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Dov’è finita la Firenze del lavoro? 1

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partire dagli anni ‘70 tuttavia la Toscana è tornata a essere un elemento di focalizzazione sulle varie e possibili alternative dello sviluppo capitalistico, nel momento in cui l’area centro-setten-trionale di questa regione diveniva una delle principali concen-trazioni della produzione manifatturiera nazionale3. La messa a fuoco però si è collocata metodologicamente altrove, fuori della città, nella cosiddetta “campagna urbanizzata” e nelle reti di cen-tri minori4. Firenze non è stata più considerata nella dimensione sociale del suo territorio, ma piuttosto in quanto fattore econo-mico e istituzionale di supporto funzionale allo sviluppo regio-nale (polo di innovazione tecnologica, presidio finanziario, nodo infrastrutturale, centro amministrativo)5. Vale per tutti l’esempio dell’odierno Piano strategico per l’area metropolitana fiorentina, dove il lavoro (non solo quello manifatturiero) è sostanzialmente sfumato e assorbito – nella visione del territorio – in altre cate-gorie interpretative6.

Manca per Firenze una precisa «coscienza dei luoghi» che ne faccia un «soggetto corale», per usare le parole di Giacomo Becattini7. Questa unitarietà resta solo nelle sue reiterate costru-zioni retoriche di cui l’ultima – «la più piccola città globale del mondo», come recita il Piano strategico – è solo la più recente

3.  Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Toscana, a cura di Giorgio Mori, Torino, Einaudi, 1986, in particolare i saggi di Giacomo Becattini e Giuliano Bianchi (pp. 901-1002).

4.  Marco Moroni, Alle origini dello sviluppo locale. Le radici storiche della Terza Italia, Bologna, il Mulino, 2008; Francesco Bartolini, La Terza Italia. Reinventare la nazione alla fine del Novecento, Roma, Carocci, 2015.

5.  Luigi Burroni, Firenze, in “il Mulino”, 2017, 6, pp. 939-942. In controten-denza: Luigi Falossi, Andrea Giuntini (a cura di), I Comuni del Circondario fiorenti-no. Sviluppo economico, società e politica nella seconda metà del XX secolo, in “Ricerche storiche”, 2008, 38, 2; Federico Paolini, Firenze, 1946-2005. Una storia urbana e am-bientale, Firenze, FrancoAngeli, 2014.

6.  http://pianostrategico.cittametropolitana.fi.it/documentazione.aspx.

7.  Giacomo Becattini, La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale, Roma, Donzelli, 2015.

declinazione8. La sua storia postunitaria scritta da Giorgio Spini e Antonio Casali nel 1986 è rappresentativa di questo condizio-namento retorico, se solo si guarda agli equilibri tematici interni del volume. In un certo senso essa anticipa l’attuale volatilizza-zione del lavoro operaio e manuale nella percevolatilizza-zione della città9.

Se tale è il contesto, le conseguenze si vedono anche per il pe-riodo che qui ci interessa. Gli anni ’70 del ‘900 sono stati insieme una conclusione e un inizio, la transizione da un’epoca a un’al-tra10. Per Firenze questo ha voluto dire dimenticare ciò che c’e-ra prima, la città manifatturiec’e-ra, e quanto pesasse il suo passato prossimo nella vita cittadina, compresa la rottura della fine degli anni ‘60. L’opacità del ricordo si avverte proprio nell’aspetto fisi-co e nella gestione fisi-conservativa degli spazi urbani e sub-urbani, dove la presenza della storia industriale è stata completamente annullata negli ultimi trent’anni, senza che nessuna politica della memoria o museale sul lavoro sia mai stata seriamente intrapre-sa e di fatto neppure ipotizzata11.

Rifredi, Lippi, Novoli: chi penserebbe oggi che siano stati quartieri di fabbriche e operai fino a quarant’anni fa12? Chi leg-gesse oggi La costanza della ragione di Vasco Pratolini (1963), am-bientata fra anni ’50 e primi anni ’60 nella Rifredi operaia, cosa

8.  Marcello Verga, Firenze: retoriche cittadine e storie della città, in “Annali di storia di Firenze”, 2006, 1, pp. 209-224.

9.  Giorgio Spini, Antonio Casali, Storia delle città italiane. Firenze, Roma-Bari, Laterza, 1986.

10.  Fiammetta Balestracci, Catia Papa (a cura di), L’Italia degli anni Settanta.

Narrazioni e interpretazioni a confronto, Soveria Mannelli, Rubettino, 2019.

11.  Archeologia industriale e vecchia città. Industria e città oggi, Firenze, Asso-ciazione Industriali di Firenze, 1983; Raimondo Innocenti, Il recupero e la trasfor-mazione delle aree dismesse nel comune di Firenze, Firenze, Scala Group, 2009. Esem-plare il caso delle dismesse Officine Galileo nel quartiere di Rifredi; Marco Dezzi Bardeschi, Franco Foggi (a cura di), Le Officine Galileo. La filigrana, i frammenti, l’oblio, Firenze, Alinea, 1985.

12.  Andrea Aleardi, Corrado Marcetti (a cura di), Firenze verso la città moder-na. Itinerari urbanistici nella città estesa tra Ottocento e Novecento, Fiesole, Fondazio-ne Michelucci, 2013, pp. 120-132.

ritroverebbe di quel contesto umano e culturale e di quel clima sociale? Cosa è rimasto una volta persi i ritmi quotidiani scanditi dalla sirena della fabbrica fiorentina per eccellenza, le Officine Galileo; una volta dimenticato l’andare in centro inteso come an-dare in città; una volta scomparso il rapporto ancora aperto fra area urbanizzata e campagna; una volta superato il diaframma della linea ferroviaria verso Novoli e il Lippi; una volta attenua-ta fino a scolorarsi la competizione per il controllo dell’identità operaia del quartiere fra la grande Società di Mutuo Soccorso, la Fondazione Lavoratori Officine Galileo (Flog, centro ricreativo e assistenziale promosso dai dipendenti della fabbrica) e l’Opera della Madonnina del Grappa, fondata da Don Facibeni13?

Chi scrive è cresciuto a Rifredi e ancora fino ai primi anni ’70 era così, anche se il quartiere stava già perdendo la sua identità omogenea divisa fra lavoro di fabbrica e residenza operaia. Dopo la svolta economica e sociale degli anni ’80 e ’90, di quello che c’era prima a nord e a ovest della città di Firenze, nell’ambito co-munale – da San Jacopino (Officine Grandi Riparazioni delle fer-rovie) alle grandi e medie fabbriche di Novoli e Rifredi –, adesso non è rimasto praticamente più nulla, se non lo stabilimento soli-tario del Nuovo Pignone al Lippi, in una Firenze ormai terziariz-zata. Quanto di industria fiorentina è sopravvissuto alla “grande trasformazione” di fine ‘900, è stato in gran parte esternalizzato nella piana a ovest.

13.  Di cui possiamo trovare qualche traccia storiografica: Luigi Tomassini, L’associazionismo culturale e ricreativo. Le Case del Popolo a Firenze (1945-1956), in Pier Luigi Ballini, Luigi Lotti e Mario G. Rossi (a cura di), La Toscana nel secondo dopoguerra, Milano, FrancoAngeli, 1991, pp. 929-970; Beatrice Tanzini, Modelli di educazione e formazione nell’opera di Don Facibeni (1924-1969), Firenze, CET, 2000;

Angelo Nesti, Luigi Tomassini, Cento anni di istruzione industriale a Firenze. Storia dell’Istituto Tecnico Leonardo Da Vinci, Firenze, Polistampa, 2003; Alfredo Mazzoni, Storia della FLOG. Dalla sua costituzione al 1971, Firenze, FLOG, 2005.