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PROVVEDIMENTI PREPARATORI AL PIANO DI RISANAMENTO

in modo da evitare la tentazione di creare condizioni di eccesso non sostenibili autonomamente dall’impresa stessa.

III. 6. PROVVEDIMENTI PREPARATORI AL PIANO DI RISANAMENTO.

Gli interventi preliminari al piano di risanamento hanno una funzione propedeutica al piano di risanamento stesso in quanto si pongono l'obiettivo di preparare il terreno, creando condizioni economiche e organizzative migliori e più idonee, all'implementazione del turnaround. Si tratta dunque di interventi urgenti, che devono essere messi in atto o quantomeno avviati immediatamente e che possono essere attivati anche se non vi è ancora una conoscenza profonda delle cause della crisi e della struttura aziendale.

Rappresentano di fatto l'avvio del turnaround e seguono sovente questa sequenza logica:

• Cambiamento del sistema di potere e/o dell’assetto proprietario;

• Ricapitalizzazione dell'impresa;

• Rinnovo del management

E' pertanto intuibile che i confini tra questa fase e la successiva di formulazione del piano di risanamento siano alquanto indefiniti. Alcuni autori, infatti, trattano questi interventi come parte integrante del risanamento vero e proprio57, costituendone una fase di "avvio" composta da strategie di breve termine volte a garantire la sopravvivenza e a produrre subito dei risultati economici di miglioramento. A nostro avviso questa interpretazione va

57 P. Bastia: Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali. cit. pp. 207 e ss.

S. Sciarelli: La crisi d'impresa. cit. pp. 85 e ss

concettualmente approfondita. La letteratura dei turnaround, soprattutto americana, ha dagli anni '80 in poi affrontato molto il concetto di turnaround a seguito, inizialmente, della

prima grave crisi del sistema industriale occidentale e, successivamente, dell'instabilità e della complessità degli ultimi anni . L'espressione turnaround in

senso stretto, frutto di tecniche finanziarie, indica il punto d'inversione di tendenza in uno stato di declino di risultati, ovvero il momento di uscita dalla crisi. In tal senso, quindi ,si evince come gli interventi appena enunciati non possano essere parte integrante del turnaround in quanto non sono diretti a questo cambio di direzione, bensì semplicemente a predisporne le condizioni adeguate affinché avvenga58.

Solo recentemente questo termine anglosassone è stato utilizzato per indicare "tutti i processi di risanamento di rilancio delle imprese"59 ed è andato confondendosi con tutte le azioni di risanamento correlate all'analisi delle crisi patologiche. In questa ottica, sicuramente gli interventi propedeutici vengono a costituire il momento di inizio di un piano di fronteggiamento e superamento della crisi.

A nostro avviso il far corrispondere il turnaround con i più generali processi di ristrutturazione e rilancio dell'impresa costituisce una forzatura legata forse alla necessità di trovare una definizione generale di un termine non traducibile letteralmente nella nostra lingua. I turnaround, anche se ancora segnalati in letteratura come cambiamenti per la risoluzione di una crisi, appaiono in realtà come cambiamenti improvvisi, urgenti, drastici e addirittura traumatici tali da riuscire a imprimere una svolta radicale alle strategie dell'impresa, proiettandola verso un ritorno all'equilibrio, alla redditività e alla vita normale. Appare allora evidente come un cambiamento dell'assetto

58 S. Slatter: Corporate Recovery. Penguin Books – [Hammondsworth] – 1984. Robbins – Pearce:

Turnaround: retrenchment and recovery. Strategic Management Journal, n°4, 1992. Armenakis - Fredemberger: Process strategies for turnaround change agents. Journal of Strategic Change, n°4, 1995

59 L. Guatri: Turnaround, declino e ritorno al valore. EGEA – [Milano] – 1995, p. 11.

proprietario o del management, nonostante siano provvedimenti doverosi e necessari per il rilancio dell'impresa, non possano da soli conseguire la svolta radicale del sistema gestionale dell'impresa necessaria affinché si possa parlare già di turnaround.

In maniera più approfondita, i principali interventi preliminari al piano di risanamento sono:

III.6.1 Cambiamento dell’assetto proprietario e del sistema di potere

La casistica dei risanamenti aziendali in crisi è ricchissima di esempi in cui si è verificato un cambiamento del sistema di potere e/o dell’assetto di proprietario che controlla l’impresa prima dell’avvio di un turnaround. Ciò indica come il mutamento della proprietà rappresenti un presupposto basilare, nonché un punto di svolta decisivo in un' ottica di risanamento. I motivi che giustificano questo ricambio della proprietà sono diversi: far entrare nell’impresa nuovi soci in grado di apportare le risorse finanziarie indispensabili per il turnaround, sostituire una vecchia proprietà oramai inefficiente e inadeguata nella gestione e che, probabilmente, ha perduto le motivazioni necessari per governare, formulare una nuova missione imprenditoriale e, quindi, un nuovo sistema di valori in grado di riportare entusiasmo e slancio nel personale.

Può comunque verificarsi che il superamento della crisi venga realizzato senza stravolgere la proprietà. In questi casi, legati solitamente a crisi non eccessivamente gravi e complesse, il risanamento passa attraverso la rimotivazione e il sostegno alla proprietà di soggetti esterni (banche, consulenti, etc..) o di nuovi partner.

In situazioni più avanzate, invece, i riassetti del sistema di potere e della proprietà costituiscono un sicura svolta in vista del risanamento.

Riteniamo opportuno effettuare le considerazioni su tali cambiamenti di potere e proprietà distinguendo tra imprese private e imprese pubbliche.

In ambito privatistico, il piano di risanamento richiede un riassetto sia della proprietà che del sistema di potere. Infatti difficilmente il cambiamento del sistema di potere si può realizzare senza un rinnovamento della compagine sociale. A nostro parere è improbabile che un gruppo proprietario, presa coscienza della crisi, decida di cambiare radicalmente il suo sistema di potere.

Questa situazione, che rappresenta un caso particolare per l’impresa privata, dovrebbe essere invece la regola ricorrente nelle imprese a controllo pubblico dove il cambiamento del sistema di potere dovrebbe realizzarsi senza un mutamento del gruppo proprietario.

D’altro canto è ugualmente improbabile che al cambio dell’assetto proprietario di un' impresa in crisi non segua uno stravolgimento del sistema di potere precedentemente applicato.

Pertanto per poter realizzare i presupposti per risanare un’impresa privata e/o un’impresa pubblica riteniamo che sia necessario almeno un rinnovamento del sistema di potere.

Le condizioni che giustificano in un' impresa tali cambiamenti sono di natura oggettiva e soggettiva60. La prima è data dall’esistenza nell’impresa di un' energia potenziale, non ancora realizzata, che giustifichi il commitment richiesto dal risanamento. Tale energia potenziale è costituita dall’insieme di risorse umane e di patrimonio tecnologico e produttivo di cui l’impresa è ancora dotata61.

La condizione soggettiva è data, invece, dall’esistenza di un nuovo gruppo imprenditoriale che disponga delle risorse critiche necessarie per implementare il risanamento e che sia motivato ad acquisire il controllo dell’impresa per realizzare le potenzialità di cui sopra. E’ intuibile come il presupposto oggettivo sia molto più facile a verificarsi rispetto a quello soggettivo, poichè il numero di

60V. Coda: Ruolo della proprietà nei risanamenti di imprese, contenuto in “Finanza aziendale e mercato azionario”. Giuffre - [ Milano] - 1983.

61Johnson: Managing strategy change: strategy, culture, action. Long Range Planning, n°1 1992.

persone disposte a risanare le imprese in stato di crisi è piuttosto basso in ragione dei rischi e delle incertezze correlate al processo di risanamento.

In conclusione bisogna sottolineare come il mutamento dell’assetto proprietario possa comportare anche la scelta di una forma giuridica dell’impresa più conforme alla nuova realtà aziendale post-risanamento. Si pensi ai casi di ridimensionamento dell’attività aziendale per il superamento della crisi, i quali hanno poi registrato il passaggio della forma giuridica delle imprese da s.p.a a s.r.l., a causa delle dimensioni aziendali oramai più ridotte.

III.6.2 La ricapitalizzazione dell’impresa

Si è già analizzato come la crisi, pur avendo origini economiche, si rende visibile nel momento in cui l’azienda si viene a trovare in uno stato di insolvenza e/o di illiquidità.

Il capitale netto, quindi, diviene negativo per la presenza di un forte squilibrio tra passività e attività aziendali e la concomitante mancanza di liquidità non permette la temporanea copertura di tali passività. Ricapitalizzare l’impresa allora diventa una operazione inevitabile, da un lato per ricoprire le perdite di gestione e ricostruire un livello minimo di riserve, dall’altro per sostenere gli investimenti che l’avvio e lo sviluppo del turnaround richiedono.

Tale operazione, oltre all’effetto tangibile di tentare di riportare in equilibrio la situazione finanziaria e patrimoniale dell’impresa, gioca un ruolo critico per l’avvio di un risanamento efficace. La ricapitalizzazione, infatti, svolge una influenza poco appariscente, ma non trascurabile sul clima di fiducia, rappresentando un impegno credibile agli occhi dei soggetti interni (dipendenti) e esterni (banche, creditori, fornitori ecc..) che la interpretano come uno dei primi segnali di cambiamento.

La dimensione dei mezzi finanziari necessari per sopperire alle esigenze di ricostituzione del capitale è determinata:

dall’ammontare dell’eventuale deficit patrimoniale accumulato dalle passate gestioni e corrispondente alle perdite di esercizio, palesi o nascoste;

dalle perdite che dovranno sostenersi prima di raggiungere il punto di pareggio;

dall’ammontare minimo della dotazione di mezzi propri che i terzi finanziatori giudicano necessari per concedere all’impresa il credito e la fiducia di cui ha bisogno.

Tra gli interventi di ricapitalizzazione occorre nettamente separare tra quelli che rivestono un ruolo critico nell’inserire l’impresa su un cammino di risanamento e quelli che servono a evitarne temporaneamente il collasso.

I primi hanno come motivazione esclusiva la fiducia dell’investitore nel successo del turnaround, e, quindi, nell’ottenere una opportuna remunerazione.

Diversa è la motivazione delle ricapitalizzazione che si pongono come obiettivo, invece, il semplice tamponamento dell’emorragia. Esse sono tipicamente il prodotto di uno stato di necessità, cui il soggetto finanziatore ritiene di non potersi sottrarre.

Tuttavia è necessario sottolineare come non sempre le ricapitalizzazioni abbiano seguiti positivi in un' ottica di risanamento62. L’immissione di nuovi capitali di rischio nell’impresa acquista il ruolo importante di cui sopra solo se effettuate senza ritardo e nella giusta misura per assicurare una “tranquillità finanziaria” ai responsabili del turnaround. Di contro, ricapitalizzazioni indotte da situazioni di estrema necessità, a cui la proprietà ritiene di non potersi più sottrarre, maturano tra difficoltà e problemi considerevoli e risultano perciò tardive e non in grado di avviare quel meccanismo di fiducia precedentemente descritto.

62G. Deangeli: Management dei risanamenti aziendali. Sviluppo e Organizzazione, n°87 1985.

III.6.3 Il rinnovo del management

Il cambiamento del vertice aziendale63 è spesso diretta conseguenza del riassetto della proprietà che ritiene opportuno di avvalersi di persone di propria fiducia e di sperimentata competenza provenienti da altre imprese possedute dai nuovi proprietari. Ma i motivi di questo mutamento dell’alta direzione non sono legati solamente alla necessità di porre alla guida dell’azienda persone ritenute idonee, ma anche all' assolvimento dell’esigenza di credibilità, precedentemente descritta, che un nuovo vertice deve avere per ottenere il consenso di tutti i soggetti portatori di interessi che gravitano intorno all’impresa.

Tuttavia è nostra convinzione che sia alquanto pericoloso modificare tutta la vecchia struttura manageriale, in quanto si rischia di perdere le competenze, il know how, e le relazioni personali che il vecchio management ha sviluppo negli anni di partecipazione attiva nell’impresa. Appare difficile infatti reperire rapidamente all’esterno tali risorse intangibili proprio perché frutto di processi relazionali e cognitivi di lungo periodo difficilmente replicabili nel breve termine. In tal senso l’impresa dovrà allora valutare la possibilità di modificare solo parzialmente il vertice aziendale tramite la permanenza di manager fedeli, stimati e soprattutto depositari di valori ancora validi dell’azienda.

Il cambiamento del vertice aziendale si presenta, quindi, come un fatto traumatico che viene vissuto anche dai dipendenti di livello inferiore con una certa preoccupazione. Si insinua la paura di essere giudicati non adeguati dal nuovo management e questo può causare situazione di conflitto tra nuova direzione e vecchio personale. La conseguenza di tutto ciò potrebbe essere un ulteriore allungamento dei tempi necessari per avviare il risanamento con il conseguente aggravamento della crisi verso situazioni sempre più irreversibili.

Acquista notevole importanza, dunque, la scelta di un gruppo di persone dotate

63 R.Whittington: Recession strategies and top management change. Journal of General Management, n°3 1991.

di caratteristiche personali che gli assicurino una legittimazione sia esterna che interna.

Altro aspetto rilevante è l’individuazione all’interno del nuovo management della figura del risanatore. Costui è la persona alla quale viene affidata la guida operativa e strategica dell’azienda nel periodo del risanamento.

Deve essere una persona motivata, tenace, determinata e dotata di una capacità professionale di qualità. Riguardo a tale professionalità è ancora aperto il dibattito in dottrina su quali siano le competenze che dovrebbe avere un risanatore. Generalmente si tende a contrapporre una preparazione manageriale di tipo "generalistico"64 a una esperienza più specifica maturata nello stesso settore dell’impresa da risanare65.

Su questo problema, riteniamo che un risanatore di tipo “generalistico” sia più idoneo, in quanto, essendo dotato di conoscenze più ampie, è in grado di evitare errori legati alla conoscenza di specifiche aree gestionali e di adattarsi più facilmente alle singole specificità della situazione da gestire. D’altronde un risanatore specializzato non può sempre garantire una riduzione dei tempi di superamento della crisi, dovuta alle sue conoscenze specifiche del settore di riferimento, in quanto dovrebbe comunque affrontare un periodo di adattamento e di comprensione della situazione prima di poter implementare gli interventi strategici più urgenti. Senza poi considerare che i continui mutamenti ambientali potrebbero rendere obsolete le sue conoscenze specifiche rendendolo inadatto a individuare crisi di imprese poco flessibili. In tal senso, invece, il risanatore

“generalistico”, essendo meno condizionato da precedenti esperienze, è in grado di apprendere meglio i fattori di novità ambientali e di aprirsi maggiormente a una ristrutturazione radicale dell’impresa.

64V. Coda: Crisi e Risanamenti aziendali. Sviluppo e Organizzazione, n°75 1983.

65In tal senso: V.Coda: Crisi e risanamenti aziendali. cit. S.Sciarelli: La crisi d’impresa. Cit, pp. 71 e ss.

III.7 RIFLESSIONI FINALI

Ricapitolando brevemente, nella “fase cruciale” le questioni più significative da dover affrontare sono: la presa di coscienza della severità della crisi intesa come una possibile causa di fallimento e non giusto come un declino temporaneo, la valutazione strategica del timing e delle risorse a disposizione, la decisione di intraprendere o meno il difficile processo di turnaround, l’implementazione di azioni di “immediato” termine nel tentativo di creare le condizioni migliori per avviare il risanamento.

La presa di coscienza dello stato di crisi è frutto di un efficace utilizzo degli strumenti di analisi e di diagnosi descritti nel capitolo precedente. Bisogna cercare di evitare le reazioni più comuni che si hanno di fronte a una situazione di crisi: incredulità, inerzia, visione riduttiva, scarico di responsabilità. E’

categorico che una crisi venga affrontata velocemente e con efficienza. Bisogna agire e agire in fretta, poichè la mancata gestione della crisi produce un danno potenziale di lungo termine per l’impresa. Si rischia di peggiorare sempre più l’escalation dell’intensità della crisi. A tal proposito è opportuno procedere alla valutazione strategica, economica e finanziaria del risanamento. La decisione tra risanamento e liquidazione dovrà comunque essere assunta tenendo conto del precedente raffronto di convenienza e valutando, ovviamente, la possibilità di procurarsi le risorse finanziarie, manageriali e organizzative necessarie per realizzare il processo di risoluzione della crisi. Come visto strategie, tempi e costi del risanamento costituiscono elementi strettamente indipendenti e che a seconda dei casi si pongono con differente priorità. In alcuni casi, il turnaround avrà successo se realizzato in tempi brevissimi; in altri la sua riuscita è correlata sostanzialmente al livello di risorse finanziarie necessarie; in altri ancora l’aspetto chiave sarà il tipo di strategia attuabile costituita da obiettivi e politiche da conciliare con tempi e costi richiesti dallo stato di crisi.

Come discusso, esistono, comunque, operazioni alternative al risanamento (cessione e liquidazione), le quali determinano l’ottenimento di flussi liquidi rappresentati dal prezzo di cessione o dal valore recuperabile tramite la liquidazione dei beni e delle attività aziendali. Esistono anche altre operazioni di finanza straordinaria possibili che non danno invece effetti immediati in termini di flussi finanziari. Crediamo che le fusioni per incorporazione vengano frequentemente utilizzate nei piani di risanamento come metodo per snellire l’organizzazione del gruppo o per eliminare assets estranei al core business del gruppo. La fusione per incorporazione è, però, molto più frequente nelle holding dove le subholding in crisi vengono concentrate nella capogruppo. Gli effetti finanziari di una fusione per incorporazione sono dunque quelli di semplificare la struttura dell’impresa tramite l’eliminazione della duplicazione di alcune funzioni e il conseguente risparmio di costi che da tali effetti possono scaturire.

La decisione di intraprendere il turnaround avviene, poi, quasi contemporaneamente all’attuazione di strategie di “immediato” periodo caratterizzate dalla loro propedeuticità al piano di risanamento. Il loro obiettivo prioritario è quello di cercare di creare le condizioni ottimali per poter poi intraprendere il processo di turnaround. In tal senso, quindi, il cambiamento dell’assetto proprietario e del top-management dell’impresa è in grado di aumentare le probabilità di successo del risanamento, migliorando, come vedremo nel capitolo successivo, l’efficacia della prima fase del processo di risanamento. Tale circostanza si verifica, soprattutto, nel momento in cui i top manager dell’impresa in crisi, essendo ritenuti i principali responsabili del declino, perdono la credibilità del personale e degli stakeholder. I nuovi leader, al contrario, sono percepiti come elementi estranei ai problemi che hanno causato il declino, e, di conseguenza, abili abbastanza da poter arrestare la discesa e ricondurre l’impresa in equilibrio. Per cui la logica di questi cambiamenti non risiedono tanto in quella punitiva, bensì nella possibilità di potenziare al massimo le capacità decisionali ed operative nell’attuazione delle

funzioni principali aziendali, nonché rappresentare il segno evidente della volontà e dell’affidabilità del gruppo proprietario di nuova formazione, di voler uscire rapidamente ed efficacemente dalla crisi.

Tipicamente, il rinnovo del sistema di potere dell’impresa è accompagnato dall’immissione di nuovi capitali nell’impresa, operazione fondamentale per le implicazioni che riveste in ordine alla sopravvivenza dell’impresa e per la rilevanza esterna che assume.

In conclusione, da queste riflessioni finali, si evince come questi primi provvedimenti di risanamento siano strettamente concatenati tra loro tanto perchè la loro attuazione permette il rafforzamento di quelli precedentemente realizzati e richiama fortemente quelli ancora da attuare.

Una volta che l’impresa sia riuscita ad implementare questi interventi fondamentali per il fronteggiamento della crisi, il passo successivo consisterà nel tentativo di produrre i primi risultati a breve termine tramite il blocco del declino ed il ribaltamento del conto economico. Tuttavia questi aspetti, come vedremo, fanno già parte del turnround in senso stretto rappresentando uno degli obiettivi finali della formulazione e dell’attuazione delle strategie innovative di lungo termine necessarie a imprimere una svolta radicale ai modelli organizzativi, di comportamento e di processo dell’impresa. .

IV. IL TURNAROUND