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Gli anticorpi quali nuovi agenti antimicrobici

Gli anticorpi (Ab) o immunoglobuline (Ig) sono glicoproteine utilizzate per diverse applicazioni biotecnologiche, mediche e di ricerca di base, grazie alla loro elevata specificità che permette loro, potenzialmente, il riconoscimento di ogni tipo di molecola bersaglio. Negli ultimi decenni, gli Ab sono emersi come una nuova classe di agenti terapeutici antigene (Ag)-mediati in diversi ambiti clinici, inclusi oncologia, malattie infettive, infiammazione cronica, malattie autoimmuni e cardiovascolari e trapianti (215). Gli Ab si sono evoluti nei vertebrati come un sofisticato e versatile meccanismo di difesa dell’ospite nei confronti dei patogeni (216). La peculiare architettura molecolare eterodimerica è responsabile delle loro specifiche caratteristiche fisico-chimiche e funzionali. In molte specie animali, come mostrato in Figura 11, gli Ab esistono come una o più copie di una unità tetramerica a forma di Y composta da quattro polipeptidi, due catene pesanti (H) di circa 450-550 amminoacidi e due catene leggere (L) di 250 amminoacidi, legate da ponti disolfuro. Le catene H e L sono composte da regioni variabili (VH e VL) e costanti (CH e CL) ripiegate in unità funzionali chiamate domini, rispettivamente coinvolte nel riconoscimento dell’Ag e nelle funzioni effettrici. VH e VL sono composte da 110-130 amminoacidi, differiscono in sequenza negli Ab prodotti da linfociti B diversi e formano due siti di legame dell’Ag, uno all’estremità di ciascun braccio dell’Ab. Ciascuna VH e VL è suddivisa in tre regioni determinanti la complementarietà (CDR), altamente variabili in sequenza e lunghezza (L1,2,3 e H1,2,3) ed in quattro regioni cornice (FR1,2,3,4) con sequenza amminoacidica più conservata. Mentre i CDR vengono direttamente a contatto con il determinante antigenico o epitopo, le regioni FR formano una struttura a foglietto β che agisce come una impalcatura per mantenere i CDR nella giusta posizione di interazione con l’epitopo attraverso legami deboli, così da assicurare la specificità di legame (217, 218).

Un Ab bivalente monomerico può essere scisso dall’enzima papaina, generando due identici frammenti monovalenti di legame per l’Ag (Fab) e un frammento cristallizzabile (Fc) determinante la classe anticorpale (isotipo), responsabile di alcune rilevanti attività biologiche dell’Ab, in parte attivate dopo che il Fab si è legato al suo corrispondente Ag. Fc può influenzare la distribuzione tissutale dell’Ab, la capacità di attraversare la placenta, il trasporto nelle secrezioni, l’emivita nel siero, l’attivazione del pathway del complemento e il legame differenziale a vari tipi cellulari.

41 Figura 11. Struttura di un anticorpo. Un Ab ha una forma a Y e presenta due siti identici di legame per l’Ag, uno su ogni braccio della Y. (A) Disegno schematico di una tipica molecola di Ab. La proteina è composta da quattro catene polipeptidiche (due catene pesanti e due catene leggere) tenute insieme da legami disolfuro. Ogni catena è costituita da diversi domini differenti, ombreggiati in blu o grigio. (B) Disegno a nastro di una singola catena leggera. In evidenza in rosso i CDR (Figura 4-27 Essential Cell Biology © Garland Science 2010).

Le differenze strutturali nei siti di legame per l’Ag (paratopi) sono responsabili della specificità e affinità dell’Ab, ossia dello specifico riconoscimento del relativo determinante antigenico e della forza dell’interazione. La regione C, tuttavia, influenza la struttura secondaria dei siti di legame per l’Ag ed i parametri cinetici e termodinamici della loro interazione con l’Ag. Pertanto, identiche regioni V possono differire nel legame per l’Ag, nella fine specificità e nel riconoscimento idiotipico (Id) a seconda dell’isotipo dell’Ab (219).

La capacità degli Ab di riconoscere centinaia di miliardi di differenti epitopi è essenzialmente dovuta agli speciali processi di diversificazione di un limitato numero di geni codificanti gli Ab durante lo sviluppo dei linfociti B. Le regioni V sono codificate da diversi set di segmenti genici, variabile (V), di giunzione (J) e di diversità (D), mentre le regioni C sono codificate da un più limitato numero di geni. Durante l’iniziale differenziazione dei linfociti B nel midollo

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osseo, i segmenti genici VDJ codificanti VH ed i geni codificanti VL e JL, precedentemente dispersi lungo il genoma, sono riorganizzati in modo ordinato prima nei linfociti pro-B poi nei pre-B (220). Infine, le regioni V e C sono unite insieme e l’Ab è espresso sulla superficie cellulare come recettore dei linfociti B per generare il repertorio anticorpale primario. Questo assicura la generazione di più di 107 Ab specifici e consente ai linfociti B di evitare l’apoptosi e di migrare verso gli organi linfoidi secondari, dove possono produrre Ab IgM a bassa affinità. Dopo l’incontro con i corrispondenti Ag, i linfociti B sono stimolati ad iniziare un processo di maturazione caratterizzato da proliferazione, differenziazione e migrazione verso la zona oscura dei centri germinali. A questo stadio, i linfociti B attivati possono esprimere in grande quantità citidin-deaminasi indotta dall’attivazione (AID), avviando così una ulteriore processazione molecolare dei geni Ig che può aumentare la variabilità degli Ab e l’efficienza della risposta umorale. Il danno iniziato da AID è processato da diversi meccanismi, che sono particolarmente soggetti ad errori e possono introdurre mutazioni puntiformi e sostituzioni di amminoacidi nelle regioni V, determinando ipermutazione somatica. Solitamente sono selezionati cloni di linfociti B ad elevata affinità, che producono Ab mutati con elevata affinità per l’Ag. Successivi cicli di mutazione e selezione possono essere responsabili del progressivo aumento di affinità dell’Ab, un fenomeno chiamato “maturazione dell’affinità”

(221-223). Nei linfociti B centroblastici, meccanismi simili mediano il cambio di classe immunoglobulinica (switch isotipico), conferendo un nuovo isotipo e nuove caratteristiche funzionali all’Ab senza alterarne la specificità per l’Ag (224, 225).

Anticorpi ed immunoprotezione

In fase di differenziazione terminale in plasmacellule, i linfociti B acquisiscono la capacità di produrre e secernere elevati livelli di Ab secretori o sierici che, a seconda di quantità, specificità ed isotipo, possono giocare un rilevante ruolo nella immunoprotezione.

Interferendo con il legame al recettore e con l’ingresso nella cellula, gli Ab possono neutralizzare agenti infettivi e fattori microbici, come virus e esotossine, evitando così la cito-patogenicità/tossicità. Gli Ab possono anche interagire con le adesine associate alla virulenza, prevenendo la colonizzazione. Sebbene la protezione dalle infezioni dipenda da una complessa interrelazione tra i differenti rami del sistema immunitario innato e adattativo, gli Ab possono giocare un ruolo cruciale. Questa evidenza è attestata dall’immunoprotezione acquisita dal feto grazie al trasferimento materno di IgG attraverso la placenta o dagli effetti terapeutici e di profilassi ottenuti negli adulti attraverso la somministrazione passiva di Ab.

Significativamente, l’efficacia clinica di tutti gli attuali vaccini (poliomielite, difterite, tetano e altri) è basata sulla stimolazione della produzione di Ab neutralizzanti secretori o sierici.

43 Dopo il legame, alcuni Ab catalitici (CAb) possono catalizzare reazioni chimiche coinvolgendo l’Ag come substrato o promuovendone la scissione. CAb naturali sono stati rilevati in individui sani o prevalentemente in pazienti affetti da malattie autoimmuni e sembra possano giocare un ruolo nella protezione nei confronti delle infezione e molecole tossiche endogene o nella patogenesi di malattie autoimmuni (226).

Una volta che il Fab lega l’Ag, alcuni Ab possono essere proteggenti reclutando, attraverso la loro porzione Fc, altre componenti del sistema immunitario, quali complemento, fagociti e/o cellule natural killer (NK). Così, l’intervento degli Ab può determinare differenti effetti antimicrobici e antivirali, quali neutralizzazione, aumentata fagocitosi, uccisione all’interno dei fagociti, aggregazione, rimozione facilitata dei patogeni dalla circolazione, citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC), citotossicità dipendente dal complemento (CDC), che possono determinare l’esito dell’interazione ospite-patogeno (227, 228). Inoltre, la dimostrazione che Ab monoclonali (mAb) diretti nei confronti di diversi patogeni intracellulari batterici e fungini sono proteggenti, suggerisce che gli Ab possano facilitare la risposta immunitaria cellulo-mediata nei confronti di questi patogeni, promuovendo uptake, processamento e presentazione per una rapida attivazione dei linfociti T (229, 230).

Anticorpi microbicidi

Più recentemente è stata rilevata una attività microbicida diretta come nuova funzione degli Ab, suggerendo l’esistenza di una famiglia di Ab con attività antibiotica, chiamati

“antibiocorpi” (231). Paradigmatici tra di essi sono Ab microbicidi rappresentanti l’immagine interna del sito attivo di una tossina killer prodotta dal lievito Pichia anomala (PaKT), caratterizzata da un ampio spettro di attività antimicrobica, comprendente microrganismi patogeni eucarioti e procarioti. Antibiocorpi o Ab killer (KAb) sono stati rilevati in diverse condizioni sperimentali e naturali. In seguito a vaccinazione idiotipica (Id) parenterale o intravaginale con un mAb neutralizzante PaKT (mAb KT4), KAb anti-Id sierici o secretori sono stati prodotti in differenti modelli animali (coniglio, topo, ratto). I KAb anti-Id purificati per affinità con mAb KT4 sono candidacidi in vitro e conferiscono immunoprotezione passiva nei topi nei confronti di candidosi sistemica e vaginale, suggerendo che l’immunizzazione Id possa essere un potenziale approccio vaccinale (232). Significativamente, i KAb sono stati anche rilevati in fluidi vaginali animali e umani in seguito a infezioni sperimentali o naturali da parte di cellule di C. albicans recanti il recettore per PaKT (PaKTR), costituito da β-1,3-D-glucano. Sebbene la loro rilevanza clinica debba ancora essere valutata, i KAb potrebbero essere parte del repertorio anticorpale prodotto in seguito a infezione o immunizzazione con microrganismi dotati di PaKTR; il loro rilevante coinvolgimento nella

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immunoprotezione può essere attestato dalla significativa protezione anti-Candida realizzabile dal loro trasferimento passivo ad animali naїve (233). I KAb anti-Id, anche in formato monoclonale (mAb) o ricombinante (rAb), sono capaci di competere con PaKT per il legame a PaKTR sulle cellule microbiche, di esercitare un’attività microbicida ad ampio spettro in vitro e una significativa attività terapeutica nei confronti di infezioni sperimentali quando trasferiti passivamente ad animali naїve normali o immunodeficienti (234-240).

L’attività microbicida in vitro dei KAb può essere neutralizzata specificamente da mAb KT4 e da laminarina, un β-1,3-D-glucano solubile, suggerendo che un β-glucano simile possa essere coinvolto, interamente o in parte, o agire come un surrogato mimetico della struttura di PaKTR. In C. albicans, i PaKTR della parete cellulare appaiono preferenzialmente espressi sulla superficie delle cellule gemmanti e particolarmente sui tubuli germinativi, dove i β-1,3-D-glucani sono temporaneamente esposti durante la neo-sintesi della parete cellulare (241).

Il ruolo immunoprotettivo degli Ab anti-β-glucano è stato confermato (242-244). Ab ottenuti dall’immunizzazione con un vaccino costituito da laminarina coniugata al tossoide difterico sono proteggenti nei confronti di candidosi vaginale e sistemica e di aspergillosi disseminata.

Ab anti-β-1,3-D-glucano policlonali e monoclonali mostrano un’attività fungicida in vitro ad ampio spettro, comprensiva di C. albicans, Aspergillus fumigatus e Cryptococcus neoformans, e conferiscono una protezione passiva quando trasferiti ad animali non immunizzati (243, 244).

Anticorpi e loro ingegnerizzazione

La peculiare genetica, l’architettura modulare ed i progressi tecnologici hanno permesso la manipolazione e l’ingegnerizzazione molecolare di Ab per la generazione di nuovi potenti strumenti, principalmente per scopi terapeutici. La produzione di mAb murini anzitutto consente di avere a disposizione Ab caratterizzati da assoluta riproducibilità, specificità e illimitata disponibilità (244). I mAb murini rappresentano anche un prezioso strumento per la ricerca di base e, nei laboratori clinici, per scopi terapeutici e diagnostici. Considerato che la tradizionale tecnologia degli ibridomi è un processo molto lungo e laborioso, nuove strategie alternative sono state utilizzate per semplificare e aumentare la produttività della produzione di mAb, come l’automazione nella produzione di ibridomi, la generazione di mAb senza l’utilizzo di ibridomi e saggi di microarray di Ag per lo screening di Ab (245).

Per superare alcune limitazioni terapeutiche, i mAb murini sono stati umanizzati attraverso diversi approcci. I domini C sono stati rimpiazzati dai corrispondenti domini C umani generando Ab chimerici, CDR murini sono stati trapiantati in Ab umani o mAb umani sono

45 stati direttamente prodotti in topi transgenici (246, 247). Queste strategie hanno portato a una significativa riduzione dell’immunogenicità anticorpale e, conseguentemente, della risposta anti-Ab dell’ospite, che può indurre reazioni avverse e limitare in modo critico l’efficacia terapeutica.

Anticorpi ricombinanti

Lo sviluppo delle tecnologie di “display” del DNA ricombinante (phage-, ribosome-, yeast-, bead-display) e la disponibilità di vari sistemi di produzione cellulari (batteri, lieviti, funghi filamentosi, linee cellulari, animali e piante transgenici) hanno permesso l’ingegnerizzazione degli Ab dimensionandoli in frammenti più piccoli. Pur conservando la specificità per il target dell’intero Ab, questi frammenti possono essere prodotti più facilmente e in modo più economico per applicazioni diagnostiche e terapeutiche (248-251). In particolar modo, il phage-display e l’espressione funzionale in E. coli hanno consentito la generazione di librerie e la selezione di frammenti anticorpali, proponendosi quale metodo più potente per produrre Ab ricombinanti. Una sovrabbondanza di frammenti e molecole derivati da Ab sono stati prodotti in differenti formati, caratterizzati da differente peso molecolare, affinità, specificità e valenza (252-256). Molti di loro, privi della regione Fc, sono carenti delle funzioni effettrici, mentre mantengono la specificità per l’Ag dell’intero Ab.

Uno dei formati più consolidati è il frammento variabile a singolo filamento (scFv), la cui dimensione è essenzialmente ridotta alla parte dell’Ab legante l’Ag. Le catene VH e VL sono legate insieme da un connettore polipeptidico flessibile (linker) che previene la dissociazione e facilita il loro appaiamento, permettendo che l’originale specificità di legame per l’Ag sia mantenuta in un singolo polipeptide. La generazione e la selezione dei scFv e di altri rAb consente il simultaneo recupero del DNA codificante il frammento anticorpale selezionato, che può essere facilmente sequenziato e mutato allo scopo di migliorare il legame per l’Ag o altre caratteristiche. Per superare alcune limitazioni connesse alla monovalenza delle molecole derivate dagli Ab, i scFv sono stati direttamente cross-legati in formati multimerici (diabody, triabody o tetrabody) o mediante due domini C (minibody). L’ingegnerizzazione ha aumentato l’affinità funzionale e l’avidità o anche ampliato la specificità degli Ab ricombinanti, mediante il legame di molecole con la stessa o differente specificità di legame, come nei diabody bi-specifici e i Fab, e migliorato le loro caratteristiche fisico-chimiche, come la farmacocinetica, principalmente a causa dell’incremento del peso molecolare.

Le osservazioni che in alcune specie animali (camelidi e squali) e in alcune malattie umane possono essere prodotte catene H o domini VH o VL isolati che esibiscono ancora le proprietà di legare l’Ag, hanno portato alla produzione di piccoli frammenti leganti l’Ag, chiamati

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domini anticorpali (dAb). Rispetto agli Ab, i dAb, costituiti dai tre CDR capaci ancora di conferire specificità ed elevata affinità di legame con l’Ag, mostrano solitamente proprietà biofisiche favorevoli, quali solubilità e stabilità alla temperatura, e sono stati proposti per scopi terapeutici (257). A causa della frequente tendenza ad aggregare, dei bassi livelli di espressione, della scarsa solubilità e stabilità, si è tentato di rendere i dAb umani e murini simili a quelli dei camelidi, rimpiazzando ad esempio alcuni residui critici con quelli frequentemente trovati nei domini VHH dei cammelli, e estendendo la lunghezza dei loop dei loro CDR H3, per aumentarne stabilità, solubilità ed espressione in cellule di mammifero (258).

Differenti rAb sono stati ulteriormente ingegnerizzati mediante legame ad una vasta gamma di altre molecole, come radionuclidi, farmaci citotossici, tossine, enzimi e liposomi. La coniugazione può comportare importanti funzioni ausiliarie principalmente deputate ad aumentare l’efficacia terapeutica e la distribuzione ottimale nei tessuti bersaglio evitando effetti collaterali indesiderati (259-261). La dimensione inferiore rispetto agli Ab interi può conferire agli rAb alcune rilevanti proprietà, quali riconoscimento come bersaglio di epitopi critici difficili da raggiungere per l’intero Ab, miglior penetrazione nei tessuti con una specifica distribuzione delle molecole terapeutiche, riduzione della vita media in vivo quando è essenziale una rapida clearance, effettiva espressione intracellulare (come intrabody) o facilitata internalizzazione (come transbody) per bloccare o modulare la funzione di molecole bersaglio in diversi compartimenti intracellulari (262-264). A causa della mancanza delle porzioni Fc e del relativo riciclo mediato da recettore, nei mammiferi i rAb hanno una emivita in circolo molto breve e sono soggetti a filtrazione renale. Una loro prolungata emivita plasmatica può essere ottenuta mediante pegilazione, coniugazione ad albumina sierica e fusione ad altre regioni Fc o a regioni C complete. Principalmente per la terapia del cancro, la fusione a lipidi o a enzimi può essere usata per dirigere i liposomi trasportanti il farmaco o per attivare pro-farmaci, rispettivamente (265).

Sebbene la maggior parte dei rAb non abbiano la porzione Fc, molte IgG approvate come Ab terapeutici l’hanno conservata e agiscono mediante ADCC e CDC. Così, l’ingegnerizzazione della regione Fc, come ad esempio razionale selezione e mutazione delle Fc da inserire nelle molecole finali, è stata usata per modulare le proprietà farmacocinetiche e le funzioni effettrici degli Ab terapeutici (256, 266). Inoltre, IgG intere non glicosilate della specificità desiderata sono state espresse in E. coli legate alla membrana interna, permettendo un’appropriata selezione come Ab “E-clonali” (267). Complessivamente, Ab caratterizzati da

47 elevata specificità e plasticità sono sempre più considerati come agenti terapeutici o prototipi di nuovi farmaci.

Anticorpi come farmaci

L’uso degli Ab come agenti terapeutici risale alla fine del diciannovesimo secolo, quando la somministrazione di siero immune cominciò ad essere usata per proteggere uomo ed animali da una varietà di malattie infettive, come il tetano e la difterite (268, 269). Lo sviluppo degli antibiotici, la difficoltà nella produzione e somministrazione degli Ab e, in particolar modo, i significativi effetti collaterali associati alla sieroterapia, incluse le reazioni allergiche e le malattie da siero, portarono ad abbandonare ampiamente la terapia basata sugli Ab. Tuttavia, Ab policlonali, ottenuti in genere da donatori umani o animali iperimmuni, sono ancora usati in medicina, in particolare per la neutralizzazione di virus e tossine batteriche, per la terapia sostitutiva in pazienti con deficit di Ig, per il trattamento di alcune emergenze mediche, quali avvelenamento da morsi di serpente o punture di ragno ed intossicazione da digossina, digitossina e tossine vegetali, per i quali è assolutamente necessaria una immunoprotezione immediata. Per ridurre al minimo l’antigenicità della regione Fc, gli Ab da animali iperimmuni sono spesso digeriti con proteasi e i Fab purificati usati al posto dell’Ab intero (270).

L’avvento delle tecnologie basate su mAb e rAb ha portato a una rinascita delle terapie basate sugli Ab, per lo più al di fuori del campo delle malattie infettive (271). In particolare, la crescente conoscenza dei principali pathway cellulari nell’induzione e nella progressione dei tumori, nonché in immunologia, ha portato all’approvazione di vari mAb non modificati o ingegnerizzati per il trattamento del cancro, di malattie autoimmuni, di rigetto del trapianto e di altre condizioni cliniche. Nel giugno 1986, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il primo mAb non modificato (Orthoclone OKT3, Muromonab-CD3), una IgG2a murina diretta nei confronti del cluster di differenziazione (CD) 3, componente superficiale dei linfociti T umani, come agente immunosoppressivo per la profilassi del rigetto acuto del trapianto d’organo (272).

In seguito, centinaia di mAb e rAb sono stati usati per applicazioni biotecnologiche e biomediche, in particolare rivolte a terapie mirate. Il mercato ora è invaso da numerosi prodotti approvati per uso clinico con un crescente successo economico e molti altri sono attualmente in fase di sviluppo pre-clinico e clinico o sono stati descritti sperimentalmente in letteratura (273-275). Oggi, gli Ab costituiscono la seconda più grande classe di biofarmaci dopo i vaccini ed è stato calcolato che le terapie con Ab potrebbero avere ampia utilità nei confronti di circa 3.200 dei 5.200 potenziali bersagli farmacologici nell’uomo (276).

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Attualmente i mAb disponibili sono definiti usando suffissi diversi, come “umab” (mAb umani), “momab” (mAb murini), “ximab” (mAb chimerici) e “zumab” (mAb umanizzati).

Il primo ximAb (ReoPro, Abciximab), che si lega al recettore della glicoproteina IIb/IIIa, è stato approvato nel dicembre 1994 come anticoagulante piastrinico in angioplastica coronarica e, più recentemente, è stato valutato con successo come farmaco trombolitico (277, 278).

Anticorpi antitumorali

Nel 1977, l'approvazione di Rituximab (Rituxan, un mAb IgG1k) ha aperto la strada all'uso degli Ab nella terapia di vari tipi di tumore (279-283). La terapia del cancro mediata da Ab è essenzialmente basata su Ag bersaglio, preferenzialmente espressi sulle cellule maligne, che possono giocare ruoli importanti nella trasduzione del segnale e nel trasporto ionico o come recettori di superficie, in modo da bloccare o sregolare alcuni pathway di sopravvivenza vitali, promuovendo l'apoptosi e mediando risposte ADCC o CDC. Anche altre molecole tumorali, come i fattori angiogenici, possono essere usate come bersaglio.

Differenti CD cellulari sono tra i bersagli preferiti degli Ab terapeutici nelle neoplasie ematologiche. Tra gli Ab approvati, Rituximab ha come bersaglio CD20, una proteina transmembrana che si esprime principalmente sui linfociti pre-B e B maturi, ma anche nella maggior parte dei linfomi non Hodgkin. Alemtuzumab (Campath) ha come bersaglio CD52, un Ag ancorato a glicosilfosfatidilinositolo (GPI) espresso sui linfociti B e T normali e maligni e su alcune cellule epiteliali del tratto genitale maschile, ed è stato approvato nel 2001 per il trattamento della leucemia linfocitica cronica a cellule B (284). Diversi nuovi mAb diretti nei confronti delle cellule linfoidi sono stati sviluppati nei confronti di CD20 e altri CD, come CD2, CD19, CD22, CD23, CD30, CD40, CD74 e CD80, e valutati in studi preclinici e in prove cliniche nei confronti di neoplasie ematologiche che esprimono CD (285-287). Molti dei loro effetti sono dovuti all’induzione di apoptosi nelle cellule maligne bersaglio, a una risposta CDC dipendente da Fc, al coinvolgimento del sistema immunitario cellulare mediante l'interazione del dominio Fc con i recettori Fcγ e conseguente risposta ADCC, nonché all'espressione indotta di chemochine che possono attrarre neutrofili, macrofagi e cellule NK (288). Più recentemente, un nuovo meccanismo di morte cellulare indipendente dal complemento simile all’oncosi, che comporta la perdita di integrità della membrana, è stato dimostrato per un mAb anti-N-glicolil ganglioside (GM3) attivo nei confronti del tumore ma non di cellule normali (289). Altri bersagli riconosciuti della terapia anti-cancro mediata da Ab sono le interazioni tra recettore/fattore di crescita e/o la down-regolazione dell'espressione del recettore, come nella terapia dei tumori solidi, quali

49 quelli della mammella, della testa e collo, colon-rettale, del polmone non a piccole cellule e nei gliomi (290-293). Una modulazione della risposta immunitaria anomala da parte dei mAb terapeutici è stata studiata in molte altre condizioni, come nei disturbi neurologici, nei disturbi clinici mediati da IgE, nelle malattie infiammatorie croniche (Ab anti-TNF-α nell’artrite reumatoide, psoriasi, malattia di Crohn e altri) (294-298).

Per migliorare l'attività terapeutica e superare le resistenze, gli Ab sono stati modificati per veicolare sostanze tossiche o immunomodulanti, ingegnerizzati per legare epitopi multipli (Ab bi-specifici) o anche per acquisire nuove attività catalitiche (abzimi). Alcuni di essi, coniugati con α- o β-radioisotopi, come 90Y-ibritumomab e 131I-tositumomab, sono stati approvati per il trattamento delle neoplasie ematopoietiche recidive o refrattarie, mentre altri sono stati adottati per radioterapia ed imaging (299-302). Potenti molecole citotossiche, come la calicheamicina che si lega al solco minore del DNA (Gemtuzumab ozogamicin anti-CD33), tossine batteriche e vegetali (ad esempio, tossina difterica e ricina), fotosensibilizzanti, citochine ed altri agenti antitumorali sono stati coniugati ad Ab specifici per Ag di superficie cellulari associati ai tumori per veicolare i propri composti tossici/modulanti alle cellule tumorali (303-305). La coniugazione potrebbe aumentare gli effetti antitumorali degli Ab e ridurre gli effetti sistemici collaterali dei farmaci citotossici (259). Infine, gli approcci terapeutici sono stati basati sulla concomitante somministrazione di Ab diversi, spesso in associazione con chemioterapici convenzionali (306). L’ampio successo degli Ab terapeutici è dovuto essenzialmente alla loro capacità di interferire con le interazioni recettore-ligando, di veicolare selettivamente un “carico utile”, o di modulare l'interazione tra specifiche cellule (215).

Anticorpi antinfettivi

La maggior parte degli Ab terapeutici sono al di fuori del campo delle malattie infettive. Tra i 355 mAb che sono entrati in studi clinici tra il 1980 e la metà del 2005, solo 46 sono rivolti a un agente infettivo. Lo sviluppo di alcuni è stato interrotto, mentre altri sono in diverse fasi di studio clinico (pochi in Fase III). Solo un mAb (Palivizumab, Synagis) è stato brevettato, nel 1998, per l’immunoprofilassi delle infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV) in pazienti pediatrici ad alto rischio, come i neonati ed i prematuri (307, 308). Più recentemente, per migliorare ulteriormente la protezione anti-RSV, sono stati prodotti la seconda (Motavizumab) e terza (Numax-YTE) generazione di Ab, attualmente in fase di studio clinico (309). Pochi altri mAb sono ora in fase di sviluppo pre-clinico e clinico, la maggior parte per la profilassi post-esposizione e per il trattamento di infezioni virali acute e croniche. L’ancora significativa efficacia degli approcci tradizionali, come vaccini e farmaci antinfettivi, la

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necessità di somministrazione parenterale e la produzione complicata e costosa, hanno probabilmente contribuito a confinare i mAb in applicazioni di nicchia.

Negli ultimi anni, tuttavia, l’aumento drammatico di nuove malattie virali, di infezioni fungine rischiose per la vita, di minacce bioterroristiche (ad esempio B. anthracis) e di infezioni batteriche da ceppi/specie resistenti agli antibiotici (ad esempio, stafilococchi resistenti alla meticillina), ha rinnovato l’interesse nella terapia antinfettiva basata sugli Ab (310, 311). L’immunoterapia basata su Ab, citochine e fattori di crescita potrebbe essere combinata con la convenzionale terapia antibiotica portando ad ipotizzare una terza età della terapia antimicrobica (312). Anche se, concettualmente, gli Ab dovrebbero essere più efficaci se usati come agenti profilattici nei confronti di infezioni virali acute e tossine batteriche, il loro utilizzo combinato con composti terapeutici più convenzionali come terapia adiuvante o la loro coniugazione diretta a farmaci antimicrobici potrebbero aumentarne l'efficacia terapeutica con minori effetti collaterali in molte altre malattie infettive (313, 314). In particolare, le cellule dell’ospite infettate da virus o i microbi stessi possono essere specificamente riconosciuti da Ab armati con diversi agenti citotossici, quali tossine, farmaci o radioisotopi e così, potenzialmente, fornire nuove opzioni per la terapia antinfettiva (315-317). La riconosciuta eziologia infettiva di diversi tumori umani, quali il carcinoma epatocellulare associato al virus dell'epatite B e C ed il cancro cervicale associato al papilloma virus, ha recentemente proposto il loro trattamento con mAb radiomarcati specificamente diretti nei confronti di antigeni virali espressi sulle cellule del tumore (318, 319).

Sono stati prodotti pochi rAb antinfettivi. Tra questi, Efungumab (Mycograb) è un scFv ricombinante umano anti-proteina da shock termico (Hsp) 90 fungina, che mostra una diretta attività inibente in vitro nei confronti di numerose specie di Candida e un significativo effetto sinergico in vitro con agenti antifungini più convenzionali (amfotericina B) e in studi pre-clinici e clinici anche nei confronti di altri rilevanti agenti patogeni fungini, come C. neoformans (320-322). Alla luce dell’emergenza di Hsp90 come bersaglio terapeutico per il trattamento del cancro, Mycograb è entrato in uno studio clinico in combinazione con Docetaxel in pazienti con cancro mammario metastatico o recidivante (323). Aurograb è un rAb umano avente come bersaglio S. aureus, compresi ceppi meticillina-resistenti (MRSA) e vancomicina-intermedi (VISA), che sono recentemente emersi come causa di infezioni pericolose per la vita in tutto il mondo. Aurograb è attualmente saggiato in sperimentazioni cliniche, in combinazione con vancomicina per valutare la sua efficacia nei confronti di infezione da MRSA (324).

51 Altri rAb umani sono stati riportati esplicare attività antifungina. Tra questi, una IgG1 intera ricombinante anti-mannano conferisce resistenza nei confronti di candidosi sperimentale ematogena diffusa nel topo, promuovendo opsonizzazione, fagocitosi ed uccisione delle cellule di C. albicans (325). dAb umani che hanno come bersaglio due elementi di virulenza di C. albicans rilevanti per l'adesione, una mannoproteina di 65kDa e la aspartil proteinasi-2 secreta, hanno mostrato una spiccata attività proteggente nei confronti di candidosi vaginale sperimentale (326). Un scFv anti-Id KAb ha dimostrato una diretta attività microbicida ad ampio spettro in vitro, comprendente Candida sp., M. tuberculosis, cocchi Gram-positivi e Streptococchi orali resistenti agli antibiotici (234, 237-239). KAb scFv anti-Id ha mostrato un significativo effetto terapeutico nei confronti di candidosi vaginale sperimentale sia quando somministrato come molecola solubile sia quando prodotto in situ da batteri commensali umani colonizzanti adeguatamente ingegnerizzati (S. gordonii) (234, 327).

Anticorpi ingegnerizzati

Gli Ab, specialmente nei loro vari formati ricombinanti, hanno sempre avuto un profondo impatto sul trattamento di alcune condizioni cliniche e possono rappresentare strumenti promettenti per scopi terapeutici nei confronti di molte malattie infettive e non infettive. La ricerca in questo campo, tuttavia, ha evidenziato problematiche relative a tecnologie, immunogenicità, farmacocinetica, distribuzione e tossicità. L'attuale produzione di rAb per la terapia umana viene ottenuta in linee cellulari di mammiferi per garantire le corrette modificazioni post-traduzionali, glicosilazione in particolare, anche se nuove strategie hanno consentito modelli di glicosilazione simili a quelli umani e una più efficiente produzione ad alto livello anche in altri sistemi di espressione (250, 328). Gli Ab, anche di origine umana, umanizzati o privi della regione Fc, possono scatenare una risposta anti-Ab nell'ospite trattato, che può limitare l'efficacia terapeutica; inoltre, essi possono essere eliminati rapidamente dal circolo e presentare una significativa tossicità. Gli effetti collaterali, inoltre, possono essere direttamente collegati al bersaglio molecolare eventualmente presente anche nei tessuti normali, i quali possono essere inibiti o modulati dallo specifico Ab, anche se in molti casi gli effetti indesiderati possono essere attribuiti ad altri agenti chemioterapici somministrati contemporaneamente (329-331).

Gli Ab devono mantenere una struttura tridimensionale per la loro funzione, le loro grandi dimensioni impediscono loro di penetrare facilmente nei tumori solidi e la loro produzione può essere problematica e costosa. Vi sono, tuttavia, diversi esempi di Ab umanizzati caratterizzati da attività sui tumori solidi, ridotta immunogenicità ed aumentata emivita nel siero (332-334). Ab glicovarianti e nuovi scaffold proteici sono stati attivamente studiati, in

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alternativa agli Ab interi, per migliorare l’attività biologica dell’Ab, semplificarne la produzione, ridurre i costi e conferire nuove proprietà, come ad esempio una maggiore capacità di penetrazione nella massa tumorale (335, 336).

Ci sono quindi molti argomenti convincenti per indagare peptidi sintetici più semplici e stabili per sostituire gli Ab in alcune applicazioni, nonostante tali molecole raramente presentino elevate affinità e specificità tipiche di un buon Ab. Recenti osservazioni sulle attività biologiche di peptidi sintetici derivati da Ab, tuttavia, hanno aperto nuove inaspettate prospettive in questo campo.