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7 Produrre biocombustibili a emissioni zero

7.1 Introduzione

4 Il lavoro presentato in questo capitolo è frutto della collaborazione instaurata con Robert Williams ed Eric Larson del Princeton Environmental Institute, Princeton University durante il soggiorno all’estero del 2007. Ha inoltre collaborato al lavoro Stefano Consonni del Dipartimento di Energetica del Politecnico di

I trasporti contribuiscono significativamente alle emissioni di CO2 in atmosfera e ridurre le emissioni di questo settore è una delle sfide più difficili (tantissime fonti diffuse, netto monopolio di benzina e diesel), ma più pressanti, vista la sua forte crescita. Una soluzione interessante consiste nello sfruttare il potenziale di sequestro fotosintetico delle emissioni di CO2 nelle biomasse e quindi trasformare le biomasse da fonte di energia a emissioni di carbonio pari a zero a fonte di energia a emissioni di carbonio negative. Il capitolo è suddiviso in due parti: la prima consiste nella descrizione del processo di gassificazione di carbone e biomassa per co-produrre elettricità e combustibili liquidi di Fischer-Tropsch (FTL) con CCS, come discusso in Williams et al. (2006). L’utilizzo di carbone è desiderabile per sfruttarne le economie di scala e il basso costo di approvvigionamento. La seconda parte consiste nell’approfondire il tema del sequestro del carbonio nel suolo e nelle radici attraverso le praterie ad elevata biodiversità (MPG) coltivate su terreni degradati per il precedente utilizzo agricolo intensivo, come proposto in Tilman et al. (2006).

In questo lavoro viene analizzato un impianto, che si assume localizzato nel sud dell’Illinois, alimentato a biomasse raccolte da praterie ad elevata biodiversità. Si immagina che queste praterie siano stabilite su terreni precedentemente coltivati con pratiche agricole intensive a granoturco. L'analisi economica è svolta secondo la prospettiva dell’imprenditore agricolo, per comprendere come il suo reddito cambi passando dalla coltivazione del granoturco a quella delle biomasse, ipotizzando che queste siano vendute all’impianto di gassificazione alimentato anche a carbone. Nello studio si ipotizza che il valore del carbonio sia pari a 100 $/tCeq, che equivale al prezzo minimo del carbonio per rendere economicamente fattibile la cattura e lo stoccaggio della CO2 in uscita da impianti a carbone e, in particolate, da centrali elettriche alimentate a carbone. La mitigazione dei cambiamenti climatici per la stabilizzazione della concentrazione atmosferica della CO2 ad un livello inferiore al raddoppio del livello pre-industriale non può che essere raggiunta o con l’abbandono completo del carbone o con l’introduzione delle tecnologie del CCS negli impianti alimentati a carbone (principalmente centrali elettriche). Affinché una nuova centrale a carbone con CCS produca energia elettrica a costi inferiori rispetto ad una centrale analoga senza CCS, il prezzo minimo del carbonio deve essere di 100 $/tC.

Se le biomasse dovranno in futuro contribuire significativamente alla produzione di combustibili a basso contenuto di carbonio, dovranno essere coltivate sia su terreni agricoli sia su terreni degradati. Tuttavia, coltivare biomasse su terreni agricoli porta ad un aumento dei prezzi nel settore alimentare, come sta accadendo negli Stati Uniti grazie alla diffusione degli impianti di produzione di etanolo finanziati da abbondanti sussidi statali (The Economist, 2007). Si tenga però presente che non esiste un vero e proprio libero mercato per le produzioni alimentari, visto che il governo federale negli USA (ma lo stesse succede in Italia e Europa) da sempre fornisce abbondanti sovvenzioni per garantire un reddito minimo all’agricoltore. La coltivazione delle biomasse su terreni agricoli, secondo alcuni, potrebbe in futuro portare alla eliminazione dei sussidi per l’agricoltura. In particolare, in assenza di sussidi per la produzione di etanolo, se le MPG fossero coltivate su terreni agricoli in precedenza utilizzati per produrre granoturco, si riuscirebbero ad avere prezzi del granoturco tali da eliminare la necessità di sussidi al settore.

7.1.1 Tecnologie per la conversione in energia

In questo studio vengono considerate le stesse tecnologie di conversione e gli stessi impianti discussi in Williams et al. (2006), ma supponendo di alimentare l’impianto con

biomasse da prateria ad alta biodiversità anziché il panìco (Panicum virgatum, switchgrass). Per mostrare l’importanza cruciale del CCS e dell’utilizzo combinato di biomassa e carbone, le tre seguenti alternative tecnologiche sono confrontate:

- impianto alimentato solo a carbone con emissione in atmosfera della CO2 (C-FT-V);

- impianto alimentato solo a carbone con cattura e stoccaggio della CO2 e dell’H2S (C-FT-CoC);

- impianto alimentato a carbone e biomasse con cattura e stoccaggio della CO2 e dell’H2S (CB-FT-CoC).

7.1.2 Biomasse in ingresso

L'idea di coltivare biomasse da prateria ad alta biodiversità deriva dal lavoro di Tilman e dei suoi collaboratori presso la University del Minnesota che hanno effettuato numerosi esperimenti sulle prairie grasses fino dal 1994 coltivando su terreni impoveriti di carbonio e fortemente degradati a Cedar Creek Natural History nelle grandi pianure settentrionali degli Stati Uniti (Tilman et al., 2006). L'esperimento è stato motivato:

- da considerazioni sul potenziale di utilizzo delle terre degradate per la produzione di biomasse per l’energia;

- da preoccupazioni circa la perdita di carbonio dal suolo e dalle radici che avviene quando i terreni sono convertiti da prateria ad agricoltura tradizionale intensiva;

- da preoccupazioni circa la concorrenza sui terreni agricoli fertili delle biomasse per l’energia con la produzione alimentare;

- da preoccupazioni circa la perdita di biodiversità connessa con la produzione di coltivazioni di monocolture di qualsiasi tipo e di colture per l’energia in particolare.

La preoccupazione per la perdita di biodiversità ha portato ad essere cauti verso lo sviluppo di strategie di mitigazione dei CCG attraverso colture energetiche a monocolture. Un recente rapporto dell’Agenzia di Valutazione dell’Ambiente dei Paesi Bassi (MNP, 2006), è stato commissionato proprio per esplorare le opzioni che potrebbero contribuire alla realizzazione dell’Obiettivo 2010 della Convenzione sulla biodiversità. In particolare, il rapporto presta particolare attenzione alle implicazioni a lungo termine dei biocarburanti e mette in guardia dal fare dei biocarburanti il maggior punto focale degli sforzi di attenuazione dei CCG, a causa della possibili implicazioni sulla biodiversità. La relazione afferma che nel 2050 il guadagno di biodiversità (+1%) dal minor cambiamento climatico e dalla riduzione della deposizione di azoto a causa del minor combustibile fossile bruciato non compensa la perdita dell’habitat naturale (-2%) per la produzione biocarburanti su circa il 10% della superficie agricola globale.

Pertanto, il nostro obiettivo è quello di esplorare altre opzioni di attenuazione, differenti dai biocarburanti, quali etanolo e biodiesel, che possono avere effetti meno negativi, o addirittura fornire benefici per la conservazione della biodiversità.

Dal nostro punto di vista i più importanti risultati dello studio Tilman e al. (2006) sono che

- la resa sostenibile delle prairie grasses aumenta monotonicamente con il numero di specie;

- l'accumulo di carbonio nel suolo più quello nelle radici, aumenta monotonicamente con il numero di specie;

- è probabile che l’accumulo di carbonio nel suolo continui per un secolo o più, anche se la gran parte dell’accumulo si ha nei primi 30 anni;

- una volta che le prairie grasses sono state impiantate, solo piccoli input agricoli sono necessari, grazie alla presenza di specie azotofissatrici;

- la pratiche agricola di tagliare e raccogliere le prairie grasses ogni anno dopo la senescenza è sostenibile;

- le prairie grasses sono composte da un mix di sedici specie e comportano quindi aumenti di biodiversità locale, in contrasto alla perdita di biodiversità che deriverebbero dalle monocolture.