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2.2 L’approccio dell’Ecosistema Imprenditoriale

2.2.3 L’intervento della Policy

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consapevolezza dell’importanza dei clienti per la crescita delle startups, quanto, invece, alla ricorrente tendenza a “dare per scontata” la presenza di “clienti adatti” all’interno di ciascun ecosistema, non tenendo conto, quindi, delle forti differenze di consumatori che si possono osservare tra ecosistemi diversi. A tal proposito, Stam e Spiegel hanno affrontato il tema sostenendo che, sebbene l’accesso alla domanda di nuovi beni o servizi sia estremamente rilevante per lo sviluppo di un certo ecosistema, essa venga spesso ritenuta una variabile esogena dipendente dalla posizione relativa dell’ecosistema stesso, piuttosto che essere considerata una vera e propria condizione interna ad esso.

Il nuovo modello dell’ecosistema imprenditoriale, da loro proposto nel 2018 (Fig.13), mostra, pertanto, come si stia recentemente includendo la “domanda” tra le sue principali cause interne di creazione di valore, dimostrando, in tal senso, un’apertura della letteratura al ruolo dei clienti.

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territorio. Per farlo, si dovrà cominciare con una “candid conversation”, dimostrandosi aperti nei confronti dei suoi soggetti più rappresentativi, riducendo le barriere strutturali e introducendo programmi “entrepreneur-friendly”.

4. Favorire le imprese ad alto potenziale: come già accennato, molti programmi di Policy tendono ad estendere l’accesso alle risorse anche a quelle imprese che si dimostrano poco meritevoli e a basso potenziale di crescita. Secondo Isenberg, invece, al fine di realizzare un’efficiente allocazione delle risorse disponibili è inequivocabilmente necessario il supporto prioritario delle imprese ad alto potenziale. Specialmente in caso di risorse limitate, infatti, la Policy dovrebbe cercare di focalizzarsi sulla porzione di imprenditorialità più ambiziosa, orientata alla crescita e diretta a mercati ad alto potenziale: ciò non porterebbe soltanto a uno sviluppo più rapido delle imprese meritevoli, ma andrebbe anche a giovamento dell’intero ecosistema imprenditoriale.

5. Avere “in campo” un caso di grande successo: è stato dimostrato come anche solo un singolo, grande, caso di successo sia in grado di stimolare positivamente l’intero ecosistema imprenditoriale in cui si verifica, diventando un modello di riferimento al quale gli altri attori si ispirano (cd. “Law of small numbers” di Isenberg). Il ruolo della Policy, in questi casi, è quello di incoraggiare la visibilità delle esperienze di successo in tutto l’ecosistema, sponsorizzandole e celebrandole attraverso eventi, pubblicità, azione dei media, interviste ecc…. Rendere noti i casi di successo contribuisce a ridurre la percezione di rischio e di barriere imprenditoriali, mettendo in luce il riconoscimento nel “fare impresa”.

6. Affrontare positivamente il cambiamento culturale: riuscire a cambiare una cultura fortemente radicata nella società locale è spesso molto complesso, ma in alcune circostanze l’intervento della Policy ha dimostrato di saper modificare convinzioni anacronistiche piuttosto rapidamente. In tal senso, l’azione dei media può ricoprire un ruolo importante, non solo per celebrare i casi di successo (come precedentemente esposto), ma per contribuire a promuovere un cambio attitudinale alla nuova imprenditorialità.

7. “Stress the Roots”: se, da un lato, Isenberg promuove il supporto delle imprese ad alto potenziale di crescita per lo sviluppo dell’intero ecosistema, dall’altro, ritiene che la concessione immediata di troppe risorse sia un intervento di Policy dannoso per l’affermarsi del loro successo. Sostiene, infatti, che le nuove imprese debbano essere esposte, fin dalle

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prime fasi del ciclo di vita, alla severità del mercato a cui fanno riferimento. Un’azione di Policy lungimirante, pertanto, consiste nello “stressare le radici” delle startups emergenti attraverso una concessione di risorse limitata e ben calibrata, con lo scopo di assicurarsi che gli imprenditori sviluppino autonomamente forza e resistenza alle difficoltà che incontreranno durante la loro attività imprenditoriale (“le avversità di un ambiente ostile e con risorse scarse, spesso, promuovono l’intraprendenza e l’ingegno imprenditoriale”). Queste considerazioni sfociano in una profonda critica di Isenberg nei confronti degli incubatori certificati, accusati di essere una fonte di sostegno eccessivo per le nuove imprese, limitandone l’autonomia e la capacità di auto-sostenersi una volta lanciate sul mercato.

8. Non sovra-progettare i clusters, ma aiutarli a crescere in modo organico: la promozione dei clusters, aree geografiche caratterizzate da una forte interconnessione tra aziende, fornitori specializzati, servizi, istituzioni educative e organizzazioni di supporto (concetto reso celebre da Michael Porter attraverso la sua “cluster strategy”) è uno strumento essenziale per una Policy che intende creare sul territorio un ecosistema imprenditoriale di successo. Tuttavia, Porter stesso sostiene che in molte occasioni i benefici della cluster strategy siano stati fraintesi da governi che, erroneamente, “individuano un’area geografica promettente, (preferibilmente nei pressi di una celebre Università) la riforniscono di una grande somma di denaro e aspettano che da essa emerga automaticamente nuova imprenditorialità: ciò produce un terribile fallimento”. Alla luce di queste considerazioni, Isenberg sostiene che l’intervento della Policy dovrebbe focalizzarsi sul rinforzare cluster già presenti sul territorio, piuttosto che sforzarsi a crearne di nuovi. Generalmente, infatti, i clusters di successo emergono in modo spontaneo, indipendentemente da azioni governative: una Policy efficace dovrebbe quindi rimanere neutrale, senza forzare la crescita di uno specifico settore o area che ritiene promettente, limitandosi a osservare la direzione presa spontaneamente dagli imprenditori e “tracciandone il sentiero” attraverso il supporto delle attività economiche ad essa correlate.

9. Riformare la struttura legale, burocratica e normativa: la sussistenza di una struttura legale e normativa corretta si dimostra critica per l’affermazione di un ecosistema imprenditoriale di successo. Tale principio è spesso il solo ad essere preso in considerazione nella creazione di una Policy orientata alla crescita imprenditoriale, trascurando, erroneamente, quelli descritti in precedenza. È dunque piuttosto semplice comprendere quanto il ruolo di riforme legislative e burocratiche sia importante per promuovere l’imprenditorialità

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in un determinato territorio: tra queste, la de-penalizzazione della bancarotta, la protezione degli azionisti dai creditori, il favoreggiamento dell’avvio imprenditoriale ed un regime fiscale facilitato hanno dimostrato di essere particolarmente significative, riuscendo ad abbattere quelle barriere amministrative e legali che limitavano la formazione di nuove imprese innovative.

È proprio su tali principi che viene fondato il concetto di Strategia dell’Ecosistema Imprenditoriale per lo sviluppo economico (o “Entrepreneurial Ecosystem approach”, Isenberg 2011), un approccio che, come già discusso, promuove un intervento di Policy olistico sul territorio per il rafforzamento ed il sostegno delle imprese a più alto potenziale di crescita, con lo scopo di arrecare un beneficio per l’intera sfera socio-economica di un Paese.

Isenberg stesso, ad ogni modo, è consapevole del fatto che non esistano soluzioni semplicistiche e predefinite di Policy in grado di costituire, da sole, un intero ecosistema imprenditoriale di successo (“there are no silver-bullets”): non è possibile “creare qualcosa dal niente” e il contributo della Policy può, al massimo, limitarsi ad assicurare l’esistenza delle pre-condizioni necessarie affinché esso possa emergere (C. Mason e R. Brown, 2014). La complessità e l’unicità di ciascun ecosistema impongono l’impiego di approcci differenti e dinamici, che siano in grado di adattarsi non solo alle caratteristiche e alla maturità del territorio a cui si rivolgono, ma anche alla specifica natura delle imprese ad alto potenziale di crescita che intendono promuovere (non generalizzandone le peculiarità, né basandosi su comuni stereotipi).

In conclusione, l’approccio dell’Ecosistema Imprenditoriale suggerisce la creazione di una Policy che sposti la propria attenzione dal concetto di quantità a quello di qualità imprenditoriale: l’obbiettivo, pertanto, non dovrebbe essere rivolto alla massimizzazione di un qualunque indicatore di imprenditorialità ma, al contrario, dovrebbe mirare alla creazione di un contesto, un ecosistema, nel quale possa emergere un’imprenditorialità produttiva e di successo.

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