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I materiali granulari: le prove di portanza

2.2. La prova CBR

2.2.3. La modellazione numerica della prova CBR

Figura 2.11 – valutazione della forza peso a fronte dell’installazione dell’accelerazione di gravità (forza peso linea continua, velocità linea tratteggiata)

Figura 2.12 – modello per prova CBR: contatti (sinistra) e forze di contatto interne (destra)

Figura 2.13 – fustella CBR al termine della prova (particolare)

0 500 1000 1500 2000 2500 3000

0 2 4 6 8 10

carico (kg)

cedimento (mm)

lab pfc

Figura 2.14 – grafico carico/cedimento con semplice piastra di carico

Inizialmente si è ipotizzato un modello semplificato, in cui il punzone penetrante viene ridotto a una parete orizzontale di lunghezza 4,95 cm, corrispondente diametro della punta usata nella prova CBR, e caratterizzata da rigidezze normali e tangenziali elevate, dell’ordine di 1050 N/m.

La Figura 2.13 rappresenta il modello numerico al termine della prova: come si può facilmente notare, l’ipotesi sulla piastra di carico risulta eccessivamente semplificativa e non porta alla corretta modellazione del comportamento della terra in esame. Osservando la figura si evidenzia, infatti, un netto rifluimento ai lati della piastra di carico, che durante la prova reale viene impedito dagli anelli di piombo rappresentanti il peso della pavimentazione sovrastante. Quanto emerso viene confermato anche dal grafico carico/cedimento (Figura 2.14), in cui si osserva come nella prima parte del test la modellazione numerica sia rappresentativa della prova reale, mentre nella seconda parte la curva fornita da PFC si discosta notevolmente da quella reale: in altre parole, la terra sottoposta al carico della piastra non è vincolata dalla pavimentazione sovrastante, ma di fatto le ball riescono a variare la loro posizione, assumendone una più favorevole (rifluimento laterale), che consente di portare una maggiore percentuale di carico.

Ciò ha portato ad una modellazione più accurata del castello di prova: il punzone costituito da un semplice wall è stata dunque sostituita da un elemento

bidimensionale, formato da 4 wall disposti a formare un rettangolo. Altri due rettangoli sono stati posizionati a fianco del punzone di carico a rappresentare gli anelli di piombo laterali. Infine, i 3 rettangoli sono stati riempiti con 4 elementi ball ciascuno, in modo da poter conferire loro un determinato peso ed evitare che le ball del provino di terra penetrino all’interno degli anelli.

Figura 2.15 – simulazione prova CBR: inizio test (in blu le piastre di carico) Le ball delle piastre di carico, dovendo rappresentare un materiale metallico, rigido e indeformabile, sono state dotate di legami tipo “contact bond”, con elevati valori (5x105 N) di rigidezze di legame normale (n_bond) e tangenziale (s_bond).

In questo procedimento è indispensabile definire con esattezza le ball oggetto di variazioni di proprietà per evitare che, accidentalmente, le nuove proprietà imposte vengano attribuite a tutte le ball del modello.

La Tabella 2.8 riassume le caratteristiche attribuite alle piastre di carico, mentre la Figura 2.15 mostra il provino predisposto per l’inizio del test.

Elementi wall e ball del punzone centrale sono soggetti alla medesima velocità, mentre gli elementi laterali sono vincolati a mantenere la posizione iniziale tramite il comando “fix”.

Tabella 2.8 – caratteristiche delle piastre di carico

Caratteristica valore u.m.

Kn (wall) 1x1050 N/m

Ks (wall) 1x1050 N/m

Kn (ball) 1x1020 N/m

Ks (ball) 1x1020 N/m

Nbond (ball) 5x107 N

Sbond (ball) 5x107 N

Coefficiente di attrito interparticellare 0.5 -

Figura 2.16 – prova CBR: vettori velocità (sinistra) e forze di contatto(destra) a fine test La Figura 2.16 mostra il provino alla fine del test: è immediato osservare la corretta modellazione del comportamento del terreno che, a causa della presenza degli elementi laterali di confinamento non può rifluire, mentre tende invece a compattarsi maggiormente. La figura di sinistra riporta, infatti, i vettori velocità delle singole ball, che tendono a spostarsi lateralmente a causa della penetrazione del punzone nel provino. La figura di destra, invece, mostra la nuova distribuzione delle forze di contatto, maggiori in corrispondenza del punzone di carico. Quanto osservato viene confermato anche dall’andamento dell’addensamento nel corso della prova, riportato in Figura 2.18 con riferimento ai cerchi di misura riportati in Figura 2.17.

Figura 2.17 – cerchi di misura utilizzati durante la prova CBR

Figura 2.18 – andamento dell’addensamento all’interno del modello numerico durante la prova CBR

In particolare il cerchio di misura n° 2, posizionato al centro del modello, presenta un addensamento crescente nel tempo: si osserva che la sua posizione rimane di fatto indisturbata dalla presenza del punzone di carico e pertanto le particelle all’interno del cerchio subiscono una semplice compressione che va a ridurre i volume dei vuoti interparticellari.

Diverso invece il discorso relativo ai cerchi di misura n° 5 e 8. Il primo, cerchio di misura n° 5, è posizionato a lato del punzone di carico, sotto all’anello di contenimento: in questo punto del modello, le ball inizialmente mantengono il volume dei vuoti iniziale, in quanto il punzone penetra loro accanto, lasciandole indisturbate. In un secondo tempo, le ball posizionate sotto al punzone di carico, in corrispondenza del cerchio di misura n° 8, subiscono, a causa della compressione, uno spostamento verso il basso, lasciando libero uno spazio che viene colmato dagli elementi laterali. Questi ultimi, spostandosi verso il centro, sono la causa della diminuzione dell’addensamento in corrispondenza del cerchio di misura n° 5.

In ultimo, una volta verificato il comportamento qualitativo del modello presentato, per arrivare a una corretta simulazione analitica della prova ed ottenere il confronto con il test reale anche dal punto di vista quantitativo, è stato necessario calibrare i parametri del modello numerico.

Il risultato finale, che fornisce un’ottima rispondenza alla prova sperimentale, come evidenziato in Figura 2.19, è stato conseguito applicando i valori in Tabella 2.9, in cui si osserva che le rigidezze degli elementi ball, normali e tangenziali sono dello stesso ordine di grandezza, pari la prima a 2.9x107 N/m e la seconda a 3.0x107 N/m.

0 200 400 600 800 1000 1200 1400

0.00 2.00 4.00 6.00 8.00 10.00

carico (kg)

cedimento (mm)

lab pfc

Figura 2.19 – prova CBR: confronto tra dati sperimentali e modellazione numerica Tabella 2.9 – prova CBR: parametri del modello numerico

Parametro Valore Kn (N/m) 2.9x107 Ks (N/m) 3.0x107 Fric (-) 0.36

Il coefficiente di attrito è stato diminuito, rispetto al valore imposto inizialmente, fino a 0.36, garantendo la rispondenza del modello numerico ai dati sperimentali ed evidenziando la maggiore attitudine alla deformazione e allo scorrimento reciproco tra i grani del campione, una volta innestata la deformazione dello stesso. Si ricorda a tale proposito che l’importanza del ruolo assunto dal coefficiente di attrito è stata più volte dimostrata in letteratura. Diversi autori hanno tentato di definire delle curve in grado di correlare il coefficiente di attrito macroscopico al coefficiente di attrito interparticellare. In particolare, Apuani et al.

(2005) hanno effettuato una serie di simulazioni di prova triassiale a diversi valori di µ per verificarne la relazione con l’attrito alla macroscala. Ogni gruppo di simulazioni è stato condotto per diverse pressioni di confinamento in modo da ricavare l’inviluppo a rottura del materiale e derivare il corrispondente angolo di attrito macroscopico. La figura seguente (Figura 2.20 - sinistra) mostra la relazione trovata fra attrito macroscopico e microscopico, espresso come (φµ)arctan(µ), che evidenzia come al crescere del valore di µ il rapporto fra i due decresca e raggiunga valore unitario per valori attorno a 50°. Tali risultati, che permettono di definire una relazione di potenza fra i due parametri, sono in linea con quanto ottenuto da Herten (1999) e confermano sia la marcata non linearità esistente fra i due parametri, sia l’esistenza di un valore di attrito macroscopico diverso da zero quando quello microscopico è nullo (Kruyt e Rothenburgh, 2004).

Risultati analoghi, riportati in Figura 2.20 – destra sono stati conseguiti da Morchen e Waltz (2002).

Figura 2.20 – rapporto tra coefficiente di attrito macroscopico e microscopico secondo Appiani (2005)- a sinistra – e Morchen e Waltz (2002)- a destra

Figura 2.21 – prova CBR: Velocità max. Da sinistra: 3000 step = 4.38x10-6m/step; 5000 step = 9.95x10-6m/step; fine test = 6.46x10-6m/step.

Figura 2.22 – prova CBR: Forza max. Da sinistra: 3000 step = 3.54x103N; 5000 step = 5.48x103N; fine test = 6.10x103N

In Figura 2.21 e Figura 2.22 è riportata infine l’evoluzione del modello nel corso della prova, evidenziando nella prima i vettori velocità attribuiti agli elementi ball in moto verso la successiva condizione di equilibrio, e nella seconda le forze di contatto che si sviluppano all’interno del provino.