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Durante ogni ciclo di carico trasmesso dal traffico veicolare, una parte del lavoro eseguito per deformare la pavimentazione viene dissipato in scorrimenti viscosi e calore mentre la parte rimanente viene immagazzinata elasticamente (Bahia and Anderson, 1995). Il lavoro elastico viene immagazzinato come energia potenziale all’interno della struttura mentre il lavoro dissipato genera la deformazione permanente (Tschoegl, 1989). La dissipazione dell’energia in un corpo viscoelastico come il bitume, spesso definita col termine damping, dipende generalmente dal materiale, dalla temperatura, dalla frequenza (o dal tempo) e dal modo di carico (Dowling, 1999). Il damage behavior dei bitumi alle alte temperature di esercizio ed il ruolo del bitume nella meccanica dell’ormaiamento deriva dalla determinazione del lavoro di deformazione totale (∆W(t)), o energia meccanica assorbita per unità di volume del materiale, come quota parte di energia immagazzinata e quota parte di energia dissipata (eq. 5.1).

() () ()

0 dt W t W t

dt t d

W = t = s + d

σ ε (eq. 5.1) Dove σ è la tensione applicata, ε la deformazione conseguente, Wd è l’energia dissipata e Ws è l’energia immagazzinata, valutata per un dato modo di deformazione fino al tempo t. L’energia immagazzinata e l’energia dissipata si combinano dando luogo all’energia di deformazione totale ma solo la seconda è interprete della deformazione irreversibile e quindi del danno subito dal legante in seguito all’applicazione di un carico alle alte temperature.

5.2.1. Energia dissipata in condizioni di carico ciclico reversibile

Durante lo sviluppo del programma SHRP (Strategic Highway Research Program), l’ormaiamento delle pavimentazioni fu descritto in termini di accumulo delle deformazioni permanenti dovute all’applicazione ripetuta dei carichi derivanti dalle azioni del traffico veicolare. In accordo con questa definizione, il danno subito dai leganti fu considerato come la conseguenza dell’applicazione ciclica di un carico sotto forma di sforzo di taglio (Bahia and Anderson, 1995). Conseguentemente l’analisi del

comportamento dei bitumi è agevolata senz’altro dall’utilizzo del Dynamic Shear Rheometer che consente al campione di bitume di applicare una sollecitazione (o una deformazione) variabile nel tempo con legge sinusoidale. Il lavoro dissipato per effetti di damping, per ciascun ciclo di carico (∆Wc), può essere calcolato attraverso l’equazione 5.2 come l’area dell’ellisse di isteresi che si sviluppa durante ogni ciclo di deformazione (figura 1):

* sin 02 sin

0

0 G

Wc=πσ ε δ=πσ δ

(eq. 5.2) dove σ0 è l’ampiezza della tensione applicata, ε0 è l’ampiezza della deformazione, G* è il modulo complesso e δ è l’angolo di fase del materiale. Da ciò risulta che il contributo del legante nella resistenza all’ormaiamento venga rappresentato dal termine G*/sinδ, direttamente connesso con l’energia dissipata (Bahia and Anderson, 1995).

Figura 5.1. Loop di isteresi in condizioni di carico ciclico.

Nonostante il fatto che questo approccio possa essere considerato corretto per la caratterizzazione dei leganti tradizionali, non è ancora del tutto chiaro se l’energia definita dall’area dell’ellisse d’isteresi sia realmente associata al danno nel materiale nel caso dei bitumi modificati (Bahia et al., 2001). È infatti noto che l’energia dissipata determinata per mezzo delle sollecitazioni cicliche reversibili possa essere sensibilmente influenzata dalle componenti elastiche ritardate del comportamento. Nel caso dei leganti modificati risulta quindi che parte di questa energia sia realmente associata al damping (WV) così come la parte restante possa essere considerata parzialmente recuperabile (WDE).

WC =WDE+WV (eq. 5.3) Ciò può essere spiegato considerando che l’energia dissipata Wc, nel caso di sollecitazioni cicliche reversibili, è una funzione dell’angolo di fase δ (eq. 5.3). Quindi, nel caso dei bitumi modificati, quando l’entità del ritardo nella risposta è influenzata dalla componente elastica ritardata del comportamento, l’angolo di fase non risulta più un parametro indicatore della suscettività all’ormaiamento. Inoltre occorre considerare che nel caso di sollecitazioni reversibili il materiale viene forzato a tornare nella configurazione iniziale, mentre la meccanica dei fenomeni di ormaiamento non prevede che esista un’azione intesa a riportare il materiale nella condizione iniziale.

Conseguentemente appare chiaro che nelle condizioni tipiche dei carichi sinusoidali di natura reversibile non sia possibile ottenere una correlazione teorica fra i risultati dei test ed il damage behavior dei bitumi alle alte temperature.

5.2.2. Energia dissipata in condizioni di carico statico (creep)

Recenti sperimentazioni hanno che mostrato che i test a carico sinusoidale reversibile non sono adeguati per la caratterizzazione dell’energia dissipata anche nel caso dei conglomerati. Uno studio eseguito su differenti conglomerati bituminosi ha dimostrato che l’energia dissipata calcolata dai cicli di isteresi è sempre maggiore rispetto a quella definita in base alla risposta viscosa nei test di creep (Kim et al., 2006). Quindi allo scopo di ottenere proprietà meccaniche dei bitumi realmente connesse con il damage behavior alle alte temperature, l’energia dissipata deve essere ancora considerata come la via corretta ma un approccio reometrico affidabile deve essere basato sull’analisi del comportamento in condizioni di creep.

In questo caso il materiale non viene forzato a ritornare nella configurazione indeformata iniziale e l’analisi della risposta meccanica, nel caso di sollecitazione statica e continua (creep), presuppone la determinazione di una univoca relazione fra sforzi e deformazioni definita per mezzo di una opportuna funzione J del tempo e della temperatura (eq. 5.4).

( ) ( )

τ

γ t,T =J t,T ⋅ (eq. 5.4) Nella presente trattazione si è ritenuta particolarmente opportuna l’interpretazione della risposta meccanica in condizioni di creep per mezzo del modello di Burger (fig. 5.2), la cui struttura, e l’equazione che ne consegue (eq. 5.5), descrivono bene i dati sperimentali, permettendo la diretta separazione della componente non reversibile della risposta (Jv) dai contributi elastici ed elastici ritardati (Je, Jde).

e t

G J G

J J t J

tG v

de e

0 1

0

1 1 1 ) 1

( 1

1

η

η +

+

= + +

= (eq. 5.5) Nell’equazione 5.4, G0, G1, η0 ed η1 sono i 4 parametri del modello mentre t è il tempo.

Figura 5.2. Modello meccanico equivalente (EMM) per il liquido viscoelastico di Burger.

Prescindendo dalla trattazione matematica, per la quale si rimanda al capitolo 1, che definisce la forma dell’equazione J(t,T), per il caso in esame si può comunque intuitivamente osservare che la risposta meccanica del modello di Burger è in grado di descrivere la sovrapposizione dei contributi viscosi ed elastici attesa. La corrispondenza

fra gli elementi del modello viscoelastico e le 3 componenti della risposta meccanica rimane quindi determinata. La dipendenza dal tempo è inoltre esplicita mentre non risulta immediatamente determinata una dipendenza dalla temperatura, la quale rimane intrinsecamente legata alle variazioni dei parametri del modello, che sono in effetti costanti solo se è costante la temperatura. La dipendenza dalla temperatura deve pertanto intendersi come proprietà intrinseca delle funzioni G0(T), G1(T), η1(T) e η0(T).

L’ipotesi fondamentale alla base della presente trattazione è quindi esplicitata dalla validità del modello viscoelastico di Burger nella definizione del comportamento dei leganti bituminosi alle alte temperature di esercizio, situazione nella quale in questo studio si presuppone l’esistenza di una corrispondenza fra le componenti del modello e lo sviluppo di fenomeni di ormaiamento nelle pavimentazioni, posti quindi in relazione con le deformazioni irreversibili (γv) interne al legante.

Figura 5.3. Effetto del comportamento viscoelastico dei bitumi sulla risposta delle pavimentazioni all’applicazione dei carichi.

Per definire completamente il problema occorre quindi conoscere come variano le funzioni di riferimento nel dominio del tempo e della temperatura. Ipotizzando che la temperatura rimanga costante e riconsiderando l’espressione ottenuta per la funzione J si osserva che essa può essere vista come somma di tre contributi, uno indipendente dal tempo t, uno legato ad e-t ed uno direttamente proporzionale a t.

( )

tT G G e t K K

(

e

)

K t

J t

G t

+

+

=

+

+

=

3 2

1 0 1

0

1 1 1 1

, 1 1

1

α η

η (eq.5.6)

E’ quindi immediato osservare che per tempi estremamente ridotti le componenti dipendenti dal tempo danno luogo ad un contributo trascurabile rispetto a quello elastico istantaneo, in particolare per tempo di carico tendente a zero si ottiene:

(

1

)

0

lim0 2 t =

t K eα , limt0K3t=0 (eq. 5.7) Pertanto in queste condizioni J tende al valore costante 1/G0 riconducendo il comportamento a quello di un ideale solido elastico:

( )

1

0 0

, 1

lim K

T G t

t J = = (eq.5.8) Al contrario, al crescere del tempo di carico le componenti viscose danno luogo a deformazioni sempre più importanti e quindi per tempi crescenti si registra un continuo incremento di J. In particolare si osserva poi che in corrispondenza di carichi che permangono per lungo tempo la sola componente a dare un contributo significativo diviene la componente viscosa in quanto la deformazione elastica ritardata definita da K2(1- e-αt) tende ad un valore finito, pari alla massima deformazione ammessa dalla molla 2, e pertanto trascurabile nella definizione della risposta a lungo tempo di carico:

( )

2 21

limtK eαt =K (eq.5.9) In queste condizioni quindi J aumenta indefinitamente ed il comportamento del bitume tende a ricondursi a quello di un liquido viscoso di viscosità 1/K3 = η0:

( )

=+∞



=

J tT t t

t

0

lim 1 ,

lim η (eq.5.10) Dalle considerazioni esposte risulta quindi che l’andamento della deformabilità col tempo di carico è un andamento crescente che mostra per tempi elevati la presenza di un asintoto obliquo il cui coefficiente angolare è pari a 1/η0.

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

0 5000 10000 15000 20000 tempo - t [s]

J(t) [Pa-1 ]

T = cost τ = cost

0

li m 1

=η

d t

d J

t

1/G0

Figura 5.4. Andamento della deformabilità J in funzione del tempo di carico secondo il modello di Burger.

5.2.3. Zero-shear viscosity

Richiamando quanto discusso al capitolo 1, è possibile definire la zero-shear viscosity η0

di un liquido viscoelastico come una proprietà intrinseca del materiale che ne definisce il legame costitutivo in condizioni di flusso stazionario ottenuto per condizioni limite della velocità di deformazione nel dominio del tempo o della frequenza di oscillazione.

( )

' '

0=

tφtt dt

η (eq. 5.11) A medesima conclusione si perviene anche dall’analisi delle funzioni viscoelastiche in regime oscillatorio di sollecitazione. Richiamando quanto discusso riguardo la conversione delle funzioni viscoelastiche nel caso del fluido viscoelastico di Maxwell, per il quale la parte immaginaria della deformabilità complessa è legata alla funzione di creep dalla seguente relazione:

( ) ( ) ( )

0 0

0

cos 1

'' ω ωη

ω η

ω  +



+

=J

+ J J t t t dt

J u u (eq. 5.12)

Si ottiene immediatamente che per frequenza tendente al valore nullo:

( )

0

'' 1

ω =Juωη

J (eq. 5.13) In naturale prosecuzione con quanto posto in evidenza nel paragrafo precedente, si perviene ora direttamente ad una ulteriore, e direttamente spendibile sperimentalmente, definizione del concetto di zero-shear viscosity (zsv). Se infatti si pensa al ruolo del parametro η0 del modello di Burger è immediato identificare in esso una viscosità, che per lunghi tempi di carico, quando i contributi elastici ed elastici ritardati divengono trascurabili, può essere confusa col rapporto τ/(dγ/dt). Quando il tempo di carico è sufficientemente prolungato e contemporaneamente lo sforzo applicato è sufficientemente vicino a zero è possibile allora identificare col parametro η0 un valore di viscosità che non dipende più ne dal tempo di carico ne dalla tensione applicata. In queste condizioni η0 può essere considerato come una proprietà intrinseca del materiale, appunto indicata nella reologia col nome di zero-shear viscosity.

log viscosity η

log shear stress τ , or log shear rate γ

zero shear viscosity η0 (ZSV) low shear viscosity η γ(LSV)

limiting viscosity η appa

rent vis cosity η

∆η

Figura 5.5. Andamento della viscosità nello stato stazionario in funzione del livello della velocità di deformazione o della tensione applicata (CEN TC-336).

Nell’ambito della ricerca sui materiali stradali, la determinazione della zero-shear viscosity dei leganti è stata oggetto di differenti studi e diverse metodologie per la valutazione sperimentale sono state sviluppate ed applicate. Un primo approccio basato sull’analisi dei dati di viscosità misurata in regime continuo per mezzo del modello di Corss fu presentato da Sybilski (1996). In seguito diversi ricercatori si sono occupati della misura di η0 tramite test con DSR in diverse condizioni reometriche. Metodologie sperimentali fondate sul creep sono descritte in Phillips et al. (1993, 1996), Desmazes et al. (2000), Anderson et al. (2002), Van Roojien et al. (2004), Vlachovicova et al. (2007).

In questi casi la zero shear viscosity è stata determinata come inverso della pendenza della funzione di creep J(t) misurata per lungo tempo di carico:

0 dt

dγ

,

t

0

) 1

( η

dt t

dJ

(eq. 5.14)

Un differente approccio di analisi è rappresentato dall’esecuzione di misure nel regime oscillatorio alle basse frequenze, dove si presuppone che l’angolo di fase assuma valori prossimi a 90° e che il raggiungimento di uno stato stazionario possa ritenersi raggiunto.

In queste condizioni, analogamente a quanto precedentemente descritto per il caso continuo, la rigidezza del materiale è unicamente riconducibile alla sola componente viscosa (Gv), mentre la componente elastica ritardata diviene trascurabile. Il comportamento del materiale è allora descritto dall’asintoto viscoso della curva maestra ed il valore di Zero-Shear Viscosity è identificato dalla viscosità dello stato stazionario ss), definita dal limite del rapporto fra modulo complesso (G*) e frequenza di oscillazione (ω).

ω γ ω

τ γ

η* τ G*

⋅ =

=

= & , ω →0

0

''

* η

ω

ω

G G

(eq. 5.15)

Si osservi che l’equazione 5.15, cui si è giunti sulla base di osservazioni sperimentali, porta al medesimo risultato della 5.13, derivata da formulazioni di origine analitica.

Come già anticipato, e come ora appare maggiormente chiaro, la zero-shear viscosity, per sua stessa definizione, può rappresentare una proprietà intrinseca dei bitumi legata in modo fondamentale alla relativa resistenza alle deformazioni non-reversibili di natura viscosa e pertanto promettente parametro per la definizione di criteri di specifica. Da questo presupposto ha principalmente origine il lavoro proposto e presentato nel corso del presente capitolo.

5.3. Viscosità dello stato stazionario da test in regime oscillatorio sinusoidale