• Non ci sono risultati.

Politica, mass media, insicurezza

CAPITOLO 2: GLOBALIZZAZIONE, SICUREZZA, MASS MEDIA E SORVEGLIANZA

2.2 Politica, mass media, insicurezza

Nonostante dagli ultimi decenni del Novecento abbiamo assistito a incredibili progressi tecnologici e scientifici, la società umana è rimasta preda dell'insicurezza personale e sociale, coinvolta in ondate periodiche di panico morale.

La nostra tesi parte dall’assunto che come il desiderio nasce dalla vista, così l’insicurezza nasce dall'esposizione costante a messaggi mediatici ansiogeni influenzati più o meno da istituzioni politiche e dalla ricerca di vendibilità. Dagli anni Novanta si è andata perpetrando l'associazione dei termini sicurezza personale (e solo quella) ed immigrazione, immigrazione con criminalità e degrado, terrorismo e pericolo, minaccia dell'ordine e vivere civile. Queste associazioni sono state gestite a seconda dei casi e del partito politico interessato creando allarme sociale in una perversa “sindrome da invasione”117; mentre negli Stati Uniti si ponevano questioni sul legame immigrazione e criminalità già verso la fine dell'Ottocento, negli ultimi cinquant'anni è innegabile che siano aumentate le notizie trasmesse riguardo la criminalità rispetto ad altre proprio in virtù del fatto che il crimine in se stesso è una fonte inesauribile di spettacolo ed intrattenimento che innalza i valori di ascolto e tiratura, ma non hanno trasmesso altrettanti mezzi di immunizzazione.

Per fornire solo qualche esempio118 negli Stati Uniti dal 1960 al 1980 la proporzione di ciò che è pubblicato dai giornali stampati relativamente al crimine è passata dall'1,65% al 33,5%; in Inghilterra si spazia solo nel 1989 tra un 5% del The Guardian ad un 30,4% del Sun, complessivamente il trend è cresciuto, come l'interesse per i fatti di cronaca nera e di crimini violenti del pubblico.

Secondo Derrick de Kerckhove119 e Marino Livolsi120, i media agiscono come interfaccia tra linguaggio e mente oltre ad avere un effetto sull'immagine del corpo. Essi creando delle

116

M. Dallari, Insicurezza, paura, e altre ambivalenze., in D. Fortin e F. Colombo (a cura di ), Sentire

sicurezza nel tempo delle paure, Franco Angeli srl, Milano, 2011, p. 305.

117 A. De Giorgi, Zero Tolleranza. Strategie e pratiche della società di controllo, DeriveApprodi Editore,

Roma, 2000, p. 54.

118

R. Reiner, Media made criminality: the representation of crime in the mass media, in: R. Reiner, M. Maguire, R. Morgan, The Oxford Handbook of Criminology, Oxford University Press, Oxford, 2002.

119

D. de Kerckhove, Psico-tecnologie: Interfaccia del linguaggio, dei Media e della Mente, in "Convegno di Psicotecnologie - Università di Palermo, 2002, disponibile in http://www.garito.it /testi/Psychotechnologies.pdf, ultimo accesso 27/04/2014.

120

M. Livolsi, La società degli individui. Globalizzazione e mass-media in Italia, Carocci Editore, Roma, 2006, p. 245.

31

associazioni automatiche che inducono all'acquisto di un determinato prodotto, ne formano la sua desiderabilità oppure indicano da cosa guardarci. Sono messaggi a senso unico, sui quali non è dato ragionare o controbattere a causa della rapidità del susseguirsi; nel caso della televisione, le successioni delle informazioni diventano modelli di apprendimento sociale e valori condivisi, che diventano a loro volta segni-segnali di comunicazione tra soggetti e rappresentazione della realtà.

Quindi possiamo affermare con certezza che i media influenzano attivamente la percezione di insicurezza, la quale non tiene conto del riscontro oggettivo perché tutto ciò che è visto in tv o scritto sulla carta di per sé è dato per scontato essere vero, mentre vi è la tendenza a sottovalutare ciò che ricercatori, statistici e demografi cercano solitamente di evidenziare. Nell'Agenda Setting dei mass media sono stabiliti come criteri di selezione i fatti che maggiormente possono portare ad un risalto mediale tenendo conto anche della possibile ripercussione politica. Secondo gli autori Marco Bruno e Sara Ritucci121 durante la loro analisi del 2010, vengono evidenziati, riferendosi al caso italiano, i fatti che possono minacciare l'identità, i valori morali della società e dei suoi rischi. Ma se, come afferma Elena Schnabl122, le città in occidente vengono sempre più spesso descritte attraverso aspetti di paura e di controllo dove un gruppo mantiene l'ordine e l'altro tenta di immettersi e minacciarlo, allora l'insicurezza non può che essere alimentata.

I media, essendo il diaframma dal quale percepiamo il mondo esterno hanno un'enorme responsabilità. Essi possono purtroppo anche arrivare a stereotipare il crimine e il criminale offrendo al pubblico una realtà estremamente semplificata sui problemi della società; essi forniscono al bacino di utenza, il pubblico, ciò che è maggiormente di interesse in una, come commenta il Prof. Stéphane Leman-Langlois123 , economia di mercato.

Molto spesso purtroppo può capitare che i fatti non siano approfonditi prima di essere trasmessi, dando una visione distorta e parziale o un'impressione di realtà. Ad esempio nel Regno Unito da un'indagine della BBC, si è notato come i lettori di giornaletti tabloids siano più propensi a credere che il crimine sia in aumento. Il crimine cattura l'attenzione del pubblico più di altri eventi, per questo è riproposto anche da fictions e cinema, esso spaventa perché ricorda che il mondo non è un luogo sicuro e che il pericolo è in qualsiasi luogo e momento.

Mark Warr124 nota come la paura sia una reazione all'ambiente come percepito e non all'ambiente in sé e come i reportages riguardino soprattutto eventi statisticamente meno

121 M. Bruno e S. Ritucci, La costruzione giornalistica dell’insicurezza: distorsioni e pratiche

professionali, Corso di Teoria, etica e regolamentazione del giornalismo, Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università della Sapienza, Roma, disponibile in

http://www.coris.uniroma1.it/materiali/1.26.47_TeorTecn_Regol_6maggio2010.pdf, ultimo accesso 27/04/2014.

122

E. Schnabl, Sicurezza, mass-media e politiche sociali, in D. Fortin e F. Colombo (a cura di ), Sentire

sicurezza nel tempo delle paure, Franco Angeli srl, Milano, 2011, pp. 83-99.

123 S. Leman-Langlois, Relation police—médias.Fiction et réalité. Attentes du public. Utilisation policière des médias. Utilisation médiatique de la police, cours niveau BAC pour l'École de

criminologie,Université de Montréal,2007-2008, disponibile in http://www.crime- reg.com/police/sip1000_cours12.htm, ultimo accesso 27/04/2014.

124

M. Warr, Fear of crime in the United States: avenues for research and policy, Justice 2000, Washington, NCJRS, pp. 451-489, disponibile in http://www.crime-reg.com/police/

32

probabili ma più spettacolari o seri e letali. Secondo Warr, non c'è dolo giornalistico nell'aumento del senso di paura, solo una ricerca di vendita, da paragonare a quella enfatizzazione del pericolo proveniente dalla sempre più fiorente industria della sicurezza privata. Negli Stati Uniti i programmi montati e girati come realities aumentano ogni anno, in quanto il pubblico dalle statistiche di audience, ha fame di atti criminali violenti.

Ad esempio125, prendendo il periodo dal 1987 al 1996 delle notizie trasmesse dalla ABC, con un picco nel 1994, il termine "paura" cresca nell'uso del 100%; prima associato a malattie come AIDS, poi a gangs e violenza, ed ancora collegato a bambini e sicurezza nelle scuole. La paura è autoriproducente, condiziona i rapporti sociali, le persone preferiscono non uscire di casa pur di evitare luoghi considerati "a rischio" cambiando il volto dei quartieri. Tra gli eventi tragici ma fortunatamente poco probabili, come ad esempio i rapimenti di bambini, essi diventano nella mente episodi altamente possibili o peggio la descrizione della realtà. Milioni di nord americani ad oggi pensano di essere potenziali vittime, statisticamente sono gli abitanti grandi città e metropoli rappresentati da donne e anziani con livelli di reddito medio basso e una inferiore scolarizzazione ad avere più timore126.

Le persone generalmente reagiscono alla paura secondo tre linee di azione: comportamenti evitativi (evitano zone o luoghi a rischio), protettivi (allarmi sonori e luminosi per i beni materiali, corsi di autodifesa) e assicurativi (si assicurano un rimborso in caso di accadimento infausto); delle tre la maggiore linea di azione seguita è sicuramente la prima affermano gli studi in merito. Altro distinguo da presentare127 è poi la differenza tra una preponderanza di notizie di criminalità locale che alimenta una maggiore sensazione di ansia rispetto a quelle provenienti fuori dal proprio contesto abitativo, e servizi con un maggiore quantità di dettagli macabri scabrosi che producono lo stesso effetto, dove di media le piccole emittenti locali negli Stati Uniti agiscono guidate piuttosto dagli indici di ascolto e dalla competizione provocando appunto una maggiore sensazione di pericolo.