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3 “L'età dell'autogestione” e il socialismo

3.3. Epinay, les Assises du Socialisme (12-13 ottobre 1974).

3.3.3. Il Parti Socialiste verso l'autogestione.

La definitiva centralità assunta dal Parti Socialiste per i principali attori della “courant autogestionnaire” implica un'inchiesta di minima circa le riflessioni del PS sul tema alla data delle Assises du Socialisme (ottobre 1974). Come riportato da Jean-William Dereymez272, storico dell'Institut d'Etudes Politiques di

Grenoble, il primo riferimento all'autogestione in un documento ufficiale del PS è attestato nel 1970, nel «Plan d'action socialiste» ed è il riferimento principale per

il negoziato socialista a riguardo del “programme commun”. Dereymez nota che il riferimento all'autogestione permane nelle mozioni finali di maggioranza del PS nei congressi di Grenoble (1973), Pau (1975), Nantes (1977). Rispetto agli interventi pubblici di François Mitterrand, la ricerca ci consegna un risultato impietoso: nelle opere che raccolgono tutti i testi pubblicati dal 1938 al 1981273, la

parola “autogestione” compare solo nove volte, di cui sei negli anni Settanta. Dereymez precisa che, malgrado il parco uso del termine, le analisi sociali ed

270 François Kraus, Les Assises du Socialisme ou l'échec d'une tentative de rénovation d'un parti, Fondation Jean Jaurès, Parigi 2002, pp. 24-25

271 Il 5 maggio 1974 si tiene il primo turno delle elezioni presidenziali: a fronte dell'unità politica delle sinistre espressa dalla candidatura di Mitterrand, che ottiene il 43,25% pari a più di 11 milioni di voti, i moderati e gollisti si spaccano. Alla candidatura di Jacques Chaban-Delmas, sostenuta ufficialmente dall'UDR, il partito gollista, vanno meno di 4 milioni di suffragi, ossia il 15,11%: è nettamente distanziata da Valéry Giscard d'Estaing, centrista, membro dei Républicains Indépendants, sostenuto dalla frazione gollista del “jeune loup” Jacques Chirac, che ottiene il 32,6%, pari a più di 8,3 milioni di voti. Il ballottaggio si tiene il 19 maggio ed è segnato dalle abili capacità mediatiche di Giscard d'Estaing («Monsieur Mitterrand, vous n’avez pas le monopole du cœur!») ma anche dalla forte avanzata elettorale della sinistra: Giscard entra all'Eliseo con il 50,81% dei suffragi (13,4 milioni di voti) a fronte del 49,19% di Mitterrand (quasi 13 milioni di voti). Il nuovo capo dello Stato “risarcirà” Jacques Chirac del supporto prestato con la nomina a primo ministro: è l'inizio della lunga carriera di Chirac, già segretario di Stato con Pompidou, al vertice delle istituzioni dello Stato.

272 Jean-William Dereymez, François Mitterrand et l'autogestion, in Frank Georgi, L'autogestion, la dernière utopie?, op. cit., pp. 221-229.

economiche di Mitterrand sono ricche di contenuti tratti dalla dinamica autogestionaria: democrazia nelle imprese, partecipazione di utenti e lavoratori agli sviluppi della produzione.

«Autogestion devint sous la plume du premier secrétaire un terme général, pas obligatoirement lié aux domaines économique et social, pas forcément utilisable dans le seul domaine de l'entreprise. [..] François Mitterrad chargea le terme “autogestion” d'une valeur “politique”, ce qui n'étonne guère chez un homme qui privilégia le politique à l'économique. [..] Terme éminemment politique, au sens le plus élevé du terme, l'autogestion symboliserait «la volonté des socialistes [qui] est que “l'homme fasse lui-même sa propre histoire”» souligna François Mitterrand citant Jean Jaurès»274.

A suffragio della propria analisi, Dereymez presenta un estratto da «Un

socialisme du possible» (1971): il primo segretario socialista si presenta come

«partisan de ce qui décentralise: le plan, la gestion municipale, l'autogestion»275.

Alla scarna riflessione personale di Mitterrand nel merito della questione va aggiunto il tentativo, da parte del PS nel suo complesso, di avvicinarsi alla vicenda in modo costruttivo. In tal senso, sono due le opere maggiormente interessanti: la pubblicazione, a cura dell'OURS fondato da Guy Mollet, del

Cahier n. 52, intitolato «Les travailleurs et l'entreprise, éléments pour un débat sur l'autogestion» (1974); l'opera di Jacques Brault «Droits des salariés et autogestion, des proposition concrètes» (1975).

Nella pubblicazione mensile edita dall'OURS, fonte preziosa per comprendere lo stato della riflessione sull'autogestione nel PS al tempo delle Assises, il significativo titolo allude alla rassegna di esperienze “autogestionarie” esposte negli articoli.

Fra le esperienze enumerate come rappresentative: i consigli operai successivi alla Grande Guerra, le gestioni operaie delle fabbriche francesi nel tempo degli scioperi in sostegno del Front Populaire (1936), le cooperative operaie francesi e casi di cooperazione sviluppati in diversi contesti esteri (Israele, Germania Ovest, Danimarca, Yugoslavia). Guy Mollet, nell'avant-propos276 della pubblicazione,

individua le tre caratteristiche di fondo del fenomeno autogestionario: l'appropriazione dei mezzi di produzione attraverso la rottura del rapporto gerarchico con il proprietario; la pianificazione democratica, strumento per garantire solidarietà di obiettivi fra produttori e collettività; regime statuale non centralizzato a conferma del carattere non burocratico e non tecnocratico di questo modello di democrazia economica. Ritornano, nella definizione fornita da

274 Jean-William Dereymez, François Mitterrand et l'autogestion, op. cit., p. 226. 275 François Mitterrand, Un socialisme du possible, Seuil, Parigi 1971, pp. 31-32

276 Guy Mollet, Avant-propos in «Les Travailleurs et l'entreprise, éléments pour un débat sur l'autogestion. Cahier n. 52», agosto-settembre 1974, OURS Parigi

Mollet, tutte le caratteristiche individuate dal patrimonio di analisi della CFDT e delle redazioni di riviste come «Autogestion et socialisme».

Pierre Cousteix, storico del movimento operai del Limousin e amico di Guy Mollet, scrivendo l'introduzione al quaderno dell'OURS, riprende alcuni tentativi che, a partire dal XIX secolo, avrebbero costruito l'immaginario di riferimento per le teorie sull'autogestione: le cooperative di Robert Owen, i falansteri di Charles Fourier, le comunità sansimoniane di Ménilmontant, gli atelier sociali di Louis Blanc, la Comune di Parigi, i soviet russi del 1905 e del 1917.

«Une cité socialiste harmonieuse devait naître par l'élimination de l'égoïsme du profit, la distribution rationelle des tâches, l'anoblissement du travail»277.

A tale anelito comunitario del socialismo utopico rispondeva la complessità sempre più grande delle strutture di gestione della produzione, elemento che rendeva possibile l'autogestione – o il “controllo operaio della produzione” - quasi solo nelle imprese artigianali, attraverso la ripresa di un modello familiare o corporativo.

«Mais comment imaginer une gestion directe dans des entreprises industrielles géantes, qui ont pris une forme multinationale, où les usines se disséminent en différents pays, où le capital est tellement fluide qu'il échappe à la comptabilité et au contrôle des Etats, où la raison sociale des entreprises s'installe dans des petits pays ou principautés qui servent de refuge?»278

La rivoluzione russa del 1917 ha offerto una dimensione egemonica al “controllo operaio della produzione”, che tuttavia, nell'analisi di Cousteix, è stato privata del suo “potenziale autogestionario” attraverso un modello centralizzato e autoritario. Le stesse occupazioni del 1936, in forza della vittoria elettorale del

Front Populaire, non hanno costituito un'autentica presa del potere da parte dei

lavoratori. Ad offrire un modello concretamente alternativo al centralismo sovietico è stata la Yugoslavia, capace di alludere concretamente alla prospettiva marxiana del “deperimento dello Stato” e di costituire una “terza via”, un socialismo democratico. Secondo Cousteix l'autogestione, tuttavia, non può essere una importazione secca del modello yugoslavo, quanto piuttosto il tentativo di problematizzare una serie di questioni insolute:

«Est-il possible d'assumer une gestion démocratique d'entreprise sans lui ôter une part de son efficacité, de son rendement? Cette gestion démocratique ne risque-t-elle pas de créer la confusion dans un domaine où la vie de l'entreprise 277 Pierre Cousteix, Introduction in «Les Travailleurs et l'entreprise», op. cit., p. 6

dépend de l'autorité de décision? Les liens de l'industrie avec le monde extérieur des usagers, des consommateurs sont extrêmement complexes, ce qui exclut que l'on puisse simplifier, schématiser, ou bien encore sacrifier l'avenir d'un appareil industriel à des considérations relatives aux avantages immédiats»279.

L'approccio storico al tema dell'autogestione offre dunque all'OURS uno spazio di investigazione funzionale ad evitare ogni dogmatismo. La rivoluzione russa, specie attraverso l'analisi della rivoluzione del 1905 offerta da Rosa Luxembourg280, consente di confrontare la spontaneità delle masse con le

premesse del modello leninista di organizzazione del partito. Per l'intellettuale tedesca avversaria di Kautsky, infatti, la rivoluzione era possibile solo se connessa all'ardore spontaneo e alla fiducia dell'azione collettiva. In tale analisi, ella riprendeva le critiche poste alla fine dell'Ottocento alla direzione della socialdemocrazia tedesca da parte della giovanile (Die Junge, poi Jusos in der

SPD): l'azione parlamentare e l'integrazione della classe operaia nelle strutture

del capitalismo e della democrazia “borghese” avrebbero condotto all'usura le organizzazioni della sinistra. La rivoluzione del 1917 è un passaggio ancora più importante, poiché rappresenta il possibile deperimento dello Stato attraverso l'opera dei Soviet. Il Cahier, infatti, riporta la legge del 23 aprile 1917 con cui vengono riconosciuti i comitati di fabbrica, i quali, tuttavia, sono presto conquistati dai sindacati, d'obbedienza bolscevica: è il preludio alla sostituzione della “gestione operaia” al “controllo operaio”, con il forte appoggio di Lenin, interessato a rimpiazzare il potere dei soviet con la dominazione di un partito comunista organizzato in maniera verticistica.

I consigli operai sono al centro di una nuova “energia rivoluzionaria” anche in Austria e, proprio per questo, il 15 maggio 1919 sono integrati nell'ordine capitalistico attraverso il riconoscimento formale dell'assemblea costituente.

Diverso è il destino dei consigli di fabbrica costituiti nel corso del “biennio rosso” (1919-1921) in Italia: il riferimento della pubblicazione dell'OURS è il primo numero del settimanale «Ordine Nuovo» (1 maggio 1919), fondato da Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini, Angelo Tasca. Così è riportata l'analisi dei consigli operai fatta dal nucleo costituente del Partito Comunista d'Italia:

«Les Conseils d'usine sont d'abord des institutions éducatrices [..] devant permettre, par l'exercise des pouvoirs gestionnaires, la prise en charge progressive du pouvoir économique par le prolétariat. Une démocratie réelle s'exerce à l'intérieur des Conseils, par des élections au bulletin secret. Organe 279 Ibidem, p. 8.

280 Rosa Luxembourg, Massenstreik, Partei und Gewerkschaften [Sciopero generale, partiti e sindacati], Erdmann Dubber, Hamburg 1906.

d'autogestion politique et économique des producteurs eux-mêmes, les Conseils d'usine sont des écoles d'apprentissage et d'expèrience dans les domaines technique, administratif, politique. Ainsi, l'ouvrier prend conscience [..] de sa place et de sa fonction au sein du processus de production»281.

Il saggio riporta anche la differenza gramsciana fra consigli e sindacati, incaricati della negoziazione del salario per via contrattuale in seno al mercato capitalistico. È anche per questo che, a differenza del sindacato, i consigli sono un elemento a prefigurare una società alternativa, a differenza della prospettiva leninista, che il Cahier mette in aperta contraddizione con la lezione gramsciana:

«Au moment même où Lénine restreignait le pouvoir ouvrier au contrôle ouvrier, Gramsci ouvrait le pouvoir ouvrière assumant, à partir de l'expérience de la totalité du processus de production. La leçon des grèves de 1920, les mots d'ordres léninistes du Komintern persuadérent Gramsci de la nécessité d'un parti politique centralisé: les thèses ordonovistes furent abandonnées. Elles se rencontraient avec l'anarcho-syndicalisme»282.

A non allontanarsi dalla prospettiva del “contrôle ouvrier” è la CGT nell'ambito degli scioperi francesi contemporanei al “biennio rosso” italiano: la diretta presa in carico della produzione era la prospettiva di fondo del sindacato animato da Léon Jouhaux, così come l'ambizione di alcuni gruppi minoritari che miscelavano rappresentanza sociale e politica, ponendosi alla sinistra della SFIO (Comité de défense syndicaliste; giornali come «Internationale», «Le Soviet») e del nascente movimento comunista. È del 1920, infatti, lo scritto di Lenin

«L'estremismo, malattia infantile del comunismo», che svolge un'analisi della

situazione europea alla luce delle mobilitazioni sociali successive alla Grande Guerra, proponendo un compromesso con la sinistra borghese, democratica e parlamentare. Prospettiva in netto contrasto con le frazioni della “gauche

révolutionnaire” che, nel corso degli anni Trenta, arricchisce il dibattito interno

al mondo socialista francese: il piccolo Parti Ouvrier Internationaliste col suo giornale «Lutte Ouvrière», ad esempio.

La pubblicazione dell'OURS prosegue la propria analisi attraverso la riforma delle politiche sociali, iniziata nel 1945 e proseguita sino al 1967: le assicurazioni sociali, prima della Liberazione, erano ripartite in casse private (mutualistiche, patronali, confessionali, operaie) e casse pubbliche di livello dipartimentale. La scelta della cassa di riferimento spettava al lavoratore, il quale, se non indicava una specifica preferenza, era indirizzato alla cassa pubblica. L'amministrazione della cassa era legata ad un “conseil” che, in caso di gestione pubblica, doveva

281 Approche historique de l'autogestion in «Les Travailleurs et l'entreprise», op. cit., p. 16. 282 Ibidem, p. 17.

essere elettivo, ma de facto era nominato dal Ministero; rispetto alle casse private, paradossalmente, si poteva individuare l'esistenza di un principio di autogestione, dato che «électeurs et élus étaient composés des intéressés eux- mêmes»283. Nel 1967 la riforma gollista della sicurezza sociale sostituirebbe tale

embrione autogestionario con la nomina, fatta per decreto, di pari membri fra sindacalisti e proprietari, su proposta delle parti sociali:

«Ainsi cette tentative d'autogestion a évolué vers l'étatisme. Pourtant la Sécurité sociale est le type même d'entreprise ou l'autogestion peut être appliquée du fait qu'il s'agit là d'un service public et d'une propriété publique»284.

Circa il confronto con esperienze estere d'autogestione285, la pubblicazione si

sofferma sui kibbutz e i mochav israeliani, la mitbestimmung della Germania Ovest, i progetti di democrazia economica messi in campo nel 1973 in Danimarca286, le strutture autogestionarie della Yugoslavia di Tito. Oltre alla

rassegna dei principali fatti relativi alle decisione messe in campo dal governo titino, il saggio evidenzia le difficoltà nei termini di raccolta dei crediti necessari per sostenere impianti industriali che, sottoposti ad un'autogestione che somiglia sempre più ad una prospettiva nazionale e corporativa, a partire dall'inizio degli anni Sessanta non sono più ammodernati.

«On peut noter que le développement économique reposait sur une contradiction qui n'a pas été entièrement tranché: l'existence d'un plan centralisé [..] appliqué par des structures autogérées, c'est-à-dire dans lesquelles s'affrontaient tout naturellement les intérêts, y compris par rapport aux objectifs de la planification»287.

Le difficoltà della Yugoslavia attengono soprattutto all'equilibrio fra le diverse nazioni: nel 1972-1974, l'emanazione di una nuova Costituzione da parte di Tito prova a contrastare l'ambizione all'autosufficienza delle Repubbliche più floride (Slovenia e Croazia). Il principio di riferimento del nuovo assetto costituzionale è la delega:

«Chaque citoyen yougoslave, dans le sein de sa communauté autogérée, élit au 283 Expériences gestionnaires en France, in «Les Travailleurs et l'entreprise», op. cit., p. 32.

284 Ibidem, p. 32. 285 Ibidem, p. 42.

286 La proposta del governo danese guidato dal socialdemocratico Anker Jørgensen comprendeva un fondo d'investimento sociale a disposizione dei salariati, l'amministrazione delle politiche di sicurezza sociale attraverso strutture di co-decisione, la copertura delle spese sociali per i dipendenti di età compresa fra i 18 e i 66 anni. Il primo ministro Poul Hartling, alla guida di una compagine liberale dal 1973 al 1975, aveva bloccato il disegno di Jørgensen che, pertanto, al momento della pubblicazione dell'OURS (settembre 1974) è solo una proposta di legge fatta dall'ex primo ministro socialdemocratico.

scrutin direct une délégation qu'il peut révoquer dans des conditions très souples. [..] Chaque yougoslave de plus de 18 ans a voté trois fois. Il a voté en tant que travailleur, pour élire la délégation de son organisation du travail; il a voté en tant qu'usager, d'après son lieu de domicile, pour élire la délégation de sa “communauté de voisinage”; il a voté en tant que citoyen, parce qu'il est presque toujours membre d'une des organisations politiques – toutes souveraines et indépendantes les unes des autres – que son l'Alliance Socialiste, l'Union des Syndicats, la Ligue des Communistes, l'Union des Combattents et l'Union de la Jeunesse»288.

Le delegazioni costituiscono la base elettorale delle assemblee e dei vertici delle imprese e delle istituzioni. A tale strutturazione del potere l'OURS aveva dedicato una sessione dei propri “martedì di studio” il 18 giugno del 1974; il rendiconto della riunione è esposto in un saggio anonimo289, a chiusura del

Cahier. I principali partecipanti al colloquio (Claude Fuzier, Guy Mollet, Pierre

Rimbert, Yves Durand) individuano una prima differenza con l'autogestione yugoslava: le funzioni di lavoratore e cittadino sono associate e rispondono a medesime attività comunitarie. La crescita economica durata dal dopoguerra fino agli anni Sessanta, tuttavia, ha consentito di evitare le problematiche connesse ad una società autogestita: il rischio del “communisme mercantile” sorto dalle relazioni con l'Europa occidentale e il pericolo opposto, ossia un lassismo autarchico interessato solo ad un immediato profitto e non a possibili investimenti.

Ulteriore problema del sistema yugoslavo è il “voto plurale”: se un cittadino può votare per le proprie delegazioni nel partito, nel sindacato, nell'azienda e nello Stato, egli avrà più influenza del cittadino con un numero minori di appartenenze. Ancora: come garantire che le delegazioni siano partecipi dell'interesse generale quanto piuttosto della difesa degli interessi peculiari?

«Atomiser pour régner, telle pourrait être la signification de l'autogestion yougoslave. De là l'importance accordée à la ligue communiste qui constitue le lien idéologique et fédérateur, lien qui reste néanmoins en la possession d'une minorité constituant une avant-garde du prolétariat. L'on aboutit à un corporativisme latent, à un localisme qui appelle nécessairement un élément antagoniste et complémentaire qui est le parti unique»290.

Il legame ideologico, pertanto, pare l'unico vero contraltare all'emergere di localismi e di nazionalismi. Il socialismo autogestionario, ad ogni modo,

288 Ibidem, p.63.

289 Les mardis de l'OURS, sèance du 18-6-74, in «Les Travailleurs et l'entreprise», op. cit., pp. 99-102. 290 Ibidem, p. 101.

consegna al dibattito pubblico alcuni elementi di riflessione rispetto agli strumenti con cui esprimere i bisogni delle persone, con cui far partecipare i cittadini alla vita pubblica in maniera cosciente circa le proprie responsabilità. Il nesso con la comunità che produce la delegazione revocabile, pur soggetto ad una potenziale deriva localistica, può sia raffigurare nel politico la complessità della società, sia tutelare un concreto potere di controllo del cittadino sulle istanze superiori, eccezion fatta in caso di regime a partito unico. Tale modello di socialismo, infine, interpreta i limiti della democrazia rappresentativa e del modello parlamentare, poiché individua una diversa relazione fra eletto ed elettore, pone un vincolo di mandato, esprime una gestione degli affari correnti in cui la centralità passa dai possessori dei mezzi di produzione ai cittadini, autentici detentori della volontà popolare. Ciò che il Cahier non esprime è, in verità, il ruolo che i partiti e, più in generale, i corpi intermedi assumono in un regime del genere: mentre è individuato – a malapena, come si vedrà anche nel documento di Brault – un ruolo per le organizzazioni sindacali, la relazione più stretta fra sociale e politico disegnata da questo modello socialismo autogestionario pare annullare lo spazio di agibilità per i corpi intermedi, la cui legittimità, nella democrazia rappresentativa, non è legata solo al momento elettorale, quanto piuttosto alla trasposizione di obiettivi particolari in strategie generali.

Jacques Brault, nella sua opera, costruisce un'indagine sulla concreta definizione delle caratteristiche di un'impresa autogestita. Brault non fa alcun riferimento alle lotte sociali messe in campo dai movimenti e dal sindacato a partire dal 1968, ma offre uno studio ampio di prospettive tangibili, contribuendo al dibattito che il PS apre a parte dalle Assises du Socialisme. La determinazione dei “nuovi diritti” che lo Stato deve conferire all'intera massa dei lavoratori è l'oggetto della prima parte del testo, cui segue l'accurata sezione «L'entreprise

autogérée». La peculiarità della riflessione di Brault consiste nel porre il

problema della definizione del termine “autogestione” nei livelli basilari dei legami sociali: famiglia, associazioni, collettività territoriali.

«Tout être humain a une vie intérieure et une vie sociale. La vie intérieure est affaire de conscience, de tempérament, de physiologie. La vie sociale pose le problème des relations avec les autres puisqu'elle est commandée par la participation à une oeuvre commune. C'est donc bien sur le plan de la via sociale que se place la notion de l'autogestion. [..] L'autogestion consiste à pouvoir faire entendre sa voix, à pouvoir participer aux choix, à pouvoir refuser des propositions d'application de ce choix, à pouvoir contrôler la réalité des décisions prises, à pouvoir faire recours contre les abus»291.