• Non ci sono risultati.

Disciplina applicabile alla responsabilità precontrattuale

6. Natura giuridica della responsabilità precontrattuale

6.4 Disciplina applicabile alla responsabilità precontrattuale

La distinzione fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale è di fondamentale rilevanza soprattutto per quanto riguarda l’individuazione della disciplina applicabile, che diverge sotto diversi profili.

1) Prescrizione

Il termine prescrizionale del diritto al risarcimento extracontrattuale è di regola di cinque anni dal giorno in cui si è verificato il fatto e di due anni per quanto riguarda i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli (art. 2947 c. I e II c.c.). Nel caso in cui il fatto costituisca reato si applica all'azione civile l’eventuale maggiore termine previsto in sede penale (art. 2947 c. III c.c.).

Invece, il diritto al risarcimento da inadempimento di un’obbligazione è di regola assoggettato alla prescrizione decennale salvo ipotesi particolari previste dal codice in materia societaria, di mediazione, trasporto e assicurazione, oltre alla disciplina di cui agli artt. 2954 c.c. sulle prescrizioni presuntive. Secondo un indirizzo, l’art. 2947 c. III, sull’estensione del termine prescrizionale in caso di reato, si applica anche in caso diritto al risarcimento derivante dall’inadempimento del contratto, dal momento che l’inciso di apertura del comma - "In ogni caso" - ne consentirebbe tale interpretazione estensiva.

La prescrizione breve in materia aquiliana è giustificata, secondo la Relazione al Re, dal fatto che "nella molteplicità dei casi la prova del fatto illecito si fonda sulla deposizione dei testimoni: col decorso del tempo il ricordo delle circostanze su cui questi sono chiamati a deporre svanisce o si attenua e si accrescono così i pericoli inerenti a siffatto mezzo di prova".

Dunque, la distinzione tra i due termini è dovuta al carattere "strutturato" della responsabilità contrattuale e "liquido" di quella extracontrattuale: nel primo caso, il riferimento alla prova della fonte del diritto (contratto o altro atto o fatto costitutivo) e, dall’altro lato, all’inadempimento o alla causa non imputabile dell’impossibilità della prestazione delimita il tema della prova; invece, in caso di fatto illecito, l’assenza di una previa relazione tra danneggiato e danneggiante rende meno determinata la prova.

Dunque, in caso di responsabilità precontrattuale, ove si ritenga di ricondurla al genus della responsabilità contrattuale, la prescrizione sarà decennale e non quinquennale, come invece sarebbe se la si riconducesse alla responsabilità aquiliana.

2) Quantificazione del danno

In materia di responsabilità contrattuale, il danno risarcibile è limitato a quello "che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione" (art. 1225 c.c.) mentre questa regola non è applicabile in materia extracontrattuale non essendo richiamata dall’art.

2056 c.c., con la conseguenza che in materia extracontrattuale è sempre risarcibile il danno imprevedibile.

La ragione giustificativa della delimitazione dei danni da risarcire in ambito contrattuale va individuata nella promozione dell’attività negoziale dei privati nella misura in cui questi possano calcolare vantaggi e svantaggi dell’assunzione di un’obbligazione.

Si è anche osservato che tale delimitazione è una conseguenza connaturata al concetto stesso di obbligazione, segnando la prevedibilità del danno "la normale incidenza dell'inadempimento sulla sfera d'interesse del creditore". L'utilizzo di un criterio di normalità - prevedibilità per dimensionare il danno risarcibile si spiega allora per il nesso funzionale tra obbligazione e interesse creditorio, soddisfatto dalla specifica prestazione dedotta in obbligazione.

Tale disciplina, volta a conferire certezza alle conseguenze dell'inadempimento, cessa di trovare applicazione in caso di inadempimento doloso, vale a dire consapevole e volontario, per la disapprovazione di quest’ultimo da parte dell’ordinamento: se il debitore è volontariamente inadempiente è giusto che risarcisca tutti i danni provocati, che "ne siano conseguenza immediata e diretta" (art. 1223 c.c.).

Il mancato richiamo della disposizione di cui all’art. 1225 c.c. in ambito extracontrattuale ad opera dell’art. 2056 c.c. si spiega per l’assenza, in tal caso, di un previo obbligo in capo al debitore di soddisfare l’interesse creditorio e, dunque, dell’esigenza di proporzionare il risarcimento alla prevedibile utilità della prestazione per il creditore.

In ambito extracontrattuale rileva invece la lesione di un altrui interesse giuridico meritevole di tutela con conseguente obbligo di risarcire tutti i relativi danni, che siano pur sempre "conseguenza immediata e diretta" dell'illecito (art. 1223 c.c. richiamato dall’art. 2056 c.c.).

Discusso è il rapporto fra l’art. 1223 e l’art. 1225 ; secondo un primo filone degli interpreti quest’ultimo aggraverebbe la posizione del debitore che agisce con dolo, obbligandolo a risarcire non solo le conseguenze immediate e dirette dell’inadempimento, ma anche quelle mediate ed indirette102. Secondo invece la dottrina prevalente103 non vi sarebbe sovrapposizione fra le predette regole, in quanto i giudizi che le due norme configurano hanno luogo in momenti diversi; il giudizio di cui all’art.

1223 deve avere luogo al momento dell’inadempimento ed è un giudizio oggettivo ed astratto mentre il giudizio di cui all’art. 1225 verrà condotto al momento in cui è sorta l’obbligazione ed è un giudizio soggettivo e concreto.

Un ulteriore profilo oggetto di dibattito riguarda l’atteggiamento soggettivo del debitore ai fini dell’applicazione dell’art. 1225 c.c.

Si discute infatti se il dolo debba avere ad oggetto il solo fatto storico dell’inadempimento, tesi accolta dalla dottrina prevalente, oppure se debba avere ad oggetto anche il danno cagionato. E’ inoltre dibattuto se l’inadempimento gravemente colposo debba essere equiparato a quello doloso; appare però preferibile dare una risposta negativa, in quanto l’assimilazione della colpa grave al dolo ha carattere eccezionale e può operare nei soli casi espressamente previsti dalla legge.

3) Onere della prova

Nella responsabilità aquiliana, il danneggiato deve provare tutti gli elementi della fattispecie illecita, dunque, in particolare, l’evento lesivo (danno ingiusto) e la colpa o il dolo (elemento soggettivo) del danneggiante.

102 P. RESCIGNO, Obbligazioni, (diritto privato). Nozioni generali, voce dell’Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 206.

103 C. M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il contratto, Milano, 1984.

Nella responsabilità contrattuale, invece, l’onere della prova è più attenuato per il danneggiato (creditore della prestazione) e più gravoso per il danneggiante (debitore della prestazione).

Il danneggiato non deve provare la colpa o il dolo del danneggiante; sarà semmai, se si riconosce alla responsabilità contrattuale il carattere di responsabilità soggettiva, il danneggiante a dover dimostrare l’assenza di colpa (e di dolo).

Il danneggiato-debitore, secondo la più recente ricostruzione giurisprudenziale104, non deve provare neppure l’inadempimento (evento lesivo) del danneggiante-creditore, essendo sufficiente che provi la fonte del suo diritto (cioè il titolo in forza del quale è sorta l’obbligazione) e alleghi l’inadempimento. Allegare l’inadempimento significa affermare che c’è stato un inadempimento, che deve essere astrattamente idoneo a causare il danno lamentato; sarà poi il danneggiante-creditore a dover provare che l’inadempimento non c’è stato e che dunque è stato adempiente o che l’inadempimento si è verificato per una causa non a lui imputabile.

Tale regola si spiega alla luce del principio di vicinanza della prova: il fatto dell’adempimento può essere provato più facilmente dal debitore, dal momento che rientra nella sua sfera "di dominio".

Detta ratio presuppone che il contenuto dell'obbligazione consista in un dare o fare vale a dire in una attribuzione positiva al creditore da parte del debitore: qualora invece la prestazione abbia carattere negativo l’onere della prova ritorna in capo al debitore dal momento che il fatto dell’inadempimento, consistendo questa volta in una prestazione di carattere positivo - il facere contrastante con l’obbligo di non facere - può essere più facilmente provato dal debitore.

Dunque, a seconda di come venga qualificata la responsabilità precontrattuale, vi sono notevolissime differenze in ordine alla ripartizione dell’onere della prova, più gravoso per il danneggiato in caso di responsabilità aquiliana piuttosto che contrattuale.

4) Mora del debitore

104 Cassazione civile sez. un. 30 ottobre 2001 n. 1353 “Il creditore che agisce in giudizio, sia per l'adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza), limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte, su cui incombe l'onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall’adempimento."

Differente è anche il regime della mora del debitore; il debito da fatto illecito integra una ipotesi di mora ex re, che non necessita dell’intimazione o della richiesta fatta per iscritto (art. 1219 c. II n. 1 c.c.), dunque il danneggiante è immediatamente in mora.

Invece, in caso di ritardo dell’adempimento di un’obbligazione contrattuale è necessaria l’espressa messa in mora salvo il caso in cui questa si presenti inutile avendo il debitore dichiarato per iscritto di non voler adempiere ovvero la prestazione inadempiuta sia "portabile", vale a dire da eseguire al domicilio del creditore (art. 1219 c. II n. 2 e 3 c.c.).

5) Rilevanza della capacità di intendere e di volere

Con riguardo all’imputabilità, in ambito aquiliano l’art. 2046 c.c. stabilisce che "Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la capacità di intendere e volere al momento in cui lo ha commesso".

Tale disposizione si spiega nell’originario modello della responsabilità extracontrattuale, con funzione sanzionatoria: la rimproverabilità dell’agente presuppone infatti l’imputabilità, che rappresenta l’idoneità alla colpa.

Invece, ai fini dell’inadempimento dell’obbligazione, è del tutto irrilevante la capacità del debitore nel momento dell’inadempimento, rilevando il mancato adempimento in termini di insoddisfazione dell’interesse creditorio.

Ciò è testimoniato anche dall’art. 1191 c.c., per il quale l’adempimento non può essere impugnato a causa dell’incapacità del debitore.

6) Responsabilità per fatto del preposto e rappresentanza e soggetto responsabile

Laddove l’illecito precontrattuale sia posto in essere da un preposto, del danno risponderà anche il preponente ex artt. 1228 o 2049 c.c. a seconda che la responsabilità abbia natura contrattuale o extracontrattuale. Dunque, sul punto, ove sussistano i presupposti applicativi delle due norme citate, non vi è differenza fra le due forme di responsabilità.

Maggiormente dibattuta è l’individuazione del soggetto responsabile nel caso di illecito precontrattuale posto in essere in una situazione in cui la trattativa è stata posta in essere da un rappresentante, legale o volontario.

Secondo una prima impostazione occorrerebbe distinguere a seconda della natura che si intende dare alla responsabilità precontrattuale. Se si ritiene che essa abbia natura extracontrattuale, dell’illecito risponde il rappresentante ed il rappresentato risponde, solidalmente col rappresentato, per fatto altrui ex art. 2049 c.c. Laddove invece si riconosca natura contrattuale alla culpa in contrahendo, dell’illecito risponderà sempre il rappresentato, perchè il rappresentante imputa al rappresentato l’intera attività svolta.

Altra dottrina, nell’apportare un correttivo alla tesi suesposta, afferma che se il rappresentante agisce anche perseguendo un suo interesse economico (procurator in rem suam), sarà solidalmente responsabile col rappresentato.

Appare preferibile aderire ad altra autorevole dottrina, che fa leva sul rapporto di fiducia che si instaura fra le parti in trattativa; chi tradisce concretamente questo rapporto di fiducia sarà chiamato a risarcire i danni e tale soggetto sarà individuato differentemente a seconda del tipo di rapporto.

Se l’attività è posta in essere da institori, procuratori e commessi, cioè soggetti che costituiscono il lato personale dell’organizzazione dell’impresa, la responsabilità grava solo sull’imprenditore. Chi tratta con essi fa infatti affidamento sull’imprese (nella sua serietà, nella qualità dei suoi prodotti, ecc.) e pertanto il rapporto di fiducia si instaura con l’imprenditore.

Nelle altre ipotesi di rappresentanza volontaria occorre distinguere a seconda delle diverse condotte che possono causare il danno. Se il rappresentante comunica che le informazioni date sono state predeterminate dal rappresentato non sorge in alcun tipo di responsabilità in capo al rappresentante e responsabile sarà solo il rappresentato.

Sussiste invece responsabilità solidale dei due soggetti se il rappresentante assicura che le informazioni ricevute corrispondono a realtà.

Sarà responsabile esclusivamente il rappresentante e non anche il rappresentato se la scorrettezza è imputabile esclusivamente a quest’ultimo ed è stata determinante ai fini del danno.

Nelle ipotesi di rappresentanza legale e comunque in tutte quelle ipotesi in cui il rappresentato non partecipa alla nomina del rappresentante, l’unico responsabile sarà il

rappresentante, dato che il rappresentato non impartisce alcun istruzione sul modo di condurre le trattative e rimane estraneo all’operare del rappresentante.

7) Clausole di esonero dalla responsabilità ex art. 1229 c.c.

L’art. 1229 c.c. consente, entro certi limiti, le clausole di limitazione preventiva da responsabilità in caso di inadempimento.

Discusso è se si possano prevedere delle analoghe clausole in caso di responsabilità di tipo extracontrattuale.

Prevale in dottrina l’opinione negativa105, per una serie di ragioni.

In primo luogo perché si tratterebbe di violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico, espressamente vietate dall’art. 1229 comma 2° c.c. oltre che dai principi generali sulla nullità del contratto per illiceità della causa ex artt. 1343, 1418 c.c.

In secondo luogo perché la norma in esame è collocata nell’ambito della disciplina sulla responsabilità contrattuale e non è neppure richiamata dalla normativa sulla responsabilità aquiliana; dunque il legislatore ha scientemente deciso di non consentire alcuna limitazione preventiva della responsabilità extracontrattuale.

Inoltre la responsabilità contrattuale serve a tutelare degli interessi che già non sarebbero tutelati con lo strumento aquiliano ed ha quindi un senso la possibilità di limitare la responsabilità.

Occorre dare atto di una diversa interpretazione che invece ritiene che l’art. 1229 c.c., con gli stessi limiti, sia applicabile anche in caso di illecito aquiliano non essendovi differenze fra le due responsabilità tali da giustificare la non applicazione dell’istituto.

7. L’affidamento incolpevole del danneggiato come elemento essenziale dell’illecito precontrattuale. Conseguenze in ordine alla natura giuridica e disciplina applicabile

105 G. GORLA, Il contratto, Milano, 1955 ; V. ROPPO, Il contratto, Milano, 2001.

Tradizionalmente si ritiene che un elemento essenziale della responsabilità precontrattuale sia costituito dall’affidamento incolpevole della parte danneggiata.

Non basta che si sia in presenza di una condotta contraria a buona fede oggettiva, tenuta nel corso delle trattative, sorretta da dolo o colpa (del danneggiante) che abbia causato un danno, ma è altresì necessario che la parte che ha subito il danno abbia fatto affidamento, in modo incolpevole, sulla serietà delle trattative o sulla validità o efficacia del contratto.

Occorre riflettere su questo elemento della fattispecie, che, a parere dello scrivente, rappresenta un aspetto essenziale dell’intero illecito precontrattuale.

Una prima considerazione che è necessario compiere riguarda il fatto che il suddetto elemento viene ritenuto essenziale, nonostante non sia previsto in via generale dall’art.

1337 c.c., il quale si limita a porre solo l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nel corso delle trattative, senza citare detto elemento e senza addirittura fare riferimento neppure al risarcimento del danno comminato in caso di violazione del dovere di buona fede.

Al pari di quanto viene affermato per l’obbligo risarcitorio, non si dubita che l’affidamento incolpevole del danneggiato sia un elemento essenziale dell’illecito precontrattuale che si sostanzia nel recesso ingiustificato dalle trattative, pur non essendo esplicitamente contemplato dall’art. 1337 c.c106.

Che l’affidamento incolpevole sia elemento della responsabilità precontrattuale in generale si ricava anche da una serie di indici normativi significativi.

L’art. 1338 c.c., nel prevedere la responsabilità di chi non ha comunicato la causa di invalidità conosciuta o conoscibile all’altra parte, circoscrive la responsabilità ai soli

106 Sul punto v. Cassazione civile sez. III 29 marzo 2007 n. 7768 “Perché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La verifica della ricorrenza di tutti i suddetti elementi, risolvendosi in un accertamento di fatto, è demandato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.”

In tema di onere della prova : Cass. 5 agosto 2004 n. 15040 “(…) Ne consegue che, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, in un contesto connotato dall’affidamento dell’altra parte nella conclusione del contratto, grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull’altra parte l’onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza”.

casi in cui il danneggiato abbia confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.

Dunque, certamente costituisce elemento essenziale della fattispecie di illecito precontrattuale di cui all’art. 1338 c.c., l’affidamento incolpevole del danneggiato.

Anche l’art. 1398 c.c., nel sancire la responsabilità di chi ha agito in nome e per conto di un soggetto senza averne i poteri, riconosce il risarcimento del danno al terzo che ha stipulato il contratto solo se ha confidato senza sua colpa nella presenza del potere rappresentativo.

Le predette due norme, secondo la dottrina prevalente107, rappresentano delle ipotesi speciali di responsabilità precontrattuale, nelle quali la specialità è costituita dalla stipula di un contratto invalido o inefficace e del fatto che la condotta contraria a buona fede è costituita da uno specifico obbligo informativo tipizzato, ossia la omessa comunicazione della causa di invalidità o di inefficacia del contratto.

Non avrebbe senso dire che la specialità è costituita proprio dal richiedere l’affidamento incolpevole del danneggiato; sostenere questo significherebbe infatti dire che la responsabilità è più severa (perché prescinde dall’affidamento del danneggiato) se si è nella fase delle mere trattative mentre è meno severa (perché richiede l’elemento ulteriore dell’affidamento) se si è giunti alla stipula di un contratto invalido o inefficace.

Dunque, alla luce del dato normativo e sistematico, l’elemento dell’affidamento incolpevole è un carattere generale della responsabilità precontrattuale.

Esso è richiesto non solo nella fattispecie speciali, dove il legislatore lo ha esplicitamente richiamato, ma anche nelle ipotesi che si riconducono alla fattispecie generale di cui all’art. 1337 c.c.

D’altronde nessuno dubita che se un fatto è riconducibile all’art. 1337 il soggetto sia tenuto a risarcire i danni, pur non essendo l’obbligo risarcitorio esplicitamente richiamato dalla disposizione in esame a differenza di quanto accade per le fattispecie speciali di responsabilità precontrattuale.

Ad ulteriore conferma del fatto che tutte le ipotesi di responsabilità precontrattuale richiedano l’affidamento incolpevole del danneggiato è possibile citare la responsabilità sancita dall’art. 1328 c.c. per il caso di revoca della proposta ed esecuzione preventiva della prestazione da parte dell’accettante in buona fede.

107 F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963.

Questa fattispecie, che come visto non costituisce una forma di responsabilità precontrattuale bensì una responsabilità da atto lecito dannoso, richiede l’affidamento incolpevole dell’accettante (danneggiato); il termine buona fede è qui evidentemente da intendersi come buona fede soggettiva. Se il legislatore richiede l’affidamento incolpevole in una ipotesi di responsabilità da atto lecito, a fortiori deve essere richiesta in caso di responsabilità da atto illecito, qual è la responsabilità precontrattuale.

L’art. 1328 c.c. è fattispecie sussidiaria rispetto all’art. 1337 c.c., in quanto opera tutte quelle volte in cui la revoca della proposta non costituisce atto contrario a buona fede, perché magari è oggettivamente giustificabile. Sarebbe irrazionale sostenere che nella fattispecie sussidiaria, che rappresenta una anticipazione della tutela del danneggiato, l’ordinamento richiede l’affidamento incolpevole, mentre non è richiesto nella fattispecie principale più grave.

Questa rilevanza che viene data all’affidamento incolpevole del danneggiato corrobora la ricostruzione secondo la quale la responsabilità precontrattuale costituirebbe una ipotesi di responsabilità da contatto sociale. Elemento caratteristico del contatto sociale è che si instauri una relazione di fatto, non consacrata in un contratto, fra due soggetti che genera affidamenti; il tradimento di questo affidamento determina l’insorgere dell’obbligo di risarcire il danno.

Una volta chiarito che l’affidamento incolpevole è un elemento essenziale dell’illecito precontrattuale, è necessario interrogarsi sulla conseguenza sistematiche di una tale affermazione.

La più importante conseguenza si coglie nel ritenere inapplicabile alla responsabilità precontrattuale, per incompatibilità, l’art. 1227 1° comma c.c., norma applicabile alla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in virtù del rinvio operato dall’art. 2056 c.c.

Esso dispone che, se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Detta disposizione fa riferimento al caso in cui il danno, da intendersi quale danno-evento e non già quale danno-conseguenza (al quale si riferisce il secondo comma della disposizione in esame), sia frutto di un concorso di cause: la condotta del debitore-danneggiante e la condotta del creditore-danneggiato.

In questo caso la responsabilità non viene esclusa nell’an, ma il giudice ne terrà conto ai fini del quantum, diminuendo il risarcimento in base alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Questa disposizione è coerente, in ordine alla permanenza della responsabilità, con la disciplina penalistica sul nesso di causalità fra condotta ed evento di cui agli artt. 40-41 c.p., che si ritiene applicabile anche nel diritto civile, sia pure con un rigore probatorio più snello rispetto a quello penale. Il concorso di cause, anche quando il fattore concorrente è costituito dalla condotta colposa della vittima, non esclude il nesso di causalità fra la condotta e l’evento lesivo.

Detta situazione alla quale fa riferimento l’art. 1227 1° comma c.c. in tema di responsabilità precontrattuale esclude radicalmente la risarcibilità del danno; se infatti il danneggiato era a conoscenza o poteva diligentemente accorgersi della causa di invalidità o inefficacia o della non serietà delle trattative nessun danno è dovuto perché non è integrata la fattispecie di illecito precontrattuale.

L’assenza di affidamento incolpevole del danneggiato esclude la responsabilità precontrattuale.

Per quanto attiene il 2° comma dell’art. 1227 c.c., non v’è ragione per escluderne l’applicazione, essendo riferito al danno-conseguenza che poteva essere evitato con l’ordinaria diligenza del danneggiante. Tale disposizione presuppone già avvenuta la lesione e si riferisce alle conseguenze negative della lesione; nessuna incompatibilità dunque si pone con il requisito dell’affidamento incolpevole, perché esso si riferisce al momento in cui si subisce la lesione e non al momento in cui si determinano i pregiudizi per il danneggiato.

Una volta chiarito che l’elemento dell’affidamento incolpevole è un elemento essenziale dell’illecito precontrattuale e che la rilevanza di questo elemento rende inapplicabile, per incompatibilità strutturale, l’art. 1227 1° comma c.c., è necessario interrogarsi sulle ragioni di una siffatta deroga rispetto alle regole generali della responsabilità extracontrattuale e contrattuale.

Perché se il comportamento colposo del danneggiato concorre a causare il danno, il risarcimento è radicalmente escluso nella responsabilità precontrattuale mentre nella responsabilità extracontrattuale e contrattuale esso andrà diminuito in proporzione alla colpa del danneggiato?