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1.6.3. Regola di Cox-Merz e modellazione della viscosità complessa

Nella trattazione del problema della viscosità occorre considerare che andamenti nel dominio del tempo e andamenti nel dominio della frequenza sono in genere di identica forma, nel caso oscillatorio vale infatti:

( )

t ω γ

( )

ωt

γ& = 0cos (1.93) dalla quale si evince che la variazione di dγ/dt in regime oscillatorio è direttamente proporzionale alla variazione della frequenza. Tale osservazione può essere formalizzata nella seguente equivalenza (Barnes et al., 1989):

( )

0

( )

0

'ωω =ηγ γ

η & & (1.94) e tramite la più estesa regola di Cox-Merz (1958), secondo la quale η* di ω è la stessa funzione di η di dγ/dt., eventualmente considerandoω= 2πγ&.

( ) ( )

ω ηγ

η = & (1.95) A valle dell’ipotesi contenuta nell’equazione seguente è quindi possibile utilizzare tutte le precedenti formulazioni anche nella modellazione di dati di viscosità complessa, a condizione di sostituire la variabile dγ/dt con la variabile ω.

Ne risulta ad esempio che la relazione di Cross diviene:

[

+

( )

]

+

= η

λω η ω η

η

a n

a 1

0

1 ) (

* (eq.1.96)

e di conseguenza il modulo complesso di un materiale la cui viscosità segue il modello di Cross può essere modellato, almeno in certo intervallo di frequenze, come segue:

( )

[

+

( )

]

+

=

= ω η

λω η ω η

ω ω η ω

a an

G 0 1

1 )

(

*

* (eq.1.97)

a prova campioni aventi lo spessore h desiderato ma presenta l’inconveniente di imporre al provino una deformazione che è linearmente variabile con la distanza a dall’asse del campione cilindrico:

( )

h a a φ

γ = (eq. 1.99) La situazione si ripercuote sulla determinazione del tasso di scorrimento che avviene in relazione alla seguente equazione:

( )

h a =a1

γ& (eq. 1.100) dove Ω1 è la velocità angolare. Conseguentemente si dimostra che la viscosità misurata in tale configurazione assume la forma seguente, dove C è la coppia applicata (Barnes et al., 1989):





+

=

1 1

4

ln ln 3 1 1 2

3

d C a d

h C π

η (eq. 1.101)

Le configurazioni geometriche di misura correntemente utilizzate nella tecnica delle misurazioni reometriche sono tuttavia estremamente diversificate. Un elenco delle più comuni, anche in specifico riferimento alla misura della viscosità dei leganti bituminosi, si ritrova in Di Benedetto e Corté (2005), in Schramm (1994) ed in Barnes et al., (1989).

Per ogni configurazione di prova esiste generalmente la possibilità di eseguire prove in modalità di regime di carico continuo e di regime di carico oscillatorio, entrambe attuabili con controllo del momento torcente C (tensione, control stress - CS) o della velocità di spostamento Ω1 (velocità di deformazione, control rate - CR), più raramente anche con controllo dello spostamento φ (deformazione).

Il regime oscillatorio utilizzato dalle apparecchiature DSR è di tipo armonico sinusoidale e data la variabilità in continuo di tensioni e deformazioni le prove eseguite in queste condizioni vengono comunemente definite di analisi dinamica (Dynamic Mechanical Analisys, DMA). In questo caso la determinazione delle funzioni viscoelastiche tramite dati misurati con strumentazione di laboratorio avviene ricostruendo le onde in ingresso e in uscita ed in accordo con le seguenti equazioni:

0

* 0

ε

=σ

G , = 360

p i

T

δ T (eq. 1.102)

dove Ti e T0 sono definiti come illustrato dalla figura seguente.

Figura 1.16. Modalità di misura in regime oscillatorio sinusoidale con DSR (Metha, 2005).

A causa dell’elevata suscettività termica dei materiali viscoelastici, al diminuire della temperatura (e al crescere della frequenza di sollecitazione) la rigidezza aumenta notevolmente, raggiungendo valori tali da causare l’insorgere degli inconvenienti legati alla deformabilità di alcuni componenti dello strumento di misura. Viene quindi definito il limite di machine compliance che rappresenta l'insorgere di anomalie di misura legate al fatto che la rigidezza del bitume ha superato quella della macchina. Quando le condizioni di temperatura sono particolarmente severe occorre quindi controllare che tale limite non venga superato al fine di evitare errate interpretazioni dei dati sperimentali.

Questa anomalia si spiega confrontando la rigidezza torsionale dei campioni di prova (dipendente dalla temperatura e/o dalla frequenza) con quella del reometro, assunta per semplicità indipendente. Quando si opera ad alte temperature (o basse frequenze) le misure sono accettabili perché la rigidezza della macchina è molto più elevata di quella dei campioni e quindi non ha influenza su di essi. Quando invece si opera a temperature più basse e/o frequenze più alte, la deformabilità del provino si avvicina a quella del sistema e le misure perdono completamente il loro significato poiché il trasduttore di deformazione inizia a misurare insieme alle deformazioni proprie del campione anche quelle della macchina, in particolare legate alla deformazione torsionale dell'albero di trasmissione dei carichi.

Figura 1.17. Zona di interferenza fra rigidezza del materiale e dello strumento di misura (Santagata, 1996).

Per ovviare a questo inconveniente è necessario utilizzare un sistema di misura a piatti paralleli aventi un diametro più piccolo di quello utilizzato, come riportato fra l'altro nella normativa prEN 14770 riguardo alle misure del modulo complesso.

Per temperature particolarmente ridotte o, al contrario, particolarmente elevate occorre invece di norma ricondursi rispettivamente ai sistemi della barra di torsione e dei cilindri coassiali.

Figura 1.18. Selezione del sistema di misura in conseguenza della temperatura investigata (Polacco et al., 2003).

Con questa nuova configurazione di prova, aumentando se necessario anche il gap fra i piatti, si ottiene un incremento della deformabilità torsionale del campione. Si torna così ad operare al di fuori della zona di interferenza strumento-campione.

Per poter controllare, nella pratica durante le misure, che il limite di rigidezza assiale della macchina non venga superato si può fare affidamento sul monitoraggio del parametro di rigidezza, fornito dallo strumento secondo la seguente formula:

φ

E=C (eq. 1.102)

Deve sempre pertanto essere verificato che i valori di E in qualsiasi prova reomertrica siano inferiori ad una certa aliquota di quelli di soglia in modo da poter assumere i corrispondenti valori del modulo di rigidezza siano misurati in assenza di influenze derivate dalla rigidezza dello strumento di misura.

Dal punto di vista opposto, quando cioè la misura viene eseguita nel dominio delle basse frequenze e dei bassi tassi di scorrimento, occorre sempre monitorare il valore assoluto della coppia, verificando che non scenda al di sotto del limite di sensibilità dello strumento.

Si ricorda inoltre l’importanza di definire e calibrare l’inerzia del sistema, il cui ruolo nella misura reometrica è definito in diverse trattazioni, fra cui Anton Paar (2005), Schramm (1994) e Barnes et al., (1989).

Infine, ulteriori problemi che occorre tenere in considerazione nello svolgimento di una qualsiasi misura reometrica sono i fenomeni di frattura, tipicamente edge fracture, shear fracture e melt fracture, i quali compaiono al raggiungimento di determinati tassi di scorrimento, generalmente elevati, ed inficiano la misura provocando decadimenti improvvisi della coppia applicata dovuti a distorsioni nella geometria del campione (Barnes et al., 1989).