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I materiali legati con bitume: il ruolo del legante nel conglomerato bituminoso

3.4. La modellazione numerica del test di trazione indiretta Tra le prove sperimentali il test di trazione indiretta è stato ritenuto

3.4.2. La definizione del modello “reale”

Una volta tarato e verificato il modello semplificato, si è stabilito di analizzare un modello numerico basato sulla reale granulometria del problema, nell’ottica di cogliere aspetti più rappresentativi del materiale reale, soprattutto dal punto di vista della modalità di rottura dello stesso.

Nella definizione del nuovo modello si è partiti, come negli altri casi, dall’impostazione degli elementi di contorno: a differenza del modello semplificato, in cui il punto di partenza era un modello quadrato da cui si ritagliava un provino circolare, si è scelto di definire direttamente gli elementi di contorno con la forma finale, approssimando il contorno circolare con un poligono di 40 lati, in modo da avere una migliore definizione del modello sui bordi esterni e la granulometria perfettamente coerente con quella impostata.

Passo successivo è stata, dunque, la definizione degli elementi ball, sulla base delle esperienze già applicate nella simulazione della prova CBR.

In questo caso, dato l’elevato numero di elementi, la resa dell’elaborazione numerica è stata migliorata applicando la tecnica dell’up-scaling, ovvero definendo una granulometria tale per cui le particelle del modello numerico corrispondono esattamente a quelle reali, a meno di un fattore di scala.

In particolare, la tecnica dell’up-scaling della curva granulometrica reale consiste nel moltiplicare il diametro delle particelle per un fattore S: l’assortimento granulometrico così ottenuto presenta il medesimo andamento di quella reale, ma è traslato verso destra di un valore pari a:

iniziale

D S D=( −1)

(3-10)

dove ∆D è il modulo del vettore spostamento, S è il fattore di up-scaling e Diniziale

la dimensione media della curva granulometrica reale.

Si osserva che la tecnica dell’up-scaling è stata più volte sfruttata in letteratura grazie al notevole risparmio derivato dal punto di vista computazionale.

Konietzky et al. (2002) hanno introdotto questa tecnica nello studio di materiali granulari, al fine di ottenere modelli numerici non eccessivamente pesanti per lo studio di prove di taglio prima e terreni di fondazione successivamente. In particolare, nello studio esaminato, sono stati utilizzati fattori di up-scaling per il diametro delle particelle pari a 20, 30, 35 e 40 ottenendo modelli da 10.000, 4.500, 3.500 e 2.500 particelle rispettivamente. Proporzionalmente al fattore di up-scaling, anche la dimensione della scatola di taglio è stata scalata fino a raggiungere le dimensioni di 0.8 x 2.4 m, che corrisponde ad un fattore di up-scaling geometrico di 40. I risultati conseguiti mostrano l’adattabilità della tecnica agli studi in questione: la dispersione dei risultati è analoga a quella ottenuta con il modello di particelle random anche se, come prevedibile, minore è il fattore di

Figura 3.43 – influenza del fattore di up-scaling (Konietzky et al.,2002)

Figura 3.44 – modellazione della prova triassiale al variare del fattore di up-scaling (Achmus et al., 2002)

up-scaling, maggiore è la continuità della curva sforzi-deformazioni conseguita.

Risulta importante osservare l’indipendenza dell’angolo di attrito, ovvero del risultato finale ricercato, dal fattore di up-scaling.

Uno studio analogo è stato proposto da Achmus et al. (2002), che hanno valutato l’influenza della tecnica dell’up-scaling per terreni non coesivi, simulando una prova trassiale su uno stesso campione di sabbia modellato con diversi fattori di

scala (20, 25 e 30). La ricerca ha evidenziato che, in generale, diversi fattori di scala comportano una diversa calibrazione dei parametri numerici kn e ks, ovvero è necessaria una nuova procedura di calibrazione ogniqualvolta viene modificato il fattore di scala. Mantenendo invece la medesima granulometria, gli stessi parametri ricavati per un test sono caratteristici del materiale e possono essere utilizzati in configurazioni differenti.

L’utilizzo della tecnica dell’up-scaling risulta pertanto giustificato, a fronte delle esperienze presenti in letteratura. La curva granuolometria è stata pertanto suddivisa in classi caratterizzate da un range di diametri equivalenti, e per ogni classe è stato definito il numero preciso di elementi ball che il codice di calcolo deve generare.

Le ball sono quindi generate con la tecnica dell’espansione del raggio, ovvero per ogni range di diametri viene creato un certo numero di ball, come già anticipato proporzionale al passante granulometrico reale, il cui raggio verrà in seguito aumentato o ridotto di un fattore tale per cui l’insieme definitivo di ball otterrà la porosità, e quindi l’indice dei vuoti, desiderato.

In Figura 3.45 sono riportate la curva granulometrica reale e quella del modello numerico, approssimabile alla curva sperimentale a meno di uno shift factor costante, secondo appunto la tecnica dell’up-scaling di cui sopra.

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0.01 0.1 1 10

% passante

diametro nominale Φ (mm)

granulometria originale up-scale

Figura 3.45 – curva granulometrica: confronto tra curva sperimentale e numerica Successivamente, anche in questo caso è stato necessario procedere al detensionamento del modello, in modo da raggiungere uno sforzo isotropico interno di intensità trascurabile e ininfluente sui risultati dei test numerici, e alla rimozione degli elementi floaters, come già spiegato nel paragrafo precedente.

Al termine delle procedure indicate, come evidenziato in Figura 3.46, la distribuzione delle forze di contatto risulta essere omogenea, così come l’ubicazione dei contatti stessi tra gli elementi.

Figura 3.46 – distribuzione delle forze di compressione al termine della ricerca dello sforzo isotropico

La prima verifica sul modello numerico appena definito riguarda lo studio della forza peso del campione. A tale scopo si sono fatti variare i parametri di rigidezza del materiale, verificando il comportamento del modello una volta soggetto alla sola forza di gravità: il test, nella sua semplicità concettuale, risulta molto interessante per la prima taratura dei parametri del modello, permettendo di escludere valori di rigidezza di contatto che danno origine a comportamento qualitativi assurdi e non compatibili con la realtà sperimentale. Di fatto, il provino è adagiato su una piastra orizzontale e soggetto alla sola forza di gravità: una volta terminata la procedura di assestamento, la forza agente sulla piastra deve essere corrispondente al peso del campione stesso. Il test registra i valori di velocità di un elemento ball centrale, ritenuto rappresentativo del modello, e la forza peso agente sulla piastra di base in funzione del tempo. Il test termina quando la differenza tra due letture consecutive della forza peso differiscono per una quantità trascurabile. Si osserva che l’operazione risulta essere comunque rilevante dal punto di vista dell’onere computazionale, a causa dell’elevato numero di elementi ball che costituiscono il modello. La presenza di una curva granulometrica bene definita, inoltre, comporta elementi ball con diametri piuttosto differenti tra loro, particolare che aumenta di per sé notevolmente l’onere computazionale del problema, per la maggiore difficoltà di garantire il passaggio tra stati di equilibrio consecutivi.

Di seguito sono brevemente riportati alcuni dei risultati conseguiti sullo studio della forza peso del modello in esame.

0 500 1000 1500 2000 2500

0 50 000 100 000 150 000 200 000

fo rza pe so (g )

n° cicli rigidezza ball

Figura 3.47 – valutazione della forza peso a fronte dell’installazione dell’accelerazione di gravità, al variare della rigidezza degli elementi ball

La Figura 3.47 riporta l’andamento della forza peso registrata sull’elemento wall inferiore, una volta impostata nel modello l’azione dovuta all’accelerazione di gravità. Le tre curve sono rappresentative di tre valori differenti di rigidezza attribuiti agli elementi ball del modello. In generale, dopo un periodo di assestamento in cui la forza peso assume valori via via crescenti, il valore finale rimane cosante e pari al peso del campione reale. Si osserva come la rigidezza degli elementi influenzi l’andamento della forza peso: all’aumentare del valore di rigidezza, il modello impiega più tempo per raggiungere la nuova condizione di equilibrio e maggiore è l’escursione compiuta dal valore della forza stessa. Tale aspetto dovrà essere considerato nella procedura di calibrazione, avendo cura di verificare la condizione di equilibrio prima di imporre deformazioni ulteriori.

Il definitivo assestamento degli elementi ball è confermato anche dallo studio sull’andamento della velocità assunta dalle particelle, che si stabilizza attorno allo zero una volta raggiunto il valore finale e costante della forza peso, indice appunto di una nuova condizione di equilibrio statico per gli elementi del modello.

La Figura 3.48 mostra il modello al termine della procedura di preparazione: a sinistra si possono osservare i contatti interparticellari, mentre a destra sono evidenziate le forze interne di contatto, forze di compressione concentrate, a causa dell’azione della forza di gravità, nella parte inferiore del provino, sulla base di appoggio.

La Tabella 3.17 riporta sinteticamente le caratteristiche iniziali attribuite al modello numerico, pronto per l’inizio del test.

Figura 3.48 – modello per trazione indiretta: contatti (sinistra) e forze di contatto interne (destra)

Tabella 3.17 – caratteristiche iniziali del modello numerico

Caratteristica valore u.m.

Numero ball 17699 -

Kn (wall) 1x1015 N/m

Ks (wall) 1x1015 N/m

Kn (ball) 2x108 N/m

Ks (ball) 2x108 N/m

Coefficiente di attrito interparticellare 0.4 -

Densità 2424 Kg/mc