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Tra forme di controllo e sublimazioni conflit- conflit-tuali: gli anni Cinquanta

ro nel confitto sociale il nesso tra fabbrica e territorio. Non solo:

vuol dire anche uscire da una lettura meramente operaistica e sindacale, evidenziando parimenti il ruolo di imprenditori, poli-tici e delegati per corroborare l’analisi del rivendicazionismo con riferimenti di natura economica e occupazionale16. Di conseguen-za, cercherò di valutare l’evoluzione di questi fattori muovendo dalle dinamiche di conflittualità che presero forma in Lucchesia tra la seconda metà degli anni Cinquanta e il 1963.

2. Tra forme di controllo e sublimazioni

di matrice angloamericana: presieduta dallo scozzese James Hen-derson, la Cucirini Cantoni Coats promosse la fondazione di uno Sporting Club e di nursery adiacenti all’azienda, istituendo premi di buon servizio legati a criteri disciplinari. Misure importanti e ben viste dalle maestranze, eppure – come ricordato in Consiglio comunale da Arturo Pacini, tra i leader della Cisl lucchese – di-stanti dalle «altre cose chieste in favore di quei dipendenti»18.

Le emergenze sottolineate da Pacini erano due: quella sala-riale e quella relativa alla salute di fabbrica. La prima era emersa con forza dai risultati delle due Inchieste parlamentari sulla mi-seria e sulla disoccupazione (1953-1954). Focalizzando l’attenzio-ne sull’industria tessile lucchese e sul divario tra introiti e salari, la relazione della Camera di commercio industria e agricoltura di Lucca aveva infatti ricostruito un perimetro socioeconomico che, ad un andamento produttivo positivo, continuava a contrappor-re manodopera a basso costo:

L’intero complesso produttivo del settore tessili è costituito […] da 60 stabilimenti, nei quali risultano mediamente occupate oltre 7.000 unità lavorative in massima parte di sesso femminile. Grande rilievo assumo-no gli stabilimenti per la filatura del cotone, di cui il principale è quello della S.A. Croce Piaggione e quelli per la produzione dei filati cucirini, di cui il più importante, anche in sede nazionale, è quello della Cucirini Cantoni Coats (4.179 operai). Quest’industria si è da tempo attrezzata secondo i più recenti progressi della tecnica e le più moderne esigen-ze produttive. Ha avuto, inoltre, la possibilità di un buono sviluppo in quanto ha potuto usufruire di condizioni vantaggiosissime per quanto attiene al costo di mano d’opera, abbondante sul posto e in prevalenza femminile, ma in questi ultimi anni il beneficio originario tende man mano a scomparire per il fenomeno dell’appiattimento dei salari e per vari oneri riflessi che accompagnano le retribuzioni operaie.19

18.  Archivio comunale di Lucca (ACLu), Registro dei verbali delle deliberazioni del Consiglio comunale, 2 luglio 1953.

19.  Unione Italiana delle Camere di Commercio Industria e Agricoltura, L’economia delle provincie e il problema della disoccupazione. Raccolta delle monografie

Il problema principale riguardava comunque le condizioni di lavoro. E il caso più indicativo, anche in questo campo, concerne-va la Cantoni: secondo i dati dell’Istituto nazionale per l’assicu-razione contro le malattie del 1953, su «4.039 dipendenti si erano avuti 4.216 casi di malattia, di cui 43 casi di squilibrio mentale, 103 casi di squilibrio del sistema nervoso e 1.953 dell’apparato respiratorio»20. Ancora più complesso si rivelava il piano su cui operavano le multinazionali: le scelte strategiche che riguar-davano la Cucirini Coats, ad esempio, venivano prese lontano dalla provincia, protese a riflettere interessi estranei al funzio-namento del meccanismo produttivo zonale e alle sue esigenze di sviluppo21. Non stupiva perciò il modo in cui Aris Accornero sceglieva di descrivere il presidente James Henderson, definen-dolo un «riformista in casa e un reazionario in colonia»22: in ma-teria di investimenti le scelte operative che la Coats consentiva alla consociata Cucirini risultavano sì flessibili, a patto però che – considerata la doppia tassazione sull’utile – fossero in grado di assicurare una redditività minima più alta di quella richiesta in Gran Bretagna.

La partita si giocava su equilibri incerti. Attorno alle mani-fatture tessili si sviluppava gran parte del tessuto produttivo della Lucchesia: la circolazione monetaria garantita dalle picco-le-medie imprese non si rifletteva solo sui terzisti, ma alimentava anche un indotto economico che racchiudeva numerose attività legate al commercio e al terziario. Allo stesso tempo, la diminu-zione di forza lavoro che aveva coinvolto la Cucirini Cantoni Co-ats (tra il 1951 e il 1961 le maestranze erano passate da 4.600 a

compilate dalle Camere di Commercio Industria e Agricoltura per conto della Commis-sione parlamentare d’inchiesta sulla disoccupazione, Roma, Casa Editrice Macrì, 1953, pp. 700-701.

20.  Oreste Marcelli, Per ogni operaia della Cucirini di Lucca il signor Henderson guadagna 2700 lire, in “L’Unità”, 6 settembre 1955.

21.  Cfr. A. Cecchella, L’industria, cit., p. 17.

22.  Aris Accornero, La riscossa operaia arriva in Lucchesia, in “L’Unità”, 24 ottobre 1963.

3.500)23 non era affatto riconducibile a un ribasso degli introiti, bensì all’introduzione di macchinari tecnologicamente avanzati per la produzione di nuove fibre sintetiche e artificiali; i prezzi contenuti e la maggiore duttilità di queste ultime le rendevano ormai le preferite dai consumatori, aprendo nuove frontiere sul Mercato europeo comune a un settore condizionato dalla stagna-zione delle fibre tradizionali24. Ben noti alle forze sindacali luc-chesi, questi fattori contribuirono a segnare forme rivendicative più «economicistiche» che politiche, generando contrasti interni e limiti frazionistici che, come confermava il rapporto del IX Con-gresso della Federazione comunista della Versilia, erano emersi anche nell’altra metà della provincia25. Tre anni prima, terminate in un fallimento le lotte per le retribuzioni dei cavatori di Pietra-santa e per la revisione dei cottimi negli stabilimenti tessili della Lucchesia, anche il segretario della Camera del lavoro di Lucca Sergio Gigli aveva osservato come la «burocrazia della Federa-zione non [avesse] ancora consentito di fare nulla verso le fab-briche» e quanto la «perdita di voti alla Cantoni [configurasse]

il segno della mancanza di dirigenti sul posto e del sindacato»26. Eppure, mentre nel breve periodo queste difficoltà operative non consentirono di convogliare le problematiche salariali verso

23.  Cfr. Aldo Cecchella, Il declino industriale nelle province di Lucca, Pisa e Livorno, Pisa, Centro Studi Economico-Finanziari tra le Province di Livorno, 1995, p. 34. La forza lavoro in esubero convogliò verso i calzaturifici di Segromigno e le cartiere.

Nel mentre, sempre più abitanti della Media Valle avevano iniziato a spostarsi verso Lucca in cerca di maggiori opportunità di guadagno: alla fine degli anni Cinquanta, la popolazione attiva in agricoltura era scesa dal 31,7% di inizio decennio al 20,7%.

24.  Cfr. Giovanni Luigi Fontana, Walter Panciera, Giorgio Riello, The Italian Tex-tile Industry: technology, labour and innovation, 1650-2000, in Lex Heerma van Voss, Els Hiemstra-Kuperus, Elise van Nederveen Meerkerk (eds.), The Ashgate Companion to the History of Textile Workers, 1650-2000, Ashgate, Aldeshot, 2010, pp. 275-304.

25.  AIsrec, fond. Pci, ser. 1, sez. I, b. 1, Tesi IX Congresso. Rapporto di attività del Comitato Federale della Federazione Comunista della Versilia, Viareggio, 23 no-vembre 1959.

26.  Ivi, V Congresso della Federazione del Partito comunista di Lucca, Viareggio, 1-2 dicembre 1956.

forme di lotta più strutturate, l’emergere di nuovi fermenti so-ciali permise alla sinistra sindacale lucchese di trovare nel 1963 un punto di contatto con le maestranze. Certo, non si trattò di un fattore relegabile alla sola Lucchesia: nelle pieghe del biennio 1963-64 sono infatti individuabili tanto gli esiti quanto le radi-ci dei conflitti successivi, nonché la formulazione di spinte dal basso destinate a segnare il 1969 e a dialogare con le peculiarità politiche ed economiche del paese. Stando a Lucca, non si trattò neppure di un avvicinamento ideologico: in termini più chiari, gli operai e le operaie trovarono nella Cgil una voce in grado di amplificare insufficienze retributive ormai ineludibili. Ad ogni modo, fu proprio il persistere di condizioni deficitarie ad alimen-tare il malcontento nei reparti, specialmente dopo i licenziamenti disciplinari che nella seconda metà degli anni Cinquanta coin-volsero la Smi di Fornaci di Barga, il Cotonificio Oliva e le Offi-cine Lenzi.