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Capitolo 5: Gli immigrati visti dal sindacato, lo studio dell’ IRES Toscana

5.5 Dati a confronto

Come rilevato anche dal rapporto dell‟ ISTAT 106

effettuato sulla popolazione, la condanna del razzismo è comune anche nella realtà sindacale e lavorativa intervistata.

L‟atteggiamento verso i migranti è positivo: la maggioranza dei delagati e degli iscritti rifiuta il razzismo e chiede interventi specifici contro le discriminazioni sul posto di lavoro. Anche dalla terza ricerca emerge un quadro abbastanza positivo: vi è uno scarso livello di conflittualità tra le varie nazionalità, e i rapporti sembrano sereni, sia con la dirigenza che coi colleghi. Tuttavia l‟Autore non manca di sottolineare come il dato sia <<per certi versi ingannevole>>107, dato che, al momento della presentazione

106 I migranti visti dai cittadini, rapporto Istat, luglio 2012

della ricerca sono emersi << i malumori, le difficoltà, i conflitti tra i rappresentanti sindacali e il management in modo chiaro e netto>>108, l‟idea è quindi che le problematiche presenti siano risolte a livello esclusivamente individuale, se non taciute per il timore di conseguenze negative, anche se non se ne sa valutare né l‟eventualità né la gravità.

I lavoratori di Prato guardano positivamente alla diversità culturale e non pensano che gli stranieri “rubino” il lavoro della popolazione locale. Ma ancora una volta, le posizioni sono più diversificate quando si toccano temi di grande sensibilità e il rapporto criminalità/sicurezza. Secondo il 39,2% dei rappresentanti alla Camera del Lavoro di Firenze la criminalità è aumentata con l‟immigrazione, alla Camera di Lavoro di Prato a pensarlo è il 40,1%.

Come definire quindi posizioni così contrastanti, che talvolta albergano non solo all‟interno della stessa categoria ma anche nella stessa persona? Si è di fronte ad un comportamento contraddittorio, che Tassinari spiega così: <<Una possibile intuitiva chiave di lettura, per altro già messa in evidenza, può essere rintracciata nella quotidiana ed incessante sovra esposizione mediatica, comune alla maggiornaza degli organi di televisione e stampa, che tende ad accostare la figura dell‟immigrato ad un soggetto pericoloso e deviante disposto, pur di rimanere in Italia, a porsi contro la legge. Da questa “costruzione sociale” saremmo, in qualche maniera, tutti fortemente influenzati e condizionati>>109 . Tale riflessione porterebbe a pensare che fasce della popolazione, come quella degli anziani, che sono maggiormente vulnerabili all‟influnza dei media, propenderebbero di più per associare l‟immigrazione a un crescente rischio di criminalità, una simile ipotesi troverebbe anche riscontro nei dati rilevati dall‟ISTAT nel report del 2012 “I migranti visti dai cittadini italiani”110

, secondo cui <<I giovani, soprattutto se donne, e i residenti nel Centro Italia mostrano una maggiore apertura nei confronti degli immigrati su tutte le dimensioni indagate>>. Gli anziani (per l‟ISTAT coloro che sono compresi in un‟eta tra i 65 e i 74 anni) risultano anche in questa indagine allinearsi su posizioni di chiusura nei confronti degli stranieri. Ritornando alle ricerche in CGIL Toscana e guardando ai dati disaggregati per categoria bisogna comunque notare come il 35,0% dei pensionati rappresentati dallo Spi collega <<molto>> o <<abbastanza>> l‟immigrazione alla criminalità, ma che tale dato non sia

108 Ibidem

109 A. Tassinari,op.cit, p.113 110

comunque superiore a quello rilevato in altre federazioni, come quella della Fiom (51,8%) e della Flai (51,9%).

La costruzione sociale dell‟immigrato come minaccia per la sicurezza sembra radicata in diversi segmenti degli intervistati. Le categorie più a rischio sono le donne e i giovani, fortemente penalizzati anche dalla crisi economica.

Per il 52% degli iscritti di Prato e per il 47,1% dei delegati di Firenze l‟immigrato è visto prevalentemente in una funzione complementare e subalterna ai lavoratori italiani, e non vi è considerazione di questi come un individuo nella sua totalità ma come strumento funzionale all‟economia, pronto ad andarsene qualora questa non debba aver più bisogno di lui. Una simile convinzione è stata alla base dell‟atteggiamento dei sindacati dell‟Europa Centrale e Settentrionale dello scorso secolo: l‟idea del lavoratore ospite111, la cui unica funzione era di “tappare i buchi”

lasciati dai lavoratori locali, si è infranta non appena è stata evidente la necessità di inquadrare l‟immigrato in piani di integrazione che andassero oltre l‟aspetto lavorativo, ma che comprendessero anche il diritto alla casa, la salute e l‟accesso al welfare. È proprio in questi campi così delicati, ovvero l‟acceso ai servizi dello Stato Sociale, che emergono posizioni più diversificate. Non sono pochi (27,8% i delegati e ben 47,35% gli iscritti) coloro che ritengono che l‟accesso al welfare sia più agevole per gli stranieri che per gli italiani. In entrambi i casi gli intervistati pongono l‟accento sull‟impossiblità dei sistemi locali di far fronte alle esigenze di tutti, è facile che in un clima esasperato maturino sentimenti di insofferenza che spesso si traducono in intolleranza e avversione verso l‟altro. Questo rischio è per altro quello avvertito da Reyneri a metà degli anni „90, il quale sostiene che qualora gli immigrati si trovino a competere con gli italiani per gli stessi posti di lavoro, più adatti al loro livello di istruzione, <<vi è il pericolo che i conflitti sul mercato del lavoro sostituiscano quelli generati dall‟emarginazione e dalla povertà delle condizioni di vita. Un ragionamento simile si può fare per l‟accesso ai servizi pubblici, qualora un maggiore e più equo uso da parte degli stranieri generi un sovraccarico del sistema: ipotesi non remota per le rare disfuzioni dei servizi sociali italiani.>>112

111 In Germania, per indicare i lavoratori immigrati nel secondo dopoguerra si usava la locuzione

Gastarbeiter, il termine ospite (gast) voleva sottolineare la permanenza temporanea di tale manodopera

112 E. Reyneri, Gli immigrati in una società terziaria e segmentata, in E.Reyneri, Sociologia del mercato

Ulteriore elemento di analisi, è che dalle ricerche emerge come siano le donne e i giovani le fasce più inclini a posizioni ostili verso gli immigrati. Non a caso sono proprio categorie in cui vi è una maggiore fragilità economica.

Comparando le due ricerche emerge anche che i delegati siano su posizioni più morbide rispetto agli iscritti. Un dato in qualche modo prevedibile dal momento che i sindacalisti, data la funzione che esercitano, si presuppongono più attenti e informati sul sociale rispetto al resto degli iscritti .

Guardando alla terza ricerca non è un caso, che i rapporti di lavoro tra i lavoratori di diversa nazionalità si limitino quasi esclusivamente all‟orario lavorativo: solo 10 lavoratori su 98 delle cooperative di Prato frequentano <<spesso>> i colleghi o amici di altre nazionalità. Come sottolinea Tassinari, <<questa fragilità relazionale (emersa anche in altre ricerche) non rappresenta un segnale positivo perché sintomo di un basso livello di integrazione>>113.

Il difficile percorso all‟integrazione è messo in luce dai dati relativi all‟accesso ad asili nidi e alloggi, questioni più sensibili in materia di integrazione: il 27,8 dei sindacalisti di Firenze e il 47,4% degli iscritti alla Camera del Lavoro di Prato ritengono che gli immigrati siano favoriti <<molto>> e <<abbastanza>> nell‟erogazione di questi servizi.

Guardando i dati riportati dall‟ ISTAT, sono d‟accordo nel ritenere che gli italiani debbano avere la precedenza nella fruizione del diritto ad una casa il 49,2% dei 18-34enni contro il 65,4% degli ultra sessantaquattrenni. Similmente sono d‟accordo con l‟affermazione per cui <<in condizioni di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani>> il 43% dei giovani a fronte del 58,8% dei più anziani.

Un ultimo appunto va fatto guardando agli indici di integrazione del CNEL riportati nel capitolo precedente: le ricerche sono state condotte nelle province di Prato e Firenze che, come visto, sono le prime in Toscana per numerosità di straniera114 e sono, rispettivamente settantesima e novantottesima nella graduatoria dell‟indice di inserimento sociale delle province italiane. Si conferma quindi la difficoltà di integrazione nei centri più grandi o comunque in quelli dove vi è una forte componente immigrata.

113 A.Tassinari,op.cit., p. 147

114 Secondo i dati riportati dal Rapporto Immigrazione IDOS 2013, sono 109.721 a Firenze e 36.596 a

Il cammino verso la piena intergazione sociale è ancora molto lungo, sarà interessante ora analizzare le testimonianze raccolte a Pisa e Firenze di operatori sindacali, allo scopo di verificare quali siano le strategie e l‟impegno che il sindacato promuove per un corretto inserimento nel tessuto sociale del migrante-lavoratore.