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La nascita degli Ordini mendicanti e i riflessi sulla predicazione tardomedievale

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA IN Studi storici (pagine 38-53)

I. L A STORIOGRAFIA SULLA PREDICAZIONE DEI SECOLI XII-XV

I.3. La nascita degli Ordini mendicanti e i riflessi sulla predicazione tardomedievale

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Miccoli43. Quest’ultimo, nel suo Chiesa gregoriana edito per Sansoni nel 1966, tratta, tra le altre cose, della predicazione ai laici, ormai entrati a pieno in quella fondamentale opera di riforma che occupa la seconda metà del secolo e che lo stesso studioso ha approfondito nel saggio Per la storia della pataria milanese, il fenomeno patarino è anche al centro del contributo di Violante, I laici nel movimento patarino all’interno del volume I laici nella societas christiana dei secoli XI e XII edito nel 196844.

I.3. La nascita degli Ordini mendicanti e i riflessi sulla predicazione

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componenti della pratica omiletica, non ha dimenticato di dedicare la propria attenzione anche all’esegesi biblica contenuta nelle prediche. Siamo di fronte ad analisi più filologiche che storiche, tuttavia, l’interpretazione che si ottiene non può non essere letta con interesse dallo studioso che intenda occuparsi di sermonari di qualsiasi epoca. Si potrebbe parlare lungamente di tali studi, mi limiterò, però, a segnalarne alcuni fondamentali in proposito e che riescono a far risaltare meglio il dibattito storiografico sviluppatosi attorno a tale tematica. Un primo approccio vede nell’opera di R. Alter47, The Art of Biblical Narrative, un contributo fortemente teologico che frequentemente avversa lo studio storico, e quindi scientifico, dei passi biblici; a questa impostazione, condivisa da F. Kermode48, fanno da contraltare le risposte di G. Josipovici49 e, in particolare, M. Warner50, il quale crede che la via migliore sia quella della mediazione tra la critica letteraria e l’interpretazione teologica. Maggiormente pertinente al nostro argomento, seppur datato, risulta il volume Lo studio della Bibbia nel Medioevo di B.

Smalley51 e i successivi contributi di R. H. Rouse e M. A. Rouse su Tommaso d’Irlanda52, nonché del Bataillon in merito al XIII secolo53 e all’esegesi biblica presso i francescani54. L’alba del XIII secolo segna una svolta per la storia della cristianità occidentale:

la nascita degli Ordini Mendicanti. La grande novità registratasi da questo momento in avanti influenza in maniera decisiva anche gli studi storiografici di settore; l’approccio

47 Alter R., The Art of Biblical narrative, George Allen & Unwin, London-Sydney 1981.

48 Kermode F., General Introduction, in The Literary Guide to the Bible, a cura di Alter R. e Kermode F., Collins, London 1987.

49 Josipovici G., The Book of God. A Response to the Bible, Yale University press, New Haven-London 1988 (trad. it. Rusconi, Milano 1992).

50 Warner M., Rhetorical Criticism of the Bible. Introduction a The Bible as Rhetoric: Studies in Biblical Persuasion and Credibility, Routledge 1990.

51 Smalley B., Lo studio della Bibbia nel Medioevo, trad. it. Di Benassi V., Il Mulino, Bologna 1972.

52 Rouse R. H. – Rouse M. A., Preachers, Florilegia and Sermons. Studies on the «Manipulus florum» of Thomas of Ireland, Pontifical Institute of Mediaeval Studies, Toronto 1979.

53 Bataillon L. J., L’agir humain d’après les distinctiones bibliques du XIII siecle, in L’homme et son univers au Moyen Age, Editions de l’Institut superieur de philosophie, Louvain-la-Neuve 1986.

54 Bataillon L. J., Early Scholastic and Mendicant Preaching as Exegesis of Scripture, in Ad litteram: authoritative texts and their medieval readers, a cura di Jordan M. D. e Emery jr. K., University of Notre Dame Press, Notre Dame-London 1992.

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alla predicazione cambia e con esso anche il tipo di analisi che lo riguardano. Una svolta radicale fu la teorizzazione (e il successivo utilizzo) di un nuovo tipo di impostazione della predica, il cosiddetto sermo modernus in sostituzione del precedente che divenne dunque antiquus. C. Delcorno rappresenta uno dei punti di riferimento per la storiografia italiana sull’omiletica medievale. La sua opera fin dagli anni ’70 del secolo scorso ha cercato di gettare luce su numerosi e vari aspetti della predicazione tardomedievale. Un ottimo punto di partenza per avere un quadro generale del fenomeno è certamente il suo La predicazione nell’età comunale55 edito presso l’editore Sansoni di Firenze nel 1974.

Qui l’autore spiega l’evoluzione fondamentale della tipologia di sermoni utilizzati nelle prediche e dell’impatto dirompente avuto dagli Ordini Mendicanti, nonché il nuovo utilizzo del sermo modernus diffuso in Europa dagli stessi. Potremmo definire una sorta di esito delle ricerche dello studioso la raccolta di saggi «Quasi quidam cantus». Studi sulla predicazione medievale56, edito nel 2009, in cui i curatori fanno confluire tutti i saggi più importanti prodotti tra il 1970 e il 2006 dall’autore e che vanno a comporre un vero e proprio manuale attraverso l’analisi delle questioni filologiche, letterarie, ma anche storiche e sociali, collegate alla predicazione bassomedievale.

Occuparsi di studi sulla predicazione dopo il secolo XIII rende imprescindibile lo studio di quella continua dialettica tra il popolo e il suo predicatore, tra le istituzioni politiche e la parola declamata.57 Si assiste ad un vero e proprio fenomeno di massa, NEL QUALE predicazione e discorso politico si fondono spesso in maniera difficilmente scindibile. Ne è un esempio la predicazione di Francesco d’Assisi a Bologna, definito da Tommaso da Spalato più un discorso di un oratore politico che di un predicatore ecclesiastico.58 Uno dei maggiori studiosi di questo rapporto nelle modalità della comunicazione pubblica è E. Artifoni. I suoi numerosi studi sulla concione bassomedievale trovano un tipo di analisi congiunturale nel saggio Gli uomini

55 Delcorno C., La predicazione nell’età comunale, Sansoni, Firenze 1974.

56 Delcorno C., «Quasi quidam cantus». Studi sulla predicazione medievale, a cura di Baffetti G., Forni G., Serventi S., Visani O., Olschki, Firenze 2009.

57 Delcorno C., La diffrazione del testo omiletico, in «Quasi quidam cantus», op. cit.

58 Thomas Spalatensis, Historia Pontificum Salonitarum et Spalatensium, a cura di Von Heinemann L., in M.G.H. Scriptores, vol. XXIX 1892 (rist. anast. Stuttgart, Hiersemann, 1975).

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dell’assemblea. L’oratoria civile, i conciatori e i predicatori nella società comunale59, qui, prendendo le mosse da un precedente studio curato da James Murphy60 sulla codificazione delle ars dictaminis, poetriae e predicandi, sottolinea come manchi un’analisi inerente l’ars concionandi, cioè la pratica di tenere discorsi di argomento civile davanti a un’assemblea. L’autore propone a questo punto alcune opere del Duecento italiano che potrebbero rappresentare degli utili strumenti per questo tipo di codificazione, evidenziandone la forte dipendenza dalla stesura scritta preliminare di tali discorsi e la forte dipendenza dalla retorica classica.61 La seconda parte del saggio invece analizza da un punto di vista formale la struttura della predica e l’importanza ad essa data non solo in fase di costruzione del discorso, ma anche durante la pubblica declamazione, per poi giungere al tipo di predicazione francescana fortemente finalizzata alla sensibilizzazione dell’uditorio. I punti in comune tra la predicazione e i discorsi politici nel Duecento sono, secondo Artifoni, la grande cultura degli autori e soprattutto l’ispirazione alle forme del sermo modernus.62 L’influenza parte naturalmente dall’ars praedicandi verso l’oratoria pubblica. Tuttavia si cerca di ricostruire un percorso risalente all’ars dictaminis di impostazione classica, questione studiata anche da G. Vecchi in merito ai proverbi63 e da

59 Artifoni E., Gli uomini dell’assemblea. L’oratoria civile, i conciatori e i predicatori nella società comunale, in La predicazione dei frati dalla metà del '200 alla fine del '300. Atti del XXII Convegno della Società internazionale di studi francescani, CISAM, Spoleto 1995.

60 Medieval Eloquence. Studies in the Theory and Practice of Medieval Rhetoric, a cura di J. J.

Murphy, Berkeley 1978.

61 Charland T. M., Artes praedicandi. Contribution à l’histoire de la rhetorique au Moyen Age, Vrin-Institut d’Etudes medievales, Paris-ottowa 1936; Murphy J. J., Rhetoric in the Middle Ages. A History of Rhetorical Theory from St. Augustine to the Reinassance, Univ. of California Press, Berkeley 1974 (trad.

it. Liguori, Napoli, 1983); Murphy J. J., Medieval Rhetoric: A Select Bibliography, Univ. of Toronto Press, Toronto 1989; Briscoe M. – Jaye B., Artes praedicandi, Artes orandi, Brepols, Turnhout 1992.

62 Artifoni E., L'oratoria politica comunale e i "laici rudes et modice literati", in Zwischen Pragmatik und Performanz, 2011, pp. 237-262; Id., Una forma declamatoria di eloquenza politica nelle città comunali (sec. XIII): la concione, in «Papers on rhetoric», 8, 2007, pp. 1-27; Id., Sull'eloquenza politica nel Duecento italiano, in «Quaderni medievali», 35, 1993, pp. 57-78.

63 Vecchi G., Il «proverbio» nella pratica letteraria dei dettatori della scuola di Bologna, in «Studi mediolatini e volgari», II, 1954.

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G. C. Alessio e C. Villa64, nonostante i numerosi problemi di lessico presenti nelle fonti trattando di discorso pubblico.65 Proprio la grande importanza data in questi secoli all’oralità, sia religiosa che civile, va ad influenzare anche l’urbanistica, come sottolineato da G. Barone nel suo saggio Gli Ordini Mendicanti66, in particolare le piazze, crocevia di culture e centro delle rappresentazioni teatrali, un tema questo che è stato spesso analizzato dagli studiosi in stretta correlazione con quello dell’omiletica67, a tal proposito già l’Apollonio si è occupata di sottolinearlo nel suo volume Storia del teatro italiano, vol. I, La drammaturgia medievale: dramma sacro e mimo68, perché è proprio nel dramma sacro che si intravede un precoce e valido punto di contatto con le masse illetterate nel tentativo di colpire il pubblico e renderlo pienamente partecipe della

64 Alessio G. C. – Villa C., Il nuovo fascino degli autori antichi tra i secoli XII e XIV, in Lo spazio letterario di Roma antica, III, La ricezione del testo, a cura di Cavallo G., Fedeli P., Giardina A., Roma 1990.

65 Longère J., Le vocabulaire de la prédication médiévale, in La lexicographie du latin médiéval et ses rapports avec les recerches actuelles sur la civilisation du moyen age, Paris 1981.

66 Barone G., Gli Ordini Mendicanti, in Storia dell’Italia religiosa 1. L’Antichità e il Medioevo, a cura di A. Vauchez, Laterza, Bari 1993.

67 Molto completa risulta l’opera di Enrico Guidoni, La città dal Medioevo al Rinascimento, Laterza, Roma 1989. In questo volume l’autore, analizzando l’evoluzione delle città italiane ed europee tra il XII e il XV secolo, rileva come gli Ordini Mendicanti abbiano segnato in maniera netta l’evoluzione urbanistica non solo delle grandi città, ma anche di piccoli centri secondo proporzioni geometriche ben delineate, concentrandosi in particolare su Umbria e Toscana. In ambito architettonico sono da segnalare alcuni contributi di Angiola Maria Romanini, in particolare per quanto riguarda i francescani. L’autrice vede nella grande diffusione dell’Ordine quella molla in grado di segnare il passaggio tra il romanico e il gotico nella parte centro-settentrionale della Penisola. Inoltre, sottolinea come l’impostazione architettonica cistercense sia stata alla base di quella francescana, soprattutto durante il primo secolo di attività dell’Ordine. Romanini A. M., L’architettura delle origini francescane, in I valori francescani, Simposio in occasione dell'VIII centenario della nascita di S. Francesco, L'Aia, 2-3 dicembre 1982, Quaderno dell'Istituto Italiano di Cultura per i Paesi Bassi, Amsterdam 1985; Ead., Il francescanesimo nell'arte:

l'architettura delle origini, in Francesco, il francescanesimo e la cultura della nuova Europa: atti del convegno internazionale, Roma, dicembre 1982, a cura di Baldelli I. e Romanini A. M., Roma 1986; Ead., L’architettura degli Ordini Mendicanti: nuove prospettive di interpretazione, in Storia della città, 3 (1978), pp. 5-15.

68 Apollonio M., Storia del teatro italiano, vol. I, La drammaturgia medievale: dramma sacro e mimo. Il teatro del Cinquecento. Commedia, tragedia, melodramma, Sansoni, Firenze 1981.

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liturgia. Un convegno del 1982 a San Miniato è stato dedicato proprio ad evidenziare questa stretta correlazione tra il teatro e i francescani il cui esito maggiormente significativo è stato il saggio di R. Manselli69; infatti l’ordine fondato da san Francesco aveva una particolare predisposizione per gli espedienti mimici e giullareschi o teatrali70.

In un momento di transizione tra quello che la storiografia tedesca definisce Pieno Medioevo e il Tardo Medioevo si colloca una delle tematiche, o per certi versi problematiche, maggiormente interessanti anche per il loro carattere interdisciplinare. La questione è quella del passaggio tra latino e volgare, a tal proposito F. Sabatini71 ha individuato alcuni documenti in cui vi è una sorta di «frontiera interna» per separare le parti protocollari scritte in latino dalle parti libere scritte in un quasi volgare. È la letteratura omiletica il luogo privilegiato dove latino e volgare si compenetrano, il primo facendo riferimenti ai passi della Scrittura, il secondo figlio della lingua parlata, una diglossia che in Italia si protrarrà più a lungo che in altri Paesi.72 Per la Francia vi è lo studio ottocentesco sulla predicazione di Lecoy de la Marche73, una monografia di riferimento del settore, che espone la tesi secondo cui i sermoni, pur pronunciati in volgare, fossero redatti in latino al fine di svilupparne la circolazione a livello europeo.

Una tesi certamente fortunata e sostenuta da alcuni grandi studiosi come padre Bataillon74 e D. D’Avray75, il quale a supporto della stessa spiegava come una predicazione ai laici

69 Manselli R., Il Francescanesimo come momento di predicazione e di espressione drammatica, in Il Francescanesimo e il teatro medievale. Atti del Convegno Nazionale di studi, San Miniato, 8-10 ottobre 1982, società storica della Valdelsa, Castelfiorentino 1984.

70 Allegri L., Teatro e spettacolo nel medioevo, Laterza, Bari 1988; Veltrone P., La sacra rappresentazione fiorentina, ovvero la predicazione in forma di teatro, in Letteratura in forma di sermone:

i rapporti tra predicazione e letteratura nei secoli XIII-XVI, Atti del Seminario di studi (Bologna, 15-17 novembre 2001), Olschki, Firenze 2003.

71 Sabatini F., Dalla «scripta latina rustica» alle «scriptae» romanze, «Studi medievali», IX, 1968.

72 Latino circa romançum e rustica romana lingua. Testi del VII, VIII e IX secolo, a cura di Avalle D. S., Antenore, Padova 1965, VII.

73 Lecoy de la Marche A., La chiare française au Moyen Age, Paris 1886.

74 Bataillon L. J., Approaches to the Study of Medieval Sermons, Leeds Studies in English, XI, 1980; Id., La predication au XIII siecle en France et Italie. Études et documents, Aldershot, Variorum, 1993.

75 D’Avray D., The Preaching of the Friars. Sermons diffused from Paris before 1300, Clarendon Press, Oxford 1985.

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tenuta in latino sarebbe stata contraria all’ideologia stessa degli Ordini Mendicanti. In Italia non esistono studi paragonabili a quelli sui sermoni mescidati francesi compiuti, oltre che da Lecoy de la Marche, anche da J. Gubtier76 e N. Beriou77 o per l’Inghilterra da S. Wenzel78, tuttavia, storici e critici letterari hanno posto la questione in maniera più complessa, soprattutto riguardo il Quattrocento (a causa della prolungata diglossia cui si è accennato). G. Contini79 riprende la tesi di B. Haereau80 secondo il quale ci sarebbe ancora a quest’epoca una sorta di mescolanza di tipo macaronico nel parlato dei predicatori al popolo; un esempio di ciò sono gli studi di L. Lazzerini81 su Bernardino da Feltre e sul sermo humilis da lui utilizzato. Lo studio del plurilinguismo medievale82 non si esaurisce naturalmente al campo della predicazione, ma abbraccia tutti i generi letterari, la stessa Lazzerini si è occupata anche di analizzare lo stile colloquiale utilizzato nella cronaca di fra Salimbene de Adam83 e così anche per alcune opere dantesche, o a lui

76 Gubtier J., Bruckstück einer lateinischen mit französischen Sätzen gemischten Predigtsammlung aus dem Ende des XIII oder Anfang des XIV. Jahrhunderts. Inaugural-Dissertation, Halle a. s. 1908.

77 Beriou N., Latin and Vernacular. Some Remarks about Sermons delivered on Good Friday during the Thirteenth Century, in Die deutsche Predigt im Mittelalter. Internationales Symposium am Fachbereich Germanistik der Freien Universität Berlin vom 3.-6. Oktober 1989, a cura di Mertens V. – Schiewer H. J., Max Niemeyer Verlag, Tübingen 1992.

78 Wenzel S., Macaronic Sermons. Bilingualism and Preaching in late Medieval England, The University of Michingan, Ann Arbor 1994.

79 Contini G., Introduzione alla Cognizione del dolore di Gadda C. E., poi in Id., Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi, Einaudi, Torino 1970.

80 Haureau B., Sermonnaires, in Histoire litteraire de la France XXVI, F. Didot, Paris 1873.

81 Lazzerini L., «Per latinos grossos…». Studio sui sermoni mescidati, «Studi di filologia italiana», XXIX, 1971.

82 Comunicare nel medioevo. La conoscenza e l’uso delle lingue nei secoli XII - XV, Atti del convegno di studio svoltosi in occasione della XXV edizione del Premio internazionale Ascoli Piceno, Ascoli Piceno, 28 – 30 novembre 2013, a cura di I. Lori Sanfilippo e G. Pinto, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo 2015. In questo volume vengono analizzati in particolare i rapporti tra l’italiano e le altre lingue europee, dall’arabo al neerlandese. La predicazione trova il suo spazio con il saggio di C.

Delcorno, in cui vengono tratteggiati i profili di alcuni predicatori esemplari come Giordano da Pisa e Bernardino da Siena, dopo una prima introduzione sulla strutturazione del sermo modernus.

83 Lazzerini L., Fra Salimbene predicatore, in Salimbeniana. Atti del Convegno per il VII Centenario di fra Salimbene, Parma, 1987-1989, Radio TAU, Bologna 1991.

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attribuite, studiate da Brugnolo, Braccini, Baranski, solo per citarne alcuni84. È proprio tra Due e Trecento che la situazione nelle fonti inizia a variare, soprattutto in Toscana, con la predicazione di Giordano da Pisa e i suoi cicli di prediche, dove è facile riscontrare una sorta di primo sperimentalismo linguistico e a cui C. Delcorno ha dedicato un importante studio monografico85; importantissimi sono anche i sermoni di Federico Visconti86, vescovo di Pisa e del domenicano Ambrogio Sansedoni, quest’ultimo studiato da Kaeppeli e Varanini87.

Il parlato, infatti, funge da motore nel radicale cambiamento delle reportationes stilate dagli eruditi uditori delle prediche, se ne è occupato R. Rusconi nell’ambito di un convegno fiorentino incentrato proprio sui rapporti tra il predicatore, il pubblico e l’ambiente in cui ciò avveniva, dal titolo Dal pulpito alla navata. La predicazione medievale nella sua recezione da parte degli ascoltatori (secc. XIII-XIV)88 e successivamente in alcuni saggi apparsi negli anni Novanta in onore di Luigi Prosdocimi e Giuseppe Alberigo89. Un argomento che si impone, tra gli studiosi di storia della lingua in Italia, soprattutto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso e naturalmente non poteva sfuggire l’importanza rivestita dalla pratica omiletica in questo tipo di indagini.

84 Brugnolo F., Plurilinguismo e lirica medievale, Bulzoni, Roma 1983; Braccini M., Paralipomeni al personaggio-poeta (Purg. XXVI 140-7), in Testi e interpretazioni. Studi del seminario di filologia romanza dell’Università di Firenze, Ricciardi, Milano-Napoli 1978; Baranski Z. G., «Significar per verba». Notes on dante and the Plurilingualism, «The Italianist», VI, 1986.

85 Delcorno C., Giordano da Pisa e l’antica predicazione in volgare, Olschki, Firenze 1975.

86 Piana C., I sermoni di Federico Visconti, arcivescovo di Pisa, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», VI, 1952.

87 Kaeppeli T., Le prediche del B. Ambrogio Sansedoni da Siena, in «Archivum Fratrum Praedicatorum», XXXVII, 1968; Varanini G., Ambrogio Sansedoni, in Id., Lingua e letteratura dei primi secoli, Pisa 1994.

88 Rusconi R., Reportatio, in Dal pulpito alla navata: la predicazione medievale nella sua recezione da parte degli ascoltatori; (secc. XIII - XV), (Firenze, 5-7 giugno 1986), a cura di Garfagnini G.

C., «Medioevo e Rinascimento», III, 1989.

89 Rusconi R., I «falsi credentes» nell’iconografia della predicazione (secc. XIII-XV), in Cristianità ed Europa. Miscellanea di studi in onore di Luigi Prosdocimi, a cura di Alzati C., Herder, Roma-Freiburg-Wien 1994; Id., La predicazione fra propaganda e satira alla fine del Medio Evo, in Cristianesimo nella storia. Saggi in onore di Giuseppe Alberigo, a cura di Melloni A., Menozzi D., Ruggieri G., Toschi M., Il Mulino, Bologna 1996.

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Gli studi linguistici hanno apportato notevole linfa alla storiografia sulla predicazione in tale ambito: nel 1985 De Blasi si occupa del Quattrocento e delle fonti scritte di lingua parlata90 e, dieci anni dopo, la tematica non smette di suscitare interesse tra i linguisti grazie agli studi di V. Coletti91 e R. Liprandi92. Lo stesso C. Delcorno nella raccolta di saggi Quasi quidam cantus93 del 2009 se ne occupa al capitolo terzo partendo dai suoi studi su Giordano da Pisa e sviluppandone un’analisi compiutamente filologica.

Parlando di predicazione nel Basso Medioevo, verrebbe quasi automatico collegare la stessa all’opera degli Ordini Mendicanti, l’ufficio pastorale non è più un’esclusiva dei chierici e anzi questi ultimi sono spesso scavalcati dall’irrompere nelle piazze di Francescani e Domenicani. Nell’ambito di un convegno tenutosi ad Assisi nell’ottobre del 197694, C. Delcorno si è interrogato proprio sulle origini di questo tipo di predicazione risalendo, come è naturale, all’opera del fondatore dei Minori, Francesco d’Assisi. L’autore racconta l’autenticità dell’operato di Francesco, in lui il ruolo di predicatore itinerante è precoce, il suo scopo è fare da paciere all’interno delle lotte politiche e di portare un messaggio positivo; non manca il paragone con la predicazione di Domenico, più dottrinale e retorica. È proprio la retorica il punto su cui si sofferma Delcorno e su quella sorta di ripudio da parte del santo per quest’ultima, passando poi a spiegare come la codificazione del sermo modernus, avvenuta nel XII secolo, cambierà il modo di predicare anche presso i Francescani, nonostante il loro fondatore preferisse un’eloquenza volgare e popolare, avvicinando il proprio stile più a quello dei concionatori che dei predicatori.

90 De Blasi N., Fonti scritte quattrocentesche di lingua parlata: problemi di metodo (con una lettera inedita), in Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, a cura di Holtus G. e Radtke E., G. Narr, Tübingen 1985.

91 Coletti V., Parole dal pulpito: chiesa e movimenti religiosi tra latino e volgare nell'Italia del Medioevo e del Rinascimento; con Il problema della lingua tra giansenisti e antigiansenisti italiani, Milano 2006.

92 Librandi R., L’italiano nella comunicazione della Chiesa e nella diffusione della cultura religiosa, in Storia della lingua italiana, a cura di Serianni L. e Trifone P., I: I luoghi della codificazione, Einaudi, Torino 1993.

93 Op. cit.

94 Delcorno C., Le origini della predicazione francescana, in Francesco d’Assisi e francescanesimo dal 1216 e 1226, SISF, Assisi.

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA IN Studi storici (pagine 38-53)

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