolabile [g/l]

Potassio [g/l]

C. Cortis 20-25 8-9 3.0-3.1 1-2 7-8 1.0-1.5

Tabella 1.15 – Dati compositivi del mosto di Cabernet Cortis nel triennio 2015-2017 (Navicello e San Michele all’Adige – Trento. Pergola) (Gelmetti et al., 2019).

36 1.2.3.5 Aspetti nutrizionali

Relativamente agli aspetti nutrizionali la varietà non presenta particolari criticità. È stata segnalata, rispetto ad altre varietà resistenti, la tendenza ad una leggera clorosi ferrica, rilevabile visivamente dal colore verde pallido delle foglie e attribuibile al basso contenuto di azoto (N) e di ferro (Fe) e confermata dall’analisi chimica fogliare e dal basso valore dell’indice SPAD (Pedò et al., 2018).

1.2.4 VINIFICAZIONE

I mosti di Cabernet Cortis sono caratterizzati da un grado zuccherino medio-alto anche negli ambienti più freschi, una buona acidità e un elevato contenuto di tannini che fanno di questa varietà una valida alternativa ad un vino rosso da invecchiamento tipo Cabernet.

Lo studio del profilo dei metaboliti secondari mostra che il Cabernet Cortis è adatto alla produzione di vini rossi fruttati maturati utilizzando botti di legno o trucioli (De Rosso et al., 2020).

D’altro canto, ci sono ancora diverse criticità, attualmente oggetto di studio.

1. L’astringenza e l’amaro, dovuti all’elevato contenuto di tannini e le cui espressioni a livello sensoriale sono rafforzate dalla buona acidità.

2. L’acidità, non eccessiva, ma si mantiene su buoni valori, anche con l’elevato contenuto zuccherino. In particolare, emerge l’elevato contenuto di acido tartarico. Bisogna tenerne conto per quanto rigurda il momento della vendemmia e l’ambiente di coltivazione, considerando che la varietà, per le sue prestazioni agronomiche, si sta diffondendo negli ambienti di coltivazione a maggiore altitudine.

3. La presenza di malvidina-3,5-O-diglucoside a concentrazioni elevate. Attualmente costituisce un limite alla commercializzazione per motivi legislativi imposti dall’OIV negli stati aderenti. L’OIV nell’International Code of Enological Practices impone un limite di 20 mg/L di malvidina diglucoside nel vino (www.agricolae.eu, 2022) e di 15 mg/L nei vini a denominazione di origine (www.oiv.int, 2022; Scienza, 2022; Ruocco et al., 2022;

www.agricolae.eu, 2022). In Italia i vini con una concentrazione di malvidina-3,5-O-diglucoside superiore a questo limite non possono essere commerciati perché considerati derivanti dagli Ibridi Produttori Diretti. In altri Paesi europei come la Francia e la Svizzera, in cui sono coltivati e registrati nei rispettivi cataloghi nazionali alcuni IPD (es. Bacò 1, Oberlin…) questo valore limita l’inserimento dei vitigni resistenti nei disciplinari delle denominazioni di origine.

“Con 3.500 - 3.700 mg/L di fenoli totali, la quantità di tannino può essere paragonata ad un “Tannat” e in ogni caso risulta superiore a quella che normalmente caratterizza Lagrein e Cabernet. La quantità eccessiva di tannini può avere effetti negativi sulla bevibilità del vino, che risulta maggiormente astringente ed amaro. È

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importante, a questo proposito, fare attenzione alla maturazione ottimale dei grappoli e alla rilevazione di valori eccessivi dell’acidità. I tannini e gli acidi “si completano”, in qualche modo, e rafforzano l’impressione dell’astringenza» (Pedri e Terleth, 2011).

Nel Cabernet Cortis un eccesso di note amare ed astringenti può essere evitato riducendo i tempi di maturazione (Stefanini et al., 2017).

Secondo lo studio svolto da *Patauner, Pedri, Sanoll et al. (2020) i vini ottenuti con una macerazione più breve, limitata a 5 giorni, hanno mostrato un'impressione più armoniosa, principalmente perché hanno una struttura tannica più leggera e i tannini sono chiaramente più rotondi e meno amari (figura 1.14). È stato osservato che l'armonia nel vino diminuisce all'aumentare del contenuto di polifenoli totali e anche l'impressione generale del vino tende a diminuire con l'aumentare del tempo di macerazione. La macerazione a bassa temperatura conferisce una maggiore armonia e impressione generale ai vini di Cabernet Cortis, mentre le temperature di fermentazione non hanno esercitato un effetto di questo tipo, influendo invece nell’aroma fruttato e associato al descrittore di ribes nero, risultati maggiori con alte temperature di fermentazione.

Nelle figure 1.15 e 1.16 è riportato l’effetto del tempo di macerazione sull’aroma dei vini Cabernet Cortis rispettivamente delle annate 2012-2013 e 2015 secondo lo studio svolto da Patauner, Pedri, Sanoll et al. (2020).

Figura 1.14 – Regressione lineare fra il contenuto di polifenoli totali nel vino e l’armonia percepita all’analisi sensoriale. L’armonia del Cabernet Cortis diminuisce all’aumentare del contenuto di polifenoli totali (Patauner, Pedri, Sanoll et al., 2020 - citazione riportata come espressamente

richiesto dagli autori).

* citazione riportata come espressamente richiesto dagli autori.

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Figura 1.15 – Aroma dei vini Cabernet Cortis al variare del tempo di macerazione nelle annate 2012-2013 (Patauner, Pedri, Sanoll et al., 2020 - citazione riportata come espressamente richiesto dagli autori).

Figura 1.16 – Aroma dei vini Cabernet Cortis al variare del tempo di macerazione nell’annata 2015 (Patauner, Pedri, Sanoll et al., 2020 - citazione riportata come espressamente richiesto dagli autori).

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1.3 COMPOSTI FENOLICI DELL’UVA

I composti fenolici presenti nell’uva sono suddivisibili in due gruppi: i flavonoidi e i non flavonoidi (figura 1.17). I flavonoidi vengono accumulati nelle parti solide dell’uva, ossia nella buccia e nei semi. I non flavonoidi si trovano anche nelle cellule della polpa.

Figura 1.17 – I composti fenolici dell’uva.

Flavonoidi e non flavonoidi sono due gruppi che comprendono diverse classi di composti. I non flavonoidi sono suddivisi nella classe degli idrossistilbeni e nella classe degli acidi fenolici, quest’ultima a sua volta suddivisa in due famiglie di composti: quella degli acidi cinnamici e quella degli acidi benzoici.

I flavonoidi hanno una struttura di tipo fenolico C6-C3-C6 riconducibile sempre al nucleo flavanico (figura 1.18) contenente 15 atomi di carbonio arrangiati in tre anelli (indicati con le lettere A, B, C) dei quali l’anello centrale è un eterociclo ossigenato a tre atomi di carbonio (Trapella, 2016).

Figura 1.18 – Struttura chimica dei flavonoidi.

I non flavonoidi hanno una struttura diversa in ciascuna delle famiglie in cui sono suddivisi: gli acidi cinnamici hanno una struttura C6-C3 costituita da un anello benzenico legato ad una catena alifatica; gli acidi benzoici hanno una struttura C6-C1; gli idrossistilbeni hanno due anelli benzenici uniti per mezzo di una catena etanica o etilenica (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

40 1.3.1 ANTOCIANI

Gli antociani sono i pigmenti naturali responsabili della colorazione delle uve a bacca rossa. Si accumulano nella buccia (nelle varietà tintorie anche nella polpa) dell’uva delle varietà a bacca rossa e rosa a partire dall’invaiatura. Sono anche presenti nelle foglie, dove la loro presenza aumenta alla fine del ciclo vegetativo della vite, sostituendosi alla clorofilla, altro pigmento naturale (Ribéreau-Gayont et al., 2018).

Hanno attività antiossidante, antimicrobica, antiicancerogena e svolgono un effetto protettivo su sistema cardiovascolare umano. Per questo motivo l’uva può essere un importante risorsa per l’industria farmaceutica e alimentare, essendo gli antociani una potenziale alternativa naturale ai coloranti sintetici alimentari (Karoglan Kontic et al., 2015; Flamini et al., 2013; De Rosso et al., 2012; He et al., 2012; Favretto e Flamini, 2000).

Gli antociani non contribuiscono in “senso stretto” alle sensazioni gustative e tattili di amaro e astringenza. Inoltre, pur essendo inodore, possono interagire con alcune sostanze odorose e influenzare l’aroma del vino (He et al., 2012).

Gli antociani sono una classe di composti fenolici del gruppo dei flavonoidi, ovvero composti caratterizzati da una struttura chimica di base costituita da un eterociclo ossegenato a tre atomi di carbonio legato a due anelli benzenici (C6-C3-C6). Gli atomi di carbonio nelle posizioni 3’ e 5’ dell’anello B sono i due punti di sostituzione con i gruppi ossidrile e metossile. In base alle combinazioni dei sostituenti si distinguono sei diverse antocianidine: pelargonidina, cianidina, delfinidina, petunidina, peonidina e malvidina (figura 1.19). Nella pelargonidina le posizioni 3’ e 5’ non sono sostituite (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Figura 1.19 – Struttura delle 5 antocianidine (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

“Antocianidina” è il termine che identifica l’aglicone. “Antocianina” è il nome dato al prodotto della glicosilazione, ed eventuale acilazione, delle antocianidine. Gli antociani presenti nelle uve sono glucosidi o glucosil-acilati, ovvero composti da un’antocianidina legata ad uno zucchero, il glucosio (monosaccaride), nella posizione 3 dell’anello centrale. In altre piante sono state identificate anche antocianine glicosilate da di-saccaridi e tri-saccaridi e con monosaccaridi diversi dal glucosio come arabinosio, xilosio, galattosio, fruttosio e più raramente acido glucuronico (Zhao et al., 2014). Le antocianine poi, possono anche avere un legame estere (acilazione) con l’acido caffeico, con l’acido acetico oppure con l’acido para-cumarico, i quali si legano allo zucchero. Recentemente sono state individuate in tracce nel vino rosso nuove antocianine acilate con acidi organici inusuali, quali l’acido lattico e l’acido ferulico (He et al., 2012). Nei frutti della specie V. vinifera sono

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presenti antocianine monoglucosilate, mentre in altre specie sono presenti anche antociani diglucosidi, caratterizzati dalla presenza di un secondo zucchero legato alla posizione 5 dell’anello A (figura 1.20) (Ribéreau-Gayon et al., 2018). In altre piante, ma non nella vite, sono state individuate anche antocianine glicosilate al C7, al C3’ (anello B), C4’ e C5’ (es. in Nymphaea caerulea e Allium cepa), antocianine triglucosidi con due molecole di glucosio legate al C3 una al C5 o al C7 e anche antocianine tetraglucosidi (epidermide e tricomi di Gynura aurantiaca cv. Purple Passion (Zhao et al., 2014).

Figura 1.20 – Struttura degli antociani 3,5-O-diglucosidi (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Il colore del vino è il risultato della composizione in antociani dell’uva da cui è ottenuto, dipende dal pH, dalla temperatura di affinamento, dalla quantità di anidride solforosa disciolta, dallo stato di ossidazione, dall’esposizione alla luce, dalla presenza di altre sostanze come l’acido ascorbico, gli zuccheri, gli ioni metallici, nonché dai cofattori e dalle sostanze polifenoliche che reagiscono con gli antociani per dar luogo alle reazioni di copigmentazione e polimerizzazione che portano alla formazione di nuovi pigmenti.

Le antocianine sono presenti nel vino in equilibrio dinamico fra cinque forme molecolari: il catione flavilio, la pseudobase carbinolo, la base chinonica, il calcone e l’addotto bisolfitico (figura 1.21). Ogni struttura ha un suo colore: la base chinonica ha colore blu, lo ione flavilio ha colore rosso, il calcone è giallo pallido, mentre la pseudobase carbinolo e l’addotto bisolfitico in forma flavene sono incolori. Il pH, la temperatura e l’anidride solforosa, influenzando l’equilibrio fra queste forme molecolari, influenzano il colore complessivo del vino (Ribereau-Gayon et al., 2018). Lo ione flavilio, per la presenza dei doppi legami coniuati, assorbe nell’intervallo di lunghezza d’onda compreso fra 530 e 540 nm, riflettendo il rosso. Più è basso il pH, maggiore è la presenza di antociani sottoforma di ione flavilio e più intensa è la colorazione rossa del vino (figura 1.22) (He et al., 2012).

Le diverse antocianidine hanno ciascuna l’assorbimento massimo della radiazione elettromagnetica ad una lunghezza d’onda propria, che varia con l’arrangiamento dei sostituenti dell’anello B: i gruppi idrossile conferiscono alle antocianine una maggiore riflessione del blu, mentre i gruppi metile conferiscono alle antocianidine una colorazione più rossa (He et al., 2012).

Il colore delle antocianine dipende dall’antocianidina da cui derivano, dall’acilazione e dalla glicosilazione, che spostano il colore verso l’arancio (effetto ipsocromico) (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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La glicosilazione influenza la tonalità e l’intensità del colore e l’effetto dipende dal grado di glicosilazione dell’antocianina e dal sito di glicosilazione: maggiori sono le unità di glucosio legate e maggiore è lo spostamento verso il giallo; la glicosilazione al sito C3 produce un maggiore aumento di intensità (Zhao et al., 2014). Gli antociani diglucosidi presentano massimi di assorbimento a lunghezze d’onda leggermente inferiori ai corrispondenti antociani monoglucosidi (He et al., 2012).

La combinazione del contenuto totale e della composizione nei diversi antociani contribuisce alla tinta e all’intensità del colore del vino (Flamini et al., 2013).

Figura 1.21 – Le diverse strutture degli antociani (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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Figura 1.22 – Strutture prevalenti degli antociani al variare del pH.

1.3.2 FLAVONI

Sono un sottogruppo di composti appartenenti al gruppo dei flavonoidi che comprende le classi dei flavoni, dei flavonoli, dei flavanoni e dei flavanonoli. Queste classi differiscono tra loro nel livello di ossidazione e nel pattern di sostituzione dell’anello C. I vari composti di ogni classe differiscono nel numero e nell’arrangiamento dei sostituenti ossidrilici o metossilici sugli anelli A e B e nell’alchilazione e glicosilazione di questi sostituenti.

1. Flavoni: comprendono la luteina e la apigenina (figura 1.23).

2. Flavonoli: sono pigmenti gialli e i composti più abbondanti tra i flavoni. Sono presenti nella buccia delle uve nere e bianche. Rispetto i flavoni hanno il sostituente ossidrilico in posizione C3. Sono flavonoli la quercetina, la miricetina, la siringetina, il campferolo, l’isoramnetina e la laricitrina (figura 1.23) (Trapella, 2016; Ribéreau-Gayon et al., 2018).

La loro primaria funzione biologica è la protezione dai raggi UV. Il loro contenuto nell’uva, più di ogni altro metabolita, risente dell’esposizione del grappolo alla luce, ma varia tra le varietà anche in funzione dello spessore della buccia (Flamini et al., 2013). Insieme alle antocianine sono considerati i più importanti flavonoidi che si accumulano nella buccia. La composizione in flavonoli varia tra le varietà di vite ed è un importante parametro chemo-taxonomico, utile in particolare per classificare e identificare le varietà a bacca bianca che sono prive di antociani. Il rapporto quercetina/miricetina può essere usato per distinguere il Carmenere dal Merlot. A differenza degli antociani il profilo dei flavonoli di varietà interspecifiche rosse è simile a quello delle varietà di V. vinifera, nelle quali la quercetina-3-O-glucoside è solitamente il composto più abbondante, seguito dalla miricetina-3-O-glucoside, dal campferolo, dalla laricitrina, dall’isoramnetina e dalla sirigetina. Fa eccezione il Cabernet Cortis dove il secondo più abbondante è la qurcetina-3-O-glucoronide. In alcune varietà rosse di V. vinifera è stato trovato un altro flavonolo, la rutina, presente anche nel Cabernet Cortis. Nelle uve bianche prevale la quercetina, seguita dal campferolo e dall’isoramnetina. (Karoglan Kontic et al., 2015; Mattivi et al., 2006). Si osserva quindi che le uve bianche e rosate sintetizzano principalmente flavonoli mono- e di- sostituiti all’anello B, mentre le uve rosse accumulano anche i flavonoli trisostituiti miricetina, laricitrina e siringetina (Flamini et al., 2013).

La rutina e il flavonolo predominante in V. muscadinia e nelle specie asiatiche ad eccezione di V.

amurensis (Karoglan Kontic et al., 2015).

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3. Flavanoni: comprendono la naringenina e l’esperitina. Si distinguono per l’assenza del doppio legame tra i carboni 2 e 3 dell’eterociclo ossigenato (figura 1.23).

4. Flavanonoli: sono pigmenti di colore giallo pallido. Si distinguono per l’assenza del doppio legame tra i carboni 2 e 3 dell’eterociclo ossigenato e per la presenza del sostituente ossidrilico in posizione C3. Il flavanonolo più importante identificato nelle uve e nei vini è la diidroquercetina, detta anche tassifolina (figura 1.23) (Trapella, 2016; Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Figura 1.23 – Strutture dei composti fenolici dell’uva (Trapella, 2016).

1.3.3 FLAVANI E FLAVANOLI

I flavanoli sono un importante classe di composti flavonoidi, la cui struttura di base è quella del flavano.

Nell’uva si trovano nella buccia e nei semi. Contribuiscono al gusto amaro e astringente dei vini (Ruocco et al., 2017). La percezione sensoriale dei vari flavonoli varia in base al peso molecolare dello specifico composto. Si dividono in:

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1) Flavanoli monomeri - ai quali appartiene la famiglia dei flavan-3-oli che comprende la catechina, la gallocatechina, l’epicatechina, l’epigallocatechina e l’epicatechina-3-O-gallato (figura 1.24) Sono molecole dal sapore amaro e hanno una bassa reattività nei confronti delle proteine, motivo per cui non sono astringenti. Le molecole dei flavan-3-oli non esistono in forma glicosilata nell’uva, ma possono essere legate a polisaccaridi e passare sotto questa forma nel vino (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

2) Flavanoli polimeri - nell’uva ci sono anche flavonoli polimeri, in particolare le procianidine che, come le catechine, sono presenti in tutte le parti solide, quindi nella buccia, nei semi e nel raspo. I flavonoli polimeri sono i tannini condensati che comprendono le diverse procianidine e prodelfinidine, più in generale dette proantocianidine. Le molecole dei flavanoli sono molto reattive e possono condensare fra loro. In particolare, la (+) catechina e la (-) epicatechina sono le unità monomeriche fondamentali che condensando per mezzo di un legame C4-C8 o C4-C6 formano le procianidine dimere, trimere, oligomere (3-10 unità) e condensate (più di 10 unità) (figura 1.25). Le procianidine, per la loro capacità di formare legami stabili con le proteine, conferiscono astringenza al vino. Le procianidine dimere possono essere di tipo A o di tipo B, quelle trimere si dividono in procianidine del tipo C e in procianidine del tipo D a seconda dei legami formati tra le unità monomeriche. Solo le procianidine dimere e una parte delle trimere sono state isolate, sintetizzate e analizzate (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Il loro contenuto nel vino è maggiore nel caso della vinificazione in rosso, infatti nei vini rossi il contenuto di tannini condensati può arrivare a 4 g/L, mentre nei vini banchi può essere compreso fra i 100 mg/L e i 300 mg/L in funzione del grado di chiarifica (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

Il contenuto di flavan-3-oli nell’uva e quindi nel vino risente delle condizioni ambientali, dell’annata, ma il monomero più abbondante è caratteristico della varietà (Karoglan Kontic et al., 2015).

Figura 1.24 – Struttura dei flavan-3-oli, precursori delle procianidine e dei tannini (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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Figura 1.25 – Struttura delle procianidine dimere di tipo B (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

1.3.4 ACIDI FENOLICI

Sono composti fenolici non flavonoidi che nell’uva si accumulano nei vacuoli delle cellule della polpa e della buccia dell’acino. Pertanto, la loro concentrazione è maggiore nei vini rossi per effetto della macerazione, dove possono raggiungere concentrazioni di 100-200 mg/L, mentre nei vini ottenuti dalla vinificazione in bianco di uve bianche raggiungono concentrazioni decisamente inferiori, attorno a 10-20 mg/L. Le soluzioni idroalcoliche di di acidi fenolici sono incolori, ma gli esteri degli acidi fenolici con l’acido tartarico (in particolare l’acido caftarico) sono i substrati delle PPO (Polifenolossidasi) e diventano gialli a seguito dell’ossidazione cusando l’imbrunimento dei mosti.

Gli acidi fenolici possono essere di tipo benzoico o cinnamico (figura 1.26).

Gli acidi di tipo benzoico presenti nell’uva sono sette, ma l’acido salicilico e l’acido gentisico sono presenti solo in tracce. I tannini gallici ed ellagici sono esteri degli acidi benzoici. Gli acidi di tipo cinnamico si trovano prevalentemente in forma esterificata con l’acido tartarico o come eterosidi del glucosio. Gli acidi di tipo cinnamico sono gli acidi coinvolti nell’acilazione delle antocianine.

Il tirosolo e le cumarine sono due composti che si possono associare alla classe degli acidi fenolici. Solo il tirosolo è sempre presente sia nei vini rossi che nei vini bianchi essendo prodotto durante la fermentazione alcolica a partire dalla tirosina. Le cumarine sono derivati degli acidi cinnamici presenti nel legno di quercia e sono i vini affinati a contatto con questo legno possono contenerne in tracce. Si trovano sottoforma glicosilata (esculina e scopolina) nel legno verde e anche allo stato di agliconi nel legno stagionato naturalmente (esculetina e scopoletina).

Agli acidi fenolici non sono attribuibili sensazioni gustative e olfattive, ad eccezione delle cumarine che sono amare in forma glicosilata e acide allo stato di agliconi (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

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Si osserva una maggiore variabilità del contenuto totale di acidi fenolici nei genomi selvatici di specie americane rispetto alle varietà di V. vinifera (Ruocco et al., 2017).

Figura 1.26 – Acidi fenolici delle uve e dei vini (Ribéreau-Gayon et al., 2018).

1.3.5 GLI STILBENI

Sono composti fenolici non flavonoidi la cui struttura è formata da due anelli benzenici uniti da una catena etilenica etanica (Ribereau-Gayon). Gli stilbeni sono fitoalessine, ovvero sono composti sintetizzati dalla pianta di vite in risposta agli attacchi biotici, ad esempio di P. viticola e B. cinerea oppure stess abiotici (Ruocco et al., 2017). In particolare, il trans-resveratrolo o 3,5,4’-triidrossistilbene (figura 1.27) è riconosciuto come composto prodotto dalla pianta in seguito all’attacco di parassiti fungini (Ribéreau-Gayon et al., 2018). A questi composti sono state riconosciute proprietà benefiche per la salute dell’uomo per il loro effetto antitumorale, antiossidante, antinfiammatorio e cardioprotettivo (Flamini et al., 2013). I principali stilbeni che si trovano nel vino sono il trans- e il cis-resveratrolo, e i suoi dimeri (detti viniferine) e trimeri e la sua forma glucosidica detta piceide (Flamini et al., 2013). Molti oligomeri del resveratrolo sono presenti in V. vinifera. Il contenuto di resveratrolo nel vino è variabile da 1 a 3 mg/L, essendo contenuto nella buccia viene maggiormente estratto nella vinificazione in rosso e il contenuto nel vino varia in funzione della macerazione (Ribéreau-Gayon et al., 2018). Si osservano differenze significative del contenuto di stilbeni nell’uva tra le varietà di V. vinifera (Flamini et al., 2013).

Sono composti fenolici non flavonoidi la cui struttura è formata da due anelli benzenici uniti da una catena etilenica etanica (Ribereau-Gayon). Gli stilbeni sono fitoalessine, ovvero sono composti sintetizzati dalla pianta di vite in risposta agli attacchi biotici, ad esempio di P. viticola e B. cinerea oppure stess abiotici (Ruocco et al., 2017). In particolare, il trans-resveratrolo o 3,5,4’-triidrossistilbene (figura 1.27) è riconosciuto come composto prodotto dalla pianta in seguito all’attacco di parassiti fungini (Ribéreau-Gayon et al., 2018). A questi composti sono state riconosciute proprietà benefiche per la salute dell’uomo per il loro effetto antitumorale, antiossidante, antinfiammatorio e cardioprotettivo (Flamini et al., 2013). I principali stilbeni che si trovano nel vino sono il trans- e il cis-resveratrolo, e i suoi dimeri (detti viniferine) e trimeri e la sua forma glucosidica detta piceide (Flamini et al., 2013). Molti oligomeri del resveratrolo sono presenti in V. vinifera. Il contenuto di resveratrolo nel vino è variabile da 1 a 3 mg/L, essendo contenuto nella buccia viene maggiormente estratto nella vinificazione in rosso e il contenuto nel vino varia in funzione della macerazione (Ribéreau-Gayon et al., 2018). Si osservano differenze significative del contenuto di stilbeni nell’uva tra le varietà di V. vinifera (Flamini et al., 2013).