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Le aree minerarie: crisi industriale, mobilita- mobilita-zioni e prospettive di sviluppo

politica che avrebbe messo in discussione gli elementi distorsivi che delineavano lo scenario isolano, dando vita a un ciclo di forti tensioni sociali e ad una serie di mobilitazioni per arginare gli squilibri esistenti.

1.  Le aree minerarie: crisi industriale,

il decennio 1960-70, un progressivo ridimensionamento dell’at-tività mineraria sarda, con una flessione dei valori produttivi e della manodopera occupata. Il ridimensionamento delle produ-zioni minerarie, inoltre, aveva influito negativamente sulle pro-blematiche industriali isolane. Dal punto di vista occupaziona-le si registrava un calo della forza lavoro (daloccupaziona-le 5000 unità del 1961 alle 4000 unità del 1968), mentre la situazione economica fu contrassegnata da un forte squilibrio che incise sensibilmente nelle popolazioni delle aree industriali13. La stessa segreteria del-la Cgil segnadel-lava come gli effetti deldel-la crisi economica avessero inciso nel sistema economico isolano e avessero comportato un progressivo aumento della disoccupazione, rendendo incerte le prospettive di sviluppo del territorio14. Le conseguenze, del tutto negative sul piano sociale, avevano comportato un ridimensio-namento della popolazione residente nel Sulcis-Iglesiente e una progressiva polverizzazione della manodopera occupata. Il pa-norama politico e sindacale del 1969, di fronte a questo scenario, sarà contrassegnato da una stagione contestativa nei confronti delle istituzioni nazionali e regionali, in relazione alle proble-matiche socio-economiche del panorama industriale locale15. Le mobilitazioni del decennio 1960-70, infatti, avevano mirato al ri-lancio dell’industria estrattiva attraverso l’intervento del settore pubblico, col quale si voleva garantire una maggiore capacità oc-cupazionale e avviare uno sviluppo del settore industriale16. Di fronte a queste considerazioni, il dibattito locale riconfermava la tesi di definire un’adeguata politica mineraria per il rilancio

13.  Saranno esaminati in un convegno i problemi del settore minerario, in “L’Uni-one Sarda”, 31 ottobre 1969.

14.  Promemoria delle segreterie provinciali (Cgil, Cisl, Uil) sulla situazione min-eraria dell’Iglesiente, 25 luglio 1969, in Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi:

ACS), Min. Int., Gab., Miniere-Industria Estrattiva 1967-70, b. 157, f. 13323/18.

15.  Sollecitato un mutamento della politica mineraria, in “L’Unione Sarda”, 17 gennaio 1969.

16.  Ibidem.

del settore estrattivo. Se da un lato le organizzazioni sindacali combatterono per lo sviluppo del comparto minerario, dall’al-tro i minatori sardi diedero un importante contributo al miglio-ramento dei sistemi contrattuali e delle condizioni lavorative vigenti nelle miniere sarde. Nei primi mesi del 1969 gli operai del bacino metallifero erano entrati in sciopero per richiedere la sospensione delle zone salariali, in modo tale da porre fine alla sperequazione economica presente tra i lavoratori del Nord e quelli del Sud17. Nelle miniere di Montevecchio, invece, veniva-no discussi gli aspetti sul trattamento uniforme e il riordiveniva-no del contratto in vigore nell’industria mineraria; nel febbraio del 1969 gli organismi di rappresentanza della Monteponi-Montevecchio e della Fillea raggiunsero un accordo sulle questioni contrattuali, durante il mese successivo la Confindustria e le organizzazioni siglarono l’accordo per l’abolizione delle zone salariali18. Nono-stante fossero state ottenute delle importanti vittorie sul piano sindacale, la situazione all’interno del bacino metallifero diven-ne precaria per i lavoratori. Non mancarono infatti critiche da parte delle amministrazioni comunali e degli esponenti regiona-li e sindacaregiona-li sulla poregiona-litica mineraria e sulle condizioni di vita dei lavoratori. Un altro spinoso problema riguardò la crescente frequenza degli infortuni sul lavoro19. Dai primi mesi del 1969, infatti, furono divulgate delle statistiche con cui si denunciava come il settore minerario più pericoloso fosse rimasto nella pro-vincia di Cagliari. Di fronte a questo scenario, la piattaforma ri-vendicativa delle organizzazioni di categoria richiedeva a gran voce la pubblicizzazione del settore minerario, con la finalità di garantire la tutela dei lavoratori e uno sviluppo occupatizionale,

17.  Totale lo sciopero nei complessi minerari, in “L’Unione Sarda”, 9 gennaio 1969.

18.  R. Callia, G. Carta, M. Contu, Storia del movimento sindacale, cit., p. 363.

19.  In un anno in Provincia tredicimila infortuni sul lavoro, in “L’Unione Sar-da”, 2 gennaio 1969.

economico e sociale per le popolazioni minerarie20. Sui problemi del settore minerario gli stessi delegati delle tre confederazioni sindacali avevano richiesto agli organi istituzionali un interven-to per garantire un’immediata costruzione di nuovi impianti per lo sfruttamento dei giacimenti minerari. Nonostante i propositi, i gruppi politici d’opposizione e le segreterie sindacali osservava-no come l’inerzia della classe politica avesse contribuito alla stasi del settore minero-metallurgico, mentre le mobilitazioni popola-ri popola-riaffermavano la necessità di un incisivo intervento della mano pubblica per salvaguardare le strutture industriali e gli equilibri socio-economici legati al comparto estrattivo21.

Di fronte a queste considerazioni, il movimento sindacale sardo e i lavoratori avevano avviato una serie di manifestazioni per sollecitarne un’adeguata soluzione e avviare i programmi di intervento per il rilancio dell’economia del bacino minerario22. I bacini minerari continuarono ad essere teatro di manifestazio-ni, con la finalità di assicurare un forte intervento dell’iniziati-va pubblica23. Nonostante la successiva pubblicizzazione del comparto minerario, la crisi industriale avrebbe condizionato i presupposti delle grandi battaglie portate avanti dai movimenti di protesta delle zone minerarie, i cui effetti avrebbero pesante-mente inciso nelle dinamiche industriali sino agli ultimi decenni del Novecento, che di fatto sancirono la chiusura della maggior parte delle attività minerarie della Sardegna24.

20.  Sottolineata la necessità di pubblicizzare le miniere, in “L’Unione Sarda”, 6 febbraio 1969.

21.  Gravi danni al Sulcis-Iglesiente, in “L’Unità” 5 giugno 1969.

22.  Telegramma della Federazione provinciale dei minatori-Cgil di Iglesias alle segreterie Cisl e Uil, 12 giugno 1969, in Archivio Filctem Iglesias, cartella 9

«1969/b-1970/a», f. 1969; Telegramma della Prefettura di Cagliari sugli scioperi nei complessi minerari, 24 luglio 1969, in ACS, Min. Int., Gab., Miniere-Industria Estrattiva 1967-70, b. 157, f. 13323/18; Promemoria presentato dalle segreterie provin-ciali dei minatori Cgil, Cisl e Uil alla riunione del Consiglio Regionale, 30 luglio 1969, ivi.

23.  R. Callia, G. Carta, M. Contu, Storia del movimento sindacale, cit., p. 366.

24.  Ilaria Burzi, Nuovi paesaggi e aree minerarie dismesse, Firenze, Firenze Uni-versity Press, 2013, pp. 130-143.

2. L’industria petrolchimica, la crisi sociale ed economica. Il caso Sir-Rumianca

Le dinamiche delle aree industriali sarde e la precarietà so-cio-economica delle popolazioni avevano generato un’intensa stagione di conflitti per tutti gli anni Sessanta, con momenti di forte contrapposizione che culmineranno nelle grandi mobilita-zioni operaie del triennio 1967-1969. Tra i settori industriali che interessarono le vicende del 1969, l’industria petrolchimica as-sunse un ruolo di coprotagonista all’interno dei processi verten-ziali del sindacalismo industriale25. Le vicende del settore petrol-chimico sardo affondano le proprie radici nelle dinamiche degli anni Cinquanta, in un momento contrassegnato dal passaggio da un’economia prevalentemente agricola a un’economia indu-striale. Nel secondo dopoguerra cominciarono ad affermarsi nel-lo scenario italiano le aziende private della chimica, che diedero vita agli stabilimenti petrolchimici che domineranno il panora-ma industriale sardo nei decenni successivi.

Tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi del Sessanta, infatti, la Sardegna fu contrassegnata dall’afflusso di grandi quantità di risorse finanziarie che contribuirono all’affermazione della chimi-ca nell’Isola e al finanziamento di quelle società che avevano come obiettivo lo sviluppo di questo comparto26. Nell’area meridionale della Sardegna si affermarono la Saras di Sarroch e la Rumianca di

25.  Per una ricostruzione sulle vicende della SIR e sulle dinamiche al movi-mento operaio nel settore petrolchimico si rimanda ai seguenti contributi: Sandro Ruju, La parabola della petrolchimica. Ascesa e caduta di Nino Rovelli. Sedici testimo-nianze a confronto, Roma, Carocci, 2003; Id., L’irrisolta questione sarda. Economia, società e politica nel secondo Novecento, Cagliari, Cuec, 2018; AA.VV., La Sardegna, vol. 2, La cultura popolare, l’economia, l’autonomia, Cagliari, Edizioni della Torre, 1994, pp. 73-80; AA.VV., Gli anni della Sir. Lotte operaie alla petrolchimica di Porto Torres dal 1962 al 1982. Atti del convegno organizzato dall’Ufficio studi della Cgil di Sassari nel 1982, Sassari, Edes, 1982.

26.  AA.VV., La Sardegna, le miniere, la chimica e lo sviluppo. Storia, situazione attuale e prospettive, STEF, Cagliari 1992.

Macchiareddu, le quali cooperarono alla nascita degli insediamen-ti produtinsediamen-tivi alla base dello sviluppo della petrolchimica sarda.

Nel frattempo, la Sardegna settentrionale fu contrassegnata dalla costituzione a Sassari della Sarda Industria Resine (Sir), destina-ta alla costruzione di uno sdestina-tabilimento petrolchimico nella zona industriale di Porto Torres27. La nascita del polo chimico della Sir, secondo gli studi di Vittorio Sallemi, contribuì alla costituzione di un’importate raffineria di petrolio e alla realizzazione di un com-plesso industriale che ospitava oltre sessanta impianti produttivi28. Nel corso degli anni Sessanta inoltre la petrolchimica accentuò il proprio peso nello scenario industriale sardo e, nel corso degli ul-timi anni del decennio, il gruppo Sir di Porto Torres fu costituito da una cinquantina di società, ciascuna delle quali svolgeva una particolare funzione nell’ambito dell’intero complesso petrolchi-mico. Durante gli anni Sessanta, inoltre, gli insediamenti sardi di Porto Torres e di Cagliari si unirono e diedero vita al gruppo Sir-Rumianca. Il nuovo gruppo si affermò nei processi industriali sardi e si posero le basi per la realizzazione dei piani di sviluppo che ampliarono la base produttiva del comparto chimico sardo, grazie anche ai finanziamenti del Piano di Rinascita29. Lo sviluppo della grande chimica in Sardegna, in questo contesto, è stato pos-sibile grazie alla determinazione assunta dai particolari incentivi finanziari e fiscali predisposti dallo Stato e dalla regione sarda per favorire lo sviluppo industriale delle aree depresse30. Di fronte a ciò, gli studi condotti dagli storici del sindacato sardo (Claudio Natoli e Giannarita Mele) hanno osservato come lo sviluppo della petrolchimica, guidato dai grandi gruppi aziendali e sostenuto dal settore pubblico, avesse arginato qualsiasi forma di

industrializ-27.  Gianluigi Alzona, Il caso Sir-Rumianca, in “L’impresa”, novembre-di-cembre 1971, 13, p. 463.

28.  AA.VV., La Sardegna, le miniere, la chimica, cit., pp. 35-36.

29.  Andrea Corsale, Giovanni Sistu (a cura di), Sardegna. Geografie di un’iso-la, Milano, FrancoAngeli 2019, p. 135.

30.  G. Alzona, Il caso Sir-Rumianca, cit., p. 466.

zazione equilibrata, con il conseguente sottosviluppo delle zone interne agro-pastorali e la precarietà delle condizioni della clas-se operaia31. Non mancarono delle critiche da parte del mondo politico isolano sulle condizioni dei lavoratori operanti nelle aree industriali sarde e in particolar modo nel comparto chimico nei mesi che precedettero il 1969. Di fronte agli scioperi delle attivi-tà produttive industriali, alcuni esponenti del partito comunista stigmatizzarono la discriminazione salariale vigente che di fatto alimentava la sperequazione nelle aree particolarmente depresse dello scenario italiano32. Lo sviluppo distorto del settore industria-le, che rappresentava un ostacolo allo sviluppo economico dell’I-sola, aveva contribuito alla formazione di quei movimenti di pro-testa che mettevano in discussione le politiche adottate dai grandi gruppi contestando l’aumento inadeguato dei livelli di occupa-zione, il mantenimento delle gabbie salariali e la mancata accet-tazione delle proposte delle organizzazioni dei lavoratori. La fine degli anni Sessanta, inoltre, furono contrassegnati dalla denuncia dell’instaurazione, soprattutto nelle aziende chimiche e petrolchi-miche dell’Isola, di metodi di intimidazione e rappresaglie che si inquadravano, secondo il dibattito politico dell’epoca, nella grave offensiva antioperaia e antidemocratica scatenata dal padrona-to italiano e in particolare dai suoi gruppi più «dinamici». Nelle considerazioni delle organizzazioni di categoria tali metodi non solo offendevano i diritti elementari dei lavoratori ma colpivano lo spirito dell’autonomia sarda, che si basava nello sviluppo pieno di un regime di democrazia sindacale e politico, a iniziare dalle fabbriche33. Di fronte a questo scenario, gli inizi del 1969

segnaro-31.  G. Mele, C. Natoli (a cura di), Storia della Camera del lavoro di Cagliari, cit., pp. 358-359.

32.  Nel corso della seduta dell’11 dicembre 1968 venne presentata una mo-zione sulla lotta dei lavoratori sardi per superare le differenze salariali e afferma-re il proprio poteafferma-re nelle fabbriche: Consiglio afferma-regionale della Sardegna, Resoconti consiliari, V Legislatura, CCCIX Seduta, 11 dicembre 1968, pp. 6665-6670.

33.  Ibidem.

no l’inizio di una stagione di lotta che avrebbe interessato anche i lavoratori delle aziende petrolchimiche. Nei primi mesi del 1969, i lavoratori del settore petrolchimico aderirono alle azioni nel sas-sarese e nel cagliaritano, in contemporanea con le imponenti lot-te contrattuali, all’inlot-terno delle quali i lavoratori rivendicarono il superamento delle sperequazioni economiche vigenti all’interno delle aziende, legate al sistema delle gabbie salariali 34. Le battaglie sindacali contribuirono all’abolizione delle zone salariali negli sta-bilimenti della Rumianca della provincia di Cagliari e, in seguito agli scioperi dei lavoratori della provincia di Sassari, le segreterie appartenenti alla Cgil, Cisl e Uil riuscirono a conseguire un accor-do con la direzione della Sir35. Nonostante i risultati raggiunti du-rante la vertenza contro le zone salariali, la seconda metà del 1969 fu contrassegnata dall’accentuazione della tensione tra i vertici aziendali e i sindacati, mentre i lavoratori del gruppo che opera-vano nel gruppo Sir-Rumianca diedero vita a una serie di agitazio-ni per la revisione dei rapporti vigenti nel sistema aziendale36. Le organizzazioni di categoria, a questo proposito, stigmatizzarono l’operato dei vertici aziendali nella repressione delle lotte sinda-cali, che si manifestava nella richiesta dell’immediato intervento dell’autorità giudiziaria e nell’impiego di figure esterne al sinda-cato, con la finalità di arginare il fronte di lotta dei lavoratori37.

34.  Per un’analisi degli scioperi nel settore petrolchimico si rimanda alla seguente documentazione: Situazione industriale. Quadriennio 1967-1970, tele-gramma del prefetto di Cagliari al ministero dell’Interno, 11 gennaio 1969, in ACS, Min. Int, Gab., Situazione industriale, 1967-70, b. 169, f. 13396/18; Scioperi in Emila, Sardegna e Friuli, in “L’Unità”, 22 gennaio 1969; Sconfitta la Confindustria alla vigilia dello sciopero, in “L’Unità”, 12 febbraio 1969.

35.  AA.VV., Storia di un sindacato popolare, cit., p. 324; Zone: cede la Confindu-stria Sarda, in “L’Unità”, 11 marzo 1969.

36.  Astensione totale ieri alla Rumianca di Cagliari, in “L’Unità”, 23 settembre 1969.

37.  In merito alle lotte che caratterizzarono il panorama del 1969, il comi-tato regionale sardo della Cgil osservava come i movimenti di protesta avessero ottenuto l’adesione di larghi strati della popolazione isolana, nonostante la re-pressione messa in atto dal padronato e da parte di “alcune forze politiche”. Non

Nonostante le condizioni di maggiore difficoltà della lotta operaia rispetto alle altre regioni italiane, le organizzazioni di categoria os-servavano come i lavoratori fossero riusciti a valorizzare l’operato del sindacato confederale, dimostrando un elevato grado di com-battività e compattezza38. Per quanto concerne lo scenario delle lotte sindacali nel settore petrolchimico, gli studi di Lidia Sedda e di Sandro Ruju hanno messo in evidenza le difficoltà del ruolo del movimento operaio all’interno dei grandi stabilimenti, anche se le vertenze portate avanti nel corso del 1969 concorsero al supera-mento delle sperequazioni economiche e alla rivendicazione di un maggior potere sindacale nelle aziende39. In questo filone contesta-tivo, le lotte in Sardegna dei lavoratori del comparto petrolchimico hanno contribuito a sostenere quelle forme di contestazione che tentarono di rispondere alle problematiche della classe operaia e a superare gli squilibri economici e sociali dell’Isola. I movimenti di protesta del comparto petrolchimico, simbolo dell’inasprimen-to delle lotte sindacali del periodo, rappresentarono un elemendell’inasprimen-to di quel dinamismo sindacale che di fatto contrassegnò le vicende del 1969.

3. La presenza militare in Sardegna e i movimenti