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Dopo aver chiarito il legame strettissimo tra temporalità e narrazione, quando è chiamato a specificare la natura delle forme narrative che organizzano l’esperienza umana Bruner (1991, trad. it. p. 21) sot-tolinea che «il racconto è una forma convenzionale trasmessa culturalmente e legata al livello di pa-dronanza di ciascun individuo e al repertorio di strumenti protesici, di colleghi e di mentori di cui dispone». Similmente, anche l’ipotesi di ispirazione costruttivista proposta da Dautenhahn (2002, p.

107) individua nella capacità di rappresentare e comunicare gli eventi secondo una struttura temporale

il proprio della narrazione per poi caratterizzare questa capacità e, conseguentemente, la rappresen-tazione narrativa della realtà in riferimento al carattere narrativo della cultura di appartenenza degli individui. D’altra parte, in ambito filosofico, anche Dennett (1991) sostiene che la temporalità costi-tutiva dell’identità personale dipenda dalla capacità, sviluppata attraverso un apprendistato culturale, di raccontare storie a sé stessi e agli altri circa le proprie esperienze e i propri comportamenti. In prospettive di questo tipo, in cui la narrazione è il prodotto di capacità linguistiche acquisite cultural-mente – la narrazione è il prodotto dell’apprendistato sociale – anche la capacità di rappresentazione temporale che vi è a fondamento diventa il prodotto della cultura e delle convenzioni sociali. Il punto critico della prospettiva costruttivista riguarda l’idea che la mente sia un effetto collaterale di attività che pertengono a fattori esterni all’individuo e che sia possibile affidare a quelle attività un ruolo costitutivo senza un riferimento forte alla cognizione (Ferretti 2015).

Pur sposando i due assunti a fondamento del modello del costruttivismo sociale, vale a dire l’idea che la narrazione sia uno strumento cognitivo di rappresentazione dell’esperienza e la conce-zione secondo cui la narraconce-zione ha un fondamento eminentemente temporale, la nostra proposta si discosta da tale modello relativamente al modo di tematizzare i rapporti di costituzione tra linguaggio, tempo e narrazione. Nello specifico, diversamente da quanto proposto dalla teoria costruttivista, nella nostra ipotesi il fondamento narrativo del linguaggio poggia le basi sul fondamento narrativo del pensiero: la rappresentazione narrativa è il modo in cui gli umani organizzano l’esperienza prima e indipendentemente dal linguaggio. Da questo punto di vista, la narrazione precede e costituisce una precondizione dell’origine e dello sviluppo del linguaggio. Il riferimento all’approccio cognitivo è un modo per corroborare empiricamente questa ipotesi. Prendendo in esame il tipo di architettura cogni-tiva in grado di garantire l’elaborazione narracogni-tiva indipendentemente dal linguaggio verbale, giusti-ficheremo un modello di narrazione alternativo al costruttivismo sociale che dà corpo alla tesi del fondamento narrativo del pensiero attraverso l’idea che i sistemi cognitivi che governano la rappre-sentazione narrativa sono dispositivi di proiezione temporale e prospettica (Chiera et al. 2017; Ferretti 2016; Marini et al. 2018). Più in particolare, l’idea è che tali dispositivi cognitivi elaborino proprietà specifiche del piano narrativo che permettono di organizzare l’esperienza in una rappresentazione unitaria. A nostro avviso, il piano discorsivo della narrazione che si realizza pienamente nel racconto di storie sfrutta la struttura rappresentazionale del pensiero narrativo e le proprietà che questa veicola e la ripropone come modalità espressiva di ciò che pensiamo.

Per poter sostenere un’ipotesi di questo tipo, che guarda alla narrazione linguistica come il prodotto di una modalità narrativa propria del piano cognitivo, è innanzitutto necessario mostrare che la narrazione è indipendente dal linguaggio. L’idea che esista una narrazione non linguistica, pur essendo fortemente controintuitiva, è sostenuta da diversi autori (per una discussione, cfr. Sibierska

2016). Indicazioni interessanti a riguardo provengono dal lavoro di Boyd (2009, p. 159) secondo il quale «narrative need not involve language. It can operate through modes like mime, still pictures, shadow-puppets, or silent movies. It need not be restricted to language». In modo simile, Sibierska (2016, pp. 53-54) nota che «narratives can be non-verbal, using different modalities (vocal-auditory, but also visual), or multimodal (as in the case of pantomime)» e che narrazione e linguaggio poggiano su capacità comuni che «comprise the ability to understand, connect, recall, and imagine events (e.g.

Boyd 2009, p. 132-158) in a displaced context, meaning that the events in a narrative do not happen here and now».

Detto questo, il secondo passo da compiere è mostrare che il pensiero ha un fondamento nar-rativo. L’idea che il pensiero abbia un fondamento narrativo si lega alla questione della natura delle rappresentazioni mentali coinvolte nei processi narrativi. Dal nostro punto di vista, le rappresenta-zioni mentali hanno forma narrativa poiché rappresentano eventi. In particolare, le rappresentarappresenta-zioni mentali comprendono informazioni su molteplici aspetti come la sequenza, lo spazio, il tempo, gli individui e le relazioni causali degli eventi rappresentati (Zwaan & Radvansky 1998). Questi aspetti coincidono in larga parte con le categorie già individuate dalla tradizione narratologica come diri-menti per distinguere la rappresentazione narrativa da altri tipi di rappresentazione.

L’ipotesi del fondamento narrativo della rappresentazione di eventi trova un terreno fertile nel dibattito interno alle teorie percettualiste. Secondo alcune versioni del percettualismo, la categoria di narratività può essere chiamata in causa già al livello dei processi percettivi: le strutture di rappresen-tazione del mondo coinvolgono una struttura narrativa inerente le sequenze di eventi che cogliamo (Carr 1986). Da questo punto di vista, la narrazione è un atto cognitivo primario costitutivo della sfera dell’agire:

«We dream in narrative, daydream in narrative, remember, anticipate, hope, despair, believe, doubt, plan, revise, criticize, construct, gossip, learn, hate and love by narrative. In order really to live, we make up stories about our-selves and others, about the personal as well as the social past and future»

(Hardy 1968, p. 5).

Secondo questa corrente “narrativa” di percettualisti, quello tra esperienza e narrazione è un confine sfumato poiché la struttura narrativa pervade l’esperienza temporale umana in quanto principio orga-nizzatore che conferisce e persegue coerenza in un’attitudine costante a dare agli eventi forma intrin-seca di racconto (White 1981). Ciò che in ultima istanza attribuisce significato agli eventi dando loro coerenza e compiutezza è proprio l’imposizione narrativa operata dai sistemi di rappresentazione.

Un dato molto recente che va nella direzione di mostrare come la dimensione narrativa sia indipen-dente dal medium linguistico proviene da una ricerca condotta da Yuan e colleghi (2018) tramite

ricorrendo a tre diverse modalità espressive: descrizione verbale, pantomima e disegno. I risultati hanno mostrato l’esistenza nel cervello umano di un “centro narrativo” (localizzabile nella giunzione temporo-parietale, nel solco temporale posteriore superiore e nella corteccia cingolata posteriore) che trascende la modalità comunicativa. L’esecuzione del compito, infatti, attivava nei soggetti un net-work cerebrale unico indipendentemente dalla modalità espressiva messa di volta in volta in atto per generare le storie.

Quella dei rapporti tra linguaggio e narrazione vale come premessa della nostra argomenta-zione. L’obiettivo specifico del presente lavoro è mostrare, attraverso un’analisi dei sistemi cognitivi che guidano l’elaborazione delle proprietà essenziali della rappresentazione di eventi, che i processi di categorizzazione dell’esperienza sono intrinsecamente narrativi e che il racconto e la comprensione di storie – piuttosto che essere il prodotto di capacità linguistiche acquisite culturalmente – sfruttano quegli stessi processi per elaborare una rappresentazione coerente dei testi narrativi. Prima di entrare nei dettagli della nostra proposta (Cap. 3 e 4), occorre discutere il framework teorico entro cui questa proposta si muove: l’introduzione della componente psicologica nel dibattito relativo alle teorie della narrazione, insieme all’estensione della portata del concetto di narrazione dagli aspetti testuali ai pro-cessi più generali di rappresentazione narrativa dell’esperienza, ha contribuito a incoraggiare un’aper-tura verso una narratologia di matrice cognitiva.