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Dagli anni ottanta fino ai giorni nostri, non pochi autori hanno dedicato i loro studi al turnaround. E’ stato pubblicato un numero significativo di ricerche sui processi di turnaround, che possiamo distinguere in due categorie. La prima è costituita da quegli studi che si sono concentrati prettamente sull’identificazione dei "contenuti" di un turnaround di successo.

Successivamente, il secondo gruppo di studi ha analizzato il "processo" del turnaround, tentando di spiegarne le fasi.

Inizialmente i primi studi analitici sulla questione sono di Shendel e al.

(1976)69, che per primi considerano l’esistenza di una relazione tra le cause del turnaround e le strategie di risanamento da attuare. Sulla base dei loro studi, essi forniscono una prima classificazione del turnaround, distinguendo turnaround strategici e turnaround operativi. Nei primi, l’impresa deve modificare la propria posizione competitiva attraverso un cambiamento della strategia, mentre

68 F.Izzo: Le strategie di turnaround nella letteratura di management. Cit. pp 144 e ss.

69 D.E. Shendel et al.: Corporate turnaround strategies. Journal of General Management, (spring), pp 3-11.

nei secondi, l’impresa deve correggere le proprie modalità operative.

Essenzialmente, dunque, il turnaround strategico mira al cambiamento delle proprie risorse e delle proprie competenze per migliorare la propria competitività, mentre quello operativo ha un obiettivo di performance e di miglioramento del grado di efficienza.

Il maggior contributo di Hofer (1980)70, invece, fu nel riconoscimento dell’importanza che, in un processo di turnaround, riveste l’individuazione di appropriate strategie di cambiamento (contingency theory). Egli, inoltre, concettualizzò il legame esistente tra la severità del declino (severity71) ed il grado di riduzione dei costi e delle attività che un’impresa deve realizzare nel suo piano di risanamento.

L’approccio di Hofer, è stato poi riesaminato empiricamente da Hambrick e Schecter (1983)72. Il loro studio fu il primo, nella letteratura in questione, ad utilizzare variabili multiple per rappresentare un processo di turnaround. La ricerca si basò su di una verifica induttiva di un turnaround operativo, volto all’efficienza (riduzione costi/attività), e di un turnaround strategico (selezione prodotti, riposizionamento). I due autori diedero un grosso sostegno ai turnaround operativi, concludendo che un turnaround di successo è spesso il risultato di azioni volte a migliorare l’efficienza aziendale, piuttosto che frutto di nuovi posizioni competitive. Sfortunatamente, Hambrick e Schecter ignorarono completamente di includere nel loro studio le cause delle crisi, rendendolo dunque alquanto incompleto.

O’Neill (1986)73 concentrò le sue ricerche sulle peculiarità delle diverse strategie di turnaround realizzabili, individuandone quattro tipologie principali:

70 C. Hofer: Turnaround Strategies. Journal of Business Strategies, n° 4, 1980. pp 19-31.

71 La severity rappresenta la criticità del declino finanziario, in termini di probabilità di rischio di fallimento.

72 Hambrick e Schecter: Turnaround strategies for mature industrial-product business units. Academy of Management Journal, n°26, 1983.

73 H.M. O’Neill: Turnaround and recovery: What strategy do you need? Longe Range Planning, n°1, 1986. pp 80-88.

Management strategy: caratterizzata dal cambiamento del management e dall’affermazione di un nuovo clima di fiducia (nuovo management, nuova definizione di business, ripristino del clima di fiducia);

Cutback srategy: orientata principalmente verso interventi di carattere

“operativo” (taglio dei costi, controlli di spesa, dismissione business in perdita);

Growth strategy: legata all’entrata in nuovi segmenti prodotto/mercato, secondo processi di sviluppo interno o mediante acquisizioni (nuovi prodotti, acquisizione, nuovi mercati);

Restructuring strategy: che consiste nella revisione e modifica della struttura organizzativa esistente (cambio della struttura organizzativa, nuovi metodi di produzione).

Tutte questa strategie non sono alternative ma, anzi, compatibili fra loro ed attuabili in momenti diversi della vita aziendale.

La scelta della strategia più adeguata da realizzare deve, secondo l’autore, essere stabilita facendo ricorso ad alcuni elementi chiave dell’impresa quali la sua posizione competitiva, il ciclo di vita del prodotto, il settore in cui opera, le strategie adottate, le cause della crisi.

Nel suo modello, poi, O’Neill individuò l'esistenza di una relazione negativa tra le strategie di crescita ed un turnaround di successo in quei mercati dove c’è una forte pressione competitiva. In tali mercati, infatti, nel caso in cui l’impresa si trovi in una posizione di debolezza, le possibilità di un suo ritorno al valore sono fondate soprattutto su strategie di cutback e di ristrutturazione piuttosto che su strategie di sviluppo.

Arriviamo, così, al primo tentativo, ad opera di Grinyer, Mayer e Mckiernen (1988)74, di svincolarsi dalla dottrina tradizionale, secondo la quale il turnaround si poteva realizzare solamente in gravi situazioni di crisi

74 Grinyer, Mayer e Mckiernen: Sharpbenders: The Secrets of Unleashing Corporate Potential. Basil Blackwell – [Oxford] – 1988.

finanziaria, tali da mettere a rischio la sopravvivenza dell’impresa. Questi tre autori applicarono le nozioni e gli studi fino ad allora realizzati a venticinque compagnie inglesi, protagoniste di grossi recuperi di performance, dopo un periodo di ristagno. La loro ricerca dimostrò come il rischio di bancarotta costituisce solo un possibile punto di partenza per il cambiamento, ma non l’unico. Come detto, si possono realizzare altrettante strategie di rinnovamento radicale, non necessariamente in condizioni di gravità assoluta, ma anche in situazioni di declino o di ristagno. Sulla stessa linea troviamo Stopford e Baden-Fuller (1990)75, con il loro concetto della rejuvenation e di cambiamento graduale, in base al quale anche le imprese che si trovano in una situazione di stallo necessitano di turnaround.

A questo punto, gli studi sulle strategie di turnaround mostrano come nel tempo la ricerca abbia modificato il proprio campo d’indagine.

Mentre i primi studi, presentati precedentemente, erano indirizzati ad identificare il "contenuto" del turnaround, in questi ultimi anni la ricerca si è gradualmente rivolta all’analisi dei processi di turnaround con particolare attenzione alle dinamiche organizzative, culturali e di comportamento. Questa rifocalizzazione degli studi è legata soprattutto al fatto che, in quasi vent’anni di ricerche, non si era riusciti mai a individuare quali erano le peculiarità che caratterizzavano turnaround di successo rispetto a quelli fallimentari. Le analisi hanno così incominciato ad identificare le diverse tappe percorse dall’impresa lungo il cammino, dal declino fino al ritorno all’equilibrio. La letteratura ha cercato, inoltre, sia di spiegare le relazioni esistenti tra i processi di turnaround e determinate variabili, quali il tempo e le cause scatenanti, sia di identificare, all’interno di tali processi, le azioni indispensabili per l’ottenimento di risultati favorevoli.

75 Stopford-Badenfuller: Corporate rejuvenation. Journal of Management, n°27, 1990.