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IL CIMITERO E IL SEPOLCRO

Capitolo 3 I SEGNI DELLA MEMORIA

3.1 L’EF FIGE

L’e ge è una forma di commemorazione del defunto molto an ca, consistente nella ra gurazione della persona, anche in modo di erente rispe o alla realtà, mediante tecniche diverse (dipinto, incisione, scultura, etc.)4. Presen già nella cultura sepolcrale delle tribù sedentarie del periodo neoli co, «le maschere sepolcrali e i crani dipin potrebbero rappresentare i primi ritra e marcare il salto dell’uomo verso l’immagine»5.

Nella civiltà romana il ritra o funerario è legato al culto degli antena : l’espressione ius imaginum, cioè il “diri o delle immagini”, consiste nel privilegio di poter conservare nell’atrio delle domus patrizie, insieme ai ritra dei Lari e dei Pena , le riproduzioni dei vol degli antena

conservate ognuna con nome e  toli del morto.

Il ritra o rappresenta, quindi, l’immagine-ricordo di una persona.

Realizzato, rispe andone le somiglianze, come volto di una singola persona, ma anche come busto o intera  gura, esso consente di mantenerne vivo il ricordo e diventa così «paradigma carico di tensione della mimesis, della

rappresentazione e del ricordo nell’immagine»6. La sua origine è collegata all’elaborazione del lu o e all’esperienza della perdita, con il conseguente desiderio di prolungare il legame con il proprio caro7.

Nelle steli greche, i bassorilievi mostrano delle rappresentazioni convenzionali usate non solo a ricordo del defunto ma, in un dialogo simbolico tra la società contemporanea e la posterità, anche come tras gurazione dei modelli promossi dalla polis. Nel caso di uomini, ad esempio atle o guerrieri, le  gure ne simboleggiano la dimensione civica.

Presso gli egizi e nel mondo etrusco-romano è frequente l’uso di maschere mortuarie non realis che, prodo e in diversi materiali (cera, terraco a, metallo), appoggiate sul cadavere o sull’urna cineraria. Si tra a di una generica rappresentazione usata per conservare convenzionalmente il volto del defunto, un risarcimento simbolico della perdita del corpo reale8. In Egi o sul sarcofago che ne racchiude la mummia, oltre alla maschera, si ritrova la rappresentazione simbolica dell’intero corpo del re. Originaria del mondo etrusco è invece la rappresentazione del defunto, o della coppia di defun , distesi sul sarcofago. Sulla chiusura di alcuni loculi nelle catacombe precris ane si trova incisa una  gura umana rappresentante il defunto in posizione di orante o o erente.

E ancora, nei dipin che decorano le camere sepolcrali, dagli egizi ai romani, vengono rappresentate scene in cui è ra gurato il defunto, come Il defunto

idealizzato

Fig. 3.1.1 – Atene, maschera funeria d Agamennone.

Fig. 3.1.2 – Cairo, sarcofago intermedio di Tutankhamon.

ad esempio il corteo funebre e il momento del passaggio all’al di là.

Dopo un periodo di anonimato delle sepolture, verso l’XI secolo, compaiono, insieme all’epitao, altre forme di rappresentazione idealizzata del defunto: il personaggio in trono su piccole lapidi murali o “tombe in miniatura” e il defunto disteso sulla lastra tombale, né vivo né morto ma beato. Quest’ul ma ra gurazione può essere considerata l’antecedente dei gisant9.

Nel Medioevo, all’interno delle chiese, vengono prodo diversi  pi di

 gure giacen 10, disposte su lastre tombali simili a le funebri, sopra sarcofagi o in arcosoli. I primi gisant, sono a eggia in modo tale da rispecchiare il ruolo sociale del defunto: il re impugna lo sce ro, il vescovo la croce e il cavaliere la spada; oppure in a o di preghiera, con le mani giunte sul pe o o con un libro santo in mano.

Altre volte il defunto è ra gurato semisdraiato appoggiato su un gomito (recumbente), e a volte accompagnato dal libro. Dal XV secolo viene rappresentato il transi11, ovvero il defunto sdraiato nel realismo della putrefazione, di solito con le mani lungo il corpo,  no alla ra gurazione del solo scheletro. Possiamo de nire quest’ul mo  po di immagine una riproduzione realis ca sgradevole di ciò che avviene so o la lastra tombale.

Successivamente la rappresentazione si raddoppia e il monumento, di

Tra l’e ge e il ritra o: il gisant Fig. 3.1.3 – Toulouse Tomba “miniatura” del canonico Aymeric,  ne XIII sec.,

museo degli Augus niani.

Fig. 3.1.4 – Tomba dell’abate Isarn, XI sec., Chiesa Sainte-Foy, Conques, Aveyron.

dimensioni maggiori, viene appoggiato alla parete: il gisant rimane nella parte bassa, mentre al di sopra si svolge la rappresentazione mis ca, il defunto viene allora rappresentato inginocchiato e a volte accompagnato dalla famiglia.

Nell’evolversi della tradizione ar s ca funeraria i de agli assumono sempre maggior rilievo, il ritra o diventa sempre più realis co e ad esso si aggiungono altre  gure,  no ad arrivare alla grande maestosità barocca.

Le tombe di donne, inizialmente molto rare, sono più frequen a par re dal XIV secolo e spesso le ra gurano mentre leggono; quelle dei bambini si trovano solo a par re dal XV e XVI secolo.

Fig. 3.1.5 – Loiret, Gisant di Filippo I, abate di Saint-Benoir-sur-Loire, XIII sec.

Fig. 3.1.6 – Tomba Valenine Balbiani con la doppia rappresentazione: il transi nella parte bassa e il recumbente in a o di le ura nella parte alta.

Nelle sculture veriste che popolano i maggiori cimiteri italiani la minuzia dei par colari, i merle delle sto e, le acconciature e le rughe,  ssano l’immagine della realtà passata come una fotogra a. Oltre al ritra o scolpito sono presen ritra dipin su carta o su lastra di ceramica e, intorno alla metà dell’O ocento, compaiono i primi dagherro pi (1832).

Il ritra o fotogra co, nel quale l’immagine non nasce da una trasformazione ar s ca ma a raverso un disegno della luce, diviene presto la forma del ricordo per eccellenza e rimane tu ora la più di usa. La fotogra a è stata

 n dall’inizio intesa come auto rappresentazione della realtà  ssata in un preciso a mo che, per chi resta, può diventare un piano di proiezione dei ricordi12.

Sulle tombe dei cimiteri o ocenteschi il ritra o funerario di ispirazione classica è molto di uso: la ra gurazione si con gura come ritra o in tondo (imago clipeata), spesso di pro lo, nel quale viene messa in risalto l’acconciatura; oppure come mezzobusto ispirato alla tradizione dei ritra

degli antena ; o inserito in una scena familiare o di commiato in una stele lavorata a bassorilievo. Altre volte viene rappresentato il defunto sul le o di morte, in stre a analogia con i gisant, magari a orniato dalle statue dei famigliari.

Ritra s ca funeraria

Fig. 3.1.7 – Tomba nel cimitero monumentale di Bologna.

A par re dai primi decenni del Novecento in ambito cimiteriale si di onde l’uso della fotoceramica: la fotogra a stampata su una piastra ceramica presenta una maggiore durata nel tempo e resistenza alle intemperie, tanto che questa resta tu ’ora la tecnica più di usa. Nelle lapidi si u lizzano per lo più forma medi e piccoli, nel caso di più res in un stesso loculo o di celle e-ossari, mentre sulle tombe si trovano anche forma

di dimensioni maggiori; le più di use sono ovali, meno frequen quelle re angolari e il colore varia dal bianco e nero, specialmente per le più vecchie, ai toni del seppia e ai colori (a par re dalla metà del Novecento).

Il ritra o post-mortem è una  pologia par colare di ritra o funerario che ha come sogge o la persona subito dopo il decesso13. L’immagine, o enuta a raverso calchi di gesso, cera o per mezzo della fotogra a,  ssa il volto in punto di morte. L’imago, la maschera degli antena , inizialmente in cera, ricavata fedelmente nella  sionomia e nel colorito, dal calco del volto dello scomparso, fu poi sos tuita dai bus in scultura che si ritrovano anche presso le tombe14.

Nei cimiteri o ocenteschi sono spesso presen rappresentazioni del defunto sul le o di morte, magari a orniato dai paren , in cui il tempo sembra essersi fermato al momento dell’ul mo respiro, ma in questo caso Ritra o

post-mortem

Fig. 3.1.8 – Genova, Staglieno, Statue dei monumen sepolcrali Bentley e Whitehead, 1885.

benché i tra soma ci siano verosimiglian la compostezza dell’immagine sembra idealizzare la scena.

La di usione del ritra o post-mortem si ha sopra u o a metà O ocento, dopo l’avvento della fotogra a; si tra a di defun ves  e messi in posa come se fossero vivi15 e, più frequentemente, di bambini tra le braccia dei genitori o stesi nei loro le ni con gli occhi chiusi come se stessero riposando.

Interessante è l’osservazione del  losofo Walter Benjamin, secondo il quale solo le fotogra e dei defun possiedono ancora l’aura delle opere d’arte che si è persa con la riproducibilità seriale o enuta grazie al mezzo fotogra co16.

Dall’esposizione sul le o funebre, alla processione col volto scoperto, alla salma sos tuita da manichini dota di maschera di cera dipinta,  pica dei funerali dei regnan dopo il Rinascimento per perme erne un’esposizione più lunga, è la presenza del defunto che si pone sempre al centro del rito di tu i tempi.

Ancor oggi c’è la consuetudine dell’esposizione del defunto nella bara aperta, durante la “contemplazione” o “veglia”. Nel caso in cui non sia possibile questa forma di auto-rappresentazione, il defunto è ricordato mediante la presenza di una fotogra a incorniciata poggiata sul coperchio

La presenza dinamica e l’elemento sta co Fig. 3.1.9 – Parigi, Muséè d’Orsay, maschera mortuaria di Victor Hugo,

Aimé-Jules Dalou 1885.

Fig. 3.1.10 – Ritra o fotogra co su smalto, 1875.

del feretro chiuso. Inoltre, un ritra o viene spesso collocato sul tavolino accanto al libro delle condoglianze dove vengono apposte le  rme e la tes monianza dei partecipan .

Con la chiusura della bara, l’immagine sta ca dell’e ge è quanto resta della presenza dinamica del defunto nel rito funebre.

Le ra gurazioni scultoree e pi oriche non necessitano di un supporto par colare: i ritra con il volto di pro lo o di tre quar sono inseri in un clipeo che ha funzione di cornice, statue e bus a tu o tondo spesso sono colloca in nicchie o all’interno di una più ampia inquadratura archite onica, per esempio all’interno di una scenogra a scultorea che occupa la specchiatura degli archi del por co o di una galleria.

L’immagine fotogra ca, per contro, presuppone l’uso di un supporto: la cornice portafoto che funge sia da aggancio alla lastra lapidea che da inquadratura all’immagine.