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ANDARE ALL’ALTRO MONDO: ANASTASI E CATABASI NEI RACCONTI DI FORSTER

4.3 Doctor Woolacott

Scritta verso il 1927, Doctor Woolacott è una delle short stories pubblicate postume alla morte dell’autore nel 1970; infatti, fa parte della raccolta del 1972,

The Life to Come. Il testo si divide in tre parti e la narrazione è in terza persona, con

una focalizzazione sul protagonista e discorsi indiretti liberi. Al pari di quanto avviene nel racconto che dà il nome alla raccolta, anche in questo testo sono rese esplicite relazioni di tipo omosessuale e si può notare, come anche in Maurice, un’atmosfera più intima e personale. Pur non essendo un testo molto lungo, la storia è densa a livello tematico. Molti sono i temi che vi si riscontrano e, benché non faccia parte della raccolta del ’47, è possibile riscontrarvi la presenza della divinità e la tematica del viaggio nel mondo dei morti. Qui il topos della catabasi si lega al tema dell’amore omosessuale e della connessione con l’altro.

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La storia è ambientata dopo la Prima Guerra Mondiale e racconta di un giovane proprietario terriero inglese, Clesant, malato da sempre e costretto a letto. Apparentemente spinto dalla malattia ad una vita monotona e priva di emozioni, ha dovuto rinunciare anche a suonare il violino. Tutto cambia nel momento in cui, sdraiato in giardino a riposare, incontra un giovane, che scopre più tardi essere un suo contadino. La conoscenza del giovane e la breve conversazione con lui lo fanno stare subito meglio e gli fanno vedere la natura circostante e la sua stessa casa in maniera differente.

Il giovane sconosciuto, di cui non si saprà mai il nome, torna a trovarlo all’ora del tè. Rimasti soli, il protagonista, alla presenza di questo ragazzo, sente le stesse sensazioni di benessere percepite la mattina, in aggiunta ad una forte attrazione mai provata. Il nuovo venuto, quindi, suscita in Clesant tutti quei sentimenti che la malattia gli impedisce di provare. Il ragazzo, inoltre, sembra odiare il dottore che ha in cura il protagonista e che gli ha negato ogni minimo sforzo, fisico ed emotivo. Dopo un primo contatto, il protagonista, impaurito, decide di allontanare il giovane, soprattutto a causa della sua avversione verso il medico e i suoi metodi di cura. Egli gli racconta, infatti, di essere stato al fronte e di essere scampato alla morte solo per essersi rifiutato di farsi curare da quel medico, che aveva fatto morire tutti i ragazzi su cui è riuscito a mettere le mani. La situazione comunque precipita quando sentono arrivare i servitori: il contadino chiede a Clesant di nasconderlo nell’armadio, ma lo sforzo fisico compiuto provoca nel protagonista una crisi; l’ultima cosa che sente dire dai suoi servitori è che nell’armadio non c’è nessuno. Portato in camera sua, in uno stato fra il sonno e la veglia, gli sembra di parlare con la propria malattia e con il giovane che ama, personificazioni di due opposte istanze vitali. Alla fine, di nuovo alcune persone, capeggiate stavolta dal temuto medico Woolacott, stanno per entrare nella stanza e, nuovamente, il giovane amante chiede a Clesant di nasconderlo. Questi lo fa entrare sotto le coperte con sé e, stretto a lui, decide di seguirlo e di andarsene. Quando il dottore entra a visitarlo, lo scopre morto e, guardando la posizione del suo corpo, ricorda la morte di un giovane soldato, colpito da una mina, che aveva tentato di curare al fronte.

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In questo racconto allegorico, ancor più che nei precedenti, i personaggi rappresentano i due mondi contrapposti della realtà e della Fantasia. Vi è, infatti, una dicotomia evidente fra le due dimensioni, che si palesa tramite la contrapposizione fra il giovane contadino e il Dottor Woolacott. La società e tutti i limiti che la contraddistinguono sono riuniti nelle cure e nel modo in cui il medico gestisce la vita del protagonista. Essi, infatti, impediscono a Clesant di vivere: egli non può fare niente, né muoversi, né innamorarsi, né suonare il violino; tutto gli è proibito. La malattia, apparentemente congenita, lo inibisce e lo blocca nei confronti di tutti gli aspetti veramente importanti nella vita dell’uomo. In un certo senso, è possibile vedere questo male come una trasposizione di ciò che la società fa alle persone. Per Forster, la società è come una malattia, che inibisce l’individuo: facendo credere alle persone di avere dei problemi, si presenta come cura, quando, in verità, è la sola ed unica causa di ogni male. La vita che Clesant conduce non è vita, ma come quella di altri personaggi precedenti, è una morte-in-vita. Vivere in questo modo non ha senso, poiché il tempo trascorso non è sfruttato nel giusto modo. È ironico che questa morte-in-vita sia rappresentata proprio da un medico. Il dottor Woolacott non compare se non alla fine, ma è comunque continuamente richiamato all’attenzione del lettore durante la storia; egli è il simbolo della società ipocrita e buonista, che inibisce l’individuo, non facendolo vivere, senza conoscerne davvero i reali bisogni.

Ancora una volta si contrappone al mondo reale della società e dell’educazione quello ultraterreno della Morte. Anche in questa short story è il mondo della morte l’antidoto al male di vivere diffusosi nella società contemporanea. Come in The Other Side of the Hedge, la morte è dunque un’alternativa migliore alla realtà, un posto dove è possibile “vivere davvero” ed essere felici. A rappresentare questo mondo è, come già detto, direttamente un personaggio, il giovane amante del protagonista. Questo giovane, che poi si rivelerà essere la Morte stessa, è la personificazione del dio Hermes. Egli, infatti, è l’unico capace di attraversare i due mondi e di condurre le anime nell’Ade. Hermes, prendendo le sembianze di questo contadino, che era, in realtà, morto al fronte, cerca di far ragionare Clesant, totalmente succube del dottore.

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Stavolta, però, il ruolo che il dio svolge non è solamente quello di guida e il rapporto che stringono è molto più stretto e personale. Il modo attraverso cui convince il protagonista è l’amore: lo stretto ed intimo rapporto fra i due è la goccia che lo fa cedere e lo convince ad andare all’altro mondo. In questo testo è l’amore la chiave di tutto ed è la Morte a darlo al protagonista; nel mondo dell’Oltretomba, Clesant può finalmente vivere, essere felice e libero di amare ed essere amato. Nella realtà tutto questo non è possibile, non solo per il suo essere omosessuale, ma anche perché la rigida educazione impedisce che si stringa un vero, profondo rapporto con l’altro. Non è un caso che Hermes venga a lui sotto le sembianze di un subalterno, un uomo di una classe inferiore; egli, infatti, rappresenta anche quel desiderio di

Only Connect che pervade tutta la poetica forsteriana. Fra i valori forsteriani che

qui si ritrovano, vi è anche l’esaltazione, per quanto contenuta rispetto ai racconti iniziali, di una vita più semplice a contatto con la Natura. Il giovane contadino rappresenta, infatti, anche questo modo di vivere più naturale e genuino; però, non bisogna dimenticare che l’unica realtà alternativa a quella contemporanea è la Morte. Non è un caso che inizialmente l’autore metta in rilievo elementi naturalistici: essi, per quanto veritieri, non riescono a convincere totalmente Clesant, non sono una vera opzione alternativa alla società. L’unico modo per sfuggirle è il viaggio definitivo nel mondo dei morti; la Morte è l’unico modo per essere felici. Se si pensa a racconti quali The Story of the Siren, in cui si metteva in evidenza come il mondo della Natura non potesse apportare alcun cambiamento nella realtà, è possibile vedere in questa short story un passo in avanti nella poetica dell’autore. Non vi è, infatti, alcuna speranza per questo mondo e l’unica vera alternativa al mondo contemporaneo è la morte. In questo testo, Forster mostra come l’unico mondo possibile sia questo: anche il mondo della Natura, come tutto ciò che è veramente importante, si trova nell’Oltretomba.

Altrettanto interessante è il legame fra Hermes, e ciò che rappresenta, e la musica. Clesant è, infatti, un musicista, suona il violino, ma suonare il suo strumento gli è vietato, poiché potrebbe provocargli una crisi per le troppe emozioni. Il violino scoglie le inibizioni e veicola sentimenti ed emozioni; la musica rappresenta dunque un pericolo per la società, suscita emozioni che non devono essere portate alla luce. Non è un caso che, quando il protagonista incontra per la

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seconda volta il dio, cominci a diffondersi per tutta la casa la musica di un violino. Lo strumento sembra, quindi, essere legato a ciò che sta succedendo fra i due nella stanza e ai sentimenti che Hermes suscita in Clesant. Il violino, però, non completa mai una melodia, ma passa da una sonata all’altra, provocando nelle persone un’infinita tristezza; il dolore che trasmette è tale che gli abitanti della casa pensano che sarebbe meglio non averlo mai sentito. Tuttavia, quest’affermazione è erronea e rappresenta uno dei motivi per cui la musica si diffonde: è meglio sentire acutamente un dolore che non sentire affatto. La tristezza e il dolore che la melodia del violino provocano rappresentano l’irrompere delle emozioni nei cuori atrofizzati di chi ha smesso di ascoltare i propri sentimenti. Quando, infatti, le emozioni irrompono in Clesant, provocano in lui forti reazioni, anche di dolore, proprio perché non ha mai permesso a se stesso di abbandonarsi ad esse. Le melodie non finite del violino sono una manifestazione esplicita di ciò che il protagonista prova e attestano la fine del controllo del medico su di lui.

Il mondo della Morte qui descritto dunque non è una tappa nel viaggio dell’esperienza del singolo individuo, come in The Point of It, ma è la destinazione finale per chi desidera vivere davvero, libero, felice e in connessione con gli altri. È l’unica alternativa che l’uomo ha per scappare dallo stato di morte-in-vita a cui la società e l’educazione lo condannano.

97 4.4 The Celestial Omnibus

The Celestial Omnibus costituisce un unicum nel panorama dei testi

narrativi brevi forsteriani. Racconto che dà il titolo alla raccolta del 1911, è l’unica storia in cui è esplicitamente trattato il tema dell’arte e della letteratura.

Il mondo altro che costituisce l’alternativa alla realtà, per coloro che ne sono veramente meritevoli, è qui il mondo della Letteratura e dell’Arte. Forster crea un luogo formato letteralmente da poesia e musica, dai paesaggi mitici descritti in letteratura alle sonate dei più grandi compositori; si tratta di un vero e proprio Paradiso, a cui ognuno vorrebbe assurgere. È per questo che ho ritenuto appropriato inserirlo in questo capitolo; è da ritenere, infatti, un'altra forma dell’Aldilà, un Eden immaginato da chi ama l’arte, soggetto a determinate leggi e destinato solo a pochi. Avallano questa teoria vari riferimenti nel testo stesso: il luogo in cui si arriva è un castello, posizionato su una montagna, sopra le nuvole e vi si accede passando su un arcobaleno; uno dei conducenti, inoltre, parla di un guardiano posto davanti alla porta, che decide chi far entrare, e sotto l’arcobaleno si distende l’Acheronte. Tutto ciò rimanda alle descrizioni topiche di Paradiso e Inferno in letteratura; attraverso questi impliciti riferimenti, quindi, Forster fa coincidere questo mondo ultraterreno della Letteratura e dell’Arte con il Paradiso20. È questo il luogo destinato ai più meritevoli, nella poetica forsteriana; è il Paradiso per coloro che hanno saputo vivere in libertà e comunanza con tutto ciò che li circonda.

Si può perciò parlare, in questo caso, di anastasi: il protagonista, ancora vivo, grazie ai suoi meriti, assurge veramente a un luogo paradisiaco; egli viene fisicamente condotto all’altro mondo, cui solo pochi possono aspirare. Tuttavia, ciò che l’autore richiede per potervi accedere non è ciò che ci si aspetterebbe.

Divisa in tre parti, con una narrazione in terza persona e un uso ricorrente del discorso indiretto libero, è la storia di un ragazzo, ingenuo, curioso e privo di educazione. Nota in un vicolo un vecchio cartello davanti casa, a Londra, che sembra indicare il luogo in cui poter prendere un Omnibus per il Cielo. Chiede spiegazioni e i genitori e l’amico del padre, Mr Bons, gli dicono che è solo uno

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scherzo a cui non deve credere. Tuttavia, il ragazzo, all’alba, incuriosito torna comunque nel vicolo e vede arrivare l’Omnibus celeste; salitovi, viene condotto in un altro mondo, un luogo mitico in cielo, abitato dai più grandi scrittori e dai personaggi dei loro testi. Una volta tornato a casa, però, nessuno gli crede e viene messo in castigo; riesce comunque a convincere l’illustre amico del padre, Mr Bons, a seguirlo una notte. Tornati nel vicolo trovano, come la volta precedente, l’Omnibus e vi salgono. Il ragazzo racconta all’amico del padre delle persone fantastiche che ha conosciuto e con cui si è divertito, ma Mr Bons lo critica per la sua mancanza di educazione, dato che non ha saputo riconoscere nessuno di loro, e gli ordina di lasciar parlare solo lui. Arrivati a destinazione, però, solo il ragazzo riesce a vedere tutto e tutti; Mr Bons, infatti, non vede niente, né è benvoluto dagli abitanti di quel Paradiso. Impaurito da tutto questo, cerca di convincere il cocchiere a riportarlo indietro, ma questi rifiuta; così si butta fuori dalla carrozza e cade da quell’altezza, morendo. Nonostante tutta la sua cultura, quindi, egli non è degno del mondo altro; ha perso di vista i valori più importanti per l’uomo e non è più in grado di apprezzare davvero la letteratura.

Anche in questo testo viene ricreata l’opposizione fra due mondi: la realtà sociale e dell’educazione e il mondo della Fantasia, rappresentato da un Paradiso della Letteratura. Attraverso questo collegamento, Forster cerca, da una parte, di far capire quali siano i valori importanti per l’uomo, e, dall’altra, di mettere in luce il giusto rapporto con l’arte. Il mondo fantastico che viene descritto è l’espressione di ciò che ogni letterato, musicista o artista, desidererebbe vedere; è un paradiso dove l’immaginazione ha un ruolo fondamentale.

The noise had died into the faintest murmur, beneath which another murmur grew, spreading stealthily, steadily, in a curve that widened but did not vary. And in widening curves a rainbow was spreading from the horses’ feet into the dissolving mists. […] The colour and the sound grew together. The rainbow spanned an enormous gulf. Clouds rushed under it were pierced by it, and still ir grew, reaching forward, conquering the darkness, until it touched something that seemed more solid than a cloud. […] The gulf also had cleared, and in its depths threre flowed an everlasting river. One sunbeam entered and struck a green pool, and as

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they passed over he saw three maidens rise to the surface of the pool, singing, and playing with something that glistened like a ring.21

La descrizione di questo luogo favoloso, che si compone, in un certo senso, delle descrizioni di luoghi paradisiaci in opere letterarie precedenti, mette in luce fin da subito l’importanza del dato immaginativo e fantastico. Un luogo del genere si trova solo nei sogni e solo chi può sognare è capace di vederlo. L’arte e la letteratura, quindi, sono strettamente connesse alla Fantasia e alla genuinità, non solo di chi scrive, ma soprattutto di chi legge; senza immaginazione non si possono veramente comprendere. Alla base di questo testo c’è anche questa contrapposizione: non solo si mettono in evidenza i valori forsteriani, come la capacità di vedere il mondo con gli occhi della Fantasia, la libertà dalle rigide regole dell’educazione e la capacità di connettersi con il mondo che ci circonda, ma questi valori, stavolta, vengono applicati direttamente ed esplicitamente all’arte.

Forster esprime qui il significato che dà alla letteratura: essa non è fine a se stessa, ma è strettamente connessa con il mondo che la circonda. Questo concetto viene espresso direttamente nel testo, tramite il personaggio di Dante, qui uno dei conducenti dell’Omnibus, quando si rivolge a Mr Bons: “I am the means and not the end. I am the food and not the life. Stand by yourself, as that boy has stood. I cannot save you. For poetry is a spirit; and they that would worship it must worship in spirit and in truth.”22 La poesia non è quindi un assoluto, ma è un mezzo, un tramite per vivere nel modo giusto, per arrivare a esprimere i valori e a sentire le emozioni fondamentali per l’uomo.

L’approccio di Mr Bons alla letteratura e alla vita è, quindi, totalmente sbagliato; egli ha smesso di immaginare, di vivere e sentire davvero ciò che legge, limitandosi ad un approccio puramente nozionistico. La tragica morte di Mr Bons, a causa della caduta, è dunque emblematica della sua morte spirituale; come dice Judith Scherer Herz, “his punishment is to see and not know how to believe, so atrophied has his library-bound imagination become”23 Mr Bons è l’emblema di tutto ciò che l’autore rifiuta e critica: egli ama il sapere fine a se stesso, usandolo

21 E. M. Forster, “The Celestial Omnibus”, in Collected Short Story, cit., pp. 49-50. 22 Ibidem, p. 58.

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come mezzo per distinguersi dagli altri e sentirsi superiore. Le letture che questi e i genitori del ragazzo hanno fatto non sono dettate dall’interesse personale, ma si inseriscono nel panorama educativo che la società ha previsto per loro. La mancanza di immaginazione e di apertura mentale è dimostrata fin dall’inizio: non sono, infatti, disposti ad ammettere che qualcosa fuori dal loro controllo e dalle loro conoscenze possa esistere. Ciò che per loro è importante è aumentare il profitto. Dimostrazione della loro rigidezza mentale e della totale mancanza d’immaginazione è l’impossibilità finale di Mr Bons a vedere; alla fine, infatti, vengono esplicitate la sua ottusità e ristrettezza mentale, tramite l’impossibilità di vedere il mondo paradisiaco della Letteratura.

A rappresentare i valori dell’autore è nuovamente un ragazzo, un giovane ingenuo e ancora privo di educazione, che si lascia guidare dall’istinto e che si dimostra dotato di un animo sensibile. Quest’ultimo è particolarmente importante, secondo l’autore; infatti, per apprezzare davvero ciò che ci circonda, bisogna avere un animo sensibile, essere capaci di commuoversi per un incredibile spettacolo della natura o di capire e venire incontro a coloro che sono diversi da noi. Egli, per tutte queste caratteristiche, è il predestinato ad andare e vedere l’incredibile mondo a cui conduce l’Omnibus celeste. La storia tratta, quindi, di due opposti viaggi, sia letterali che metaforici: quello del ragazzo, verso l’illuminazione e l’eternità, e quello di Mr Bons, verso l’oscurità e la morte.

Deus ex machina di tutto è, ancora una volta, Hermes stesso. Benché non appaia direttamente, vi sono nel testo evidenti richiami alla divinità. Prima di tutto, egli è l’unico capace di condurre le anime all’altro mondo; non vi è altro dio, nei racconti, capace di farlo. L’Omnibus celeste è, infatti, sotto la sua direzione, come si può evincere dall’avviso presente nel vicolo che “Nor will the Company be responsible for any negligence or stupidity on the part of Passengers, nor for Hail- storms, Lightning, Loss of Tickets, nor for any Act of God.”24. L’ironia presente nell’avviso e l’aver sottolineato come, in questo caso, ogni avvenimento negativo dipenda dai “passeggeri”, rimanda direttamente al dio e al suo modo di traghettare le anime. Sono gli uomini i fautori del loro destino, da loro dipende la capacità di

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riuscita del viaggio; egli porta con sé solo i più meritevoli, come dimostra questa storia.

In questo racconto, svolgono un ruolo soprannaturale non le divinità mitologiche classiche, a parte Hermes, bensì gli scrittori. Sono loro a popolare il mondo altro, a cui può accedere solamente chi lo merita, e a cercare di diffondere i

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