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P IǦMĀLYŪN (1942)

Nel documento N CANONE PER IL TEATRO ARABO U (pagine 61-65)

6. RETROSPETTIVA: LA QUESTIONE TEATRALE IN ALCUNI TESTI PRECEDENTI A

6.1. P IǦMĀLYŪN (1942)

Della prefazione a Piǧmālyūn si è già parlato in precedenza, in particolare a proposito del tema del “teatro della mente”. Qui, è molto utile evidenziare altre te-matiche che emergono in questa prefazione.

La prefazione esordisce ironicamente accennando al rapporto tra letteratura teatrale e stampa:

E il senso vero e proprio dello scrivere per il teatro è ignorare che esista-no le «case editrici».123

Questo tema non è affatto marginale e non è un aspetto irrilevante per la sua teoria teatrale, infatti ne al-Malik Udīb affronterà il problema della letteratura teatra-le anche da questo punto di vista, dandone una teatra-lettura specifica – ma questo aspetto sarà trattato in seguito.

Tuttavia, anche quando, come nella prefazione a Piǧmālyūn, prevede che la pièce avrà una diffusione esclusivamente editoriale e che, almeno per un po’ di tem-po, non sarà messa in scena, T.Ḥ. certamente riconosce la finalità performativa della scrittura teatrale. Anzi, la stampa viene intesa soprattutto come uno strumento per cercare di colmare la distanza che si crea tra l’autore e il palcoscenico124; la stampa, infatti, permette al lettore di immaginare, e quindi quasi di preparare, la messa in scena.

Ma come mai T.Ḥ. si pone il problema della distanza tra il suo teatro e il pal-coscenico? In verità, questo sembra essere il filo rosso seguito in tutta la prefazione, attraversandone tutti i temi: la critica al teatro egiziano, la questione del coup de théâtre, la proposta di un teatro che metta in scena pièces dal forte contenuto esi-stenziale o filosofico, la questione della resa scenica di tali pièces, l’utilizzo di miti greci nel teatro arabo.

6.1.1. Coup de théâtre e il teatro di T.Ḥ.

Il teatro necessariamente produce delle emozioni. Esse sono il motore di qualsiasi pezzo teatrale e costituiscono il motivo per il quale la gente ama il teatro e segue gli spettacoli. Fra gli strumenti che lo scrittore teatrale ha per generare

123Piǧmālyūn, M.K., vol. I, p. 863, I.

124 «Per questo si è allargato il baratro tra me e il palcoscenico. Così per far arrivare alla gente opere come queste non trovo altro “ponte” che la “stampa”», Ibi, M.K., p. 863, I.

zioni, uno dei più importanti è il coup de théâtre. Ora, questo strumento è diventato il cardine di pezzi teatrali di basso livello e di scarso valore intellettuale, alle rappre-sentazioni dei quali eppure la gente accorre. Il coup de théâtre, infatti, garantisce una efficacia emozionale provata. La ripetizione di canovacci già rodati offre a chi scrive tali pezzi la possibilità di garantire il successo di pubblico a chiunque li metta in sce-na.

T.Ḥ. non mette in discussione la portata del coup de théâtre, né critica la cerca di emozioni a teatro, egli al contrario li ritiene elementi essenziali del teatro, ri-vendicando inoltre di essere stato tra i primi a introdurre il coup de théâtre nel teatro egiziano125.

T.Ḥ. critica piuttosto l’uso fine a sé stesso del coup de théâtre all’interno di canovacci sempre uguali, e lamenta il fatto che il suo teatro, che pure recepisce il coup de théâtre nella sua pura essenza, non riesca ad essere fruito appieno dagli spet-tatori. Perché la gente che apprezza la rappresentazione dell’amore, dell’odio, della vendetta126, non riesce ad apprezzare la rappresentazione della lotta tra l’uomo e il tempo?

Ma che cosa proverebbero [gli spettatori] davanti ad una lotta tra l’uomo e il tempo; tra l’uomo e lo spazio; tra l’uomo e le potenze che lo sovrasta-no? Queste cose oscure, queste idee misteriose sono capaci sommuovere i sentimenti nella stessa misura in cui sono capaci di lacerare le menti?127

Il problema non è costituito dalle emozioni previste da un pezzo teatrale, ma dalla chiusura intellettuale e percettiva del pubblico, e, insieme, dall’incapacità, dall’inesperienza o dalla mancanza di mezzi di chi lo mette in scena: tutte cose indi-spensabili per rendere sperimentabili quelle emozioni.

Quanto al contenuto delle opere teatrali: già qui si parla della «lotta tra l’uomo e il tempo; tra l’uomo e lo spazio; tra l’uomo e le potenze che lo sovrastano», che sarà uno dei temi principali della prefazione de al-Malik Ūdīb. Questo tema tut-tavia qui è inserito per ottenere una riflessione diversa. Mentre, nella prefazione a al-Malik Uḏīb il tema della lotta «tra l’uomo e le forze che lo sovrastano» è introdotto

125 «A quel tempo, l’obiettivo che perseguivo nelle mie pièces era ciò che viene chiamato “coup de théâtre”», Ibi, p. 863, I.

126 Ne al-Malik Ūdīb, confermando questo pensiero, scriverà: «Incontestabilmente la lotta tra senti-mento e sentisenti-mento, o tra volontà e volontà è il più facile tipo di lotta da presentare al pubblico», M.K., vol. II, p. 174, II.

127Piǧmālyūn, M.K., vol. I, p. 863, II.

per dimostrarne la portata fondativa riguardo alla tragedia, qui viene proposto per descrivere icasticamente la portata filosofica del suo teatro, affermando, ad un tem-po, la validità teatrale sia performativa sia contenutistica delle pièce.

Si potrebbe concludere deducendo una sorta di legge teatrale, secondo la quale, più è alto il valore di un testo teatrale, maggiore è la richiesta di perizia e di mezzi per poterla mettere in scena in maniera adeguata.

Data la validità di un testo teatrale, rivestono un’importanza capitale le scelte artistiche e registiche nella messa in scena.

A conferma della validità artistica della sua produzione e della necessità che esse vengano messa in scena utilizzando mezzi adeguati, T.Ḥ riporta l’opinione di Lugné-Poe sulla pièce Šahrazād:

Egli [Lugné-Poe] scrisse testualmente: «La conte a fort bien dit, mais ce-la méritererait d’être présent à ce-la scène française avec goût et intelligence:

Le poème reste si beau, et si profond». Questo artista afferrava il nodo problematico di questa pièce. Tutta la difficoltà nella sua realizzazione sta nel fatto che la poesia e la filosofia siano rese nell’atmosfera del teatro allo stesso modo in cui sono diffuse nell’atmosfera del libro. 128

Di contro, la distanza riscontrata da T.Ḥ tra sé, il pubblico e il palcoscenico è dovuta alla scarsa capacità di rendere adeguatamente sulla scena il suo teatro:

Certo, io effettivamente conservo ancora lo spirito del «coup de théâtre», ma i colpi di scena (al-mufāǧa’āt al-masraḥiyya) nella loro realizzazione pratica non hanno la stessa resa che hanno nel pensiero. Per questo si è allargato il baratro tra me e il palcoscenico. Così per far arrivare alla gen-te opere come quesgen-te non trovo altro «pongen-te» che la «stampa».129

Quanto ai mezzi con i quali si possono efficacemente mettere in scena pièces, come quelle proposte da T.Ḥ, si nota una sostanziale differenza con quanto verrà detto ne Qālabu-nā. Nella prefazione al Piǧmālyūn, come anche – lo si vedrà nel prossimo paragrafo – nella prefazione de al-Malik Ūdīb, viene considerato lecito l’uso di ogni strumento o strumentazione, arte o tecnica, che sia in grado di rendere al meglio il contenuto della pièce:

Si può ritenere conveniente che simili pièces ricevano un determinato ti-po di regia in un determinato titi-po di teatro – una regia nella quale si ri-corra a mezzi misteriosi, come la musica e la pittura, luci e ombre, azione e stasi, tecnica mimica e vocale! – e quant’altro riesca a produrre

128Ibi, p. 864, I.

129Ibi, p. 863, I.

quell’atmosfera capace di far intuire ciò che quelle idee assolute vogliono evocare?130

Ne Qālabu-nā invece si propone un canone teatrale in cui l’utilizzo di altre arti è ri-dotto al minimo indispensabile.

6.1.2. I miti greci

Un altro aspetto importante, anche se collaterale rispetto al centro d’interesse di questo studio, è l’apertura significativa alla possibilità di utilizzo dei miti greci131 nel teatro arabo.

Certamente, la trattazione di questo argomento in questa prefazione era ne-cessaria al fine di giustificare il soggetto stesso dell’opera: il mito di Pigmalione. Ma ciò che colpisce, rispetto alla prefazione della successiva al-Malik Ūdīb, è l’omogeneità che egli scorge tra miti di diversa origine e natura:

Tuttavia, chi lo sa?, forse alcuni critici coranici, accorgendosi che Ahl al-kahf è tratta dal Corano, che Šahrazād è ispirata a Le mille e una notte e Piǧmālyūn è stata attinta dai miti greci, noteranno che tutte queste cose non sono che sguardi diversi su un unico volto!132

In ogni caso la sua prospettiva verrà esplicitata e spiegata negli scritti succes-sivi, anche se, in verità, non sarà mai chiarita fino in fondo. Resterà sempre nel suo pensiero circa il rapporto tra Occidente e Oriente, tra mondo greco e mondo arabo, una sorta di antinomia inestinguibile. Un’antinomia sempre presente in una cultura come quella araba, che ha una sua specifica fisionomia, una sua identità, eppure ha radici meticce e alloctone133.

130Ibi, p. 864, I.

131 Cfr. L. Denooz, Entre Orient et Occident: rôles de l’hellénisme et fu pharaonisme dans l’œuvre de Tawfīq al-Ḥakīm, Droz, Genève 2002.

132Piǧmālyūn, M.K., vol. I, p. 864, I.

133 Cfr. U. Rizzitano, Spirito faraonico e spirito arabo nel pensiero dello scrittore egiziano Tawfīq al-Ḥakīm, pp. 487 sgg.

Nel documento N CANONE PER IL TEATRO ARABO U (pagine 61-65)