Capitolo 2: Lavoratori immigrati in Italia e politiche sindacali
2.3 Lavoro immigrato e crisi economica
Come precedentemente riportato, il 2012 è stato caratterizzato dall‟ aumento dei lavoratori stranieri (+83.000) e una diminuzione di quelli italiani (-151.000).
Guardando le condizioni occupazionali degli immigrati in Italia, si nota come non si siano verificati significativi peggiormenti, rispetto al altri paesi, tanto che il nostro << è il paese in cui gli immigrati hanno subito meno gli effetti della crisi rispetto agli autoctoni>>44. Tuttavia, il CNEL registra dei mutamenti che hanno peggiorato la qualità del lavoro imigrato.
Contrariamente alla crescita registrata nell‟ultimo decennio, l‟aumento dei lavoratori stranieri è circoscrivibile alla sola componente femminile, e continua l‟incremento di coloro che sono in cerca di occupazione. Il tasso di disoccupazione degli immigrati nel periodo 2008-2012 è di circa del 2% in più rispetto a quello degli italiani, solo nel Nord
43Consiglio Nazionale dell‟Economia e del Lavoro e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Indici
di intergazione degli immigrati in Italia, IX Rapporto CNEL, luglio 2013
44G.Fullin, E.Reyneri, Gli immigrati in un mercato del lavoro in crisi: il caso italiano in prospettiva
il valore sale al 3,5% in totale, ma aumenta di un punto se si considera unicamente il genere maschile.
A fronte dell‟occupazione del lavoro straniero, c‟è stato un cambiamento nella composizione delle qualifiche professionali: si è verificato il progressivo scivolamento verso posizioni non qualificate, tanto che nel 2012 tali mansioni occupano il 34% degli occupati. La domanda di lavoro si è orientata verso settori più specifici, quale l‟agricoltura (+9.000 unità) e i servizi per le famiglie, a scapito così dell‟industria, del settore edile e del manifatturiero. Essendo alcuni gruppi nazionali più presenti in alcuni settori rispetto ad altri, la crisi ha colpito maggiormante gli albanesi e i marocchini, tradizionalmente impiegati nell‟industria, mentre altre comunità risultano rafforzate: filippina, romena e polacca, grazie soprattutto alla componente femminile, largamente occupata nei servizi per le famiglie. Tuttavia, l‟assenza di reti familiari e opportuni sistemi di welfare rischia di danneggiare le possibilità di lavoro delle madri stranieri che, non potendo conciliare la cura della famiglia e il lavoro, risentono di un tasso di occupazione di 14 punti più basso rispetto alle italiane nella fascia di età che va dai 25 ai 44 anni.
Con la crisi, il mercato del lavoro straniero risulta ancor più polarizzato: l‟incidenza passa da meno del 2% nel terziario (pubblica amministrazione, credito eassicurazioni, istruzione) al 16,5% degli alberghi e ristorazione, al 18,9% nelle costruzioni, fino al 76,8% deiservizi domestici e di cura (circa il 9% in più rispetto al 2008). Si nota quindi come la presenza straniera sia minima nelle professioni qualificate (1,8%) e massima in quelle non qualificate, nelle quali un occupato su tre è straniero. Parallelamente, si è acuito il processo di concentrazione delle donne straniere su un numero ristretto di occupazioni: nel 2012, il 50% della componente femminile è impiegata nei servizi di assistenza familiare.
Prima di procedere alle conclusioni, un ultimo accenno riguardante il settore delle cooperative. Tali organizzazioni hanno avuto una crescita notevole negli ultimi anni, dato che hanno cercato di assicurare ai loro soci condizioni lavorative migliori di quelle che troverebbero nel libero mercato come singoli individui. Nel 2012 la Lega Coopservizi ha presentato uno studio dedicato ai settori del terziario non distributivo, nel quale sono riportati i dati circa le attività delle 2000 cooperative che aderiscono alla Lega45. Il fatturato di queste è di circa 8 miliardi l‟anno. Nel triennio 2009-2011 è aumentata l‟occupazione in aziende medio-grandi, dato che è stato scelto di favorire il
principio della solidarietà su quello della redditività. In questo settore la presenza degli immigrati è rilevante, soprattutto nei settori di multiservizi, ristorazione e movimentazione merci in cui incidono del 10%. Nel settore delle cooperative agricole e agroalimentari tale percentuale aumenta, arrivando a toccare il 25%. In totale i lavoratori stranieri in cooperative sono circa 300.000.
Alla luce dei dati sin qui riportati si possono sviluppare alcune considerazioni di sintesi sull‟argomento in esame:
I. La crescita dell‟occupazione straniera è ascrivibile in 8 casi su 10 all‟aumento dei lavoratori nel settore dei servizi alle famiglie, il più delle volte è la componente femminile a fare da traino a questa tendenza: II. Negli altri settori la contrazione è stata notevole, colpendo quindi la forza
lavoro tradizionalmente impiegata nel settore industriale, edile e alcuni servizi, soprattutto nel Nord Italia. Tale fenomeno ha colpito maggiormente le comunità di albanesi e marocchina, nonché le più numerose nel nostro Paese. Il numero dei disoccupati è cresciuto sià per la fuoriuscita dei lavoratori dai settori elencati sopra, sia perchè ad essi di aggiungono i giovani immigrati di seconda generazione, che risentono della crisi come i loro coetanei italiani;
III. Si consolida il fenomeno della bassa qualificazione, aumenta il numero dei lavoratori impiegati in occupazioni di bassa specializzazione e si assottiglia la domanda per lavori altamente specializzati o che richiedono un titolo di studio. Questo fa sì che il 41% dei lavoratori immigrati sia sovra-istruito mentre svolge mansioni largamente al di sotto del loro grado di istruzione.
Tali osservazioni sono un importante monito a non lasciarsi ingannare dai dati presentati ad inizio paragrafo che, presi in valore assoluto, potrebbero indicare una situazione di crescita dei lavoratori stranieri. La crisi ha danneggiato il mercato del lavoro immigrato, offrendo come uniche possibilità lavorative mansioni poco specializzate e relegate quasi solo all‟ambito dei servizi alle famiglie, favorendo la componente femminile a scapito di quella maschile.