• Non ci sono risultati.

L’opinione che la prelazione volontaria sia una fattispecie costitutiva di un rapporto obbligatorio è un assioma quasi unanimamente condiviso in dottrina e

immobiliari fra efficacia ultra partes del patto e responsabilità precontrattuale

5. L’opinione che la prelazione volontaria sia una fattispecie costitutiva di un rapporto obbligatorio è un assioma quasi unanimamente condiviso in dottrina e

giurisprudenza, nella varietà di definizioni proposte, che tuttavia condividono la natura sostantiva del fenomeno: l’accordo prelatizio determina la nascita di un dirit-to, ancorché condizionato43 alla futura ed eventuale manifestazione di volontà del promittente di addivenire alla stipulazione del contratto.

In estrema sintesi, la prelazione volontaria genererebbe situazioni di obbligo e di diritto, in una visione statica del fenomeno – e coerentemente con tali premesse strutturali si sono svolti i ragionamenti suesposti.

V’è chi, invece, ne propone una ricostruzione diametralmente opposta, a tratti futurista, un un’ottica procedimentale che degrada il patto ad un negozio di confi-gurazione, regola privata del procedimento di formazione del contratto ad integra-zione dello schema legale tipico, attraverso l’inserimento di una clausola preferenzia-le che vincola la destinazione soggettiva del potere dispositivo del promittente relativamente all’affare in oggetto44.

Scardinare le premesse di ogni ragionamento sul patto di prelazione, consideran-dolo un negozio configurante una particolare ed autonoma tecnica di formazione del contratto, consente però di comprendere che la diluzione nel tempo della fatti-specie non deriva da un effetto in qualche modo condizionato, bensì dalla natura ipotetica della creazione di una regola pattizia procedimentalizzante: in tal senso, l’effetto di autolimitazione delle facoltà dispositive del promittente è certamente immediato.

Se la prelazione convenzionale ha rilievo meramente strumentale, al fine di favo-rire la conclusione di un futuro ed eventuale affare fissando le regole affinché il

43 In senso lato s’intende: se di condizione in senso tecnico si trattasse, un elemento accidentale di un contrat-to sarebbe invece, nel caso della prelazione volontaria, parte della sua struttura tipica. Non sarebbe concepi-bile, esemplificando, un patto di prelazione non subordinato alla decisione di vendere il bene (si trattrebbe in tal caso di un preliminare, o un patto d’opzione). L’utilizzo del termine è da considerarsi meramente descrittivo del fenomeno, altrimenti si arriverebbe al paradosso che il momento dell’adempimento è anche momento che condiziona sospensivamente l’obbligo, e dunque vi sarebbe identità di contenuto fra quest’ul-timo e l’evento condizionante. Inoltre, la stipula del patto sarebbe immediatamente produttiva di un’aspet-tativa di diritto in capo al preferito, così applicandosi la disciplina di cui agli artt. 1356 ss. cod. civ., fra cui:

la possibilità di compiere atti conservativi e atti di disposizione del diritto condizionato, ma anche le conse-guenze circa il mancato avveramento della condizione, e così via. I limiti delle costruzioni condizionali sono evidenti. Così Troisi, La prelazione volontaria, in Riv. dir. civ., 1984, II, 580 ss., che ricorda gli analoghi rilievi critici di Puleo, I diritti potestativi (Individuazione della fattispecie), Milano, 1959, 184 e di Breccia, Buona fede e patto di prelazione, nota a Cass., 5.5.1967, n. 862, in Foro it., 1968, I, c. 2284.

44 La tesi, della quale si ripercorre lo svolgimento, è di Troisi, ult. op. cit., 580 ss., che a sua volta muove dallo studio di Benedetti, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969 con riferimento al negozio di con-figurazione. Sul punto, cfr., inoltre: Salv. Romano, Introduzione allo studio del procedimento giuridico nel diritto privato, Milano, 1961, 77; Palermo, Contratto preliminare, Padova, 1991, 108.

contratto divenga vincolante per le parti, allora questa esaurisce la sua funzione all’interno del procedimento - e dunque nell’area precontrattuale.

Pertanto, dalla negazione dell’esistenza di un diritto soggettivo ad essere preferiti e dall’esigenza logica di circoscrivere il fenomeno alla fase precedente la conclusione dell’accordo, alla quale è strumentale, discendono conseguenze di non poco conto anche dal punto di vista rimediale.

Innanzitutto è chiaro che, trattandosi di regole private di procedimento, l’effica-cia sarà relativa e l’alienazione a terzi in dispregio del patto non verrà intaccata, pur generandosi un’obbligazione risarcitoria in capo al promittente inadempiente.

Da qui la più marcata differenza con la ricostruzione tradizionale dell’istituto:

constatato che gli interessi in gioco sono strumentali e limitati alla fase preparatoria del contratto, la responsabilità sarà necessariamente precontrattuale45.

Ciò premesso, se il fatto lesivo ha luogo in tale fase, saranno risarcibili i danni che ne siano conseguenza immediata e diretta, commisurati alla funzione procedimen-tale del patto di prelazione, fra cui: costi di trattativa in vista dell’eventuale conclu-sione dell’affare, perdita di chance di concludere contratti analoghi, e comunque ogni danno risarcibile rientrante nell’ambito del cd. interesse negativo, coincidente con l’interesse alla non conclusione del contratto.

È chiaro, quindi, che il danno in parola non è quello derivante dalla mancata stipulazione del contratto oggetto del patto di preferire (che travalica i confini del danno risarcibile ex art. 1223 cod. civ.), bensì quello commisurato all’interesse a ricevere la proposta preferenziale e valutarne la convenienza. Diversamente argo-mentando, la determinazione del risarcimento sarebbe estremamente complessa, in quanto si dovrebbe dimostrare che il preferito avrebbe effettivamente acquistato il bene per poter superare l’ostacolo del criterio di regolarità causale: è ardito sostenere che rientrino fra le conseguenze normali della violazione fatti ipotetici ed eventuali, quali ad esempio i vantaggi che si sarebbero conseguiti se il preferito avesse voluto e potuto concludere l’affare ove gliene fosse data la possibilità. Infatti, da tale entità andrebbe detratto un valore rappresentativo della probabilità del non esercizio del diritto di preferenza. La complessità del problema pare il sintomo dell’inadeguatezza delle premesse a fondamento del ragionamento.

Dunque, conclude la dottrina in commento, l’inadempimento non dovrebbe guardare al contratto in vista del quale la prelazione fu concessa, come se nel caso in esame si fosse violata una vendita obbligatoria, bensì all’obbligo di far pervenire al preferito la proposta.

Ne deriva una condivisibile preoccupazione, di ordine pratico, all’adeguatezza di tutele per il prelazionario, che troverebbe giovamento esclusivamente nella pattui-zione di un clausola penale. Tuttavia, la necessaria non eccessività di quest’ultima ex art. 1384 cod. civ. non consentirebbe di raggiungere l’intensità di tutela che sarebbe

45 Ancorché di regola la fonte sia un contratto, ciò che conta sono i profili funzionali che danno rilievo agli interessi sottesi, non quelli strutturali. Il danno risarcibile, in altre parole, prescinde dalla natura della fonte.

accordata al preferito considerando la sua posizione come diritto e non mero inte-resse strumentale ad un procedimento di formazione dell’accordo – una tutela resti-tutoria sarebbe inconcepibile in tal senso, anche estendendo la legittimazione passi-va al terzo in malafede, in quanto è lo stesso danno risarcibile ad essere ontologicamente diverso da quello che sarebbe risarcito ipotizzando che le parti avessero regolarmente concluso il contratto procedimentalizzato nella sua formazio-ne, e questo fosse stato poi inadempiuto.

Dall’accoglimento dell’una o dell’altra posizione deriverà necessariamente un maggiore o minore utilizzo della prelazione volontaria nella prassi, ovvero il ricorso a strumenti alternativi.

Ma al di là delle esigenze del mercato, se un soggetto è effettivamente interessato alla stipula di uno specifico contratto pretenderà o concederà un’opzione, o stipule-rà un preliminare, negozi decisamente espressivi di un serio interesse (e dunque di un diritto) al contratto – e non di una chance di concludere, se si vorrà, un futuro contratto. La prelazione è un passo indietro rispetto agli istituti poch’anzi richiama-ti, e non sembra totalmente fuori luogo sistemarla nell’alveo delle trattative.

V’è da chiedersi, in ultima analisi, se non si sia accordato al patto di prelazione uno scopo esorbitante la sua natura di mera regola procedimentale, quale forse pare davvero essere.

Outline

Documenti correlati