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Partecipazione alle attività di apprendimento non formale

La formazione permanente è correlata al settore di attività economica in cui si lavora; settori altamente specializzati laddove è spesso indispensabile un titolo terziario, come Istruzione e Sanità, Credito e Assicurazioni, Informazione e comunicazione, Pubblica Amministrazione e Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali hanno un incidenza della formazione permanente più alta rispetto ad altri settori meno specialistici come Agricoltura, caccia e pesca, Costruzioni, Commercio ed Industria (tab. 5).

In conclusione, dal quadro italiano si evince quanto la lifelong learning sia correlata al mondo professionale, ed alla fascia attiva della popolazione.

Tabella 5 – Settore attività economica – Incidenze percentuali.

SETTORE ATTIVITA' ECONOMICA 2009 2013 2014 2017 2013/2009 2017/2014 Agricoltura, silvicoltura e pesca 1.7 2.1 3.1 2.7 0.4 -0.4

Industria in s.s. 3.4 4.1 6.5 6.4 0.7 -0.1

Costruzioni 2.2 2.6 4 3.5 0.4 -0.5

Commercio 3.3 4 5.7 5.3 0.7 -0.4

Alberghi e ristorazione 4.1 4 4.8 5 -0.1 0.2

Trasporti e magazinaggio 4.6 5.4 7 6.2 0.8 -0.8

Informazione e comunicazione 9.4 8.5 12.6 11.6 -0.9 -1

Credito e assicurazioni 11.8 11.5 17.3 17.5 -0.3 0.2

Attività immobiliari, servizi alle imprese e

altre attività professionali e imprenditoriali 7.9 8.3 11.8 11 0.4 -0.8

Pubblica amministrazione 7.7 7 10.9 9.7 -0.7 -1.2

Istruzione e Sanità 12.7 11.7 16 16.2 -1 0.2

Altri servizi collettivi e personali 5.1 4.4 5.9 6.3 -0.7 0.4

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l’istruzione formale), trova ragione nel fatto che tra i secondi è più consistente la quota di popolazione ancora inserita in percorsi di istruzione formali.

L’approfondimento che segue utilizza modelli di regressione logistica multivariata la cui variabile risposta dicotomica è l’aver partecipato o meno ad un’attività formativa non formale nelle ultime quattro settimane. Le variabili indipendenti di controllo sono relative alle principali caratteristiche socio-demografiche; sesso, età, area geografica di residenza, titolo di studio.

La prima analisi utilizza le popolazioni congiunte degli anni 2013 e 2009 e degli anni 2017 e 2014. L’introduzione di variabili dicotomiche, rispettivamente 2013/2009 e 2017/2014, forniscono una stima dei cambiamenti avvenuti, nel periodo di crisi e nel triennio di ripresa, nelle chances che un individuo ha di partecipare ad attività formative non formali (misurate dai valori degli odds ratios).

I risultati confermano, per quanto riguarda il periodo di crisi economica, quanto evidenziato già con l’analisi univariata e cioè un lieve aumento di partecipazione alle attività formative dal 2009 al 2013 (odds ratio pari a 1,092) (Fig.1). Con riferimento all’ultimo periodo – nonostante valori pressocché analoghi nelle incidenze del 2014 e del 2017 - si stima un calo statisticamente significativo nelle chances di partecipazione, purtuttavia davvero esiguo (odds ratio di 0,973).

Figura 1 – Variazioni nelle probabilità di partecipazione alle attività formative non formali della popolazione di 25-64 anni: stima della probabilità nel 2013 rispetto al 2009 e nel 2017 rispetto al 2014 – (odds ratios – derivanti da modelli di regressione logistica).

La seconda analisi stima l’influenza delle caratteristiche individuali sulla partecipazione alla formazione continua non formale. I modelli multivariati applicati disgiuntamente agli anni 2009, 2013, 2014 e 2017 permettono di osservare i cambiamenti nelle relazioni tra le caratteristiche dell’individuo e le probabilità di partecipazione, succeduti nel periodo della crisi e della ripresa.

Tra le variabili indipendenti, si è introdotta anche la condizione occupazionale.

La partecipazione alle attività formative non formali diverge infatti tra occupati e

1,092* 1,092* 1,117*

0,973* 0,954 * 0,988

0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5

Totale Occupati Non occupati Totale Occupati Non occupati

2013/2009 2017/2014

non occupati e non solo in termini quantitativi ma anche in termini di tipologia. In particolare, tra le attività di formazione non formali, quella organizzata e/o finanziata dall’impresa presso la quale si lavora ha un peso piuttosto rilevate e, per definizione, questa è erogata solamente agli occupati.

Il dato del 2017, conferma una leggera prevalenza di formazione non formale nelle donne (odds ratio pari a 0,89 nei maschi rispetto alle femmine; significativo al 95%) (Fig.2). Rispetto al Mezzogiorno, le persone residenti nel Nord e nel Centro hanno maggiori chances di partecipare ad attività di formazione non formale (poco meno che doppie nel Nord e pari ad una volta e mezza nel Centro).

La popolazione più giovane (25-34 anni e 35-44 anni) fa meno formazione non formale rispetto alla popolazione più matura (odds ratio pari a 0,844 e 0,932;

significativi al 95%).

Figura 2 – Probabilità di partecipazione alle attività formative non formali della popolazione di 25-64 anni per caratteristiche individuali e condizione occupazionale. Anni 2009, 2013, 2014 e 2017 - (odds ratios derivanti da modelli di regressione logistica).

E’ importante osservare come le entità delle relazioni stimate tra la partecipazione e le caratteristiche di genere, di territorio e generazionali non hanno registrato alcuna variazione né nel periodo della crisi né nel periodo di ripresa.

Si conferma la forte correlazione tra livello di istruzione e partecipazione alla formazione continua non formale. Nel 2017, rispetto alla popolazione con al più un titolo secondario inferiore la probabilità di partecipare ad attività formative dei possessori di un titolo secondario superiore e di un titolo terziario è stimata circa tre volte superiore e oltre sei volte superiore, rispettivamente. Nell’ultimo triennio non si stimano cambiamenti significativi nell’entità del legame tra titolo di studio e opportunità formative, mentre negli anni della crisi si è registrata una riduzione significativa del vantaggio dei titoli terziari e secondari rispetto ai bassi titoli.

0,895 0,952 1,035 1,104 1,982 1,785 5,668

2,618 2,133 1,437 0

1 2 3 4 5 6 7 8

2013 2009

0,89 0,844 0,932 1,042 1,829 1,52 6,345

2,928 2,473 1,322 0

1 2 3 4 5 6 7 8

2017 2014

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Infine, le persone attive nel mercato del lavoro mostrano maggiore partecipazione alle attività formative non formali. Tra queste, tuttavia, le persone disoccupate hanno chances significativamente inferiori rispetto alle persone occupate con una differenza che è perdurata nel periodo di crisi e che è rimasta costante anche nel periodo di ripresa. Nel 2017 le chances di formazione rispetto agli inattivi sono circa due volte e mezzo superiori (odds ratio 2,473) negli occupati, e circa un terzo maggiori (odds ratio 1,322) nei disoccupati.

6. Conclusioni

I dati confermano che la formazione continua tende a qualificare ulteriormente persone che hanno già un buon livello educativo e formativo, che sono residenti nelle aree più sviluppate del paese, che sono già inserite nel sistema produttivo e che ricoprono le posizioni lavorative più qualificate. Risultano, di contro, meno coinvolti i soggetti più vulnerabili e, in quanto tali, più bisognosi di formazione.

Il divario dell’Italia con l’Europa è piuttosto marcato per alcune specifiche categorie: i disoccupati, i lavoratori con contratti a termine e quelli ad orario ridotto. In Italia, queste fasce di popolazione sono penalizzate in termini di formazione continua mentre in Europa sono spesso le più coinvolte. E’ dunque importante che in Italia si comprenda la necessità di investire maggiormente nella formazione di coloro che più hanno bisogno di acquisire abilità e competenze da rivendere nel mercato del lavoro e che permettano loro di essere più competitivi.

Durante il periodo di crisi economica, nel nostro Paese non sembrano essere aumentati in misura considerevole gli investimenti in formazione. Eppure gli investimenti in formazione avrebbero potuto aiutare sia le imprese, sia gli individui a fronteggiare la crisi; le imprese, sul piano dell’innovazione e della competitività, gli individui, sul piano della riqualificazione professionale necessaria a rendere possibile il loro ricollocamento in caso di perdita del posto di lavoro.

Peraltro, anche il successivo periodo di ripresa economica non si sta accompagnando ad un maggiore investimento in formazione, che potrebbe invece costituire un volano fondamentale per agganciare meglio la congiuntura favorevole mondiale. L’innovazione tecnologica e le trasformazioni da questa indotte, ma anche la complessità contemporanea e le maggiori fragilità individuali rispetto al passato, rendono indispensabile un costante investimento nella formazione, nell’aggiornamento e nella riqualificazione professionale continua. Occorre in proposito uno sforzo ed un impegno congiunto delle istituzioni pubbliche e delle imprese private ed una maggiore consapevolezza dei singoli cittadini affinché la formazione continua in età adulta si espanda coinvolgendo tutte le classi di individui, perché la crescita personale e sociale del singolo contribuisca alla crescita della nostra società.

Riferimenti bibliografici

ISFOL, 2017. Relazione sulla formazione continua in Italia. Doc. XLII., No. 4.

BALDAZZI, B., MARTINO, A., 2015. Modelli di apprendimento in Europa. In Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica, Volume LXIX n.4, 2015.

CASCIOLI, R., 2011. Investment in Human Capital in Times of Economic Crisis.

In Bulletin of corporative labour relations vol.77 – Wolkers Kluwer Editore.

SPAGNUOLO G. 2014. Apprendimento permanente e istruzione degli adulti per favorire la formazione alle competenze. Osservatorio Isfol. No. 1-2, pp. 153-168.

CROCE G. La formazione continua in Europa e in Italia: investimenti privati e politiche pubbliche. Convegno CRISS, Roma, Università La Sapienza, 2004.

SUMMARY

The participation of adults in Lifelong learning in Italy: quantitative and qualitative aspects of the phenomenon between recession and recovery In consideration of the extension of the working life and raising of the retirement age, both of which are linked to the gradual ageing of the population, lifelong learning represents an essential requirement to remain integrated in the labour market. The production system’s point of view of upgrading and raising the levels of competence of workers facilitates the innovation and competitiveness of enterprises; even more in the light of the profound technological and digital transformation underway. Moreover, the same demographic scenarios also highlight the importance of training in order to ensure an active participation of the population in social life by eluding their exclusion and isolation until the most advanced ages. The proposed work intends to deepen the elements peculiar to the participation of adults in the lifelong learning in Italy in comparison with the other European countries. The benchmark indicator is one of the European Union Strategy 2020 and uses data from the European Labour Force Survey. The observation time allows an analysis of the evolution of the lifelong learning , with a vision of the impact of the economic crisis and the recent recovery. Through the application of multivariate models, the individual characteristics more related to the probability of lifelong learning will be delineated and also as these have changed over time. We can in future implement the European Commission's proposal to create a 'European pillar of social rights' by identifying the role that lifelong learning can have in setting up contexts and employment opportunities.

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Raffaella CASCIOLI, Istat, racascio@istat.it Anna Emilia MARTINO, Istat, annmarti@istat.it

Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica Volume LXXII n. 4 Ottobre-Dicembre 2018

DIFFUSIONE TERRITORIALE E SEGREGAZIONE OCCUPAZIONALE DI GENERE NELL’INDUSTRIA

MANIFATTURIERA ITALIANA Maria Carmela Miccoli, Antonella Biscione