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Capitolo 6: Commento delle testimonianze

6.4 Il ruolo dei sindacati

Una volta messe a fuoco le principali problematiche che gli intervistati rilevano sui luoghi di lavoro con presenza immigrata, si vuole ora riflettere sul rapporto che i migranti hanno col sindacato, come nasce e quali servizi vengono richiesti. Tali considerazioni saranno utili per formulare le nostre conclusioni in merito al possibile sviluppo di questa relazione e in generale, al ruolo che i sindacati potrebbero ricoprire nell'accompagnamento dell‟immigrato verso la piena cittadinanza.

Come testimoniato da tutti gli intervistati, le iscrizioni di lavoratori immigrati hanno un tasso di crescita superiore a quello degli italiani. Il sindacato, proponendosi come un centro servizi, attraverso i patronati, riesce ad attirare numerosi utenti stranieri, facendo fronte alla perdita di iscritti italiani Da ciò che è emerso durante i colloqui, il lavoratore straniero si avvicina all'organizzazione sindacale per richiedere servizi, inizialmente di natura amministrativa:

<<La prima preoccupazione dell'immigrato è continuare ad essere regolare. Chi

lo può aiutare in questo senso non è solo il datore, ma poi deve andare in questura, poi alle poste... come compilare la pratica? Non sono semplici i moduli, perché non tutti capiscono l' italiano e hanno un'istruzione adeguata. Così arrivano per passaparola coi colleghi oppure gli stessi delegati spargono la voce sui servizi che noi offriamo.>>

(Rocca della Cruz)

<<I bisogni che i lavoratori immigrati ci chiedono di soddisfare sono

sostanzialmente di carattere tecnico e amministrativo. Chi ti chiede “per la casa come devo fare?” o “devo iscrivere mio figlio a scuola, che devo fare?”. Magari facciamo

una telefonata o per esperienza li indirizziamo nelle sedi apposite e poi li aiutiamo nella compilazione dei moduli...Lentamente questo è diventato un qualcosa di naturale. Sempre più, ai loro occhi, il sindacato è diventato un punto di riferimento pronto a

soddisfare le necessità di tutti i giorni, quasi sempre di natura

amministrativa.>>(Gerini)

Oltre che per i servizi, in molti si avvicinano al sindacato consci di essere soggetti più a rischio sia sul lavoro, che nella società, ricercando quindi i propri diritti. Essere consapevoli della propria vulnerabilità, per qualcuno si traduce in una maggiore preparazione in merito ai diritti e doveri:

<<Per quanto riguarda gli immigrati, ci sono delle peculiarità ed essi legate.

Loro fanno la tessera del sindacato per due obiettivi: ottenere servizi ed essere rispettati come stranieri e rivendicare diritti in azienda.(...) La media degli immigrati iscritti è più alta e sfiora il 90% della loro totalità, e questo perché essendo in un paese straniero, in difficoltà con la lingua etc, sono più attenti degli italiani a capire e sviluppare i propri diritti. Secondo me molti lavoratori italiani non sanno neanche cos'è l'Aspi e molte altre tematiche del lavoro, invece gli immigrati sono molto più ferrati, e cercano di informarsi anche autonomamente.>> (Casati)

Il ruolo del sindacato quindi ha un doppia valenza. Offre servizi e orientamento che vanno oltre gli aspetti prettamente lavorativi, accompagnando il migrante nel riempimento dei moduli riguardanti tutta la vita sociale, che spesso risultano ostici sia per la lingua, sia per uno scarso livello di alfabetizzazione dell'utente. L'organizzazione agisce poi sul versante della formazione del cittadino straniero, che viene istruito sui propri diritti e doveri. Proprio quest'ultima azione può essere la più significativa per un processo di inserimento totale, che vada oltre l'impiego lavorativo. Tuttavia il passaggio non sempre è semplice, dato che gli utenti hanno background culturali molto diversi tra loro e, spesso, un basso grado di scolarizzazione.

<<Il problema principale è quello della lingua e delle tradizioni, che sono due cose che

possono rendere complicato l'inserimento dell'immigrato sul posto di lavoro. Per quanto concerne la lingua, le difficoltà sono di facile comprensione: capire le “regole del gioco”, le disposizioni, i diritti e i doveri del lavoratore. Molto spesso ci troviamo ad avere difficoltà a far capire al lavoratore immigrato che alcune cose richieste sono lecite e, di contro, a volte è difficile far capire quali sono i loro diritti che non sono concessi dal datore di lavoro.>> (Centamore)

Seguendo il lavoratore migrante, i sindacalisti hanno potuto avere esperienza diretta delle leggi sull' immigrazione italiane, sulle quali emerge un giudizio negativo da parte di tutti gli intervistati. Le difficoltà sono legate innanzitutto alle numerose pratiche burocratiche che il cittadino straniero è chiamato ad espletare per l'ottenimento o il rinnovo del permesso di soggiorno:

<<Il quadro legislativo italiano non favorisce l'inserimento del migrante, più

che altro lo complica, secondo me. Integrare vuol dire semplificare. E il quadro normativo complica la vita amministrativa dello straniero. Perché non basta che venga assistito qua dal sindacato. Deve poi andare alla posta, per citare l'esempio del permesso di soggiorno, che è poi il cordone ombelicale che tiene in piedi il lavoratore o la lavoratrice. Dopo la posta deve andare a lasciare le impronte digitali in questura, poi deve aspettare che questa lo richiami per il rilascio del permesso. Questo comporta perdita di ore di lavoro, o assenze, che non sempre sono viste bene da parte dei datori. Il lavoratore si trova quindi a prendere permessi e ore di ferie, senza usufruirne realmente (...) senza contare il fatto di quando si hanno dei figli. Lì i problemi raddoppiano. In più il migrante non ha la possibilità di autocertificare niente. (...). Non c'è solo l'aspetto del permesso di soggiorno (...) Le tempistiche per collezionare tutta la documentazione per poter rinnovare il permesso di soggiorno va dai tre ai quattro mesi, in questo periodo il lavoratore deve rimanere fermo in Italia, e se ha un'urgenza.. non esistono urgenze!>> (Rocca della Cruz)

L'immigrato quindi si trova a dover sottrarre giorni e ore dalle ferie previste dal contratto lavorativo, talvolta andando incontro anche ai malumori del datore di lavoro. Non manca chi, ha posto l'accento sui costi non indifferenti che il rinnovo del permesso di soggiorno comporta:

<<Voglio essere puntuale in una cosa, prima della Bossi-Fini i costi erano: 27,50 euro

che si pagavano prima per il costo del tesserino, più la Posta si prendeva il costo del bollettino, poi 30 euro che secondo la posta servono per trasferire i documenti in questura, infine si aggiungeva il costo ministeriale della marca da bollo, che era di 15 euro. Successivamente per una punizione, come la chiamo io, da parte del governo Berlusconi, in cui governava con la Lega, si è imposta una tassa che è onerosa: tassa di 80 euro per chi rinnova un soggiorno che non superi l'anno, una di 100 euro in più di quanto già si pagava se il soggiorno è compreso tra più di un anno e meno di due e di 200 euro se il lavoratore chiedeva la carta di soggiorno o di lunga durata. Queste tasse servivano, secondo il governo, a combattere l'immigrazione clandestina. Però nessuno

ha ragionato mai sul fatto che non è possibile fare pagare questo ai lavoratori che non c'entrano nulla con l'immigrazione clandestina. È come se un contribuente regolare italiano dovesse pagare più perché un altro evade. È un'imposizione tributaria superiore a quanto doveva esservi. Questo è contraddittorio. >>(Rocca della Cruz)

<<Chi fa richiesta per il rinnovo del permesso di soggiorno o per la carta di

soggiorno è in possesso dei requisiti: lavora, ha una casa e paga le tasse. Se ha perso il lavoro ha gli ammortizzatori sociali. Ma allora perché per il rinnovo bisogna pagare 100 o 200 euro di tassa governativa,quando comunque questo lavoratore paga già tutte le tasse come l'italiano? Se faccio richiesta è perché ho avuto e ho un lavoro e quindi ho pagato e continuo a pagare le tasse.>>(Osmani)

I tempi che servono a smaltire le pratiche amministrative sono lesivi non solo per l'utente che ne fa richiesta, ma anche per il datore di lavoro, che può desistere in partenza dall'assumere un dipendente extra-comunitario:

<<(...) una legge come la Bossi -Fini, con tutte le lungaggini burocratiche per cui magari una domanda presentata prevede tempi come un anno e mezzo o due, non è utile né per il lavoratore né per l'imprenditore. Perché l'azienda bisognosa di assumere un nuovo impiegato ha bisogno oggi, non tra un anno e mezzo. >>

Andando oltre la legislazione sull'immigrazione, la riflessione si allarga verso il più ampio dibattito in materia di lavoro. Dato che per il rinnovo del permesso di soggiorno si richiede un impiego lavorativo stabile, non sempre ci sono le condizioni per conservare un'occupazione nel tempo. Gli immigrati, come i colleghi italiani, devono fare i conti con con le numerose tipologie di contratto che frammentano la vita lavorativa:

<<C'è una flessibilità e una volatilità nell'ingresso lavorativo che sono

eccessive, una persona può essere inserita a più riprese all'interno della stessa azienda facendo lo stesso lavoro, ma con contratto diverso, e questo sistema può protrarsi anche per cinque anni. Per un extracomunitario questo si traduce nell'impossibilità di avere un lavoro stabile e fisso e quindi nell'impossibilità a ricongiungersi con la famiglia, a integrarsi con la società, quindi gli rendi una cosa già molto complicata praticamente impossibile.>>(Centamore)

Dello stesso parere è anche Rocca della Cruz, che ritiene che proprio nelle molte forme contrattuali si annidi maggiormente il rischio di cadere nell‟irregolarità:

<<Io posso dire che quasi il 40% degli immigrati, almeno a Firenze dove

lavoro della riforma Fornero si vieta di fare il lavoro a intermittenza a coloro che hanno un età compresa tra i 18 e i 50 anni, però dopo è stata fatta una deroga riguardo i pubblici esercizi (bar, ristoranti etc).I datori di lavoro usano questo strumento in maniera indiscriminata. E ufficialmente risulta che tanti lavorano a chiamata, ma in realtà è un full time. Il punto è che non ci sono controlli (…) Ci sono lavoratori che lavorano trenta giorni su trenta ma che poi hanno una busta paga calcolata su tre o quattro giorni di lavoro. E questo impedisce il rinnovo del permesso di soggiorno.Cosi si crea l'irregolarità .>>

Anche sulle sanatorie il giudizio è molto severo. Come rilevato nel primo capitolo, molti cittadini stranieri irregolari spesso pagano di tasca propria il datore di lavoro, con la speranza di essere messi in regola. Questa pratica dà luogo a situazioni paradossali e, talvolta, illegali.

<<Anche lì (si riferisce alla sanatorie) la risposta non è immediata, è arrivata

molto dopo e ha costi sociali incredibili, che spesso si riversano sulla famiglia dell'immigrato che simula l'assunzione e magari deve versare i contributi appositamente per sanare la situazione del parente. Oppure nuclei familiari che si sono autotassati, fratelli che assumono sorelle come colf, e quindi hanno pagato 1000 euro di contributi, 400 euro all'Inps ogni tre mesi, per ottenere un permesso di lavoro. Sono situazioni strane, ma alcune anche scandalose, come aziende che si sono fatte corrompere con 5 -6 mila euro per assumere immigrati. E magari non sempre hanno davvero assunto.>>(Gerini)

<<Poi sono costretti a farsi assumere da amici, conoscenti, o a pagare loro

stessi tramite ore aggiuntive di lavoro il datore. E quindi lavorano gratis solo per la messa in regola. L'autotassazione del migrante presso il datore di lavoro, è un fenomeno molto delicato e non è molto conosciuto. Senza generalizzare, bisogna tener presente che è più diffuso in quei luoghi di lavoro dove lo stesso datore è un connazionale del lavoratore o comunque anch'egli un immigrato.>>(Rocca della Cruz)

Le esperienze riportate sono in linea con le principali criticità del quadro legislativo evidenziate nel primo capitolo delle tesi e supportate da numerosi autori.118A livello territoriale, oltre la carenza di case popolari che provoca insofferenza da parte di

118Si veda: M. Ambrosini e M. Colasanto, La fatica di integrarsi. Immigrati e lavoro in Italia, Bologna, il

Mulino, 2001

A.Colombo, G. Sciortino, Gli immigrati in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004 A. Colombo, G. Sciortino, Assimilati ed esclusi, Bologna, Il Mulino, 2002

alcuni cittadini italiani, la questione degli alloggi è molto sentita e secondo Centamore mancano opportune tutele per consentire abitazioni dignitose a chi vive in periferia:

<<Purtroppo persiste l'idea che una zona in cui vivono più immigrati si

deprezzi, e quindi ci sono case indecenti, affittate a cifre sproporzionate. E la famiglia immigrata o il gruppo di sei o sette ragazzi paga comunque l'affitto, dato che comunque hanno bisogno di avere un punto di riferimento da dare sia al datore di lavoro, sia per la documentazione che devono compilare. Auspicherei un miglioramento della legislazione in materia di contratti di locazione per garantire più tutele agli affittuari>>

Tuttavia, per Abedin Osmani, l‟atteggiamento politico locale nei cofronti dei migranti è posititvo e migliore rispetto a quello nazionale:

<<A livello locale credo che ci sia più sensibilità. Trovo che ci sia più rispetto

per la l'immigrato, sia come persona che come lavoratore, con tutti i suoi diritti e doveri.>>

Le posizioni dei sindacalisti rimangono abbastanza critiche nei confronti delle risposte che la politica negli anni ha cercato di dare per la gestione del fenomeno migratorio. Un approccio che è perfettamente in linea con tutto il percorso che CGIL, CISL e UIL hanno intrapreso sin dagli anni Settanta a sostegno di politiche più attente e incisive, come riportato nel quarto capitolo del presente elaborato.

Rimane ora da capire come le pratiche quotidiane possano essere incanalate in azioni sindacali che garantiscano lo sviluppo dell‟integrazione nel tessuto sociale, una volta raggiunto il pieno inserimento lavorativo.

<<Una cosa che non dicono quasi mai è che il sindacato, oltre a cercare di far

conoscere al cittadino straniero che ha diritti e quali sono (…), cerca anche di far capire al cittadino straniero e italiano che la convivenza è possibile attraverso le sue stesse strutture (…) Formare l'immigrato su tutti i suoi diritti, oltre quelli lavorativi, vuol dirle farlo sentire parte della società perché per usufruire di certi diritti va negli stessi uffici degli italiani a richiederli (…) Il problema di questo paese è quando si crea un ufficio ad hoc solo per gli stranieri, quando si dice “tu vai da un'altra parte”, non è positivo.>>(Rocca della Cruz)

Ritorna l‟importanza di dotarsi di un approccio inclusivo: avere le stesse strutture aiuta nella comprensione dei propri diritti e doveri e favorisce la convivenza.

Rispondendo ad una delle sue funzione principali, al sindacato si richiede anche di mediare nei conflitti che si possono creare all‟interno del luogo di lavoro, in cui gli si richiede un ruolo formativo ed educativo. Tale compito risulta ancor più difficile

quando la conflittualità si sviluppa tra lavoratori, e quindi gli interessi delle parti (italiani e non, immgrati di lunga data e nuovi arrivati, stranieri di diversa nazionalità) sono diversi e particolari:

<<Quando proviamo a dire “siamo tutti lavoratori” cerchiamo di far capire che

se spingiamo tutti insieme il carro nella stessa parte è più efficace che tirarlo da parti opposte. L'ostacolo più grande è far capire che nel luogo di lavoro non ci sono distinzioni di trattamento>>(Rocca della Cruz)

Secondo l‟esperieza di Casati, per molti il sindacato è il punto focale anche della vita extra-lavorativa del lavoratore immigrato, in grado di dare supporto anche nei momenti di maggiore difficoltà economica:

<<il sindacato specialmente, non tanto nella fabbrica, quanto fuori, magari una

volta perso il lavoro, è l'unico punto di riferimento o comunque il più importante che gli immigrati hanno. Infatti noi con le nostre conoscenze possiamo dare una mano per trovare qualche altro impiego, magari anche solo per qualche giorno, e poi perché il sindacato ha la mappatura di tutte le risorse che il territorio dispone.>>(Casati)

Se il sindacato si pone come piattaforma per il confronto e per l‟offerta servizi può anche essere un importante punto di raccordo nella vita sociale dell‟utente immigrato, soprattutto per chi non dispone di una propria rete amicale e parentale:

<<Quello che viene chiesto al sindacato è sopratutto di creare il costrutto della rete sociale, l'immigrato è sopratutto una persona bisognosa che chiede un aiuto, un consiglio per sé e la sua famiglia.>> (Gerini)

Ad un livello più pratico, la partita si gioca sulla contrattazione di temi che riguardano specifiche esigenze dei migranti, che possano sanare alcune delle difficoltà rilevate nei paragrafi precendenti:

<<Un'altra questione che stiamo affrontando è il riconoscimento di ore di permesso in più da dedicare all' espletamento delle pratica burocratiche del permesso di soggiorno.>> (Rocca della Cruz)

<<Nel settore della concia è stato stipulato un trattato tra tutti i sindacati (CGIL, CISL e UIL) in cui si garantiscono pari diritti a tutti i lavoratori. Nel trattato si garantiscono aspettative non retibuite, e l‟obbligo ad avere le norme di sicurezza tradotte nelle varie lingue.>>(Calastri)

Conclusioni

Alla luce di quanto emerso nell‟elaborato, si è in grado di formulare alcune conclusioni, con l‟auspicio che possano essere lo spunto per successivi lavori sul tema in oggetto.

Il primo capitolo descrive l‟evoluzione della legislazione italiana sull‟immigrazione, mettendone in rilievo le evidenti lacune. Da quanto emerso, l‟approccio della politica migratoria risulta inadatto per un corretto processo di inserimento dei migranti, come riportato da Colombo e Sciortino, si evidenzia <<la pervicacia con la quale il sistema politico italiano (…) ha agito e agisce non al fine di gestire tale transizione bensì nel prolungare sino allo sfinimento la cecità e l‟impreparazione iniziale>>119

. A conferma di tali considerazioni il tema della legislazione sull'immigrazione è ripreso nel commento alle interviste, essendo oggetto di una domanda posta ai sindacasti. Da notare come tutti e sei gli intervistati abbiano un‟opinione piuttosto negativa sul nostro ordinamento. Le criticità più rilevanti sono indicate nell'eccessiva burocrazia che impatta sia sul datore che volesse assumere l‟immigrato che sull‟immigrato stesso, inoltre sono stati fatti notare i costi ingenti delle pratiche burocratiche a carico degli utenti.

In generale, tutti gli intervistati hanno evidenziato come il sistema legislativo italiano complichi la vita dell‟immigrato e scoraggi l' ingresso nel nostro paese; probabilmente tale criticità è da imputare alla volontà politica che negli anni della Bossi-Fini (2002) aveva posto l‟accento sulla criminalizzazione e l‟allarmismo nei confronti dell'immigrato.

I capitoli secondo e terzo offrono una panoramica sulla situazione effettiva dei lavoratori immigrati residenti nel nostro paese. A livello nazionale si evidenzia come la crescita dell‟occupazione straniera è ascrivibile in otto casi su dieci all‟aumento dei lavoratori nel settore dei servizi alle famiglie e il più delle volte è la componente femminile a fare da traino a questa tendenza. Secondariamente, in seguito alla crisi che ha fortemente colpito il tessuto produttivo italiano, l‟occupazione della manodopera immigrata in questi settori ha subito una forte contrazione, sopratutto nel Nord Italia. Il numero dei disoccupati è cresciuto sia per la fuoriuscita dei lavoratori, sia perché ad essi di aggiungono i giovani immigrati di seconda generazione, che risentono della crisi come i loro coetanei italiani. In conclusione, si consolida il fenomeno della bassa

119

qualificazione degli occupati immigrati, e si assottiglia la domanda per lavori altamente specializzati o che richiedono un titolo di studio.

Il capitolo terzo si concentra sulla presenza immigrata in Toscana e nella provincia di Pisa. In particolare sono posti in rilievo l‟ attrattività del territorio regionale e l‟indice di inserimento occupazionale degli immigrati. Secondo il Rapporto del CNEL sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia aggiornato a luglio 2013, la Toscana è tra le prime dieci regioni italiane a più alto potenziale di integrazione, e si colloca in ottava posizione: ciò deriva in larga misura dai valori molto alti che compongono l‟indice di inserimento occupazionale. Da notare come la regione tra il