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La scuola, la guerra, la fede e la paura nei diari dal 1940-1943

Ada e la seconda guerra mondiale

2.2 La scuola, la guerra, la fede e la paura nei diari dal 1940-1943

La seconda guerra mondiale sconvolse profondamente la vita e la coscienza di Ada.

Ancor prima, a turbarla o forse potremmo dire ad indignarla, fu la scellerata alleanza firmata tra Mussolini e Hitler. Ada non amava i fascisti, così come non gradiva per niente i tedeschi. Durante la sua adolescenza non ripose mai alcuna fiducia nei messaggi audaci e forti del fascismo. Non credette in una patria gloriosa, non obbedì al Duce e non combatté per il suo onore. E tale posizione era così radicata in lei da portarla a scrivere senza indugio alcuno:

Penso di essere stata antifascista da quando ho avuto l’uso della ragione. Il fascismo ha offeso innanzitutto la mia sensibilità morale e religiosa e inoltre ha ferito il mio gusto estetico con la sua giornaliera offesa alla libertà ed alla personalità umana18

Fu l’antifascismo dunque l’ideale che accompagnò la sua formazione spirituale e politica e fu l’antifascismo che permase come sentimento dominante anche durante tutti i cinque anni della guerra. Ada infatti si ritrovava ugualmente sia nei panni dell’intellettuale19, sia in quelli della cospiratrice antifascista e antitedesca20. Un antifascismo pertanto accompagnato da un odio forte e viscerale nei confronti dei tedeschi che lei stessa chiamava i “maledetti”21.

Ada, come tutti, assistette impotente all’invasione della Norvegia e del Belgio, accrescendo dentro di sé il disprezzo per Hitler e la sua politica di annientamento.

Hitler, nelle pagine dei suoi diari, veniva paragonato al Faust poiché, come l’eroe di Goethe, anche il Führer aveva venduto l’anima al diavolo in cambio di trionfi terreni.

Hitler era Faust e Mefistofele allo stesso tempo. Era il burattinaio imperturbabile che con le sue gelide dita paralizzava e ipnotizzava un’Europa ormai ridotta ad un

18 FAA, serie 1, b. 3, fasc. 5 cit.

19 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 3, cit., 18 novembre 1940

20 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 2, cit., 20 luglio 1940

21 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 1, Diario 1940/07/29 - 1940/07/30, Memorie sulla guerra, sul fascismo e nazismo, sulle speranze per l’Italia, giornata del 10 maggio 1940 e giornata dell’11 maggio

continente senza anima, ad un automa22. Hitler era diabolico così come diabolici erano la sua lingua e il suo popolo23.

Diario di Ada Alessandrini, 19 luglio 1940, in FAA, s. 1, b. 2, sottofasc. 2

Non deve stupire quindi se anche i tedeschi sono descritti con parole dure e inequivocabili:

22 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 4, 1940/10/02 – 1941/04/12, Memorie sulla guerra, sulla propaganda, contro il fascismo e nazismo, 28 novembre 1940

23 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 2, 1940/06/04 – 1940/07/20, Memorie sulla guerra, sul fascismo e nazismo, sulle persecuzioni, 19 luglio

Terribili sono questi insopportabili tedeschi nazisti con questa loro ossessione di stimolare fino al parossismo i caratteri tipici della loro razza.

Così i loro difetti divengono spaventosi e le loro virtù opprimenti e disumane24.

E tale disgusto era costretto ad aumentare in Ada man a mano si avvicinava il 10 giugno 1940, «il giorno orribile»25. Il giorno cioè in cui l’Italia entrò in guerra a fianco dei ‘maledetti’ tedeschi. La Germania, seppure alleata, era per Ada il nemico principale dell’Europa, ma ancor prima dell’Italia stessa poiché: «sta[va]

prostituendo l’onore della mia patria strappandole la sua indipendenza».26

Purtroppo Ada non scrisse nulla nell’estate del 1939, poiché i suoi appassionati diari iniziano dal maggio del 1940, a guerra cioè già iniziata, se non per l’Italia, per il resto d’Europa.

Tuttavia si potrebbe facilmente ricostruire il clima di ansia, di paura e di sgomento che caratterizzò quei fatidici mesi primaverili ed estivi che precedettero l’intervento italiano. Fin da subito Ada si schierò dalla parte dei francesi e degli inglesi e platonicamente al loro fianco combatté la sua guerra personale contro la tirannia e la brutalità tedesca. Per tutto l’anno scolastico 1939-1940 Ada si trovò ad Assisi, dove aveva ottenuto la cattedra di lettere e dove insegnava con passione, ma anche con profonda angoscia per gli eventi internazionali.

Da alcune brevi cartoline che Ada inviò alla mamma si riesce a ricostruire lo stato d’animo travagliato della neo professoressa. Infatti, se nel gennaio del ’40 Ada scriveva solo per mandare un «suo saluto più affettuoso»27 alla sua «mammina cara»28; nel maggio dello stesso anno i saluti divennero assai più cupi e tristi: «Cara mamma, sono tristissima, ma di salute sto bene»29. Da queste pochissime parole si percepisce però che il sentimento della tristezza non era dettato da problemi fisici,

24 Ibidem, 5 luglio 1940

25 Ibidem, 10 giugno 1940

26 Ibidem, 4 giugno 1940

27 Cartolina di Ada Alessandrini a Ginevra Alessandrini, datata 29 gennaio 1940, in FAA, serie 17 Documenti personali, b. 7, fasc. 15

28 Ibidem

quanto da fattori esterni. Inoltre se si confrontano queste tre righe con quanto scritto nel diario, negli stessi giorni, si può verosimilmente affermare che tale stato d’animo fosse provocato dall’avvicinarsi sempre più repentino della guerra.

E la sua tristezza, mista all’angoscia, emerge quotidianamente nelle pagine dei diari.

Sebbene, come professoressa dello Stato fascista, avesse giurato fedeltà agli ideali mussoliniani, Ada era però altrettanto consapevole che il suo stato d’animo e la sua sensibilità non le avrebbero mai permesso di ricoprire a dovere questo ruolo. L’odio per i tedeschi e per i fascisti infatti trapelava dai suoi nervi scoperti, così come la sofferenza nel vedere la sua patria animata da sentimenti biechi e da un’ «atmosfera di vigliaccheria»30.

30 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 1, Diario 1940/07/29 - 1940/07/30, cit., 24 maggio 1940

Io sento invece come se la mia sensibilità fosse tutta scoperta: non potendo fare nulla per nessuno […] mi sembra che l’unica cosa che ci sia concessa ormai sia di soffrire volta a volta per gli innocenti che vengono sacrificati. Accoglierà Dio questa nostra offerta? Forse l’accetterebbe se non fosse carica di odio. Ma io non posso non odiarli quei malfattori! E quel che è peggio è che questo mio odio finisco con il comunicarlo […].31

In classe la professoressa Alessandrini era spesso irascibile e pronta a scattare per ogni affermazione ritenuta azzardata o scorretta. Nessun studente doveva pensare che la disciplina tedesca costituisse un ideale; nessuno doveva accostare lo spirito italiano a quello del terzo Reich. Come docente avrebbe voluto che i suoi studenti non si comportassero da “pecoroni”, ma sapeva allo stesso tempo di non poter fare propaganda politica dalla cattedra e contemporaneamente aveva pure «paura di suscitare in loro [nei suoi studenti] pensieri che non avrebbero potuto sostenere»32. A nulla poteva la sua cultura contro la propaganda bellica: alle poesie del Carducci i ragazzi preferivano il canto di “Giovinezza”; alle frasi latine anteponevano slogan vuoti che venivano scritti sulla lavagna prima dell’inizio delle lezioni e ai quali Ada reagiva con profonda amarezza commentando poi sul suo diario: «povere mie lezioni sopra il gusto della bellezza! Ma purtroppo il senso estetico, come il senso morale sono state le prime cose che hanno distrutto in loro»33.

Ada, dall’alto dei suoi trenta anni, aveva una consapevolezza del tutto diversa da quella dei suoi allievi inesperti. La sua stessa formazione scolastica non era stata deviata e plagiata dalla propaganda fascista, permettendole di sviluppare uno spirito critico e d’osservazione totalmente mancante nelle giovani generazioni, così imbevute dello spirito del regime, da non riuscire più a scindere tra le dichiarazioni ridondanti e retoriche del Duce e l’atroce realtà. Tale differenza era evidente anche tra le mura di casa Alessandrini. Diversissima, infatti, era la posizione di Ada rispetto a quella di Loretta, la sua sorellina, più piccola di tredici anni, la quale, cresciuta

31 Ibidem, 10 maggio, 1940

32 Ibidem, 24 maggio 1940

sotto la dittatura aveva assurto gli uomini del regime a suoi eroi personali. Difficile accettare la fine di un mito creato ad hoc per le giovani generazioni. Duro scontrarsi con una realtà in cui la religione civile fascista svelava via via tutte le sue falle e la fede salda e granitica veniva meno all’improvviso, spazzata via dalle sofferenze belliche. Da sorella maggiore si preoccupava del crollo delle certezze di Loretta, ma contemporaneamente se ne compiaceva:

La piccola mi ha raccontato come fu che ha perduto la sua fede fascista. Ha 17 anni a settembre, mentre tutti temevano l’inizio della guerra, ella, fremente desiderava che si andasse a combattere perché altrimenti sarebbe stata la fine del suo fascismo, in cui ella credeva. Ma venne la neutralità e il fascismo non cadde. La piccola allora rimase fieramente addolorata e piangeva la notte perché i suoi eroi l’avevano delusa34

A fianco della delusione della sorellina, vi era però l’esaltazione vuota dei suoi studenti «sciocchi e vili». Ada era costretta ad assistere impotente alle dimostrazioni, organizzate dal fascio, contro l’Inghilterra o la Cecoslovacchia:

Sono disperata! I ragazzi stamattina non sono venuti a scuola. Li hanno organizzati per la dimostrazione contro l’Inghilterra. È orribile! Lo fanno senza sentire niente o forse per la gioia di strappare una vacanza inaspettata. E intanto tutto il mondo è immerso nella più spaventosa tragedia! […]. E i belgi muoiono, beati loro, difendendo la loro libertà.

Mentre i nostri giovani fanno dimostrazioni senza sapere contro chi e in nome di che cosa!35

Ma Ada non è sola nella sua disperazione, anche tra le testimonianze e i diari di altre donne si ritrovano gli stessi sentimenti di paura, ansia, angoscia, come ad esempio,

34 Ibidem, 10 maggio 1940

35 Ibidem, 14 maggio 1940

racconta Anna Rosa Gallesio Girola36, antifascista torinese, la quale ricordava quei giorni terribili con profonda ansia: «nel giugno 1940 i giovani uscivano dalle scuole per esaltare la guerra contro gli inglesi e i francesi. Questo mi dava un’angoscia indescrivibile»37. Recentemente anche Marisa Cinciari Rodano nel suo «diario minimo» descrive i giorni immediatamente successivi al 10 giugno. Ricorda il discorso del Duce:

Quel giorno fatale del 10 di giugno, ero stata condotta da mia madre ad assistere allo “storico avvenimento”38: il discorso con cui Mussolini dal balcone di palazzo Venezia annunciava al mondo e all’“adunata” di folla plaudente che l’Italia aveva iniziato le operazioni militari sul fronte francese. Il ricordo in questo caso è rimasto vivissimo39

Ma si sofferma poi sul senso di «liberazione» provato al momento dell’annuncio:

L’entrata in guerra dell’Italia ebbe su di me – anche se credo di non essere stata la sola – un effetto liberatorio. Dal punto di vista politica si trattava di una sconfitta […]. Franco ed io avemmo la precisa sensazione che quello era l’inizio della fine, non solo del fascismo, ma anche del vecchio mondo in cui avevamo vissuto […]. Ormai il regime si era imbarcato in un’avventura alla quale non sarebbe sopravvissuto. […] A casa mia invece si ostentava tranquillità, si pensava che la guerra sarebbe stata breve, poco più di una passeggiata, e vittoriosa40

Esistono dunque due Italie che reagiscono in modo opposto all’annuncio. Quella di Ada, di Marisa, di Anna Rosa e di tanti altri giovani e non, che vedono nel 10 giugno l’inizio di una tragedia e di un cambiamento epocale. Quella invece dei tanti italiani

36 Anna Rosa Gallesio Girola, partigiana cattolica torinese, giornalista e assessora alla Provincia di Torino, W. E. Crivellin (a cura di), Cattolici, Chiesa, Resistenza. I testimoni, Il Mulino, Bologna, 2000, pp. 95-98

37 Ibidem, p. 96

38 Marisa Cinciari proviene da una nobile famiglia di chiare simpatie fasciste

39 M. Rodano, Del mutare dei tempi. Volume Primo, L’età dell’inconsapevolezza il tempo della speranza 1921-1948, Memori, Roma, 2008, pp.152-153

che ancora credono al fascismo che pensano alla guerra come ad una facile e vittoriosa passeggiata. Ed è a questa Italia che appartengono anche gli studenti di Ada. Dunque slogans, dimostrazioni, cartelli e sfilate, umiliavano la sensibilità e l’orgoglio della professoressa Alessandrini, costretta ad accorgersi della dura realtà e cioè che i suoi ragazzi, nonostante «tutti gli sforzi compiuti per far loro comprendere la verità, […] mi guardavano ostili, preferivano non salutarmi: forse sapevano il mio pensiero e cercavano di combatterlo?»41. Ma a pensarla così non erano solo i suoi ragazzi. Nei giorni che precedettero l’entrata in guerra dell’Italia la propaganda fascista ottenne brillanti risultati e l’opinione pubblica italiana era schierata, in grande maggioranza, dalla parte dei vincitori. Questo lo si può facilmente evincere dalle lettere degli italiani, dalle quali trapelava un sentimento di patriottismo e di ottimismo riposto verso una vittoria facile e veloce42. Le lettere più entusiaste sono quelle degli studenti.

Eppure, nonostante tutto, Ada amava profondamente il suo mestiere di professoressa.

La scuola era il suo regno ideale. Il luogo in cui si poteva parlare, ascoltare, dialogare e crescere insieme agli studenti e ai colleghi. L’insegnamento era per lei una vera e propria missione da svolgersi con emozione, curiosità e passione. A renderlo magico era non solo l’amore per la cultura, ma soprattutto il rapporto con i suoi ragazzi, materia prima da plasmare e preparare alla vita:

La lotta tra me e i giovani, a cui volevo dimostrare che la noia era una malattia, la pigrizia senilità, la grossolanità un inutile sperpero di energie e che l’unica cosa veramente importante per un uomo è crearsi una propria personalità. E il loro stupore dei primi momenti per la novità dell’esperimento e poi quella loro vivace curiosità un po’

sospettosa […]43

41 Ibidem, 24 maggio 1940

42 A. Lepre, L’occhio del Duce. Gli italiani e la censura di guerra 1940-1943, Mondadori, Milano, 1992, pp. 15-23

43 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 3, Diario 1940/07/29 – 1940/07/30 Memorie personali, 30 luglio 1940

Ma la scuola era anche luogo di conoscenze e di amicizie profonde, intrecciate nel corso degli anni. Alcune colleghe divennero amiche speciali, capaci di occupare nella vita di Ada sempre un posto d’eccellenza. Tra queste vi era Loretta Tiso, veneziana, ma collega ad Assisi. Loretta era una confidente, un’alleata, una spalla su cui piangere e un paracadute su cui contare nelle situazioni più critiche. Fu Loretta ad ospitare Ada nei frenetici giorni di fine maggio 1940, quando il conflitto con gli studenti si fece sempre più acceso e quando il dirigente scolastico, per l’ennesima volta, invitò la professoressa Alessandrini alla prudenza e alla diplomazia. Il preside di Assisi, infatti, dopo una sfuriata di Ada, ordinò alla sua dipendente di cambiare registro e di adeguarsi all’andamento della politica italiana. Ada non potendo assecondare una tale richiesta reagì bruscamente

Io dovevo fare i conti con la mia coscienza e il mio temperamento e che del resto, se al fascio volevano stare sicuri contro una propaganda ostile dovevano distruggere tutti i nostri libri di letteratura e di storia e tirare a noi un colpo di rivoltella44.

Per riappacificare il clima teso Loretta decise di portare Ada a Venezia per qualche giorno. La Serenissima e Loretta rappresentarono così una parentesi felice nelle ore di attesa e di angoscia della primavera del 1940. Ada raccontava che Venezia con il suo sole «luminoso e tiepido»45, con il suo «spirito di dolcezza» e con quella dimensione che pareva galleggiare fuori dal tempo, riuscì per un attimo «a spingere in fondo al mio essere lo spasimo di dolore e di ansia per la disperata difesa della Francia»46. Per poche ore, forse anche solo per pochi minuti, Ada e Loretta insieme si dimenticarono della guerra e respirarono a pieni polmoni l’aria della laguna, riempiendosi gli occhi con lo splendore di Canal Grande. Eppure la realtà terribile restava sempre in agguato, pronta ad emergere in qualsiasi momento. Ada stessa commentava: «anche Venezia è seminata di cartellini. Sui manifesti stracciati sono

44 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 1, Diario 1940/07/29 - 1940/07/30 Memorie sulla guerra, sul fascismo e nazismo, sulle speranze per l’Italia, 24 maggio 1940

45 Ibidem

sovrapposti piccoli avvisi minatori, scritti a penna, contro gli ebrei»47. Ogni momento di svago veniva prontamente rovinato da immagini, cartelloni, o semplici flash, metafore dell’oppressione che il mondo stava vivendo, come ad esempio la vista di una moltitudine di granchi intorno al cadavere di una seppia, che: «sembravano il fascismo, che cammina a sghimbescio retrocedendo e si getta avido per divorare le spoglie dei morti!»48.

Pertanto anche quando, apparentemente, la vita di Ada pareva scorrere normalmente, la guerra era sempre presente, come un incubo da cui era impossibile svegliarsi.

Alla sera, dopo aver cenato, la sua attività di svago preferita era andare al cinematografo insieme alle amiche e alle colleghe di scuola, per vedere i film di produzione americana, francese e tedesca. Tuttavia anche questo futile divertimento veniva spesso turbato dalla dura realtà circostante. Prima dei film Ada era infatti sempre assalita dalla visione dei documentari proposti dall’Istituto Luce che pietrificavano e facevano scendere un velo di morte su tutti i presenti. Ciò che più la sconvolgeva era la propaganda costruita su una retorica falsa, disonesta e meschina.

Ho visto anche a lungo le prodezze dei maledetti sul film LUCE e il viso orribilmente indifferente, crudele e glaciale di Hitler. Vogliono fare una propaganda disperata a loro favore in questi giorni e non si accorgono di ottenere l’effetto contrario. Il pubblico taceva fremente: si sentiva il respiro e il battito dell’odio comune: ho dovuto stringere i denti per non gridare49

Così anche l’emozione per la visione del film passava in secondo piano, facendo riemergere nuovamente la paura e l’ansia, le stesse che, del resto, suggellavano la pagina iniziale del primo dei suoi sei diari, iniziato il 10 maggio 1940:

Sembravo serena ieri come se tutto potesse accomodarsi. La guerra in Norvegia in fondo non era ancora risolta e poi, se anche fosse andata

47 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 2, 1940/06/04 – 1940/07/20, Memorie sulla guerra, sul fascismo e nazismo, sulle persecuzioni, 3 giugno 1940

48 Ibidem

49 Idibem, 11 maggio 1940

male, io pensavo ci fosse stato un accomodamento, come una fusione tra i due ideali, tra le due forze. […]. Ma oggi tutto è stato di nuovo stroncato dalla più orribile realtà. Anche il Belgio hanno invaso quei maledetti! Non ho più voglia di leggere i giornali, ho paura di vedere come sono aggravati da noi.50

Tra le righe dei diari si legge anche la profonda diffidenza di alcuni italiani nei confronti del fascismo. Una differenza che Ada condivideva con alcune colleghe di scuola e con gli amici più intimi e che veniva esternata apertamente nelle pagine del suo diario.

Una diffidenza che andava controllata, ma che, come una molla, era pronta a scattare in classe, così come per strada o con persone sconosciute. Ada sapeva di essere stata segnalata al commissariato ad Assisi, insieme a Loretta, per l’atteggiamento ostile nei confronti del fascismo e si aspettava per questo una punizione che, fortunatamente per loro, non arrivò mai. Così, ogni giorno, la professoressa Alessandrini continuava la sua costante e inesorabile demolizione del fascismo.

Dapprima logorandosi per la viltà degli italiani, rimasti ormai gli unici fuori dalla guerra a crogiolarsi nei loro istinti «bruti ed egoisti»51. Successivamente allarmandosi per le notizie che giungevano e che annunciavano un imminente attacco dell’Italia nei confronti di una Francia ormai agonizzante, all’estremo delle forze. I primi giorni di giugno, quelli cioè più prossimi all’entrata in guerra, sono contraddistinti da una profonda inquietudine da Ada. Un’inquietudine accompagnata da mille dubbi e da domande, sempre prive di risposte ufficiali, sull’effettiva situazione dell’Italia. Ada constatava con amarezza sia la vigliaccheria italiana di non dichiarare l’entrata in guerra, sia contemporaneamente la viltà di insolentire contro i francesi, già piegati dai tedeschi. Si rifiutava di leggere i giornali per non posare gli occhi sulle parole vuote e false della propaganda fascista. Come da bambina nascondeva il viso tra le mani chiudendo gli occhi per evitare di sapere, ma ottenendo in realtà l’effetto di

50 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 1, Diario 1940/07/29 - 1940/07/30, cit., 10 maggio 1940

vivere: «in un isolamento sempre più disperato ed assurdo»52 che, come lei stessa constatava la portava a sentirsi:

Una straniera in un paese che non conosco e a volte mi sembra[va] che mi si spezz[assero] inesorabilmente tutti quei sottili legami che mi legavano alla mia patria. Povera Italia mia! Dovrà venire dunque il momento in cui non ti sentirò più palpitare nella mia sofferenza, in cui mi diventerai estranea? 53

Questo senso di frustrazione raggiunse forse l’apice il 10 giugno 1940, quando:

«Colui ha parlato e ha annunciato la dichiarazione di guerra: discorso orribile, sfilacciato e privo di slancio: aggressivo, ma senza entusiasmo»54.

Ancora una volta il Duce deluse ogni aspettativa. Ada desiderava una presa di posizione italiana, auspicava l’entrata in guerra per vincere quello spirito di vigliaccheria diffuso, ma Mussolini non seppe infondere in lei alcun sentimento patriottico

«Ma il richiamo della mia patria non l’ho sentito: non era l’Italia che ci chiamava all’orribile misfatto[…]. Neanche un grido di guerra ci ha saputo dare colui: ha detto che bisogna: “Vincere” e che “Vinceremo”.

Ma in nome di cosa, mio Dio, per quale scopo? Questo non ha saputo dirlo»55

Nel suo diario Ada parlava spessissimo e sempre in modo lapidario e categorico di Mussolini senza mai riferirsi a lui con il suo famigerato nome, ma piuttosto parlando del Duce o di «Colui che ha rovinato l’Italia». Il fascismo, infatti suscitava nell’Alessandrini sentimenti contrastanti che andavano dal disgusto, all’odio; dal sarcasmo, all’ironia; dal disprezzo all’incredulità. Mussolini non era mai descritto come diabolico o mefistofelico come Hitler, ma appariva piuttosto come un:

52 FAA, serie 1, fasc. 2, sottofasc. 2, 1940/06/04 – 1940/07/20, cit., 6 giugno 1940

53 Ibidem, 7 giugno 1940

54 Ibidem, 10 giugno 1940

55 Ibidem

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