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Il paradigma dei sostegni e la Supports Intensity Scale (SIS)

4.8. Precauzioni nell’utilizzo delle informazioni raccolte con la SIS in relazione alla pianificazione centrata sulla persona

Numerose sono le precauzioni da adottare nell’utilizzo della SIS nel contesto della pianificazione individualizzata.

In primo luogo, i dati acquisiti con la SIS non devono essere valutati in forma isolata; sono parte di un processo a 4 fasi che si concentra sull’identificazione di obiettivi ed esperienze di vita desiderati, determinando l’intensità dei bisogni di sostegno, sviluppando piani individualizzati e monitorando i progressi individuali.

In secondo luogo, un affidamento eccessivo ai punteggi e alle etichette contraddice la filosofia di fondamentale importanza della pianificazione centrata sulla persona. I punteggi e la classificazione terminologica facilitano la comunicazione, ma non dovrebbero mai essere usati come la descrizione di un individuo. Ogni persona ha talenti e limiti unici e l’individualità della persona è di somma importanza nel disegnare un piano di sostegno.

In terzo luogo, sebbene gli operatori possano percepire i bisogni di sostegno in un determinato dominio come qualcosa di grande importanza, l’individuo o la famiglia possono non essere interessati a cambiamenti significativi rispetto a quanto in quest’area è considerato. A meno che non siano implicati aspetti significativi della salute e della sicurezza, queste preferenze devono essere rispettate, se un dato dominio continua a porre un ostacolo alla persona nel raggiungimento dei suoi obiettivi, si possono trovare approcci alternativi per superare lo stesso ostacolo.

In quarto luogo, bisogna ricordare che la gerarchizzazione dei bisogni rimane una determinazione soggettiva piuttosto che attuariale, basata unicamente sugli interessi e sugli obiettivi della persona e della sua famiglia. Sebbene i dati normativi servano a molte funzioni utili essi sono un aiuto, non una regola o una prescrizione. È probabile che ci sia una sostanziale concordanza tra i risultati della SIS e i bisogni percepiti dalla persona e dagli operatori, ma le differenze individuali e culturali possono condurre a un differente modello di pianificazione dei sostegni.

STUDIO 1

Sindromi psicopatologiche e bisogni di sostegno: il caso di Fondazione Sospiro

Studio comparativo su 400 soggetti adulti con disabilità intellettiva, attraverso sistemi diagnostici classici e la Supports Intensity Scale

Premessa

La prima parte del lavoro introduce l’analisi di una popolazione di persone adulte con disabilità, che presenta ampia variabilità di tutte le caratteristiche di funzionamento, di storia personale e sociale, oltre che di connotazione psicopatologica (il caso del Dipartimento Disabili di Fondazione Sospiro (Cr), 408 utenti)1.

In genere, il contesto dei servizi abilitativi (o riabilitativi) che offrono progettazione e interventi di sostegno alle persone con disabilità, soffre di alcune condizioni critiche ampiamente legate alla storia dei sistemi socio-sanitari congiuntamente a quelle degli approcci scientifici promossi in questo settore, che posiamo riassume come segue:

• Vecchi modelli: la maggior parte dei servizi italiani utilizzano come fulcro base su cui sviluppare e gestire le loro prestazioni delle procedure di assessment basate sul costrutto di Intelligenza (o meglio di QI), attraverso strumenti (nel mio migliore dei casi) che esaminano limiti e patologie. Questo dato, si suppone, rinforzi la tendenza a enfatizzare le prospettive sulle “limitazioni” del funzionamento delle persone disabili (Corti, 2008);

pertanto sia la progettazione psicoeducativa che la gestione quotidiana, condizionando in termini negativi le prospettive stesse di sviluppo dei soggetti con disabilità, sia a livello clinico, che funzionale e personale (AIRIM, 2010);

1 L’autore desidera ringraziare il Direttore del Dipartimento Disabili, dr Serafino Corti, per la disponibilità concessa attraverso i suoi dirigenti e gli operatori dei servizi, ai fini dello svolgimento del presente studio, dal 2009 ad oggi.

• Vecchi processi: le limitazioni nell’assessment si congiungono a limitazioni nella progettazione; se consideriamo che la letteratura suggerisce che il benessere è strettamente collegato all’adattamento all’ambiente (Schalock, 2007), allora nel caso in cui si utilizzino sistemi di progettazione che non siano ancorati a un assessment sulla Qualità di Vita, possiamo ipotizzare che sarà meno probabile riscontrare esiti sugli indicatori stessi di Qualità di Vita.

D’altra parte, possiamo considerare che nell’ambito delle discipline per il benessere psicologico delle persone (non solo nell’ambito delle disabilità), da tempo è riconosciuta la rilevanza e la necessità di considerare, più che meri fattori patologici, cluster di dati riferiti ai bisogni delle persone. Per esempio nell’ambito psichiatrico generico, Joska e Flisher (2005), chiariscono bene che ogni intervento mirato al benessere debba considerare metodologicamente sistemi di bisogni e mantenere un approccio multidimensionale sugli esiti, da quelli clinici a quelli funzionali e personali (per esempio correlati alle aspettative e alle valutazioni soggettive di soddisfazione).

Lo studio presente esplora la distribuzione di una vasta popolazione di disabili residenti nel contesto nazionale, in base a due principali macrosistemi di inquadramento per le disabilità: i sistemi di classificazione diagnostica e psicopatologica che potremmo dire classici, e i sistemi di classificazione centrati invece sui modelli di qualità della vita, portando poi la riflessione dalla fase valutativa dell’assessment a quella dell’intervento, al fine di trarre considerazioni e dati spendibili per tutti i contenti di intervento alla disabilità italiani.

Ipotesi

Considerate le criticità precedentemente esposte, va aggiunto che probabilmente il campo delle disabilità intellettive è probabilmente quello tra le discipline psicosociali con il più alto bisogno di coerenza in termini di processi (“cosa facciamo”). In altri termini, parafrasando una cosiderazione di Salvatore Soresi, abbiamo centinaia di modelli, teorie, strategie, ecc., ma siamo ben lontani da adeguati livelli di accordo nella comunità scientifica.

Sono pertanto stati sviluppati due quesiti generali che hanno guidato la definizione di ipotesi più specifiche:

1. Possiamo migliorare le conoscenze sulle persone con disabilità, esplorando un ampio campione con alti livelli di complessità, attraverso l’analisi di numerosi fattori?

2. È possibile elaborare indicazioni per la ricerca futura su come migliorare la coerenza dei processi (dall’assessment all’intervento)?

I quesiti sopra sono stati affrontati attraverso 3 aree di indagine specifiche:

1. LA QUALITA’ DELLA VITA: studiare un ampio campione di soggetti con disabilità intellettiva ed evolutiva in un contesto residenziale, attraverso un ampio gruppo di indici di QdV, esaminando differenti sistemi di assessment per diagnosi e classificazione della psicopatologia, funzionamento e bisogni di sostegno;

2. LE RISORSE ECONOMICHE ATTUALI: esaminare la realtà di Regione Lombardia, esplorando come lo strumento per attribuire risorse economiche (scheda SIDI), si rapporta ai dati riferiti alle caratteristiche classiche su gravità e patologia, e ai modelli QDV;

3. GLI INTERVENTI: esaminare i dati dei diversi sistemi di assessment confrontando con gli interventi in atto, allineandoli in una cornice QdV, al fine di elaborare considerazioni generalizzabili per gli operatori del settore.