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Le fonti sulla Pataria. Problemi di prospettiva

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA IN Studi storici (pagine 188-191)

IV. L A MISSIONE DI P IER D AMIANI NELLE G ALLIE . I NTERLOCUTORI ETEROGENEI E APPROCCI

V.2. Le fonti sulla Pataria. Problemi di prospettiva

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degli studi sulla Pataria, unita alla grande qualità degli stessi rende lo studioso spettatore di uno stesso fenomeno da angolazioni quanto mai diverse, come se ci si trovasse all’interno di due cerchi concentrici sulla Milano del secolo XI. Il primo dei due cerchi è sicuramente quello delle fonti patarine e antipatarine, integraliste o moderate; il secondo, quello della storiografia, è composto da un caotico intreccio di analisi politiche, sociali, economiche, religiose, spirituali, prosopografiche, particolaristiche e generali che rischia di invischiare i nuovi tentativi di studio e, allo stesso tempo, fornire la consapevolezza di un’incompletezza di fondo che fa scricchiolare l’apparente esaurimento della tematica.

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Si tratta di due opere quasi contemporanee e in contrapposizione tra loro, già il genere letterario adottato dai due autori tradisce il messaggio che queste opere avrebbero dovuto trasmettere ai lettori contemporanei nel pieno dello scontro per le investiture.

Nonostante il genere adottato dallo Strumense per la sua Vita di Arialdo fosse ben consolidato da secoli, la narrazione lascia poco spazio al meraviglioso e raramente si rifà ai topoi agiografici223. Certo, il fatto di narrare avvenimenti noti ai contemporanei, non permette all’autore di inserire copiose contaminazioni tese ad esaltare la santità della vita di Arialdo, ma, allo stesso tempo, la sensazione che si ricava dalla lettura di queste pagine è quella di una scrupolosa attenzione al reperimento delle fonti e alla dimostrazione della veridicità delle stesse. A titolo esemplificativo, basti menzionare lo scambio epistolare, che la storiografia tende a considerare autentico, tra l’autore e prete Siro, in cui quest’ultimo viene interrogato nel caso in cui ci fossero state delle omissioni nella narrazione appena conclusa sulla vita del martire milanese. Un’opera che in questo modo riconosce di non apparire come narrazione inoppugnabile e conferma la sua connotazione pubblicistica inserendosi all’interno di una polemica ancora troppo viva per essere cristallizzata in un racconto serenamente agiografico.

La controparte antipatarinica (Arnolfo) non appare estremista (come, invece, sarà Landolfo Seniore), non difende strenuamente le ragioni dei chierici milanesi accusati dai patarini, non prende le difese dell’arcivescovo Guido, del quale sottolinea l’inadeguatezza alla carica ricoperta224, il suo interesse è la difesa della pace all’interno della città, minata

netto cambio di fazione da parte dell’autore milanese da antipatarino convinto a sostenitore dei seguaci dell’ormai defunto Erlembaldo. Golinelli, La Pataria, op. cit., pp. 28-30; Ravasi A., Vite parallele di santi medievali (sec. XI). Analisi morfologica della «legenda» nata intorno a Arialdo e Giovanni Gualberto, in

«Poliorama», I (1982), pp. 62-161.

223 Questi compaiono in particolare in apertura e in conclusione dell’opera. Arialdo risulta di nobile stirpe, seppur non venga attestata tale notizia e la si rimandi alla vulgaris opinio, così come il veloce accenno alle opere di pietà della madre del santo, Beza, interotte per giungere a vicende più pertinenti, non senza aver aggiunto il racconto prodigioso avvenuto alla stessa durante la gravidanza, segno inequivocabile della grandezza futura del feto e nell’analisi storiografica, un tipico topos riguardante la figura del santo predicatore. Allo stesso modo, dopo la morte di Arialdo, si verificano degli eventi prodigiosi al passaggio del feretro diretto a Milano o al solo offendere nominalmente il martire.

224 Arnolfo, Gesta, III, 2: «Defuncto autem Heriberto (an. 1045, Jul. 18.) varie tractatur a multis de restituendo pontifice. Heinricus vero augustus jamdictum habens prae oculis Mediolanense discidium,

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dalle agitazioni popolari provocate da Arialdo. Anche qui il tipo di narrazione è funzionale allo scopo. Arnolfo comincia il suo racconto con l’anno 925 e dopo un primo libro di storia che oggi definiremmo generale, riporta le gesta dell’arcivescovo Ariberto.

Non è un caso che l’arcivescovato precedente a quello di Guido occupi una parte importante delle narrazioni di parte antipatarinica (anche in Landolfo Seniore si registra la stessa impostazione)225; si era trattato, infatti, di un momento storico in cui la cattedra ambrosiana (e colui che la occupava) aveva rappresentato un elemento coagulante dell’identità milanese contro l’imperatore Corrado II al contrario di quanto sarebbe poi accaduto all’epoca della Pataria. Anche sotto Ariberto i contrasti tra fazioni erano presenti e oltremodo cruenti, certamente molto più legati alla lotta tra strati sociali rispetto a quanto sarebbe accaduto con Arialdo, ma nei momenti di difficoltà contro un pericolo esterno, tutti i milanesi avevano combattuto sotto un’unica insegna ed è qui che si era avuta la prima attestazione del carroccio utilizzato in battaglia226.

Una diversa impostazione si ritrova nella seconda delle fonti patariniche, Bonizone di Sutri, che nel suo Liber ad amicum non si propone semplicemente di riportare gli avvenimenti occorsi durante la riforma ecclesiastica e la lotta per le investiture, ma tutta la storia della Chiesa a partire dalla morte di Abele per giungere a quella di Gregorio VII (1085). Dedica alla Pataria buona parte del libro VI e gli inizi del successivo sui nove complessivi di cui è composta l’opera. Per la prima fase dei conflitti cittadini richiama molto da vicino Andrea di Strumi, mentre rappresenta l’unica fonte patarinica per il periodo che va fino alla nomina dell’arcivescovo Tedaldo nel 1075 e un’interessante prospettiva sulla diffusione delle istanze di riforma nell’area padana.227

L’ultima fonte in ordine di composizione cronologica porta il nome di Landolfo, detto Seniore per distinguerlo dall’omonimo autore suo continuatore, e risale probabilmente al primo decennio del secolo XII228. L’impianto dell’opera è quello di una

neglecto nobili ac sapienti primi ordinis clero, idiotam et a rure venientem elegit antistitem, cui nomen fuerat Wido».

225 Landolfo seniore, Hist. Med., I e II.

226 Cfr. Capitolo VI in questo volume.

227 Bonizonis episcopi Sutrini, Liber ad amicum, ed. Dümmler E., in M.G.H., Libelli de lite, 1, Hannoverae 1891, pp. 568-620.

228 Landolfo seniore, Historia Mediolanensis, III, 23, edd. Bethmann L. C. – Wattenbach W., in M.G.H., Scriptores, 8, Hannoverae 1848.

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storia della Chiesa milanese a partire dall’anno 375 e dedica largo spazio alle vicende cronologicamente più vicine, anche qui il termine della narrazione è rappresentato dalla morte del pontefice Gregorio VII, ma il tratto più interessante è quello stilistico.

Nonostante le affinità di parte e di genere letterario con Arnolfo, la narrazione è tutt’altro che oggettiva e raramente l’autore cerca di dissimulare i propri sentimenti verso i protagonisti, il racconto è vivo e le emozioni dei personaggi sono continuamente messe in risalto e sono proprio queste a muovere la storia. Un esempio su tutti è quello di Anselmo da Baggio che, secondo Landolfo, a causa dell’invidia provata nei confronti del clero milanese e verso Guido, che gli aveva sottratto la cattedra ambrosiana, darà il là a tutta la vicenda della Pataria. L’autore difende strenuamente anche il matrimonio del clero e descrive minuziosamente la struttura gerarchica della Chiesa ambrosiana, rimarcando più volte il grande spessore culturale e morale dei suoi chierici.229

V.3. L’esordio della predicazione patarinica di Arialdo, tra formazione ed

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA IN Studi storici (pagine 188-191)

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