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Ho portato avanti lo studio etnografico di cinque di quelli che chiamo per comodità “gruppi informali” di gioco di ruolo analogico (dal quale ho espunto anche la recente incarnazione di gdr a distanza tramite interfaccia, viste e considerate le diverse tecniche utilizzate e i differenti tipi di affordances ambientali, che conducono ad esperienza totalmente diverse), da abbastanza tempo (circa due anni e mezzo) per riconoscere quali siano casi particolari rispetto a quella che potrei definire una “performance liminoide”,cioè una sessione di gioco di ruolo.

Le cornici spazio-temporali costruite all'interno della sessione tramite la descrizione di azioni o eventi sono costruite a partire da convenzioni che tutti i partecipanti accettano tramite una comune presa di posizione cognitiva : esiste un limen psicologico e comportamentale, suggerito da fattori esterni interiorizzati209, come la definizione dei ruoli, la distanza fisica fra i partecipanti, la presenza di segni o

oggetti e la verbalizzazione degli atti, che ci descrive la natura della performance.

Ora, come ho già ribadito, il limen, più che un muro invalicabile, una torre d'avorio di incomunicabilità, pare più un confine poroso, una membrana, che può disfarsi e riscostituirsi in un attimo: i pori lasciano entrare ciò che serve e lasciano uscire ciò che può risultare dannoso, ma non sempre funziona a dovere. Le scene che ho tratteggiato come introduzione al mio studio etnografico, aiuteranno i lettori a capire la natura quanto mai labile e informale di questo tipo di performances: in entrambi i casi ho ricostruito in senso narrativo-espressivo molte descrizioni , per rendere al meglio il disagio legato alla caduta del “cerchio magico poroso” che ci accoglieva e quanto, in questo sia stato svolto da oggetti, relazioni fra i partecipanti (che si ramificano anche all'esterno della sessione) e informazioni centripete (aventi origine fuori dall'occasione ludica) e centrifughe (che scaturiscono dalle pratiche ludiche ed entrano anche a far parte di discussioni collettive esterne). Il flusso informativo (che altro non è che un “flusso semiotico” simile a un'enciclopedia informativa; v.Eco,1978) lega le singole performance tra loro e queste ultime con una realtà ben più vasta, composta da ulteriori informazioni, ulteriori relazioni (bilanciate o sbilanciate) e ulteriori prodotti culturali, i quali esercitano una influenza enorme sotto il profilo delle “pratiche

ludiche”, quella serie di disposizioni culturalmente sanzionate ed empiricamente fondate che sono le precondizioni essenziali per una buona performance e una immersione ottimale: che deve cioè avvenire come coinvolgimento sinestetico e immaginativo.

Gli oggetti che nella prima scena non potevano comparire ed esercitare la loro potenza “amalgamante” (una capacità sintetica, espressiva e multireferenziale dal punto di vista semiotico , vedasi Turner 1967:29; Tambiah 1968:202), nella seconda scena non erano altro che estensioni di una logica

pubblicitaria e inclusiva generata all'esterno del mondo fenomenologico delle pratiche emergenti che al tavolo stavamo condividendo. Il disagio del setting esterno, una dimensione topologicamente inaffidabile, per le sue aperture, le sue intrusioni e i suoi conflitti, ha reso sterili le enunciazioni performative mie come Master e ha depotenziato la carica immersiva, identificativa degli oggetti (props, nel gergo scenico): le schede dei personaggi che rappresentano la persona nella cornice teatrale viene resa

illeggibile, la plancia con i segnalini che simboleggiano in scala i personaggi non può essere posizionata e rischierebbe di confondersi con un fondale naturale non definito e travalicante, che confonde la lettura di una mappatura dell'immaginario, che può svolgersi quindi solo mediante l'”occhio della mente”. I dadi perdono la loro affidabilità suprema di arbitri per le asperità del terreno che confondono i risultati e rischiano di perdersi: oggetti investiti di un'efficacia quasi magica sui quali si investe emotivamente ed economicamente scompaiono e con loro scompare anche la tensione dell'alea. Gli spazi si restringono a le possibilità fisiche ed ergonomiche diminuiscono, ma aumenta un fastidio e una noia intensa,

proporzionale alla lentezza reattiva del Narratore, il cui compito primario è quello di mantenere lo svolgimento della sessione veloce e fluido, di giocare sui cambi di scena e giostrare le regole anche nelle fasi più complesse (come la transizione tra una fase non gestita a turnazioni o fuori da una fase di

conflitto e una fase a turnazioni tipica delle fasi di conflitto). In un ambiente come quello dell'OPEN lo spazio fisico viene ripartito su tavoli e corridoi accessibili e aperti a interpretazioni condivise da tutti i partecipanti , ma che possono pericolosamente svoltare verso la passività dell'azione subita (le scene preparate in costume sono una forma minima di colonizzazione dell'immaginario fantastico); lo spazio topografico del gioco è qualcosa di estremamente preciso, codificato in fotocopie A4 con disegni renderizzati artisticamente, da accoppiare con uno script stampato da un pdf. Il tempo ben scandito, associato ai compiti prescritti sull'handout, consentono anche grazie all'ambiente raccolto, al numero funzionale di partecipanti di dare un'efficacia “risonante” molto forte agli oggetti (si veda per il concetto di “risonanza degli oggetti” Lemonnier Pierre, HAU:Journal of Ethnographic Theory 4(1): pp.537-548), in questo caso emotiva per molti dei partecipanti che avevano di fronte mappe, disegni, riferimenti artistici, acustici, narrativi a mondi immaginari come quello dei Forgotten Realms, che costituiscono anche il background immaginifico e commerciale delle ultime edizioni di Dungeons&Dragons: l'immaginario dei partecipanti, degli organizzatori viene temporaneamente colonizzato dall'industria culturale produttrice, grazie a una sinergia di pratiche, oggetti e discorsi, nutriti da relazioni di

di due tipi: fra i giocatori sono legami di conoscenza abbastanza forti e consistenti in relazione

all'intensità e alla frequenza (si conoscono le azioni codificate, si è già avuto modo di costruire una serie di motivi comuni), altri a margine possono coinvolgere sia relazioni strette di tipo affettivo che si

scontrano temporaneamente con i legami personali dei giocatori e quindi anche al livello della

performance con i legami diegetici fra personaggi , altri ancora possono costituire legami deboli di mutua conoscenza a breve periodo, comunque ben consapevoli dell'ambito performativo della sessione (le relazioni che si possono sviluppare in tal senso coinvolgono la curiosità e il divertimento associato alla “cultura del tempo libero”). La natura più o meno ufficializzata e pubblicizzata dell'evento fa delle relazioni fra Master, Giocatori e organizzatori una rete labile, ma complessa (perché tesa al fine ultimo del premio) di legami deboli, che possono essere forti solo a condizione di una conoscenza pregressa che avviene nel caso dell'invito (come tra Pietro e Davide e tra Davide e me). Il premio (tokens utilizzabili nel circuito e coppe da condividere e mettere in mostra) potrebbe funzionare efficacemente da “oggetto

risonante” per eventuali sessioni future della League, crea una sequenza storica e relazionale potenziale

fra appassionati e consumatori di eventi e prodotti condivisi e formalizzati tramite punteggi, trance e competizioni.

Per descrivere la mia esperienza sul campo e dare un'impressione completa di cosa significhi in effetti essere un giocatore di ruolo (o, come nel mio caso, tornare ad essere un giocatore dopo molto tempo), ho deciso di creare dei macro-contenitori che formano il mondo fenomenologico totale dell'esperienza ludica del gioco di ruolo analogico:

1. Gli oggetti: inteso, appunto fenomenologicamente come le porzioni di realtà empiriche significative per noi in una data sequenza di spazio e tempo, in termini strumentali, cognitivi, emotivi ed esistenziali; a questi si applicano una serie di pratiche, intese nel loro senso di latrici semi-consapevoli e procedurali di strutture discorsive di potere e conoscenza.

2. Le relazioni: ovvero l'insieme dei legami sociali che si vengono a formare su più cornici cognitive all'interno del limen del gioco e all'esterno, come strutturazione di legami più o meno forti di conoscenza o amicizia e le reti che rendono possibile la sovrapposizione di più gruppi nel tempo e nello spazio.

3. Le informazioni: ossia l'insieme molto ampio di teorie, antropologie, concetti, racconti, discorsi e narrazioni che si applicano al e nel gioco di ruolo, sia all'interno, che all'esterno della

performance. Con questo intendo anche e soprattutto l'insieme degli immaginari culturali impliciti ed espliciti che tanta importanza rivestono nelle “culture contemporanee del tempo libero” (Fine 2012).

Tali macro-contenitori, non sono altro che ausili ermeneutici che ho costruito basandomi sulla raccolta dei dati di campo che ho attuato tra il luglio del 2016 e l'ottobre del 2018, a fasi alterne, all'interno di

cinque gruppi di gioco informali e partecipando a una sessione aperta a tutti della Adventure Leaugue Italia. Altre informazioni, altri dati sono stati raccolti su piattaforme online e tramite la visione di canali di streaming (come Youtube o anche podcast).

Anche se i gruppi di cui ho fatto parte non facevano uso, in generale, di ausili online come forum o pagine Facebook, mi è parso significativo illustrare, in ogni caso anche il riflesso che nei media digitali attuali ha il gioco di ruolo e come la cultura che informava anche le sessioni da me attese, fosse legata a una vasta serie di riferimenti simbolici di natura semiotica

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