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Indagine tra gli iscritti alla Camera del Lavoro di Prato nel 2011

Capitolo 5: Gli immigrati visti dal sindacato, lo studio dell’ IRES Toscana

5.3 Indagine tra gli iscritti alla Camera del Lavoro di Prato nel 2011

La seconda ricerca segue la medesima metodologia delle prima, ma è rivolta ad un campione di 492 persone, selezionati tra iscritti della Camera del Lavoro di Prato ed esaminati nel periodo tra marzo e maggio 2011. La ricerca non riporta il totale degli iscritti alla Cgil nel pratese al momento della rilevazione. Il tasso di risposta è quasi del 100%. Il campione è stato determinato in modo tale da renderlo il più possibile rappresentativo delle realtà analizzata. In base alla suddivisione per sesso, gli uomini sono in maggioranza (62% degli intervistati), anche in questo caso non è specificato se all‟interno degli intervistati vi siano stranieri. Le donne sono in maggioranza sulle categorie della comunicazione, delle assicurazoni e del commercio e turismo. La federazione più rappresentata è la Filctem (Federazione Italiana Lavoratori Chimica Tessile Energia Manifatture) seguita dal sindacato dei pensionati (Spi) e da quello della funzione pubblica . Anche in questa ricerca la fascia di età prevalente è quella centrale, che va dai 41 ai 50 anni (29,1%), seguita da coloro che sono compresi tra i 51 e 60 (21,9%) e tra i 31 e i 40 (20,7%). Anche in questo caso gli under 30 rappresentano una minoranza (8,9%). L‟inquadramento professionale vede ripetersi la graduatoria della prima ricerca: gli operai sono il 36,6%, gli impiegati il 31,9% e i pensionati il 20,7%.

L‟atteggiamento prevalente è di apertura agli immigrati e condanna al razzismo, ma le varie sigle hanno posizioni molto diverse in relazione alle singole domande. Ad esempio, la domanda due chiede se il razzismo possa essere giustificato in alcuni casi. Ebbene, se per la federazione dei occupati nel settore della conoscenza e quella dei contratti atipici (Flc e Nidil), il razzismo è da condannare <<sempre>> per tutti gli iscritti, lo stesso non vale nei comparti dei i lavoratori della comunicazione, del legno e dei pensionati, dove l‟opzione <<qualche volta>> si afferma per il 37,5% dei casi in Fillea, il 36,3% in Slc e il 22% nello Spi.

Esigue minoranze appartenti a categorie come Filctem (4,4%), Filcams (4,8%) e Filt (7,3%) propendono per posizioni più radicali e ritengono che il razzismo sia da

giustificare <<molte volte>>, se non <<sempre>>. Queste percentuali non sono trascurabili, anche se rimangono in un contesto che predilige un approccio più favorevole, orientato al multiculturalismo e all‟integrazione. Nonostante ciò, è da sottolineare come la maggiornaza degli intervistati ritenga che la presenza straniera implichi trasformazioni rilevanti che possono incidere sulla sicurezza e sulla stabilità sociale. Tali problematiche sono tradotte in delinquenza e malattia, che sono indicati come due fenomeni strettamente legati all‟immigrazione. In particolare la deliquenza è conseguenza dell‟immigrazione per il 43,5% degli intervistati e le malattie sono un rischio concreto per il 23,8%. In generale, sono le donne, più degli uomini, a percepire in modo più minaccioso la presenza straniera.

D‟altro canto non mancano coloro che vedono i colleghi immigrati come una vataggio per l‟Italia, ma la maggiornaza ritiene che il beneficio più importante sia che gli stranieri coprano posizioni lavorative non desiderate dagli italiani. Lo scambio culturale è il secondo vantaggio che gli iscritti la Camera del Lavoro di Prato rinntracciano nell‟immigrazione, seguito poi dalla convinzione che gli immigrati rappresentino mandopera a basso costo. Incoraggiante risulta il fatto che nel complesso viene apprezzata la presenza di stranieri nelle scuole, vista come il motore di un proficuo scambio culturale per l‟ 81,2%, in linea con quanto rilevato a Firenze. L‟opinione che gli immigrati siano discriminati è abbastanza diffusa e trasversale in tutte le categorie: il 76% degli intervistati ritiene che gli stranieri siano discriminati <<molto>> o <<abbastanza>>, secondo il 66% inoltre tale discriminazione si verifica anche nella ricerca di lavoro degli immigrati.

Sull‟accesso al welfare si riscontrano percezione simili a quelle dei delegati della Camera del Lavoro fiorentina. Coloro che ritengono che gli immigrati siano agevolati <<molto>> o <<abbastanza>> sono più della metà del totale e anche in questo caso sono le donne a manifestare posizioni più ostili. Un altro sentore di preoccupazione arriva dalla domanda <<pensa che la criminalità sia cresciuta con l‟aumento dell‟immigrazione?>>, solo il 25,9% ritiene che i due fenomeni siano collegati <<poco>> o <<per niente>> e quasi il 50% degli intervistati rintraccia uno stretto legame tra l‟immigrazione e la criminalità rispondendo <<molto>> nel 17,6% dei casi e <<abbastanza>> per il 32,2%.

L‟idea è piuttosto accreditata dei reparti dei trasporti (Filt), della comunicazione (Slc) e dei pensionati (Spi).

Aumenta la criminalità, ma non dimunisce la percezione sicurezza degli italiani, infatti solo il 32,7% ritiene gli stranieri possano essere una minaccia per il quieto vivere della popolazione locale

5.4 Le relazioni lavorative in azienda e la condizione dei dipendenti

italiani e stranieri

La terza indagine considera un campione diverso da quelle precedenti. Obiettivo dell‟indagine era di <<mettere a fuoco alcuni aspetti del rapporto di lavoro tra immigrati stranieri, loro colleghi italiani e direzione aziendale>>105; la ricerca ha preso in considerazione le modalità di assunzione, le relazioni in azienda, gli eventuali conflitti e le soddisfazione e aspettative rispetto alla possibilità di un avanzamento di carriera. Sono stati coinvolti 98 lavoratori dipendenti, di cui 47 italiani e 51 stranieri, il periodo della rilevazione è giugno 2012. Il tasso di risposta è quasi sempre del 100%, salvo alcune eccezioni debitamente segnalate.

I profili demografici che componevano il campione erano diversi: diciasette gruppi nazionali: a maggioranza peruviani (11), romeni (10) e filippini (9). Le donne sono in maggioranza assoluta e tutti i lavoratori sono equamente distribuiti nelle varie fasce di età (il range complessivamente va dai 26 ai 50 anni), gli immigrati hanno un‟eta più bassa degli italiani. La ripartizione per anni di lavoro vede il campione distribuirsi equamente tra chi è impiegato da meno di un anno e chi da più di sette. La maggioranza degli intervistati (67 su 98) è impiegato a tempo pieno, mentre 76 su 98 hano un contratto a tempo indeterminato. Due terzi delle interviste sono state condotte in società cooperative. 79 lavoratori su 98 avevano avuto esperienze lavorative precendenti, i settori di impiego di provenienza sono i servizi (domestici o di pulizia), il commercio e l‟industria. Il questionario si articola in trentatrè domande a risposta chiusa, di queste, sei sono rivolte solo agli stranieri.

Il primo aspetto che emerge, riferito alle caratteristiche demografiche e di inserimento lavorativo, dà indicazioni circa le modalità di assunzione: coloro che sono stati aiutati da qualcuno ad entrare in azienda sono in totale 43 su 98 e precisamente: 20 sono stati aiutati da un amico, 6 da parenti, 11 da associazioni, 2 dalla parocchia, 1 dal sindacato e 6 indicano <<altro>>. Da rilevare è che per gli stranieri la rete amicale e parentale è

105

particolarmente importante, dato che dei 43 lavoratori che sono stati aiutati, sono 25 gli stranieri (il 58%). Il dato conferma quindi l‟importanza del capitale sociale, a cui gli immigrati attingono per far fronte alle necessità e che, soprattutto al momento dell‟arrivo, è l‟unico punto di riferimento. La rete delle conoscenze è comunque importante anche per i lavoratori italiani, tra loro, in 18 ne hanno usufruito per accedere in azienda. Infine su un totale di 54 persone che non sono state aiutate, gli stranieri sono la metà. I rapporti con i dirigenti sono giudicati positivi dal 70,4% del campione, per 13 persone le relazioni sono invece <<difficili>> o <<pessime>> e altre 13 dichiarano di avere un rapporto esclusivamente lavorativo con la dirigenza. Tra coloro che segnalano difficoltà col management il 69,2% sono stranieri (9 su 13). Anche le relazioni tra colleghi sono considerate nella maggiornaza buone (80 su 98), al contrario per 14 lavoratori i raporti sono <<difficili>> o <<pessimi>>, ma stavolta la maggiornaza che segnala insofferenza è italiana, infatti solo per sei stranieri i rapporti tra colleghi non sono buoni. A livello generale, si può affermare che il clima in azienda sia disteso, anche se non mancano situazioni di conflitto, ma nel complesso, sia per gli italiani che per gli stranieri la situazione lavorativa è positiva sia con la direzione che con i colleghi. Da sottolineare è che al momento mancano indagini comparative in tal senso e che, i rappresentanti sindacali, non sono d‟accordo con quanto dichiarano i lavoratori. Infatti i sindacalisti interpellati hanno sottolineato alcune persistenti situazioni conflittuali e un clima non sempre collaborativo.

Il blocco successivo di domande che va dalla numero sei alla diciotto, riguarda il tema della conflittualità in azienda: se l‟80,8% degli intervistati dichiara di non riscontrare problemtiche, al contrario 18 rispondono affermativamente, e la maggiornaza è straniera (11 contro 7 italiani). I motivi del conflitto sono da attribuirsi a <<problemi di orario di lavoro e normativi>> per sei persone, a <<problemi di lavoro di altra natura>> per tre lavoratori e due persone indicano di essere vittime di atteggiamenti ritenuti razzisti e discriminatori. Da quanto emerso, tra le 18 persone che hanno avuto problemi, in 8 dichiarano di aver risolto il conflitto, per 10 (di cui 7 stranieri) non c‟è stata una risoluzione positiva. La mancata risoluzione dei problemi è per 9 persone su 10 da imputare a problemi di comunicazione.

Anche tra colleghi i rapporti sembrano buoni, infatti coloro che non hanno mai avuto problemi sono l‟86,1% del totale (le risposte valide sono 94). Per 13 persone ci sono state difficoltà, ma stavolta il dato è uniformemente diviso tra stranieri e italiani (rispettivamente 6 e 7). Le motivazioni dei conflitti sono per <<problemi di lavoro>> (5

in valore assoluto), <<problemi di lavoro di altra natura>> (3) e infine di comunicazione per altre tre persone. Per la maggioranza, 7, le difficoltà sono state risolte, per 5 ( di cui tre stranieri e due italiani) rimangono a causa di problemi di dialogo e comunicazione. Le due successive domande (numero 15 e 16) erano rivolte esclusivamente a stranieri dato che chiedevano se l‟intervistato si fosse sentito o meno vittima di atteggiamenti razzisti o discriminatori sul luogo di lavoro. La maggioranza risponde negativamente (42 su 47), sette invece ritengono di essere stati protagonisti di atti discriminatori, di questi, solo quattro hanno indicato le motivazioni che attribuiscono a incompresioni e motivi personali.

Se sul luogo di lavoro la situazione pare positiva e improntata su una predisposizione favorevole al dialogo e alla reciprocità, altrettanto non si può dire del contesto extra-lavorativo. In questo ambito 12 immigrati su 47 dichiarano di aver subito discriminzazioni: 6 nell‟accesso all‟abitazione, due nei servizi sanitari. Le maggiori problematiche in questo ambiente sono la burocrazia e la reticenza dei padroni di casa ad affittare ad immigrati. Ritorna quindi la delicata questione dei servizi che era stata messa in luce anche delle due analisi precendenti e che sarà nuovamente oggetto di riflessione nelle pagine a seguire. La domanda 19 indagava sulla rappresentanza sindacale: ogni tre lavoratori, due sono iscritti ai sindacati e la maggioranza (860 su 65) alla CGIL.

I quesiti che seguono cercano di far luce sulle relazioni esterne al lavoro intrattenute dagli intervistati. Si chiedeva infatti se fuori dal luogo di impiego si frequentassero colleghi e/o amici di diversa nazionalità. 44 persone su 98 incontrano <<qualche volta>> i colleghi, 27 <<raramente>> , dieci indicano <<spesso>>. In 14 invece frequentano colleghi e amici solo della propria nazionalità, in questa risposta prevale la componente straniera: 9 contro 5 italiani. Delle 54 persone che hanno relazioni con persone di altre origini, 30 sono straniere. Da segnalare che le risposte valide a questa domanda sono state in tutte 95. Sebbene il quadro sia articolato, emerge, al di fuori del contesto lavorativo, una scarsa frequentazione reciproca, che secondo l‟Autore e da considersi il sintomo di uno basso livello di integrazione.

Per la maggioranza degli intervistati i giovani stranieri hanno la stesse opportunità di lavoro dei giovani italiani: 28 stranieri su 51 ritengono di <<no>> o comunque <<non abbastanza>>. Gli italiani invece percepiscono l‟inserimento lavorativo dei ragazzi immigrati più facile; dei 45 <<sì>> totali, 20 sono italiani e 13 hanno perplessità a riguardo (8 <<no>> e 5 <<non abbastanza>>). Coloro che non

riescono a esprimersi, dichiarando <<non so>>, sono 8 (un italiano e gli altri stranieri). I pareri espressi dagli italiani riguardo a questa domanda sembrano confermare la segmentazione del mercato del lavoro: per i nostri connazionali gli immigrati accedono facilmente al mercato del lavoro, forse proprio perché (come è stato fatto notare più volte nel presente laborato) si dirigono verso impieghi più pesanti e precari lasciati scoperti dagli italiani. Ma le recenti trasformazioni del mercato del lavoro, che si declinano in una crescente precarietà, fanno sì che la manodopera straniera sia percepita come concorrenziale, almeno in alcuni ambiti lavorativi, un tempo non desiderabili per gli italiani, ma che ora, con la crisi economica, stanno ritornando appetibili.

Ad avvalorare il fatto che gli immigrati possano essere percepiti come una minaccia nella competizione lavorativa è il livello di soddisfazione in relazione alla retribuzione in rapporto al costo della vita , rilevato dalla domanda numero 25. Su 93 risposte valide su 98, in 36 si dichiarano abbastanza o molto soddisfatti: di questi, la maggiornaza è straniera (31), mentre in 57 dichiarano <<per niente>> (29) o <<poco>> soddisfatti (29). Tra gli insoddisfatti (che comunque sono la maggioranza del campione), sono di più gli italiani, mentre gli immigrati prevalgono tra coloro che, tutto sommato, pensano che il salario retribuito sia adeguato al costo della vita.

Alla domanda se gli immigrati rubino o meno il lavoro agli italiani, hanno risposto sia italiani che stranieri. Tuttavia è utile prendere in considerazione solo le risposte degli italiani, dato che solo un immigrato risponde <<molto>>. Sui 42 italiani esaminati in 13 ritengono la manodopera straniera rubi <<molto>> (4) o <<abbastanza>> (9) il lavoro: prevale quindi un parere non ostile sulla questione. Il dato positivo, è in linea con quanto emerso anche dalle precedenti due ricerche presentate nel lavoro del Tassinari. Un altro punto di convergenza coi dati emersi nella prima parte del libro, e la percezione del legame tra criminalità e immigrazione. Trenta intervistati su 95, dichiarano che i due fenomeni siano <<molto>> (10) o <<abbastanza>> (20) correlati. Per gli italiani i valori sono più alti e in totale rappresentano il 44,6%, mentre gli stranieri il 17,6%. Coloro che dichiarano che non ci sia alcuna correlazione sono 24 in totale, mentre in 21 ritengono che ci sia un legame, ma molto limitato.

Ritornando al tema della soddisfazione lavorativa, la maggioranza si ritiene <<abbastanza>> o <<molto>> soddisfatta ed in totale sono 65 impiegati a rispondere così. All‟interno di questi, 28 sono italiani e 37 stranieri, mentre tra gli insoddisfati (complessivamente 29) prevalgono gli italiani, che ammontano a 15.

Due terzi degli intervistati ritiene utile partecipare a corsi di formazione e spacializzazione per migliorare la proprie opportunità. Sui 64 che condividono questa affermazione 34 sono stranieri e 30 italiani, mentre coloro che non sono <<per niente>> o <<poco>> d‟accordo sono 30, e gli stranieri sono in lieve maggiornaza (16). Gli stranieri sembrano inoltre più ottimisti degli italiani rispetto ad un miglioramento della propria condizione lavorativa. Infatti coloro che rispondono <<sì>> sono 23 e <<non so>> 14. Invece gli italiani prevalgono tra i <<no>> e sono 15 su un totale di 28. Tuttavia la possibilità di ascesa è condivisa dalla maggiornaza del campione: 65 <<sì>> e <<non so>> rispetto ai 28 <<no>> totali. Il miglioramento è però previsto sempre nell‟ambito dell‟impiego attuale da dipendente, in pochi prevedono un‟avanzamento in verticale, magari come lavoratore autonomo: solo sei e nessuno italiano è tra questi. Ma gli stranieri sono anche in maggiornaza nel ritenere che non non ci sarà una progressione di carriera e sono 34 su 46.

Le ultime due domade dovevano essere compilate solo dagli stranieri e dagli immigrati di altre regioni e chiedevano se ci fosse o meno l‟intenzione di rimanere prima nel nostro Paese e, se sì, in Toscana. Tutti, tranne uno, hanno volontà di rimanere in Italia e 44 di questi nelle nostra regione.

Il desiderio di continuare a soggiornare in Toscana sembra confermare l‟elevato indice di attrattività riportato anche nell‟ultimo rapporto CNEL presentato nel capitolo precedente.