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4.4. Modellazione del test di compressione semplice

Figura 4.30 – test di trazione indiretta orizzontale: evoluzione del modello durante il test - forze di compressione e trazione interne

Figura 4.31 – provino per test di compressione (destra) ricavato da massello di dimensioni iniziali (sinistra)

Tuttavia, utilizzando in prima istanza un ridotto numero di elementi ball, una tale operazione determina contorni del nuovo modello poco definiti e molto frastagliati, aspetto che rende particolarmente difficile l’applicazione regolare ed omogenea del carico. Come si vede nelle figure seguenti, infatti, eseguendo il test sia applicando il carico attraverso una semplice piastra (Figura 4.32 - sinistra), sia ricreando una piastra reale “bidimensionale” formata da più ball (Figura 4.32 - destra), il modello evidenzia problemi di contatto che non sussistono in laboratorio.

La scelta è stata dunque obbligata verso la creazione di un provino ex-novo:

come nei casi studio precedenti sono stati inizialmente definiti gli elementi

Figura 4.32 – test di compressione semplice: carico applicato con piastra semplice (sinistra) e piastra “bidimensionale” (destra)

boundary di confine, ovvero 4 elementi wall disposti a creare un quadrato di lato pari a 51 mm = 0.051 m, definendo anche in questo caso uno spessore pari a 0.0459 m, media degli spessori calcolati sui 21 provini reali. In questa occasione, inoltre, sono stati testati tre diversi provini caratterizzati da un diverso numero di elementi ball (Tabella 4.17), al fine di valutarne l’influenza nei risultati finali. Si osserva che il modello A ha 250 ball, corrispondenti esattamente a 1/4 delle 1000 utilizzate per il modello del test di trazione indiretta, ovvero in termini numerici è lo stesso risultato che si otterrebbe tagliando un massello in quattro parti uguali come avviene in realtà. I modelli B e C sono invece via via più raffinati, ottenuti raddoppiando di volta in volta il numero degli elementi utilizzati.

Una volta definiti i modelli dei provini si è passati alla definizione del castello di prova. Come già accuratamente descritto nei paragrafi relativi alla parte

Tabella 4.17 – test di compressione: caratteristiche dei modelli testati Mod. N° ball Raggio minimo Raggio massimo Immagine

A 250 8.86 x 10-4 1.33 x 10-3

B 500 6.27 x 10-4 9.40 x 10-4

C 1000 4.43 x 10-4 6.65 x 10-4

sperimentale, il test viene svolto in controllo di carico, ovvero il provino viene alloggiato tra due piastre di carico ed è assoggettato ad una pressione via via crescente fino a rottura. Come già anticipato nello studio della prova di carico su piastra, il test è stato impostato attraverso il controllo degli elementi wall, creando un servo-meccanismo che controlla lo stato tensionale del provino durante il test, regolando la velocità degli elementi wall rappresentanti le piastre di carico: in altre parole, la velocità degli elementi wall viene definita attraverso un’apposita fish in modo da garantire lo stato tensionale desiderato all’interno del modello e una pressione costante sulle facce del provino. Per ottenere l’intera prova in controllo di carico, la curva reale di carico, approssimativamente variabile da 12 a 72 kN, è stata suddivisa in 7 step di carico riportati in Tabella 4.18, opportunamente divisi per l’area del wall, pari a 0.051x0.0459=0.002341 mq, in modo da ricavare le pressione cercata, corrispondente a quella reale. La pressione relativa ad ogni step di carico, viene mantenuta per 100 cicli in modo da garantirne l’assestamento e il passaggio tra stati di equilibrio successivi. La tolleranza richiesta è via via inferiore al procedere della prova. Per evitare che il provino venga assoggettato improvvisamente ad una pressione eccessiva sono stati aggiunti tre step a carico inferiore, pari rispettivamente a 1.00 x 104 – 1.00 x 105 – 1.00 x 106 N/mq. Preventivamente, inoltre, a tali step di carico è stato aggiunto un precarico che, in caso di necessità, ha lo scopo di portare la piastra di carico a contatto con le ball del modello, abbassando la piastra stessa fintanto che la forza agente su di essa risulta non nulla.

Tabella 4.18 – test di compressione semplice: step di carico Forza reale (kN) Forza reale (N) Step di carico PFC (N/mq)

12 12000 5.13 x 106

22 22000 9.40 x 106

32 32000 1.37 x 107

42 42000 1.79 x 107

52 52000 2.22 x 107

62 62000 2.65 x 107

72 72000 3.50 x 107

Nel corso del test vengono monitorate tutte grandezze necessarie per ottenere la curva forza-spostamento da confrontare con i valori sperimentali:

• Forza agente sulle piastre di carico

• Tensione agente sulle piastre di carico

• Abbassamento relativo delle piastre di carico

• Deformazione verticale del provino.

La Tabella 4.19 riporta i parametri determinati per ogni modello numerico.

Tabella 4.19 – prova di compressione semplice: caratteristiche dei modelli numerici Modello kn (N) ks (N) n_bond (N/m) s_bond (N/m) Friction A 1.5x108 1.5 x 108 3.5x103 3.5x103 0.75 B 1.5x108 1.5 x 108 2.5x103 2.5x103 0.75 C 1.5x108 1.5 x 108 1.5x103 1.5x103 0.75 Aumentando il numero di particelle all’interno del modello, la rigidezza del materiale rimane invariata e sempre correttamente rappresentata dal parametro kn=ks=1.5x108 N. Il legame di contatto, invece, diminuisce all’aumentare degli elementi ball, passando da 3.5x103 N/m per 250 ball, a 2.5x103 N/m per 500 ball (Figura 4.34), a 1.5x103 N/m per 1000 ball. Questo aspetto può essere legato al numero stesso di legami di contatto: avendo a disposizione un numero di legami di contatto maggiore, il modello impiega più tempo a fratturarsi e quindi riesce a portare più carico. Al fine di utilizzare un modello numerico in sostituzione delle prove di laboratorio, è opportuno pertanto tarare correttamente non solo i parametri del modello numerico, ma anche il modello stesso in termini di dimensioni e numero di elementi ball, raggiungendo il giusto compromesso tra numero di elementi e onere computazionale in termini di durata della simulazione.

Nei grafici riportati nelle figure seguenti si evidenzia nel dettaglio la variazione del comportamento del modello numerico in funzione dei parametri scelti. In Figura 4.33 si osserva la risposta del modello alla variazione del coefficiente kn, in questo caso posto pari a ks, ovvero la rigidezza degli elementi ball: come già verificato, la rigidezza degli elementi ball è strettamente correlata alla rigidezza macroscopica del materiale. Nel caso in esame la rigidezza opportuna è risultata pari a 1.5x108 N. Nelle figure successive si nota invece la variazione del punto di rottura, strettamente collegata al parametro n_bond, ovvero al legame di contatto tra le particelle: aumentando tale valore il punto di rottura aumenta.

0 10 000 20 000 30 000 40 000 50 000 60 000 70 000 80 000

0.00 0.50 1.00 1.50

carico (N)

spostamento (mm) kn

Figura 4.33 – test di compressione semplice 250 ball: variazione del coefficiente kn=ks

0 10 000 20 000 30 000 40 000 50 000 60 000 70 000 80 000

0.00 0.50 1.00 1.50

ca rico (N )

spostamento (mm)

C16(bp)-nb3.5e3 C19(bp)-nb2.5e3 C18(bp)-nb2.0e3 C17(bp)-nb1.0e3

nb

Figura 4.34 – test di compressione semplice 500 ball: variazione del parametro n_bond=s_bond

Una volta tarati opportunamente i parametri dei modelli numerici è possibile confrontare i dati ottenuti con quelli sperimentali: il grafico in Figura 4.35 evidenzia che nei tre casi analizzati:

• il ramo di carico è coincidente con quello reale, in particolare nel provino con 1000 elementi ball ricalca perfettamente una delle curva sperimentali;

• il punto di rottura corrisponde con ottima approssimazione a quello reale in tutte e tre le simulazioni, anche se le curve dei modelli con 250 e 500 elementi risultano particolarmente frastagliate a causa della presenza delle particelle stesse e dei loro spostamenti relativi.

• il ramo post rottura rientra nell’inviluppo fornito dai dati reali, con approssimazione tanto migliore quanto maggiore è il numero di particelle del modello.

0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000

0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50

carico (N)

abbassamento (mm)

lab_4A lab_3D pfc_250BALL pfc_500BALL pfc_1000BALL

Figura 4.35 – test di compressione semplice: confronto dati sperimentali e numerici

In ultimo, le figure seguenti riportano l’evoluzione del modello durante lo svolgimento della prova: anche in questo caso si ha una stretta coerenza con le evidenze sperimentali. In Figura 4.36 è riportata l’evoluzione della distribuzione delle forze interne del modello all’inizio del test, in cui si osserva una distribuzione omogenea delle forze di compressione (in nero in figura), e al termine del test, prima dell’innesco della fessura, in cui le forze di compressione interne sono dirette verticalmente nella direzione di carico.

Figura 4.36 – evoluzione delle forze di contatto all’interno del provino durante il test di compressione

In Figura 4.37 si osserva invece il modello numerico al termine del test: i modelli con un numero inferiore di elementi presentano rotture non sempre coerenti con la realtà sperimentale, come invece si evidenzia, invece, nel caso del modello con 1000 elementi riportato in Figura 4.38.

In particolare in Figura 4.38 si mostra il modello numerico da 1000 elementi al termine del test, evidenziando una rottura “esplosiva”, conforme a quella richiesta dalla UNI 12390-3. Si osserva come nel modello siano originate due fessure a 45°, lasciando intatto il concio interno a forma piramidale, aspetto confermato dalla distribuzione dei vettori velocità e dalla rottura dei legami di contatto tra gli elementi.

Figura 4.37 – test di compressione semplice: esempi di rottura (modello da 250 ball a sinistra e modello da 500 ball a destra)

Figura 4.38 – test di compressione (modello da 1000 ball), in senso orario: elementi ball alla rottura, forze di compressione (in nero) e di taglio (in rosso), vettori velocità e rottura

dei contatti tra le ball