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Il programma sperimentale di ENEL

3.2 L’esperienza

dell’Istituto Marconi di Piacenza L’ISII Marconi di Piacenza è uno dei sette istituti tecnici che hanno partecipato al programma sperimentale promosso da ENEL negli aa.ss. 2014/2015 e 2015/2016. Per avere un riscontro più preciso sull’esito della sperimentazione in questa scuola, ma anche per valutare meglio il programma nel suo complesso a partire da testimonianze dirette, oltre che dal monitoraggio condotto a livello nazionale dall’ISFOL, è sembrato opportuno intervistare in forma anonima i docenti e gli apprendisti dell’Istituto che sono stati coinvolti nell’iniziativa.

Per ciascun gruppo di intervistati è stato predisposto un questionario strutturato con domande riguardanti alcune delle criticità emerse dall’analisi dei rapporti di monitoraggio (vedi parte A). I quesiti sono stati formulati dopo un colloquio con il dirigente del’Istituto e il tutor scolastico che ha seguito la classe degli apprendisti.

Al questionario rivolto ai docenti hanno risposto 855 dei 10 professori appartenenti al Consiglio di classe. Al questionario rivolto agli studenti-apprendisti hanno risposto 14 dei 15 giovani interessati. Tutti gli studenti dell’Istituto Marconi che sono stati coinvolti nel programma sperimentale hanno conseguito il diploma d’istruzione tecnica in apprendistato e, successivamente, firmato con ENEL un contratto di apprendistato professionalizzante. Nell’estate del 2017 il loro apprendistato si è poi trasformato in un contratto a tempo indeterminato.

53 Cfr. il D.lgs. 77/2005 attuativo della L. 53/2003.

54 È l’idea più volte ribadita da G. Bertagna. Si veda in particolare: G. Bertagna, Lavoro e formazione dei giovani, La Scuola, Brescia 2011.

55 Tutti docenti di ruolo.

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3.2.1 L’apprezzamento dell’esperienza Il primo dato che emerge dalle risposte di studenti e professori è l’apprezzamento dell’esperienza. Nei primi è evidente la soddisfazione per aver concluso un percorso stimolante, ancorché impegnativo.

L’elemento motivazionale deve avere influenzato in maniera positiva proprio il rendimento scolastico: «Avere la consapevolezza di poter avere un lavoro ha fatto cambiare totalmente anche la mia attitudine a livello scolastico, infatti sono passato da avere debiti in seconda e terza superiore con voti non superiori al 6, ad arrivare in quinta con voto medio alti (7-8) e raggiungere quasi 80 all'esame di stato, cosa che senza una esperienza scuola-lavoro sarebbe stata impossibile»56. La maggior parte degli apprendisti ha visto nalla possibilità di un inserimento privilegiato nel mondo del lavoro il vantaggio più rilevante offerto dall’apprendistato. Qualcuno ha invece sottolineato che: «non in tutti i percorsi scolastici si ha la possibilità di vedere il riscontro pratico di quanto studiato in maniera così significativa»57. Anche a detta dei docenti il confronto con l’ambiente lavorativo avrebbe spronato gli alunni ad impegnarsi di più nello studio, rendendoli più responsabili.

Nel complesso i pregi dell’esperienza hanno superato i suoi limiti (la fatica di portare avanti due percorsi in uno, per gli studenti; i disguidi organizzativi dovuti al carattere sperimentale dell’iniziativa, per i professori).

3.2.2 Il coinvolgimento dei consigli di classe e la valutazione degli apprendisti

Per riferimento a due criticità emerse dall’analisi dei monitoraggi (lo scarso

56 Dalla risposta di un apprendista alla domanda: «Il fatto di condurre un apprendistato all’interno di un percorso d’istruzione è stato più un vantaggio o una fatica? Perché?».

57 Dalla risposta di un apprendista alla domanda: «Il fatto di condurre un apprendistato all’interno di un percorso d’istruzione è stato più un vantaggio o una fatica? Perché?».

coinvolgimento dei consigli di classe nella progettazoine del percorso e la valutazione scolastica degli apprendisti) sembra che il sondaggio smentisca, almeno in parte, le considerazioni svolte nella prima parte del presente contributo. Una lettura meno affrettata delle risposte date ai questionari attenua tuttavia questa prima impressione.

Per quanto riguarda il primo punto, tutti i docenti intervistati hanno riconosciuto come il proprio consiglio di classe sia stato coinvolto

«molto» o «abbastanza» nella progettazione del percorso formativo degli studenti-apprendisti. Forse, nel quesito sarebbe stato opportuno precisare il significato da attribuire all’espressione «progettazione del percorso formativo». Difficile immaginare che i docenti l’abbiamo intesa come sinonimo di programmazione didattica iniziale, giacché l’avvio “frettoloso” del programma sperimentale non può avere certo consentito ai docenti di progrettare ab imis il percorso insieme ai referenti aziendali. La collaborazione fra docenti ed azienda può essere avvenuta solo a percorso già iniziato. È lecito supporre, allora, che gli intervistati si riferissero alla rimodulazione in itinere del percorso, valutata di volta in volta in considerazione dei livelli di partenza e dei progressi fatti dagli studenti. In questo senso, il coinvolgimento dei docenti e, soprattutto, la collaborazione fra tutor scolastici e aziendali – più volte ribadita anche nei monitaroggi ISFOL – avrebbero permesso di coordinare al meglio formazione aziendale e lezioni scolastiche nelle materie di indirizzo, così da colmare le lacune pregresse degli alunni, rispettando il crietrio di propedeuticità ed evitando inutili reduplicazioni. Per quanto riguarda la valutazione scolastica del percorso aziendale, cinque docenti su otto hanno dichiarato di aver tenuto conto nell’assegnazione del voto di fine quadrimestre/anno nella propria materia del percorso formativo fatto dagli apprendisti in ENEL. Di questa considerazione pare si siano accorti anche i ragazzi: la maggior parte di loro, infatti, riconosce come i propri professori abbiano valorizzato in sede di

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valutazione la propria esperienza aziendale (otto dicono «abbastanza», tre addirittura

«molto»). Solo tre pensano che questa attenzione sia stata scarsa o addirittura nulla.

A ben guardare, però, i risultati del percorso in ENEL, pur apprezzati dai professori, non sono stati valutati come se riguardassero direttamente la formazione scolastica. Dei cinque docenti che hanno dichiarato di aver tenuto conto dell’esperienza aziendale degli studenti, solo due (entrambi insegnanti delle materie di indirizzo) hanno concordato il voto nella propria disciplina con il tutor aziendale, gli altri tre hanno semplicemente riscontrato un miglioramento nel rendimento degli alunni, ricondotto alla maggior impegno profuso dai giovani galvanizzati dall’esperienza di apprendistato oppure alla possibilità offerta loro di fare esperienza diretta di problematiche legate agli argomenti teorici trattati a scuola: «da parte degli alunni c'era stato un approccio alle tematiche trattate più diretto e consapevole»58. Inoltre, dei sette apprendisti che hanno voluto spiegare in che modo la propria esperienza in ENEL sia stata valorizzata dagli insegnanti, più della metà ha fatto riferimento soltanto all’attenzione con cui essa è stata considerata dalla commissione durante l’esame di maturità59. Sembra dunque che la scuola non abbia approntato dispositivi formali per il riconoscimento del valore formativo dell’esperienza lavorativa. Questa

“dimenticanza” rivela la persistenza del pregiudizio separatorio, ribadito implicitamente anche da due studenti, ai quali è parso del tutto scontato che i propri insegnanti non attribuissero particolare rilievo all’esperienza aziendale per la determinazione del voto scolastico: «Giustamente la scuola resta la scuola [e] il lavoro il lavoro, logico, si cercava di venirsi in contro ma le valutazioni dovevano giustamente restare imparziali l'una con l'altra»60.

58 Dalla risposta di un docente alla domanda: «A fine quadrimestre/anno nell’assegnazione del voto relativo alla sua materia ha tenuto conto dell’esperienza aziendale dagli studenti?»

59 In tre risposte su sette il riferimento è inequivocabile.

Si può però intuire almeno in altre due.

60 Risposta di un apprendista alla domanda: «Ti sembra

3.2.3 L’innovazione didattica

A proposito dell’innovazione didattica, le impressioni ricavate dai monitoraggi ISFOL sono confermate. Se è vero che la maggior parte degli studenti ha percepito lo sforzo da parte dei propri docenti di adattare l’attività scolastica all’esperienza aziendale61, pare che tale sforzo sia consistito principalmente nella scelta di argomenti concernenti la distribuzione dell’energia elettrica.

Tale collegamento ha senz’altro giovato agli studenti: «Studiando la parte teorica in aula ha aiutato a partire già con delle basi solide, mentre la parte pratica svolta con Enel ha aiutato nel vedere quello che è il riscontro lavorativo di quanto appreso in aula, cosa non comune nei percorsi scolastici “classici”»62. Tuttavia, anche in questo caso non si può parlare di una vera e propria innovazione didattica, ma solo di una rimodulazione dei contenuti disciplinari in funzione di una riproposizione degli stessi nei due ambiti (scuola e lavoro). Sembra insomma che non siano stati predisposti strumenti didattici specifici atti a favorire o a giudare la riflessione degli apprendisti sulla propria esperienza lavorativa63. In questo modo, tale riflessione è stata affidata alla spontanea iniziativa degli studenti o alla sensibilità dei docenti/tutor, anziché a momenti o pratiche strutturati. Tutto ciò è dimostrato dal fatto che i docenti delle materie che hanno subìto una riduzione di orario per lasciar posto alla

che i tuoi professori abbiano valorizzato in sede di valutazione la tua esperienza in ENEL?».

61 Nove apprendisti su quattordici hanno percepito il collegamento tra la formazione aziendale/trainng on the job e gli insegnamenti scolastici, mentre metà della classe ha affermato che sono state adottate da parte degli insegnanti modalità di insegnamento differenti rispetto a quelle tradizionali.

62 Risposta di un apprendista alla domanda: «In che modo [la scelta di seguire un programma didattico diverso da quello consueto collegandolo alla tua esperienza aziendale] ha influito sul tuo apprendimento?».

63 Un solo docente ha dichiarato di aver concordato parte delle lezioni con il tutor azienale, ma anche in questo caso il cambiamento può essere avvenuto solo a livello di contenuti e non di metodologia.

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formazione aziendale, non hanno ovviato a questo inconveniente proponendo approcci didattici innovativi, bensì riducendo semplicemente gli argomenti da trattare in classe oppure accelerendo i tempi delle spiegazioni, grazie anche al fatto che «gli alunni in classe erano più motivati e partecipi»64. Meglio sarebbe stato, invece, concepire le lezioni scolastiche come esercizi sistematici di riflessione critica (sul piano tecnico-scientifico, ma anche su quello etico-pratico) sulla e a partire dalla esperienza lavorativa, facendo diventare questo cimento l’occasione per acquisire, da un lato, i saperi scientifici, tecnici e culturali (conoscenze e abilità) richiesti dallo specifico contesto professionale e sviluppare, dall’altro, un’autentica capacità di giudizio negli svariati ambiti inerneti alle attività svolte in azienda (competenze). Sul piano organizzativo, invece, sembra che la scelta di concentrare il c.d. training on the job nel periodo estivo abbia soddisfatto gli studenti. Dei 14 apprendisti coinvolti nel programma sperimentale solo 5 hanno detto che avrebbero preferito una distribuzione più omogenea durante l’anno dei giorni di tirocinio pratico. Di questi solo due si sono espressi così per motivi legati al processo di apprendimento: «Perché affrontare ogni argometto visto in aula giorno per giorno avrebbe contribuito ad un migliore apprendimento»65.

3.2.4 In sintesi

Il sondaggio a cui sono stati sottoposti gli studenti e i docenti dell’ISII Marconi di Piacenza mostra un quadro leggermente diverso rispetto a quello ipotizzato a partire dall’analisi dei rapporti di monitoraggo curati dall’ISFOL. Il primo, infatti, non solo

64 Dalla risposta di un docente alla domanda: «in che modo […] [la] riduzione [d’orario] ha condizionato l’andamento del percorso scolastico?».

65 Risposta di un apprendista alla domanda: «I giorni di training on the job si sono concentrati nel periodo estivo. Credi che sarebbe stato meglio distribuirli in maniera più omogenea durante l'anno? Se sì, perchè?».

conferma gli aspetti positivi della sperimentazione già evidenziati dai secondi (forte motivazione, assunzione di resposanbilità da parte dei ragazzi, sviluppo di soft skills ecc), ma fa emergere in maniera chiara anche lo sforzo fatto dai docenti per collegare l’attività scolastica con l’esperienza aziendale degli apprendisti.

Questa discrepanza si può spiegare in due modi: o gli insegnanti dell’Istituto Marconi sono stati più attenti su questo fronte rispetto ai colleghi delle altre scuole coinvolte nella sperimentazione o i rapporti di monitoraggi non hanno sottolineato abbastanza un elemento (l’impegno dei docenti per favorire la connessione tra percorso scolastico e percorso aziendale) che pure ha caratterizzato la sperimentazione condotta nei vari istituti.

In entrambi i casi, i risultati dell’indagine condotta sulla scuola di Piacenza non cancellano le perplessità suscitate dallo studio dell’esperienza nel suo complesso. Più precisamente, anche in questo singolo caso si riscontra l’indizio che suggerisce i limiiti dell’iniziativa, ovvero il mancato rinnovamento della didattica scolastica, nonostante il carattere assolutamente originale della proposta formativa (l’apprendistato di primo livello). Il sondaggio, dunque, non cancella le perplessità riguardo al programma sperimentale: senza una mediazione pedagogica significativa da parte della scuola l’apprendistato di primo livello non si distingue da quello professionalizzante. I due percorsi (scolastico e lavorativo) rimangono giustapposti, anche se contemporanei.

L’unico vantaggio, oltre all’accorciamento dell’iter formativo prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, si registra sul piano della motivazione. Senza dubbio lo sprone della prospettiva occupazione e il confronto con il contesto lavorativo motivano gli studenti ad affrontare con maggiore impegno anche lo studio. Questo aspetto, però, ancorchè importante e necessario per la riuscita del processo di apprendimento, vi influisce – per così dire – solo in maniera indiretta, mentre non dice ancora nulla sulla qualità pedagogica del percorso formativo offerto.

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14.1 Apprendistato di primo livello:

Quadro normativo nazionale e regionale

4.1.1 Apprendistato di primo livello: le indicazioni della normativa nazionale L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo

1 Le sezioni Apprendistato di primo livello; Quadro normativo nazionale e regionale; Formulario; Costi e incentivi economici; Strumenti operativi sono state curate da Emmanuele Massagli; la sezione Apprendistato di primo livello: le indicazioni della normativa regionale è stata curata da Lidia Petruzzo; la sezione Come “calendarizzare” i percorsi di apprendistato di primo livello è stata curata da Alessandra Mazzini; la sezione Il nodo della valutazione. Come «valorizzare» l’esperienza lavorativa degli studenti? è stata curata da Paolo Bertuletti.

indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani. In particolare, l’apprendistato c.d. di I livello rappresenta uno strumento messo in campo dal legislatore per formare integralmente gli studenti, contrastare la disoccupazione giovanile, favorire l’integrazione tra mondo della scuola e del lavoro. Il sistema duale consente infatti da un lato, il conseguimento di un titolo di studio e, dall’altro, l’esperienza professionale diretta e reale (non simulata e non organizzata tramite semplice tirocinio, come nel caso dell’alternanza scuola-lavoro).

I diversi soggetti coinvolti nella regolamentazione dell’istituto, Stato, Regioni e contrattazione collettiva, sono tenuti a seguire il perimetro normativo dettato dalle seguenti fonti:

4. Fare apprendistato di primo livello