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In morte dell’animazione teatrale

Nel documento IL TEATRO DELLA VITA. (pagine 39-42)

L’esperienza dell’animazione teatrale nelle forme e con le spinte del periodo sessantottesco evolvette in modalità ben più professionali e istituzionalizzate grazie alla creazione di strutture dedicate ai territori dove i cittadini potessero rispondere a bisogni non solo di socialità, ma anche di tipo culturale. In questi servizi andò a definirsi sempre meglio la figura dell’animatore sociale e socio-culturale, che si dedicò anche a progettualità di tipo espressivo, utilizzando il processo teatrale, spesso con ridotte competenze di linguaggio, solo come tecnica di intervento socializzante per i gruppi158.

L’animazione teatrale, perdendo la propria identità, rifluendo nel teatro ragazzi o dissolvendosi nei quartieri e nella scuola come tecnica espressiva, lasciava libero campo all’animazione socio-culturale che vedeva il suo progressivo espandersi e consolidarsi. Negli anni Ottanta grazie alla legislazione nazionale per i giovani, le iniziative del Fondo Sociale Europeo, l’aumento progressivo dell’intervento degli enti locali nel settore dei “servizi immateriali”, gli anni Ottanta videro la nascita di un grande numero di cooperative, associazioni, gruppi di animazione socio-culturale che intervenivano con tecniche e metodi i più disparati in moltissimi settori (soprattutto del disagio e dell’emarginazione)159.

Per quanto riguarda la dimensione teatrale, è possibile distinguere due diverse linee di tendenza che seguirono l’esperienza dell’animazione teatrale legata all’ambito scolastico. Da un lato si diffuse il teatro per i ragazzi, che dedicò particolare cura alla produzione di spettacoli di qualità pensati proprio per i minori di diverse età, spesso realizzati da animatori che avevano in precedenza avuto occasione di lavorare a stretto contatto con i ragazzi e con la scuola ed ora riuscivano a creare spettacoli capaci di dialogare con questo pubblico e rispondere ai suoi bisogni. Gruppi, spesso cooperative, che non smisero di continuare a proporre anche percorsi di

156 In compagnia. Materiali per la costruzione di un quadro di riferimento per lo sviluppo dell’occupazione degli operatori artistici teatrali: il teatro quale strumento di crescita sociale, Modena, Emilia Romagna Teatro, 1999; Emilio Pozzi, Vito Minoia, Di alcuni teatri delle diversità, Cartoceto, ANC Edizioni, 1999; Claudio Bernardi, Benvenuto Cuminetti, Sisto Dalla Palma (a cura di), I fuoriscena. Esperienze e riflessioni sulla drammaturgia nel sociale, Milano, EuresisEdizioni, 2000; Ivana Conte et al. (a cura di), Teatro e disagio. Primo censimento nazionale di gruppi e compagnie che svolgono attività con soggetti svantaggiati/disagiati, [s.l.; s. e.], 2003. A questo si aggiunge la pubblicazione della rivista Catarsi. Teatri delle diversità (divenuta poi Teatri delle diversità. Rivista europea) diretta da Emilio Pozzi e poi da Vito Minoia, per le Edizioni Nuove Catarsi di Cartoceto, dal 1996 ad oggi.

157 La rappresentatività delle esperienze è caratterizzata dai seguenti criteri: la presenza di fonti verificabili su cui basare la ricostruzione, pur sintetica, dell’esperienza; l’articolazione della progettualità; il valore riconosciuto rispetto all’ambito di intervento (capacità modellizzante ed identificatoria).

158 Animazione in città. Modelli di intervento sul tempo libero in aree urbane. Esperienze a confronto e prospettive progettuali, Milano, Clup, 1989.

159 Guido Contessa, L’animazione: manuale per animatori professionali e volontari, Milano, CittàStudi, 1996, 155-156.

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laboratorio teatrale per i ragazzi e corsi di formazione per gli insegnanti160. In particolare, l’esperienza del laboratorio teatrale nella scuola, assunse le finalità precipue dell’esperienza didattica, sia dal punto di vista del suo utilizzo come modalità attiva di apprendimento di alcuni contenuti sia come esperienza a sostegno dell’acquisizione di competenze di ordine sociale e relazionale prestandosi al raggiungimento di obiettivi di tipo educativo161 – la collaborazione, il problem solving, l’educazione alla salute – piuttosto che intervenendo nei processi volti a risolvere situazioni di disagio giovanile in riferimento alle indicazioni dei “Progetti Giovani” varati a partire dal 1988 da un’apposita commissione parlamentare162.

Se l’animazione teatrale in quanto tale sparì dalla scuola, di certo lasciò profonde eredità sia nelle pratiche di insegnamento, sia nella forma del teatro ragazzi e più ampiamente del così detto teatro scuola163. “Da tutto ciò risulta un patrimonio di esperienze e di possibilità che continua ad influire sulla cultura teatrale degli insegnanti spostando l’attenzione dal prodotto spettacolare al processo, dalla parola scritta alla persona, dall’attitudine didattica all’attitudine pedagogica”164.

Le metodologie e le tecniche in cui si realizza il rapporto tra il teatro e la scuola sono tra le più diverse con una diffusione che cresce nel corso degli anni ’90 quando viene siglato nel ‘95 il primo Protocollo d’Intesa relativo all’educazione al teatro165 a cui segue nel ’97 un secondo Protocollo d’Intesa per l’educazione alle discipline dello spettacolo166. Sempre molto diffusa risulta l’esperienza della spettatorialità, con proposte desunte per i più grandi dai cartelloni dei teatri cittadini – che includono spettacoli di specifico interesse per le scuole scelti in base ai testi rappresentati o a particolari tematiche – per i più piccoli oltre alla fruizione nei teatri, sono frequenti le ospitalità degli spettacoli presso le sedi delle stesse scuole.si moltiplicano anche i festival dedicati alle produzioni realizzate in ambito educativo e per gli ambiti educativi. Tra i processi realizzati nella scuola e con i ragazzi, prevale l’esperienza del laboratorio teatrale inteso come ambito di promozione delle competenze espressive, svolto sia nelle ore curricolari che extra curricolari e frequentemente concluso con una qualche forma di rappresentazione. Un percorso che può essere improntato alla rappresentazione piuttosto che

160 Mafra Gagliardi, “Tendenze italiane”, in Benvenuto Cuminetti (a cura di), Teatro ed educazione in Europa: Francia, Milano, Guerini, 1991, 85-98.

161 Gottardo Blasich, Drammatizzazione nella scuola. Proposte e interventi per la creatività di gruppo, Torino, Elle Di Ci, 1981.

162 Progetto giovani: identità e solidarietà nel vissuto giovanile, Roma, Ministero della Pubblica Istruzione, 1992.

163 Loredana Perissinotto, “Teatro ragazzi: una linea di ricerca drammaturgica e didattica tra fiaba, mito, letteratura, mass-media e…”, in Speciale teatro ragazzi, numero monografico di Bollettino per le Biblioteche, 26, Pavia, Amministrazione Provinciale di Pavia (1982): 23-27.

164 Anna Bonora, Gerardo Guccini, “Sei tappe di una ricognizione sulla storia e sulla pratica”, Teatri delle diversità.

Rivista europea, 16 (2000): 24.

165 Il protocollo è a firma del Ministro della Pubblica Istruzione, del Sottosegretariato di Stato alla Presidenza de Consiglio dei Ministri e dal Commissario delegato per l’Ente Teatrale Italiano. Il protocollo insiste sulla valenza educativa del teatro e sulla necessità che in questo campo l’Italia si aggiorni agli statuti più diffusi in diversi paesi europei. Si tratta di un documento che indirizza i soggetti partecipanti a trovare le modalità per rendere il più efficace possibile l’interazione tra scuola e teatro. È centrale in questo processo il ruolo dei professionisti del teatro e l’accentuata prevalenza che il protocollo riconosce alle attività di spettacolo per i ragazzi e le scuole. Maria Grazia Panigada, “Il teatro e la scuola. La formazione teatrale degli insegnanti in Italia”, in Claudio Bernardi, Benvenuto Cuminetti, Sisto Dalla Palma (a cura di), I fuoriscena, 226-228.

166 Il secondo protocollo prende in considerazione tutte le discipline dello spettacolo, e non solo il teatro, ed è firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e delegato per lo Spettacolo, Ministro della Pubblica Istruzione e del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica. Mentre non è più presente l’Ente Teatrale Italiano, è comparsa l’università, ad indicare l’indirizzo formativo in carico agli insegnanti che dovranno occuparsi a vario titolo delle discipline dello spettacolo entro la scuola. In questo secondo protocollo viene data particolare importanza al valore che i differenti linguaggi artistici hanno sulla crescita etica e critica dei minori e sulla loro capacità di svolgere funzione di prevenzione del disagio. Importante il ruolo e la formazione degli insegnanti, di fianco al ruolo sempre centrale dei professionisti dello spettacolo, che avranno anche il compito di fare da referenti per un adeguato interfaccia tra le diverse istituzioni. Anche in questo secondo protocollo non è esplicitato come realizzare questa integrazione tra scuola e teatro, uno dei punti cardinali resta la proposta di spettacoli alle scuole, a cui si aggiunge la promozione di cordate tra enti istituzionali e terzo settore per realizzare specifiche progettualità. Maria Grazia Panigada, “Il teatro e la scuola. La formazione teatrale degli insegnanti in Italia”, in Claudio Bernardi, Benvenuto Cuminetti, Sisto Dalla Palma (a cura di), I fuoriscena, 229-232.

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al processo di lavoro167, in ogni caso con sviluppi molto differenziati per ordine e grado di scolarità. Mentre nelle scuole dell’infanzia, materne ed elementari, prevalgono attività di drammatizzazione strettamente integrate nella proposta didattica e spesso realizzati dagli insegnanti e conclusi con momenti teatrali realizzati durante le feste di conclusione della scuola, nelle scuole secondarie sono frequenti i partenariati tra scuole e operatori teatrali professionali e la forma dello spettacolo alla fine del percorso168.

A conclusione di questo quadro, le battute finali sono dedicate ad alcune esperienze emblematiche per l’interazione tra teatro, scuola e territorio. Esse rappresentano in modo compiuto il passaggio dall’intervento dell’animazione teatrale alle forme del teatro sociale, integrando virtuosamente le due facce del teatro ragazzi, quella del teatro per i ragazzi e quella del teatro con i ragazzi entro progettualità comunitarie più ampie.

La prima si è svolta a Lodi a partire dal 1985 quando fallì il tentativo di realizzare una programmazione teatrale originale del nuovo teatro pubblico (Teatro alle Vigne) che fosse in grado di rielaborare il rapporto tra teatro e scuola integrando le proposte di spettacoli dei professionisti con le attività teatrali svolte con i ragazzi. Si costituì allora un gruppo di docenti, operatori teatrali e artisti in seno al Distretto scolastico, che riuscì ad elaborare una nuova linea di azione. Forte dell’esperienza teatrale che nelle scuole del lodigiano era stata coltivata fin dai primi anni Ottanta, il gruppo riuscì nell’intento di realizzare un “sistema di integrazione dei due modelli”169. Il primo evento fu per il Carnevale del 1986, esito di una serie di laboratori svolti nelle scuole di diverso ordine e grado, che riuscì a coinvolgere circa mille alunni che si ritrovarono nella piazza del duomo dove rappresentarono in forma moderna il contrasto tra inverno e primavera, antica tenzone delle ritualità pagane contadine. La struttura teatrale-rituale di matrice antica fece da cornice performativa per la messa in scena di un contenuto assolutamente contemporaneo: il problema sentito dalla comunità lodigiana, che stava conducendo la sua battaglia contro l’istallazione nel territorio di una centrale termoelettrica. Al livello comunitario, si aggiungeva quello della crescita dei giovani, sia da un punto di vista espressivo, grazie all’attivazione di svariati laboratori teatrali, scenografici, coreografici ecc., che da quello cognitivo curato dagli insegnanti con le attività in classe sugli argomenti legati all’ambiente, alle problematiche dell’inquinamento e in generale sulla questione ecologica. “La riproposizione dell’animazione aveva dunque una diversa impostazione rispetto al periodo degli anni ’60-’70: non contro l’istituzione e gestita da estranei, ma dentro l’istituzione e strumento dei docenti”170. Nel tempo, l’azione progettuale si è estesa ad altri momenti festivi dell’anno e poi si è diffusa a soggetti extra-teatrali, invitati a partecipare alle azioni teatrali, quali associazioni culturali e giovanili, il carcere, centri socio educativi per persone con disabilità. Sono state poi realizzate rassegne teatrali con i migliori gruppi di teatro per ragazzi, promossi corsi di formazione degli insegnanti, intrapresa una rassegna di spettacoli di fine anno prodotti dalle diverse scuole171 e, dopo cinque anni, riallacciati i rapporti con il Teatro alle Vigne, realizzando finalmente il progetto ideato insieme. “La scuola e il teatro in questo modo si mettono l’uno a servizio dell’altro per educare le nuove generazioni e per rivendicare e ricreare nel territorio tradizioni e riti comunitari”172.

Un secondo ordine di esperienze è da richiamare, seppure sia impreciso collocarlo solo in questa sezione.

Infatti si tratta di esperienze in cui il progetto di teatro scuola è stato il punto di avvio di un più ampio progetto

167 Anna Bonora, Franco Fortini, Gerardo Guccini, “Teatro come formazione: tecniche, spazi, prospettive”, Teatri delle diversità. Rivista europea, 16 (2000): 25-26.

168 Benvenuto Cuminetti, Claudio Bernardi (a cura di), L’ora di teatro; Loredana Perissinotto, Teatri a scuola: aspetti, risorse, tendenze, Torino, UTET, 2001.

169 Claudio Bernardi, “Rito per non morire. Un’esperienza di teatro antropologico nel distretto scolastico di Lodi e nella provincia di Cremona”, in Benvenuto Cuminetti, Teatro ed educazione in Europa. Francia, 100.

170 Ibi, 101.

171 La rassegna “Provolone”, ha preso il via nel 1988 ed è oggi giunta alla sua XXIX edizione. Ideata e condotta dal Laboratorio degli Archetipi è un caleidoscopio di appuntamenti che si snodano al Teatro alle Vigne coinvolgendo 1.272 bambini e 119 tra insegnanti ed educatori in 12 Istituti scolastici lodigiani - scuole elementari, medie e superiori - oltre all'Università delle tre età, lo SFA 'Il Girasole' e il CSE 'Fatebenefratelli' di S. Colombano al Lambro. Informazioni dal sito del Comune di Lodi, “Teatro scuola. La nuova edizione della rassegna”, Comune di Lodi. Accesso 25-11-2016 http://www.comune.lodi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7310.

172 Maria Grazia Panigada, “Il teatro e la scuola. La formazione teatrale degli insegnanti in Italia”, in Claudio Bernardi, Benvenuto Cuminetti, Sisto Dalla Palma (a cura di), I fuoriscena, 242.

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di teatro comunitario che ha man mano coinvolto una serie di realtà sociali sia in parallelo che in diretta interazione con la scuola. Una è l’esperienza che si è svolta nella provincia di Cremona a partire dall’anno scolastico 1986-1987 con diversi ordini di scuole e coordinata a livello provinciale. Ha portato alla realizzazione di numerosi laboratori gestiti dai gruppi teatrali locali per la preparazione di spettacoli, interventi di formazione dei docenti, mostre polivalenti delle arti e dello spettacolo aperte alla partecipazione delle diverse esperienze attive sul territorio. La prima fase, dal 1986 al 1990 non è stata semplice per le difficoltà nel coinvolgimento delle scuole e nell’attivazione di una partecipazione al progetto che non fosse solo recettiva ma anche attiva e progettuale173. Dal ’90, con l’arrivo dei sostegni economici alle scuole grazie ai “Progetti Giovani” e “Progetti Salute”, la Provincia decise un piano di azione più allargato e, allocando le risorse economiche ad altre realtà (USSL, Carcere, Centri per persone con disabilità, associazioni di volontariato, associazioni interculturali), furono attivati una serie di progetti teatrali con differenti obiettivi, ma entro un quadro comune di finalità che riguardano la promozione del tessuto comunitario locale174. Sempre in una logica di sviluppo comunitario è da intendere la pluriennale esperienza nata nel territorio mantovano di integrazione tra i servizi che si occupano di persone con disabilità e il mondo della scuola. Si tratta della realizzazione di laboratori teatrali e più in generale performativi, eventi, spettacoli, convegni, bandi per l’assegnazione sostegni economici ai progetti teatrali integrati, reti interistituzionali formalmente definite che vedono la collaborazione tra provveditorato scolastico, USSL e settore dei servizi sociali della provincia di Mantova175. Le attività teatrali, di teatro sociale, come vengono definite nei diversi documenti prodotti dai soggetti della rete interistituzionale a partire dal 2000, condividono un’idea di teatro come: pratica laboratoriale che mette in relazione soggetti della comunità diversi per categoria sociale di appartenenza e per ruolo; realizzazione di esiti performativi aperti alla comunità locale; presenza di un operatore esperto nei linguaggi teatrali esterno agli enti che collaborano alla realizzazione del progetto. Finalità generale: promuovere i processi di inclusione sociale176.

Nel documento IL TEATRO DELLA VITA. (pagine 39-42)