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I materiali legati con cemento: i masselli autobloccanti per pavimentazioni pedonali

4.1. Introduzione

L’ultima tipologia di materiali analizzati nel corso della tesi è quella dei materiali legati con legante idraulico, sottoforma di masselli autobloccanti. In particolare, la ricerca presentata riporta il caso di masselli autobloccanti per pavimentazioni stradali contenenti residui di lavorazione di materiali lapidei e ceramici ed è parte dello studio condotto per conto di EMEC srl, sovvenzionato da Parma Tecninnova.

Alla base della ricerca si colloca la crescente attenzione all’ambiente e agli sforzi incentrati sullo sviluppo di nuove tecnologie per il riciclaggio di scarti industriali.

Tra questi, i residui della produzione di materiale ceramico sono uno dei maggiori materiali di scarto prodotti in Italia e, in particolare, nella regione Emilia Romagna, famosa per la notevole produzione di ceramica. Scopo della ricerca è dunque quello di stimare la possibilità di riciclo di tali scarti industriali, sottoforma di fanghi e polveri di diverso diametro, nella produzione di masselli autobloccanti in cemento per aree di sosta e percorsi pedonali, al fine di ridurre la quantità di aggregati utilizzati nella produzione tradizionale.

La produzione di elementi autobloccanti “riciclati” da impiegare in pavimentazioni stradali presuppone la verifica di una serie di requisiti prestazionali che il manufatto deve garantire durante l’arco di vita utile atteso in opera: se da un lato l’obiettivo è quello di realizzare masselli in calcestruzzo che contengano il massimo quantitativo di materiale da riciclo, dall’altro lato è necessario garantire, mediante un’articolata serie di analisi, le caratteristiche meccaniche e la durabilità degli stessi masselli compatibilmente con l’uso stradale. Pertanto, nel corso della presente ricerca, sia attraverso le prove indicate dalla normativa UNI EN 1338:2004, sia con allestimenti sperimentali appositamente progettati e realizzati, si è pervenuto ad un esaustivo quadro di informazioni sulle prestazioni degli elementi autobloccanti contenenti scarti di lavorazione di materiali ceramici, in termini di resistenza meccanica (prove di trazione indiretta, prove di compressione) e superficiale (prove di resistenza agli urti, allo scivolamento, all’abrasione), confrontando alcuni dei principali parametri con quelli ottenuti per le miscele tradizionali.

Sulla base delle evidenze sperimentali, infine, sono state selezionate e riprodotte attraverso il codice di calcolo ad elementi distinti particellari le prove riguardanti

la stima della resistenza meccanica dei masselli, al fine di verificarne la possibilità di utilizzo anche per questa tipologia di materiale. Se la definizione del modello numerico ricalca in parte quanto già visto nello studio dei precedenti materiali, differenti risultano invece i modelli costitutivi e le caratteristiche microscopiche da attribuire agli elementi ball costituenti il modello. In particolare, l’attenzione è stata focalizzata sui parametri di rigidezza e sui legami di contatto, valutandone il loro rapporto reciproco al variare delle configurazioni di prova. Le simulazioni riportate mostrano risultati analoghi a quelli sperimentali, cogliendo aspetti caratteristici del materiale evidenziati nella campagna di prove: questo dimostra quanto il metodo agli elementi distinti particellari sia uno strumento versatile ed utile per lo studio dei materiali stradali.

Nei paragrafi seguenti, dopo un breve inquadramento tematico, si analizzano inizialmente i risultati dei test di laboratorio, per poi passare allo studio dettagliato della modellazione numerica.

4.1.1. Inquadramento tematico

Come già accennato, la crescente attenzione legata al patrimonio ambientale richiede sforzi mirati allo sviluppo di nuove tecnologie per il riutilizzo dei materiali di scarto delle produzioni industriali. In quest’ottica, l’attività di riciclaggio assume un ruolo di primaria importanza estendendosi a diversi ambiti produttivi. Tra questi, il campo delle costruzioni viene posto in particolare evidenza, per il duplice problema della reperibilità di inerti naturali e di siti idonei per discarica.

In questo ambito, diverse sono le esperienze presenti in letteratura.

Colangelo et al. (2004) hanno valutato la possibilità di utilizzare fanghi della produzione di marmo e polvere di cemento per il confezionamento di malte e calcestruzzo autocompattante. Ottimi sono i risultati delle prove effettuate sia sulla miscela liquida sia sulla miscela solida: nella maggior parte dei casi l’aggiunta nell’impasto del materiale di riciclo incrementa le proprietà fisiche e meccaniche della miscela.

Esperienza analoga è stata compiuta in Giappone da Shimoda et al. (2000), riutilizzando rifiuti solidi urbani e industriali nei materiali da costruzione. Il risultato è stato il confezionamento di un “Eco-cemento” destinato a impieghi generalizzati, in cui almeno il 50% delle materie prime utilizzate sono state sostituite da ceneri da inceneritore urbano e fanghi fognari. Aspetto fondamentale della ricerca è stata la gestione dei materiali riciclati: le ceneri dei rifiuti urbani, infatti, contengono in generale un’elevata quantità di cloruri (pericolosi per la corrosione dei ferri di armatura) e piccole quantità di sostanze tossiche dannose per l’ambiente (diossine e metalli pesanti). Questi elementi sono stati decomposti, rimossi o incapsulati prima del loro inserimento nel ciclo produttivo dell’Eco-cemento.

Numerose sono inoltre le esperienze legate alla produzione di materiali ceramici e laterizi. Gli impasti utilizzati in questi ambiti, costituiti da materie prime aventi uno spettro composizionale assai ampio, sono in genere, dal punto di vista

chimico, particolarmente disomogenei, ragione per cui possono tollerare la presenza di percentuali diverse di differenti materiali di scarto. Come riportano Tucci et al. (2006), risultati incoraggianti provengono dall’utilizzo di rifiuti ricchi in sostanze organiche, in quanto la loro combustione, in fase di cottura, permette un significativo risparmio energetico. Inoltre, la diminuzione in peso dovuto all’aumento di porosità riscontrato in questi impasti, porta ad ulteriori vantaggi economici ai fini del trasporto e della posa, conferendo inoltre, al prodotto finito, migliori caratteristiche in termini di isolamento termico. Altre esperienze positive sono state compiute con scarti fondenti della lavorazione del carbone, dell’industria tessile e del legno, nonché con fanghi derivati dal processo di taglio del granito utilizzati in percentuale fino al 60% (Ferriera et al., 2002; Corinaldesi e Moriconi, 2002 e 2005): in generale, nei materiali finiti si riscontrano un minore assorbimento di acqua e un netto miglioramento delle proprietà meccaniche. Al contrario, una percentuale inferiore al 10% di fanghi provenienti dall’industria cartaria si traducono in un lieve aumento di assorbimento di acqua e una lieve diminuzione di resistenza meccanica.

Nella presente ricerca, in particolare, si è valutato un possibile impiego nell’ambito dell’ingegneria civile dei fanghi residui della produzione di mattonelle, rifiuto quantitativamente importante sul fronte della produzione ceramica del comparto emiliano. Gli stessi materiali di scarto sono già stati utilizzati con successo nei rilevati stradali, in sostituzione di terre idonee prelevate da cave di prestito (Cardone et al., 2005). Il presente studio si propone, invece, di valutarne l’impiego nel confezionamento di masselli autobloccanti per pavimentazioni.

Dopo una breve analisi degli aspetti normativi che regolano l’attività di riciclaggio a livello europeo e nazionale, si riporta l’indagine sperimentale eseguita sul materiale fornito.

4.1.2. Aspetti normativi

Mentre negli Stati Uniti e in Giappone già da quasi trenta anni è previsto l’utilizzo di inerti di riciclo per il confezionamento di nuovi calcestruzzi, l’Italia ha seguito la lenta evoluzione della legislazione europea: la direttiva 75/442/CEE è stata recepita solo con il DPR 915/82, che prevedeva la promozione di sistemi tendenti a riciclare i rifiuti o recuperare da essi materiali ed energia.

E’ comunque solo 15 anni più tardi che il Decreto Ronchi (DL n°22 del 05/02/097) e il relativo regolamento attuativo (DM 05/02/98) disciplinano le finalità di protezione dell’ambiente e la responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita dei prodotti.

Il passo successivo, a livello europeo, fu compiuto solo nel 2000, quando la Commissione Europea, Direzione Generale e Ambiente, ha elaborato un documento di analisi propedeutico alla definizione di una strategia comunitaria, che prevede, tra l’altro, incentivi per la promozione della selezione alla fonte e del riciclaggio dei rifiuti, incentivi per l’utilizzo di materiali riciclati nelle opere pubbliche e inserimento della gestione dei rifiuti come parte integrante delle

licenze edilizie e dei permessi di demolizione. A questo ha fatto seguito la norma EN 12620 “Aggregates for concrete”, redatta dal CEN/TC 154 e recepita in Italia nel 2002, che ha come oggetto non più solo gli aggregati naturali, ma anche quelli di origine artificiale o di riciclo.