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ANDARE ALL’ALTRO MONDO: ANASTASI E CATABASI NEI RACCONTI DI FORSTER

4.1 The Other Side of the Hedge

Questa short story è stata scritta nel 1911 e pubblicata nella prima raccolta dello stesso anno. È un breve racconto allegorico, dove i due mondi forsteriani vengono esplicitamente rappresentati e contrapposti. Il titolo stesso rimanda a una barriera che li divide e che il protagonista allegoricamente oltrepassa. Benché non vi si faccia mai esplicita menzione del mondo dei morti, il passaggio all’altro

mondo vi è reso molto esplicito. Ad avallare questa tesi è, per esempio, una delle

affermazioni del dio Hermes, che appare anche questa volta sotto mentite spoglie, con le sembianze di un uomo di mezza età. Parlando con il protagonista, a proposito del mondo ultraterreno in cui si trovano, e mostrandogli l’ancestrale porta da cui uscire, gli dice che “It is through this gate that humanity went out countless ages ago, when it was first seized with the desire to walk”8. Inoltre, afferma che lo spazio in cui si trovano è destinato ad accogliere tutta l’umanità, benché ciò avvenga molto lentamente. Essi si trovano nel luogo da cui l’umanità stessa ha avuto inizio, che sembra dunque corrispondere all’Eden di Adamo ed Eva. Con questa frase, si capisce che il mondo fantastico in cui il narratore si trova non è altro che il medesimo luogo che gli ha dato la vita e che accoglierà tutti nel momento della morte. Tuttavia, il peccato che l’umanità ha commesso non coincide con quello biblico, ma è di altro tipo: il peccato originale dell’umanità intera è l’aver cominciato a ricercare il profitto. A peggiorare le cose, inoltre, è il fatto che questo “esilio” non è stato voluto da un dio, ma l’uomo stesso se lo è auto-imposto; è stata l’umanità a decidere di andarsene.

In questo caso, l’Aldilà non è un modo del dio per far riflettere il protagonista e condurlo sulla “retta via”, ma costituisce l’alternativa al mondo reale. Il mondo della Morte è un luogo positivo, dove si può vivere in pace, facendo ciò

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che si desidera, senza dover rispettare obblighi e scadenze. Muovere to the other

side of the hedge è un’opzione autentica, che l’uomo deve cogliere e che costituisce

l’unica salvezza ad una vita senza senso. I due mondi vengono rappresentati come paralleli, vicini, ma divisi l’uno dall’altro solamente da una siepe.

La storia si apre in medias res con un uomo che corre. La narrazione è autodiegetica, poiché la voce narrante è quella del protagonista. Di lui non sappiamo niente, nemmeno il nome, ma fin dall’inizio viene messa in evidenza l’importanza che riesca a continuare a correre, senza fermarsi. La realtà, infatti, e la vita stessa che vi si conduce vengono magistralmente rappresentate da Forster come una corsa continua e circolare, dove le persone non possono assolutamente fermarsi. Si è costretti a lasciare gli altri indietro e a non soccorrerli se cadono. Si pensa di avere uno scopo, ma la circolarità della strada, di cui le persone non si rendono conto, dimostra come in realtà la loro vita non abbia senso. Attraverso questa rappresentazione della vita e della società, l’autore mette in evidenza le principali caratteristiche negative del nostro mondo, che appare come una sorta di Inferno dantesco, con gli uomini simili a dannati che procedono in circolo. Emerge la visione di una realtà dove il profitto e il raggiungimento degli obbiettivi personali sono le uniche cose che contano; non hanno importanza i rapporti umani, né donare o chiedere aiuto a qualcuno, poiché ciò che conta è soltanto andare avanti. È interessante notare come questa corsa continua sia in realtà fine a se stessa: nessun obbiettivo ha più importanza una volta raggiunto, non ci si ferma per goderselo, poiché c’è sempre qualcosa di più da avere. Forster rappresenta, quindi, una società consumistica, che non sa apprezzare la serenità del non andare da nessuna parte, la tranquillità della vita e la bellezza di stringere un legame con qualcun altro. La vita reale è solo una corsa continua dove chi cade viene senza problemi lasciato indietro a morire. Anzi, chi si ferma ad aiutare gli altri è da biasimare, perché dovrebbe usare meglio le proprie energie, senza sprecarle per qualcun altro. Ancora una volta, Forster tramite la rappresentazione di un mondo fantastico e allegorico descrive tutti gli aspetti negativi della nostra società.

La narrazione inizia proprio nel momento in cui il protagonista comincia ad accusare la stanchezza. Egli, infatti, comunica subito al lettore che, nonostante lo scandalo a cui andrà inevitabilmente incontro, decide di fermarsi a riposare. Le

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persone che lo superano si burlano di lui ed egli viene successivamente esortato a riprendere la marcia e a perseverare. Anche le parole successive del protagonista chiariscono l’importanza di andare avanti e di non mollare, senza mai riposarsi. Esempio del comportamento sbagliato per questo mondo è il fratello del narratore, che è caduto, dopo essersi stancato troppo ad aiutare gli altri. Il punto di vista del narratore è dunque quello di una persona ancora totalmente succube del sistema. Anche dopo essere andato dall’altra parte rimarrà di “strette vedute” fin quasi alla fine.

È interessante notare come il protagonista non si accorga del paesaggio circostante fino al momento in cui non si ferma a riposare. Solo quando rimane fermo nota “the monotony of the highway that oppressed me ‒ dust under foot and brown crackling hedges on either side, ever since I could remember”9. La strada, inoltre, è piena delle cose abbandonate dalle persone mentre corrono, ancora una volta simbolo della trascuratezza umana verso tutto ciò che non è il raggiungimento dell’obiettivo. Il luogo in cui si trova viene descritto in termini tali da metterne in rilievo tutta la bruttura e aridità; è una trasposizione della vita delle persone che vi abitano. Solo in quel momento, quindi, il protagonista nota l’aridità e la polvere che lo circondano e lo opprimono.

Proprio in questo momento di stanchezza e arrendevolezza, quando è steso per terra e si sta lasciando andare, dalla siepe si sprigionano un soffio di vento e uno spiraglio di luce che attirano la sua attenzione e provocano in lui il forte desiderio di andare dall’altra parte. È il dio Hermes che lo sta chiamando a sé e provoca in lui il desiderio di oltrepassare la siepe e vedere quel luogo misterioso, la cui esistenza è addirittura negata dalle persone di questo mondo. Tuttavia, va sottolineato come solo la sua impossibilità a continuare gli permetta di prestare orecchio al richiamo. Il viaggio attraverso la siepe, comunque, è tutt’altro che facile: le spine lo graffiano, impedendogli di vedere, e squarciano tutti i suoi vestiti. Con la perdita di quel poco che ancora gli rimane, e che necessita per la corsa, l’autore vuole mettere in evidenza come, simbolicamente, il protagonista debba lasciarsi alle spalle tutto il passato per poter andare oltre. Questo mutamento non è

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affatto semplice e indolore; tutto ciò, però, è necessario per riuscire a conquistare lo spazio altro.

Una volta arrivato, la prima cosa con cui viene simbolicamente a contatto è l’acqua. Se, infatti, il “mondo della strada” era caratterizzato da desolazione e aridità, questo è esattamente l’opposto: Forster descrive questo nuovo luogo in maniera speculare all’altro, volendo mettere in evidenza fin dall’inizio la differenza, che si rispecchia anche nel modo di fare dei suoi abitanti. Se l’altro era arido e spoglio, questo mondo è lussureggiante.

I was still dazed, for I had never been in so large a space, nor seen such grass and sunshine. The blue sky was no longer a strip, and beneath it the earth had risen grandly into hills ‒ clean, bare buttresses, with beech trees in their folds, and meadows and clear pools at their feet. But the hills were not high, and there was in the landscape a sense of human occupation ‒ so that one might have called it a park, or garden, if the words did not imply a certain triviality and constraint.10

Come già detto, il sole, le distese infinite di prato e cielo e l’armoniosità di tutto il paesaggio contrastano con l’aridità e la desolazione del mondo precedente. La fastosità e la ricchezza del luogo, infatti, colpiscono subito il narratore, abituato alla sua realtà, e trasmettono immediatamente la felicità che pervade il mondo in cui si trova. La stessa siepe che divide le due terre è differente da un luogo all’altro. Mentre nel “mondo della strada” viene descritta come secca e piena di spine, nell’altro è, invece, verde e rigogliosa, ricca di fiori. Ancora una volta, la bellezza della natura si contrappone all’aridità della realtà odierna. I paesaggi riflettono, perciò, le persone che vi vivono e gli ideali che hanno.

Anche l’Aldilà, quindi, viene dipinto da Forster nei termini di un paesaggio naturale e arcadico. Leggendo il testo, sembra di trovarsi nei Campi Elisi, luogo dove, secondo la mitologia greca, dimoravano le anime dei morti amati dagli dei; in questi luoghi, vi erano, infatti, distese di campi fioriti, mai toccati dalle intemperie, dove si poteva vivere perennemente felici. I Campi Elisi sono, perciò, il paradiso perfetto per l’autore, che considera essenziale, per poter essere felice, avere uno stretto legame con la Natura.

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Durante il resto del racconto, il paesaggio che si mostrerà al narratore sarà sempre così bello e lussureggiante; inoltre, le varie persone che vedrà serviranno a dimostrargli come sia importante seguire i propri desideri, facendo ciò che si ama qui ed ora, senza avere uno scopo prefisso.

Ad aiutare il protagonista a uscire dall’acqua è un altro personaggio appartenente a questo lato della siepe. Di lui si viene a sapere, successivamente, che rimane vicino al fossato per aiutare le persone che oltrepassano la barriera erbosa. Questi attributi lo associano ovviamente ad Hermes, il dio traghettatore. Come lui, anche questo personaggio, di cui non veniamo mai a sapere il nome, aiuta “le persone della strada” ad attraversare e, nel caso del narratore, si pone come guida. Questo modo di fare ricorda molti personaggi della tradizione, daVirgilio nella

Divina Commedia, che conduce Dante per Inferno e Purgatorio, alla Sibilla Cumana

nell’Eneide. Come Virgilio, anche Hermes, oltre al ruolo di “nocchiero”, svolge la funzione di guida, sia materiale che spirituale. Hermes, quindi, è davvero un conduttore di anime, come dice l’autore nell’introduzione alla raccolta; egli ci attira attraverso lo spiraglio nella barriera, che divide il nostro mondo dal suo, e ci aiuta ad attraversarla, conducendo la nostra anima nel meraviglioso mondo della Fantasia.

Il mondo ultraterreno che ci viene qui descritto non è contraddistinto da quelle regole e suddivisioni fisse presenti nell’immaginario cristiano, ma Forster crea un Oltretomba paradisiaco, dai tratti naturalistici, dove si può solo essere felici, sperando di recarvisi quanto prima, poiché perfino la morte è migliore della realtà che ci circonda.

84 4.2 The Point of It

The Point of It è una short story redatta nel marzo del 1911, lo stesso anno

della precedente, ma pubblicata solo a novembre, e si suddivide in tre parti. La narrazione è stavolta eterodiegetica, ma è focalizzata sul personaggio di Micky, il protagonista. Differentemente da The Other Side of the Hedge è un testo abbastanza lungo e particolarmente complesso, soprattutto nel messaggio finale che se ne evince. Partendo da un breve riassunto della storia, si può facilmente comprenderne la complessità.

Micky è un ragazzo la cui vita sembra apparentemente cambiare dopo la morte di un amico a seguito di un incidente in barca al tramonto. Crescendo, pare dimenticare tutto ciò che è sempre stato importante per lui per conformarsi a ciò che la società richiede. Si sposa con una donna completamente diversa da lui, Janet, molto dura e rigida, priva di fantasia, che lo spinge a cercare il successo. Si afferma così professionalmente e socialmente, mantenendo un carattere gentile e conciliante. Una volta giunta la vecchiaia, ha un incidente e cade in coma. In questo presunto stato vegetativo, ascolta i commenti su di lui dei suoi tre figli. In particolare, Adam, allontanatosi da casa dopo la morte della madre, esprime grande disprezzo nei suoi confronti: lo giudica un uomo mediocre, incapace di rinnovarsi e di rinnovare la realtà; vede in lui un individuo senza originalità, che non causerà mai “scompiglio”. Dopo la morte, Micky si ritrova con il corpo sepolto sotto la sabbia di una pianura sterminata, lontano dall’acqua e bloccato senza riuscire a muoversi; è la sua pena per il modo in cui ha condotto la propria vita. Attorno a lui, infatti, vi sono altre persone e nessuna di loro vuole ammettere di essere all’Inferno, ma continuano a esprime apprezzamenti per il luogo in cui si trovano. Il peccato che viene punito, quindi, è quello di aver lodato cose e persone senza un reale motivo, falsamente; per questa ragione, si trovano bloccati nella sabbia, con il viso rivolto verso il cielo, obbligati ad apprezzare il loro tormento. Vicino a loro, come in uno dei gironi danteschi, si trovano, su una montagna, rigidi ed immobili come le pietre, le anime di chi è stato troppo duro e rigido in vita, come Janet. Tuttavia, in nessuna delle due destinazioni si trovano i giovani. L’Inferno è destinato, quindi,

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alle persone anziane; le anime dei giovani, infatti, finiscono in Paradiso. A confermare tutto ciò è l’arrivo di un dio, non corrispondente al dio cristiano, ma a una delle divinità che sono presenti anche negli altri racconti. Egli va da loro per spingerli a ricordare la loro giovinezza e a desiderarla; tramite la memoria possono, infatti, salvarsi. Micky sceglie di ricordare e di seguirlo e sembra così rinascere e ritrovarsi al punto di partenza, al momento della sua giovinezza.

Ad una prima lettura, potrebbe sembrare che la storia non abbia conclusione, né che prospetti una vera trasformazione. Allo stesso modo, è difficile capirne il reale significato, né se e cosa Micky abbia davvero imparato. Il titolo stesso sembra richiamare questa incertezza. È come se l’autore volesse spingere il lettore, fin dall’inizio, a cercare di andare più a fondo, cogliendo tutti gli indizi necessari per capire la storia Tuttavia, come ho già accennato nel secondo capitolo, se si prende in considerazione il finale originario del racconto, con le quattro frasi poi cancellate prima della pubblicazione, è possibile comprendere meglio il testo. In queste, Micky si rivolge a Harold, dandogli delle indicazioni; le ultime quattro frasi cancellate, quindi, fanno capire al lettore che Harold non è morto. Inoltre, come sottolinea Judith Scherer Herz, questo riporta alla memoria “that the sunset with which the story closes locates the same moment in time as the story’s opening”11. Questo racconto, quindi, ha una disposizione circolare, finisce nello stesso momento in cui inizia, con i due ragazzi in barca al tramonto, il luogo e il tempo sono sempre gli stessi, non sono cambiati. La parte centrale della storia, la vita e la morte di Micky, non è altro che una visione indotta da Harold, altra forma di Hermes. È il dio che provoca la visione sul possibile futuro del protagonista e che poi lo fa tornare indietro, come monito, per ricordargli quali sono gli aspetti veramente importanti della vita. Nelle ultime frasi tagliate, questa identificazione del giovane con il dio è molto più esplicita, poiché ci si riferisce ad Harold come “the farryman” e rimanda così al ruolo di traghettatore di anime tipico di Hermes Psicopompo. Come ho appena detto, la visione sul futuro serve a far capire al giovane Micky the point of it, cioè cosa sia importante nella vita e quali siano gli aspetti necessari per essere felice. Tutto il resto non è importante; non serve vivere a lungo, se non si vive davvero.

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In questo racconto sono presenti dunque due storie: una breve, riportata all’inizio e alla fine del testo, che rappresenta un momento epifanico nella vita del personaggio, funge da cornice alla seconda, ben più lunga, che racconta di un’intera vita. Fra le due vi è, quindi, una profonda contrapposizione, che si delinea sotto vari punti di vista. Un primo esempio di questa dicotomia è collegato alla lunghezza stessa delle due storie; infatti, vi è una corrispondenza fra forma e contenuto. La brevità della prima corrisponde a una forte intensità di emozioni, legate al periodo della giovinezza in cui non si è ancora corrotti dalla società. Nell’altra, invece, la lunghezza si collega a una totale assenza di veri sentimenti, dovuta alla resa del personaggio nei confronti della realtà sociale. Forster fa corrispondere la brevità con l’intensità del vissuto, a dimostrazione che l’unica cosa che conta è vivere davvero “adesso”, felici e in connessione con ciò che ci circonda. Nella prima parte del testo, il giovane protagonista vive a pieno i momenti felici con l’amico, senza preoccuparsi del futuro, ma pensando a vivere bene nel momento presente. Egli è in completa connessione con la Natura che lo circonda, che ama profondamente. Viene descritto come un giovane pieno di fantasia, che si immagina “the farm was a star and the boat its attendant satellite. Then the tide was the rushing ether stream of the universe, the interstellar surge that beats for ever.”12 In questo momento della sua vita, Micky sa vedere il mondo che lo circonda con gli occhi della Fantasia, senza curarsi di nient’altro al di fuori dei valori veramente importanti.

La vita lunga e piena di successo di Micky è, invece, piatta, priva di slanci emotivi e di momenti vissuti veramente; i suoi legami affettivi non sono profondi e il suo essere accomodante non gli permette di entrare davvero in contatto con gli altri. La vita che conduce non è vera vita, ma, come nel testo precedente, è una morte-in-vita. Differentemente da personaggi di altri testi, qui il protagonista non parte da un’iniziale idea erronea a proposito dell’esistenza, ma vi è un evoluzione al contrario: invecchiando, egli rischia di dimenticare e di conformarsi. È proprio per questo motivo che il dio Hermes interviene e, tramite la visione, gli fa capire che non deve cambiare, bensì rimanere com’è.

È interessante notare come a queste due differenti storie di diversa lunghezza corrispondano anche due diversi modi di chiamare il protagonista:

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mentre nella prima viene chiamato con il diminutivo di Micky, nella storia più lunga viene impiegato il nome completo, Michael. Non solo questo cambiamento conferma la differente interpretazione da dare alla lunghezza dei due testi, ma permette che si capisca fin da subito il diverso punto di vista con cui bisogna approcciarsi al personaggio. L’autore non si riferisce più a lui con un diminutivo personale, che lo avvicina al lettore, ma viene impiegata la forma completa del nome, in modo da creare una certa distanza emotiva. Tutto ciò che viene raccontato in questa seconda parte deve essere quindi letto con un certo distacco dal lettore. Il cambiamento funge, inoltre, da premessa al radicale mutamento nel comportamento di Michael. È interessante poi notare come l’autore torni a chiamarlo con il diminutivo quando si trova ormai all’Inferno; sembra che Forster voglia implicitamente comunicare al lettore che il girone infernale in cui è finito non è la fine del protagonista, ma un modo per iniziare tutto di nuovo. L’uso del diminutivo, infatti, rimanda al giovane Micky e a tutto ciò che egli rappresenta; l’autore sembra dire al lettore di avere ancora speranza. La Morte, come si è detto, non è mai definitiva in Forster, né tantomeno qualcosa di negativo; è attraverso di essa che

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