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Il lungo Autunno caldo lucano

più generale processo di deruralizzazione dell’economia regio-nale che, in linea con quanto avveniva in gran parte del Mezzo-giorno, trovava nella ripresa dei flussi migratori e nella crescita numerica di disoccupati e inoccupati il suo principale sbocco. Il nuovo sistema industriale lucano non riuscì a raggiungere di-mensioni tali da poter rappresentare una risposta al fenomeno dello spopolamento delle campagne; ne produsse, invece, un’ac-celerazione per mezzo dell’aumento del costo della vita generato dall’introduzione dei salari industriali. Il particolare modello di industrializzazione per poli, inoltre, produsse una forte diffe-renziazione tra aree in piena crescita economica, nelle quali ri-entravano anche le pianure irrigue, e aree interne, scarsamente coinvolte da interventi e programmi di sviluppo. Proprio nelle seconde si registrarono forme di mobilitazione che rispecchia-vano a pieno una società in trasformazione, che stentava a tro-vare una precisa caratterizzazione socio-economica post-rurale.

Nel corso dell’anno in diversi centri della montagna materana si ebbero scioperi animati da disoccupati, braccianti, contadini, donne e studenti, con rivendicazioni generiche contro l’arretra-tezza economica, la povertà e la disoccupazione. Questi scioperi avrebbero rappresentato l’altra faccia, quella propriamente me-ridionale, dell’Autunno caldo lucano.

l’atto di nascita del movimento studentesco in Basilicata22. Il 14 novembre gli studenti medi della città di Potenza, come quelli di tantissime altre città della penisola23, aderirono al primo sciopero unitario generale di 24 ore per la riforma del sistema pensionisti-co, provocando la rottura locale dell’unità sindacale con il ritiro della Cisl24. Per il sindacato cattolico il movimento studentesco cittadino stava assumendo una chiara collocazione politica di si-nistra e la sua adesione allo sciopero avrebbe pertanto rafforzato le posizioni della Cgil25.

Nelle settimane successive le occupazioni proseguirono in gran parte degli istituti superiori del futuro capoluogo regiona-le26. Oltre a rivendicare la riforma del sistema scolastico e a prote-stare contro le forme di autoritarismo, il movimento studentesco lucano mise in drammatica evidenza il tema della disoccupazio-ne della forza lavoro qualificata disoccupazio-nel Mezzogiorno. Come scrive Monica Galfrè, nel ’68 degli studenti medi dove “tutto si assomi-glia[va] e tutto allo stesso tempo [era] diverso”, i temi della pro-testa globale si articolavano poi in istanze maggiormente definite localmente. l contenuti delle rivendicazioni variavano da città a città e da Nord a Sud, sempre, però, all’interno di una sostan-ziale circolarità di linguaggi, obiettivi e strategie. Nelle aree più arretrate del paese, le carenze strutturali del sistema scolastico offrirono diversi appigli, ma particolarmente marcate furono le proteste di sistema. Negli istituti tecnici e professionali, che negli

22.  G. Calice, Il Pci nella storia di Basilicata, cit., p. 166.

23.  Monica Galfré, La scuola è il nostro Vietnam. Il 68 e l’istruzione secondaria italiana, Roma, Viella, 2019, p. 78.

24.  AS Cgil Bas, volantino sullo sciopero, Stampa e propaganda, b. Comuni-cati stampa, fasc. 1965-1973.

25.  Ivi, Comunicato alla Rai Tv e al Corriere della Basilicata sul ritiro della Cisl dallo sciopero generale del 14 novembre 1968, Stampa e propaganda, b. Comunicati stampa, fasc. 1965-1973.

26.  Nicola Lisanti, Quel mitico ’68: la storia della contestazione tra passato e pre-sente, in Simone Calice (a cura di), Basilicata Sessanta. La modernizzazione interrotta, Rionero in Vulture, Calice Editore, 2019, p. 96.

anni del boom avevano rappresentato la risposta alla richiesta di scolarizzazione delle classi sociali subalterne e uno spazio di stretta contiguità con il mondo della fabbrica, le carenze del si-stema scolastico si accompagnavano a una crescente disillusione circa la capacità del settore produttivo meridionale di assorbire la nuova offerta di lavoro27. Così si poteva leggere sulle colonne de “l’Unità”:

A chi non è privilegiato il diploma o la laurea forniscono un ruolo da emigrante o da disoccupato. Di qui la collera di tanti giovani che nello studio pensavano di ottenere l’emancipazione dalla vita drammatica e misera delle loro povere famiglie contadine e piccolo-borghesi28.

In molte città meridionali gli istituti tecnici e professionali fun-sero da apripista, seguiti poi dagli altri istituti scolastici. Le lotte per l’abolizione delle gabbie salariali e contro la disoccupazione rap-presentarono il proficuo terreno di incontro tra studenti e operai, ai quali si aggiunsero presto altri segmenti della società meridionale.

A partire dai primi giorni di gennaio del 1969 la provincia di Matera scese in piazza. Il 10, mobilitati dai sindacati, scioperarono gli edili e gli operai dell’industria, i braccianti e gli addetti ai tra-sporti. Furono bloccate le attività della compagnia di trasporti Sita, della Ceramica Pozzi di Ferrandina e dello zuccherificio Ferrero di Policoro. Oltre all’abolizione delle gabbie salariali, chiedeva-no la piena occupazione, da raggiungere anche per mezzo dello sblocco dei cantieri pubblici29. Il 26 gennaio Cgil, Cisl e Uil indis-sero uno sciopero generale regionale per il diritto all’assemblea di fabbrica e per l’occupazione. Nelle piattaforme sindacali ai temi del 1969 operaio si univano rivendicazioni generiche di carattere sviluppista. Quella della Cgil contemplava la settimana lavorativa

27.  M. Galfré, La scuola è il nostro Vietnam., cit., pp. 100-101.

28.  Antonio Mereu, Nasce nel Sud una nuova unità, in “L’Unità”, 16 novem-bre 1968.

29.  Sciopero, in “L’Unità”, 11 gennaio 1969.

di 40 ore, aumenti salariali, la salute negli ambienti di fabbrica, il riconoscimento delle sezione sindacale aziendale, ma anche la contrattazione degli organici con le aziende, finalizzata a favorire l’assorbimento della manodopera disoccupata, e la rivendicazione di nuove industrie per la trasformazione dei prodotti agricoli e delle materie prime degli stabilimenti chimici materani30. Priori-tà ai problemi occupazionali da risolvere con «interventi idonei a promuovere lo sviluppo economico e produttivo» territoriale fu data anche nel corso del congresso della Cisl31.

Allo sciopero aderirono oltre 60.000 lavoratori dell’industria, del commercio e dei servizi, con livelli di astensioni altissimi.

L’intero nucleo industriale di Potenza si fermò per 48 ore e to-tale fu l’adesione degli operai della Rabotti Sud e della neonata Chimica Lucana, fronte avanzato della nuova classe operaia del futuro capoluogo regionale. In provincia di Matera aderirono gli operai della Ceramica Pozzi, degli zuccherifici del Metapontino e del centro nucleare di Rotondella. Fermi tutti gli autobus della compagnia di trasporti Sita, la totalità dei cantieri edili delle due province e dodici fabbriche laterizie tra Matera e Potenza.

Il mese di febbraio si aprì con lo sciopero generale del giorno 5 per la riforma del sistema pensionistico, – obiettivo poi rag-giunto alla fine di aprile con l’approvazione della legge Brodolini – e continuò con gli scioperi contro le gabbie salariali. Un elevato livello di conflittualità stava travolgendo tutte le fabbriche luca-ne e, in forme diverse, anche i municipi. Come scrive Calice,

fabbrica dopo fabbrica, zona dopo zona, prima della firma dei rispet-tivi contratti nazionali, se ne anticiparono le conquiste: così accadde per i cementieri di Avigliano, per i fornai di Rionero, per i cartai di Venosa, per i metallurgici di Potenza, per i braccianti del materano, per le tabacchine di Palazzo32.

30.  AS Cgil Bas, Relazione VII congresso, 24-25 maggio 1969, cit., pp.22-23.

31.  A. Ambruso, Quarant’anni di Cisl, cit., p. 86.

32.  G. Calice, Il Pci nella storia di Basilicata, cit., p. 166.

Accanto alle lotte per il miglioramento delle condizioni con-trattuali, si registrarono in gran parte dei piccoli centri lucani

“scioperi unitari” indetti dai sindacati e con una regia politica del Pci. Le parole di Gerardo Chiaromonte sulla rivista “Rinasci-ta Lucana” permettono di ricostruirne la strategia di fondo del suo partito: evitare le fughe in avanti di «ristrette avanguardie» e promuovere un generale movimento capace di rappresentare «le masse lavoratrici del Mezzogiorno»33.

Anche per il Pci la forte caratterizzazione bracciantile, frutto delle lotte per la terra del secondo dopoguerra, non era supera-ta. Il partito dalla metà degli anni Sessanta aveva cominciato a interessarsi degli operai delle nuove fabbriche chimiche matera-ne34, ma nella sua visione dello sviluppo economico regionale il settore agricolo rimaneva centrale. L’industrializzazione avreb-be dovuto svilupparsi in modo organico con la modernizzazione dell’agricoltura, per mezzo di investimenti nel settore agro-in-dustriale, nel quadro di una programmazione economica tesa a superare gli squilibri tra poli di sviluppo e zone di abbandono35. Tali posizioni erano destinate a influenzare la Cgil. Il congresso del 1969 aveva posto al centro del dibattito il tema dell’autono-mia, declinato nella incompatibilità tra incarichi sindacali, politi-ci e amministrativi, ma politi-ciò non impediva una certa politi-circolarità tra i quadri del partito e del sindacato e una prevalenza del primo nella elaborazione della linea politica.

A Irsina, il 19 aprile, le tre confederazioni sindacali insieme all’Alleanza Contadina e dirigenti e parlamentari del Pci, Psi e Psiup si misero a capo di un partecipato sciopero unitario al quale presero parte anche disoccupati, bambini e anziani, oltre

33.  Gerardo Chiaromonte, Una politica senza difensori, in “Rinascita Luca-na”, maggio 1969, 1, p. 1.

34.  Archivio Storico Partito Comunista Basilicata, (d’ora in poi AS PC BAS), Registro dei Verbali dei Comitati Federali, Riunione del Comitato Federale del 21 marzo 1966, intervento di Giannace.

35.  G. Ferrarese, L’Anic di Pisticci, cit., p. 255.

che naturalmente lavoratori di ogni settore produttivo e studen-ti. Ufficialmente lo sciopero era contro la “miseria”, ma di fat-to investiva le politiche di sviluppo del partifat-to di governo. Dal Consiglio comunale, pochi giorni prima, era partito un appello a tutti i comuni della provincia di Matera affinché si facessero promotori di

un forte movimento di massa e meridionalista per capovolgere gli indirizzi economici e per assicurare con la ripresa della politica di piena occupazione, di riforma agraria, di industrializzazione, delle strutture civili, la salvezza delle popolazioni materane.36

Nei mesi di aprile e maggio scioperi unitari con una vastis-sima e trasversale partecipazione popolare interessarono mol-ti comuni della provincia di Potenza. In ogni singolo centro o area le rivendicazioni di natura generica sui temi dello sviluppo e dell’occupazione assumevano una più precisa caratterizzazio-ne legata alla particolare vocaziocaratterizzazio-ne produttiva del territorio o alla presenza di cantieri per la realizzazione di opere infrastrut-turali. A Vietri, ad esempio, nel corso dello sciopero generale del 28 aprile la popolazione locale guidata dai sindacati bloccò l’accesso al paese chiedendo che nei cantieri di costruzione del tratto stradale che avrebbe collegato il piccolo comune lucano con il più importante centro campano di Battipaglia la settima-na lavorativa non superasse le 43 ore; la necessità di accelerare i tempi di realizzazione dei lavori doveva tradursi in incrementi occupazionali e non in ore di straordinario37. Ad Atella centinaia di contadini e operai provenienti anche da comuni limitrofi occu-parono il sito scelto per la realizzazione di un invaso artificiale, chiedendo l’apertura immediata dei cantieri. Mentre in diversi comuni del Vulture Alto Bradano e della Val D’Agri, aree in

pie-36.  Irsina ai comuni materani, in “Rinascita Lucana”, maggio 1969, 1, p. 1.

37.  Lo sciopero generale di Vietri. La lotta cresce, in “Rinascita Lucana”, maggio 1969, 1, p. 8.

na trasformazione agricola, le popolazioni locali si mobilitarono con forza per l’attuazione di un piano generale di irrigazione38.

Negli stessi mesi il sindacato riusciva a entrare anche in fab-briche dove totale era stato il controllo padronale. Gli organi di stampa del Pci, sia nazionali che locali, festeggiavano le prime lotte nelle fabbriche tessili di Potenza e di Maratea (queste ultime da poco passate all’Eni)39. Si trattava di stabilimenti che impiega-vano prevalentemente manodopera femminile, segmento debole dell’asfittico mercato del lavoro lucano e pertanto particolarmen-te esposto a gestioni caratparticolarmen-terizzaparticolarmen-te dal ricorrenparticolarmen-te raggiro delle norme contrattuali (un esempio ne era il costante prolungamento dell’apprendistato oltre i termini previsti per legge) e all’adozio-ne di pratiche paternalistiche all’adozio-nei rapporti di fabbrica finalizzate a bloccare sul nascere processi di sindacalizzazione.

La seconda parte dell’anno si aprì con una grande manifesta-zione organizzata unitariamente dai tre sindacati. Il 27 luglio nel-la città di Matera fabbriche e uffici rimasero deserti e nelnel-la Piana di Metaponto incrociarono le braccia i lavoratori delle aziende agricole. Nel pomeriggio la città ospitò un corposo corteo che vedeva la partecipazione di lavoratori di tutte le categorie, stu-denti e pensionati. Si rivendicava il rinnovo e l’applicazione dei contratti di lavoro e misure per contenere la vertiginosa corsa al rialzo del costo della vita.

Il territorio regionale stava entrando in pieno Autunno cal-do e il cal-doppio binario che aveva caratterizzato le contestazioni fin dall’inizio dell’anno sarebbe confluito in un generale moto di protesta con la definitiva saldatura tra le lotte di fabbrica e quelle per lo sviluppo regionale.

38.  Lotta generale nel Melfese, nel Gensanese, nel Vulture e nell’Alta Val D’Agri, in “Rinascita Lucana”, giugno 1969, 1, p. 4.

39.  Salario e posto di lavoro garantiti alla ex Rivetti, in “l’Unità”, 22 maggio 1969; Luciano Carpelli, A Praia e a Maratea primo successo della lotta operaia, in “Ri-nascita Lucana”, giugno 1969, 1, p. 3; Vincenzo Armento, Le ragazze della New Style, in “Rinascita Lucana”, luglio 1969, 1, p. 3.

Le agitazioni di carattere protestatario contro la miseria ri-partirono dai comuni delle aree interne montane. Ad Accettura nei primi giorni di ottobre le vedove bianche (mogli di emigrati stagionali verso i paesi mitteleuropei) si posero alla testa di un corteo cittadino, organizzato dalla Camera del lavoro, che ter-minò con l’occupazione della sede del municipio. La lotta contro la miseria si oggettivava nella richiesta di apertura dei cantieri di opere pubbliche con lo scopo di occupare braccianti, manovali e tecnici locali. Ma soprattutto in una nuova legge per la monta-gna intesa come strumento quadro per la realizzazione di misure concrete a favorirne lo sviluppo. Nei giorni successivi le agita-zioni si estesero ad altri comuni montani, fino ad arrivare alla città di Matera. Il 10 ottobre uno sciopero generale indetto dai tre sindacati paralizzò l’intera provincia. In corteo la giovane classe operaia materana, gli studenti, ma anche donne, commercianti, diplomati disoccupati, impiegati pubblici e assegnatari degli enti di Riforma.

La stessa composizione sociale caratterizzò i cortei che si ten-nero poco più di un mese dopo a Potenza e Matera in occasione dello sciopero nazionale indetto dai sindacati per il diritto alla casa e le riforme. Nelle due provincie tutte le categorie si asten-nero dal lavoro e punte altissime di adesione si registrarono tra i lavoratori agricoli e dell’industria, 80 per cento tra i primi e quasi il 100 per cento tra i secondi40.

In definitiva, lungo tutto il 1969 le categorie sindacali, sia quel-le di maggiore radicamento che quelquel-le di recente organizzazione rappresentarono, insieme agli studenti, la base di un più gene-rale movimento di protesta che coinvolse l’intera società lucana.

Le lotte negli ambienti di lavoro si saldarono con le più generali lotte per lo sviluppo, che assumevano contenuti rivendicativi definiti a livello locale, ma rimanevano su un piano politico-pro-grammatorio a livello regionale. Ciò era il segno di un processo

40.  Lo sciopero più grande, in “Rassegna Sindacale”, novembre 1969, 1, p. 3.

di ridefinizione del sindacato come soggetto politico, ovvero come strumento di mediazione sociale tra territorio e interlocu-tori istituzionali. Si trattava di una rinnovata centralità che bene si prestava a svolgere funzioni di rappresentanza in una società che aveva vissuto uno sviluppo economico parziale e fortemente differenziato dal punto di vista territoriale. Dopo la stagione del Piano del Lavoro41, lo sviluppo stimolato dall’intervento straor-dinario e saldamente guidato dalla Dc aveva contratto lo spazio del sindacato, ma la rottura del lungo Autunno caldo lucano e il sopraggiungere di una fase internazionale di crisi con importanti ripercussioni sul neonato apparato produttivo regionale avrebbe posto la Cgil alla testa della “vertenza Basilicata”42.

Il comunicato stampa diramato a conclusione di una riunione dei quadri di Cgil, Cisl e Uil, tenutasi il 12 dicembre 1969 con lo scopo di esaminare la situazione sindacale e stilare un bilancio dell’anno che andava concludendosi, sanciva e rilanciava questo nuovo ruolo.

Dopo aver espresso soddisfazione per il livello quantitativo e qualita-tivo delle lotte organizzate nel corso dell’anno, i sindacati rilanciarono la lotta per i mesi a venire incentrandola sui miglioramenti salariali, la piena occupazione, la realizzazione dei piani di irrigazione e di tra-sformazione zonale dell’agricoltura e l’industrializzazione, da conse-guirsi per mezzo di un robusto intervento delle partecipazioni statali.

Attraverso la pressione congiunta dei “lavoratori e delle forze attive e progressiste” della regione si sarebbe potuto “rimuovere secolari im-mobilità”. Pertanto si invitavano “studenti, intellettuali e uomini di cultura, diplomati e laureati […] ad unirsi alla lotta dei lavoratori43.

41.  Sul Piano del Lavoro si rimanda a Andrea Gianfagna, Il piano del lavoro e il Mezzogiorno. Rivendicazione sindacale e interesse nazionale in Giuseppe di Vittorio, Roma, Ediesse, 2009.

42.  La “vertenza Basilicata” che caratterizzò buona parte degli anni Settan-ta tracciò le linee politiche del sindacato e dei partiti di sinistra di fronte al pro-gressivo svelamento dei limiti e dei fallimenti dello sviluppo indotto dai fondi pubblici.

43.  AS Cgil Bas, Comunicato stampa riunione sindacale del 12 dicembre 1969, Stampa e propaganda, b. Comunicati stampa, fasc. 1965-1973.